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Alessandro Diaz de Santillana – La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie
Alessandro Diaz de Santillana ha nei decenni fatto propria la conoscenza antica e le complesse tecniche di lavorazione del vetro, per “dimenticarle a memoria” e tradurle in un linguaggio lirico e concettuale di profonda intensità.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Proseguendo nella sperimentazione espositiva, la project room di Marignana Arte accoglie l’opera di
Alessandro Diaz de Santillana, in un percorso appositamente pensato per lo spazio.
Discendente dalla dinastia vetraria Venini, fondata a Murano nel 1921 dal nonno Paolo Venini, l’artista ha nei
decenni fatto propria la conoscenza antica e le complesse tecniche di lavorazione del vetro, per “dimenticarle
a memoria” e tradurle in un linguaggio lirico e concettuale di profonda intensità. Come suggerisce il titolo
della mostra, citando un pensiero di Hugo Von Hoffmannstahl, la patina del passato si fonde nelle opere
lavorate da de Santillana con lo scintillio del presente che a sua volta già si immerge e impasta con il mistero
opaco del futuro.
Le sue opere infatti rielaborano l’antica tecnica utilizzata per la produzione del vetro piano da finestra: a un
grande cilindro soffiato, una volta raffreddato, vengono asportati gli estremi e viene praticato un taglio lungo
l’altezza; nuovamente riscaldato, il cilindro così sezionato si apre formando una lastra, sulla quale l’artista
interviene immediatamente, “a caldo”, per poterla lavorare, plasmare, e applicandole patine capaci di
trasformare la trasparenza del materiale in opere dense e assorbenti, umbratili e mutevoli. Opere di forte
impronta materica, consistenti e potenti lavori che si impongono nello spazio: il contrario della fragile e eterea
immagine del vetro.
Cedendo il posto alla riflettenza, le opere di de Santillana diventano infatti emblemi che paiono proteggere una
rilucenza antica e sopita, come se contenessero segreti irrisolti, enigmi non svelati. Sulla superficie di ogni
lavoro, inevitabilmente l’occhio affonda in un altrove inquietante, che appena pare emergere facendosi
immagine, già ci sta attirando nel suo più recondito fondo.
Se questo è l’impatto emotivo e suggestivo della sua opera, la negazione della riflettenza e l’emersione di
forme liricamente astratte dalle superfici pone de Santillana in dialogo con le generazioni che, dagli anni
Sessanta fino ai giorni nostri, hanno intrapreso una ricerca visuale volta a superare la bidimensionalità
dell’oggetto-opera, in direzione concettuale e metafisica, indagando il mistero della visione e del farsi
dell’immagine in un plasmante e coinvolgente rapporto con lo spettatore, al quale è consegnata la
responsabilità – e la meraviglia – della scelta e della scoperta estetiche. In un imprevedibile accadere del
profondo sulla superficie. Da qui la relazione con le opere esposte a What Walls Want, mostra che la Galleria
propone in dialogo con la project room dedicata a de Santillana.
Alessandro Diaz de Santillana, in un percorso appositamente pensato per lo spazio.
Discendente dalla dinastia vetraria Venini, fondata a Murano nel 1921 dal nonno Paolo Venini, l’artista ha nei
decenni fatto propria la conoscenza antica e le complesse tecniche di lavorazione del vetro, per “dimenticarle
a memoria” e tradurle in un linguaggio lirico e concettuale di profonda intensità. Come suggerisce il titolo
della mostra, citando un pensiero di Hugo Von Hoffmannstahl, la patina del passato si fonde nelle opere
lavorate da de Santillana con lo scintillio del presente che a sua volta già si immerge e impasta con il mistero
opaco del futuro.
Le sue opere infatti rielaborano l’antica tecnica utilizzata per la produzione del vetro piano da finestra: a un
grande cilindro soffiato, una volta raffreddato, vengono asportati gli estremi e viene praticato un taglio lungo
l’altezza; nuovamente riscaldato, il cilindro così sezionato si apre formando una lastra, sulla quale l’artista
interviene immediatamente, “a caldo”, per poterla lavorare, plasmare, e applicandole patine capaci di
trasformare la trasparenza del materiale in opere dense e assorbenti, umbratili e mutevoli. Opere di forte
impronta materica, consistenti e potenti lavori che si impongono nello spazio: il contrario della fragile e eterea
immagine del vetro.
Cedendo il posto alla riflettenza, le opere di de Santillana diventano infatti emblemi che paiono proteggere una
rilucenza antica e sopita, come se contenessero segreti irrisolti, enigmi non svelati. Sulla superficie di ogni
lavoro, inevitabilmente l’occhio affonda in un altrove inquietante, che appena pare emergere facendosi
immagine, già ci sta attirando nel suo più recondito fondo.
Se questo è l’impatto emotivo e suggestivo della sua opera, la negazione della riflettenza e l’emersione di
forme liricamente astratte dalle superfici pone de Santillana in dialogo con le generazioni che, dagli anni
Sessanta fino ai giorni nostri, hanno intrapreso una ricerca visuale volta a superare la bidimensionalità
dell’oggetto-opera, in direzione concettuale e metafisica, indagando il mistero della visione e del farsi
dell’immagine in un plasmante e coinvolgente rapporto con lo spettatore, al quale è consegnata la
responsabilità – e la meraviglia – della scelta e della scoperta estetiche. In un imprevedibile accadere del
profondo sulla superficie. Da qui la relazione con le opere esposte a What Walls Want, mostra che la Galleria
propone in dialogo con la project room dedicata a de Santillana.
23
maggio 2018
Alessandro Diaz de Santillana – La profondità va nascosta. Dove? Alla superficie
Dal 23 maggio al 15 settembre 2018
arte contemporanea
Location
MARIGNANA ARTE
Venezia, Dorsoduro, 141, (Venezia)
Venezia, Dorsoduro, 141, (Venezia)
Orario di apertura
martedì-mercoledì: 14.00 - 18.30
giovedì-sabato: 11.00 - 18.30
Vernissage
23 Maggio 2018, h 15-21
Autore
Curatore