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Eva Reguzzoni – Veline bianche
Una riflessione sul cambiamento dell’arte del ricamo, da tradizione artigianale a medium linguistico indagato da molte artiste.
Comunicato stampa
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Il ricamo è una pratica ricorrente nel lavoro di Eva Reguzzoni.
Un ricamo spurio, che si contamina con segni di altra natura formando un insieme complesso e frammentario, potenzialmente in continua espansione, che rimanda alla dimensione ambientale dell’arazzo. Un ricamo che si discosta radicalmente dalla tradizione e dal sapere artigianale, che non si traduce in ornamento su stoffa ma in massa proliferante su un supporto umile, fragile e precario come la carta velina, ripiegata a più strati. Su questa materia sottile e frangibile l’artista traccia delle linee curve e tortuose che si associano liberamente in forme metamorfiche dall’apparenza di radici, steli e foglie che hanno in sé in germe della loro trasformazione. Sono geografie arborescenti in cui si sedimentano le tracce di ricordi, traumi, emozioni e sentimenti: così Eva Reguzzoni descrive il percorso intimo, viscerale, autoanalitico che porta avanti come un’opera di scavo, nel profondo e a ritroso nella memoria, condotta con un approccio empirico ed emotivo che lascia spazio all’irrazionalità e al caso, all’associazione e alla disgregazione, all’automatismo e all’instabilità.
Le linee sono come segni registrati da un sismografo: testimoniano le oscillazioni emotive e i sussulti sotterranei e segreti, scanditi dal ritmo lento dell’ago e del filo che, trapassando la leggera superficie del supporto, metafora della pelle e del confine, collegano il mondo esterno con la realtà interna. Ogni punto apre un interstizio che permette di passare fluidamente dal conscio all’inconscio, dall’epidermide alle viscere, dall’io all’altro, per riemergere dagli strati profondi e farsi forma. Le impunture del filo disegnano arabeschi irregolari e inesatti, impuri e ibridati da pieghe, macchie e da altri segni tracciati con l’inchiostro o impressi a contatto associati a frammenti di garza ripiegata.
I fili uniti ai segni compongono un organismo mutante senza corpo che produce spinificazioni corticali, cirrazioni periferiche, rigonfiamenti, tuberizzazioni e succulenze, proliferazioni parassitarie e gemmificazioni ipertrofiche che si protendono disordinatamente prendendo possesso di tutto lo spazio disponibile, piegandosi su se stesse in un movimento riflessivo e autistico oppure dispiegandosi imprevedibilmente con intensità variabile. Reguzzoni rappresenta vegetali onirici che rompono la simmetria verticale e la crescita razionale e progressiva dell’albero per far emergere l’asimmetria orizzontale e l’irrazionale sviluppo della molteplicità eterogenea del rizoma.
«Un rizoma non incomincia e non finisce, è sempre nel mezzo, tra le cose, inter-essere, intermezzo» (Gilles Deleuze, Félix Guattari, Millepiani). Allo stesso modo, il ricamo rizomatico di Eva Reguzzoni rappresenta poeticamente il flusso incessante del molteplice che avvicina inaspettatamente entità distanti e apparentemente estranee, anche se compresenti e lontanamente apparentate, come l’umano e il vegetale.
Un ricamo spurio, che si contamina con segni di altra natura formando un insieme complesso e frammentario, potenzialmente in continua espansione, che rimanda alla dimensione ambientale dell’arazzo. Un ricamo che si discosta radicalmente dalla tradizione e dal sapere artigianale, che non si traduce in ornamento su stoffa ma in massa proliferante su un supporto umile, fragile e precario come la carta velina, ripiegata a più strati. Su questa materia sottile e frangibile l’artista traccia delle linee curve e tortuose che si associano liberamente in forme metamorfiche dall’apparenza di radici, steli e foglie che hanno in sé in germe della loro trasformazione. Sono geografie arborescenti in cui si sedimentano le tracce di ricordi, traumi, emozioni e sentimenti: così Eva Reguzzoni descrive il percorso intimo, viscerale, autoanalitico che porta avanti come un’opera di scavo, nel profondo e a ritroso nella memoria, condotta con un approccio empirico ed emotivo che lascia spazio all’irrazionalità e al caso, all’associazione e alla disgregazione, all’automatismo e all’instabilità.
Le linee sono come segni registrati da un sismografo: testimoniano le oscillazioni emotive e i sussulti sotterranei e segreti, scanditi dal ritmo lento dell’ago e del filo che, trapassando la leggera superficie del supporto, metafora della pelle e del confine, collegano il mondo esterno con la realtà interna. Ogni punto apre un interstizio che permette di passare fluidamente dal conscio all’inconscio, dall’epidermide alle viscere, dall’io all’altro, per riemergere dagli strati profondi e farsi forma. Le impunture del filo disegnano arabeschi irregolari e inesatti, impuri e ibridati da pieghe, macchie e da altri segni tracciati con l’inchiostro o impressi a contatto associati a frammenti di garza ripiegata.
I fili uniti ai segni compongono un organismo mutante senza corpo che produce spinificazioni corticali, cirrazioni periferiche, rigonfiamenti, tuberizzazioni e succulenze, proliferazioni parassitarie e gemmificazioni ipertrofiche che si protendono disordinatamente prendendo possesso di tutto lo spazio disponibile, piegandosi su se stesse in un movimento riflessivo e autistico oppure dispiegandosi imprevedibilmente con intensità variabile. Reguzzoni rappresenta vegetali onirici che rompono la simmetria verticale e la crescita razionale e progressiva dell’albero per far emergere l’asimmetria orizzontale e l’irrazionale sviluppo della molteplicità eterogenea del rizoma.
«Un rizoma non incomincia e non finisce, è sempre nel mezzo, tra le cose, inter-essere, intermezzo» (Gilles Deleuze, Félix Guattari, Millepiani). Allo stesso modo, il ricamo rizomatico di Eva Reguzzoni rappresenta poeticamente il flusso incessante del molteplice che avvicina inaspettatamente entità distanti e apparentemente estranee, anche se compresenti e lontanamente apparentate, come l’umano e il vegetale.
19
aprile 2018
Eva Reguzzoni – Veline bianche
Dal 19 aprile al 29 settembre 2018
arte contemporanea
Location
DOT ROOM
Milano, Via Filippino Lippi, 10, (Milano)
Milano, Via Filippino Lippi, 10, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a sabato. 10-13 15-19
Vernissage
19 Aprile 2018, ore 18
Autore
Curatore