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Real Art Volume #3
Torna al Museo F. Bodini di Gemonio la mostra dedicata ai 13 artisti internazionali selezionati per la rivista-portfolio REAL ART #3-2017
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Dopo il successo della delle prime due edizioni, torna REAL ART, progetto artistico, nato
con l’idea di realizzare annualmente una pubblicazione-portfolio con opere uniche ed
autografe di artisti contemporanei e l’intero incasso devolverlo in beneficienza ad enti del
territorio.
MUSEO CIVICO FLORIANO BODINI di Gemonio
MOSTRA DEI 13 ARTISTI SELEZIONATI + PRESENTAZIONE del Volume REAL ART
Vernissage sabato 07-04-2018 ora 17.00
Dal 07 aprile al 05 maggio 2018
Ciascun artista, di caratura internazionale, è presente in mostra con una serie di opere che
meglio rappresentano il suo percorso.
Il progetto ha saputo coinvolgere artisti, stampatori, editori, giornalisti uniti nel nome dell'arte
e dalla solidarietà. Il ricavato dell’alienazione, infatti, ogni anno andrà a sostenere
un’associazione che opera senza fine di lucro sul territorio. Quest’anno il contributo verrà
devoluto alla “MENSA DEI POVERI DI VIA B. LUINI” di Varese, gestita dalle suore della
Riparazione -ORFANOTROFIO FEMMINILE ADDOLORATA- che fornisce, tramite
donazioni e volontari, più di 300 pasti giornalieri a famiglie in momentaneo stato di bisogno.
Il volume originale e interdisciplinare coinvolge artisti anche molto differenti tra di loro, invitati
a confrontarsi, rimanendo aderenti al loro percorso artistico, al concetto di serialità all’interno
di un lavoro “unico”.
Ciascun artista è presente nel volume con una doppia pagina: un’opera stampata ed una
originale applicata, una sorta di piccolo museo su carta, che invita ad un rapporto anche
tattile con il prodotto artistico.
Il progetto ha avuto, già nelle sue fasi embrionali, grande sostegno da parte di sedi museali
ed istituzionali, tanto da inserire REAL ART all’interno di un percorso itinerante tra alcune
realtà importanti della provincia. Il volume sarà disponibile nelle migliori librerie di Varese e
provincia, nei bookshop del Museo MA*GA di Gallarate, Museo Bodini di Gemonio, Museo
Claudio Parentela
Peter Hide 311065
Alfredo Rapetti Mogol
Tobia Rava’
Isabella Rigamonti
Tetsuro Shimizu
Parisi Valle di Maccagno con Pino e Veddasca, Spazio Casa Museo E. Tadini di Milano,
Galleria Biancoscuro di Pavia, Galleria Cart 70-10 di Monza, Meeting Art di Vercelli,
Showcases Gallery di Varese.
L'edizione del volume #3 è limitata a 130 copie (100 destinate alla diffusione)
BIOGRAFIE DEI 13 ARTISTI IN MOSTRA AL MUSEO F. BODINI
Andrea Bassani
Andrea Bassani nasce nel 1954 a Martinengo (BG) dove attualmente vive e lavora. Artista
autodidatta, ha frequentato diversi studi di pittori. Inizia la sua carriera artistica partendo dal
figurativo per approdare successivamente a soluzioni astratte, che più si adattano ai suoi
intenti comunicativi e al suo sentire artistico. Inizia a esporre nel 1971.
Le creazioni di Andrea Bassani vanno oltre il normale concetto di quadro. Superando il
confine della tela, si trasformano in semi-sculture. Le tavole sono tagliate in diverse forme,
per poi essere di nuovo cucite e assemblate fra loro, a creare un unico elemento inscindibile.
Forma e colore sono la sintesi perfetta del significato intrinseco delle opere. Esse
rappresentano, infatti, una continua sperimentazione di forme e di colori. Così da un’opera
appena ultimata, nasce il progetto per realizzarne una nuova, alla ricerca continua e
instancabile della perfezione finale. “...Una ricerca che si spinge verso nuove spazialità
mentali, psicologiche, intellettuali, governate da una fisicità occulta resa ancor più intima e
recondita dalla presenza della tela che copre il costrutto interiore, apparentemente “pseudo-
artigianale”, la cui metodica realizzativa trasforma l’uomo-artista in “Faber”; artefice del
proprio destino, del modo in cui esso viene manifestarsi e ad esplicarsi...”. - (Giosuè Allegrini
2013)
Gianni Cella
L’artista è nato a Pavia nel 1953, è un visionario della vita, prolifico, polimorfico e
caleidoscopico che vive in un perenne isolamento adolescenziale. Nel gennaio 2000 ha
abbandonato il collettivo Plumcake per sentirsi responsabile del suo mondo creativo ed
iniziare un nuovo percorso individuale tra disegno, pittura e scultura.
L’artista punta la sua attenzione, con i suoi rilievi plastici e le sue maschere allestite, sul
senso di inadeguatezza sempre più crescente nei confronti di noi stessi e degli altri. I suoi
personaggi sono l’allegoria dell’insensatezza, dell’immaginazione fantastica, caratterizzata
tuttavia da uno sguardo affettuoso e buffo nei confronti della vita che attenua la malinconia.
Spesso le sue opere sono una grottesca e caricaturale visione di volti con un occhio solo,
sbuffanti, a forma di stella o asteroide, a raccontare una realtà concreta ma nel contempo
“psichica”, che narra di pulsioni nascoste, stati d’animo attraverso un bernoccolo, un occhio
solitario, una smorfia. La scelta ci parla del senso destabilizzante della vicinanza con “la
gente”, della difficoltosa relazione che viene a crearsi tra noi e gli “altri”, amici o nemici che
siano. (Sabina Melesi)
I suoi lavori sono collocati nei più importanti musei e gallerie internazionali.
Mattia Consonni
“Musica per gli occhi” è il nome che meglio definisce la prolifica attività artistica di Mattia
Consonni, Modellando principalmente vinili come materia pura e duttile, ma anche CD,
seppur in minor parte, Mattia forgia nuove forme per i dischi, che integrati con le tele,
assumono una nuova identità ispirata dall'ascolto degli amatissimi brani. Nascono, dunque,
soggetti astratti e simbolici che svelano ed esprimono attraverso la sinergia del colore e dei materiali,
le più svariate emozioni ed i messaggi che l'autore intenzionalmente vuole trasmettere per
raccontarsi e raccontare.
Eloquente e di grande effetto è osservare come l'artista interpreti e si avvicini al significato del brano
musicale che intende rappresentare nella maggior parte delle tele realizzate.
“Musica per gli occhi” propone uno stile inedito, un'arte contemporanea ed ecocompatibile, in cui
gli oggetti in disuso, riciclati ed elaborati, acquisiscono una sorta di immortalità in una connotazione
nuova, emozionante, eclettica che svela anticonformismo ed ironia.
Mario De Leo
Mario De Leo, pittore, musicista e poeta, nasce a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, nel 1944.
Si trasferisce a Milano all'inizio degli anni '60.
Negli anni Settanta alterna l'attività di pittore a quella di musicista collaborando con il maestro
Giancarlo Disnann, curatore degli arrangiamenti di tutte le sue composizioni, raccolte nel primo LP
dal titolo "Suonata Situazione". L'eclettismo di De Leo lo porta a esplorare la scrittura, e nei primi
anni Ottanta scrive il suo primo breve racconto, "Corpo Circuito".
Alcuni testi poetici del1'artista sono inseriti nel volume "Canti dell’immigrazione", edito da Garzanti
(MI), "Antologia interdisciplinare per la scuola media", edito Ape - Mursia, e "Canti sociali e politici",
edito da Gamma Libri (MI).
Con l'attore Moni Ovadia e il musicista Riccardo Sinigaglia (tra gli altri) fonda la cooperativa di musica
popolare "l'Orchestra". Insieme a Michele Straniero, etnomusicologo, dà vita allo studio nazionale
di musica etnica. Riceve numerosi riconoscimenti nella veste sia di pittore che di musicista, e nel
1980 compone la colonna sonora del film "Sole, acqua, terra, vento", della regista americana Jane
R. Speiser, prodotto dal regista torinese Daniele Segre. Con Luigi Bianco, poeta, performer e
giornalista, e altri artisti, fonda la rivista culturale "Osaon" e, in seguito, il bimestrale di interscambio
culturale "Harta". In quegli anni di grande fermento artistico, De Leo partecipa a premi, concorsi,
rassegne tematiche ed esposizioni collettive in Italia e all'estero.
Nel 2011 viene segnalato da Vittorio Sgarbi per il progetto "54ma Biennale Internazionale d'Arte di
Venezia - Padiglione Italia", in occasione del 150° anniversario dell'unità d'Italia.
Marcello Diotallevi
Marcello Diotallevi è nato il 24 aprile del 1942 a Fano.
Ha vissuto a Roma dal 1946 al 1974 dove, per un decennio, ha esercitato l’attività di restauratore
presso il Laboratorio di restauro in Vaticano. Ha inizio in quegli anni anche la sua attività artistica
all’insegna dell’irrequietezza. Come pittore prima, poi come scultore nei primi anni Settanta -, quindi
per un po’ si occupa di grafica e infine inizia a scrivere. Sul finire degli anni Settanta hanno inizio le
sue incursioni nell’area della Mail Art e della Poesia Visiva. In oltre quarant’anni di costante attività
ha collaborato con suoi interventi a libri e riviste nazionali e internazionali. Ha allestito mostre
personali nelle maggiori città italiane e all’estero, partecipando nel contempo a esposizioni
collettive in tutto il mondo. Fa parte del gruppo di intervento artistico “I metanetworker in spirit”.
Si occupa in prevalenza di Poesia Visiva, Mail Art, installazioni e libri d’artista. E’ l’autore della
copertina della Guida al Musée National d’Art Moderne-Centre Georges Pompidou di Parigi (Hazan
Editeur, 1983). Nel 2007 è invitato al 52° Biennale di Venezia, Eventi Collaterali, “Camera 312 -
promemoria per Pierre”. Figura nella Storia dell’arte italiana del ‘900, Generazione anni Quaranta
di Giorgio Di Genova, edizioni Bora, Bologna 2007. Dal 1974 abita a Fano.
Nataly Maier
Nataly Maier nasce a Monaco di Baviera, nel 1957, vive e lavora a Milano e Starnberg. Dopo gli studi
di filosofia al Leibniz-Kolleg di Tübingen, frequenta a Monaco la scuola di fotografia. Dalla fine degli
anni ’80 si dedica al superamento bidimensionale della fotografia, applicando alcune immagini su
dei supporti tridimensionali, ri-attribuendo loro un valore plastico. Dal 2002 nella sua ricerca
artistica emergono sconfinamenti verso la pittura, sempre concentrandosi sul colore stesso.
La sua prima mostra personale nel 1992 è alla Galleria L’Attico di Roma, ha esposto inoltre al Goethe
Loft di Lione, nel 2001 installa una grande limone per la mostra Hommage an eine Sehnsucht alla
Villa Romana di Firenze. Altre personali: presso Galleria Fumagalli, Bergamo, Galleria Il Milione,
Milano, MEB arte studio, Borgomanero, Antonella Cattani a Bolzano contemporary, Galleria
Artesilva, Seregno e alla Galerie Heufelder, Monaco. La Fondazione Calderara di Vacciago ha
ospitato nel 2015 la sua mostra Pregnanza del colore.
Renzo Nucara e Carla Volpati
Il progetto ARBRE MAGIQUE che Renzo Nucara e Carla Volpati portano avanti da alcuni anni nasce
dall’incontro dei singoli percorsi artistici: gli animali di Renzo Nucara e i personaggi immaginifici,
chiamati Puppet di Carla Volpati. Popolato o ricreato con la leggerezza delle sue sagome sospese,
l’albero si trasforma in un Arbre Magique, sorprendendo lo spettatore e al tempo stesso
trasmettendo a chi lo guarda un messaggio di attenzione nei confronti della natura e salvaguardia
della biodiversità. Renzo Nucara è tra i fondatori del gruppo Cracking Art. Alle installazioni con il
gruppo ha sempre affiancato la sua ricerca artistica, che negli anni recenti si è focalizzata su opere
in plexiglas: Stratofilm (strati di metacrilato che inglobano oggetti ritrovati o del quotidiano) e Shape
(forme e animali che contengono altre forme). Carla Volpati ha iniziato il suo percorso artistico alla
fine degli anni novanta, con opere composte da “frammenti di natura” (ciottoli, piccoli sassi)
dall’impronta quasi zen per arrivare a sequenze più complesse, all’uso deciso del colore e a maggiore
varietà di materiali. A partire dal 2010, con la serie “Made in Italy”, realizza cicli di opere: In fila per
sette, Puppets e Inabox.
Claudio Parentela
Nasce a Catanzaro nel 1962, dove vive e lavora. Claudio Parentela è un illustratore, pittore, fotografo,
mail artista, collagista, cartoonist, giornalista free lance...attivo da molti anni nella scena
underground internazionale. Ha collaborato e collabora con tantissime zines magazines di arte
contemporanea, letterarie e di comics in Italia e nel mondo. Scrive di sé:
“Amo disegnare e dipingere i forti contrasti, i contrasti assoluti, i contrasti ingarbugliati e
contraddittoriamente annodati in inestricabili fili. Mi piace disegnare emozioni assolute e
indescrivibili, cercare di comprendere quello che sento e che non riesco ad afferrare. Il pennello, la
penna, l’inchiostro nero sono il mezzo elettivo, il bianco della carta è l’anima e la mente
vuote...l’inchiostro le riempie di significato...dà loro forma e le deforma e le trasforma... e le
consuma e si consuma in esse. Il bianco e il nero sono l’assoluto contrasto, l’eterna guerra che non
ha mai inizio né fine...la guerra tra tutto e tutti, senza sopravvissuti...con tante vittime e con nessuna
vittima...nella mia anima ci sono sempre stati così tante contraddizioni, il tempo e col tempo le ho
ridotte di volta in volta le ho accorpate in poche contraddizioni in un’unica contraddizione, la
contraddizione e opposizione palese, definita e nettissima del bianco contro e del nero. Amo
descrivere le mille sfumature dell’animo umano, i mille pensieri che si mescolano con le emozioni, i
colori, i rumori, nella mente, negli occhi, nell’inchiostro e d’inchiostro e di carta bianca... nel cuore
trafitto e perennemente vincitore e vinto”.
Peter Hide 311065
Peter Hide 311065 (Franco Crugnola) nasce a Varese nella notte di Halloween del 1965.
Di sé scrive: “Ho scelto nel 2004 il nome d’arte Peter Hide 311065 (mi chiamo Franco Crugnola)
derivandolo dall’ossimoro tra Peter Pan (noto sempiterno bambino buono) e mr. Hyde (la parte
brutale e “cattiva” del dottor Jekyll). I due nomi hanno la stessa notorietà e rappresentano il primo
il bene, l’innocenza, la purezza e la bellezza, il secondo il male, la cruenta e la forza bruta. Come nel
romanzo di R. Stevenson ove la lotta impari che oppone il bene e il male tra Jekyll a Hyde, mette in
gioco temi di grande suggestione, la metamorfosi e il doppio, lo specchio e il sosia, fino a toccare le
corde più segrete e inconfessate dell'animo umano, cosi nei miei lavori cerco di ricreare il male che
può prevaricarci attraverso un’immagine allegra e scanzonata.
Cerco di rappresentare attraverso immagini che fanno parte del nostro vivere quotidiano, ed
apparentemente concilianti, gli opposti che esse stesse rappresentano e di aprire nella mente dello
spettatore, che vorrà approfondirne la lettura, una porta immaginaria verso il pericolo della
sopraffazione dell'effimero. In una società contemporanea, dove tutto è misurabile col e dal denaro
e dove spesso si ha la sensazione che non solo il materiale ne sia soggiogato, ma anche l'immateriale,
la parte più unica che contraddistingue l'individuo, il denaro, ha per me il valore simbolico di
rappresentare il pericolo di una vasta decadenza culturale e per opposto il degrado che la sua
mancanza ne produce. Non voglio rappresentare graficamente la povertà, la violenza fisica o
psicologica, il degrado ambientale, ma neppure la bellezza generata solo ed unicamente dalla
manipolazione della ricchezza, la sensazione di potenza quasi divina ed il sogno di felicità, ma voglio
far riflettere su che cosa genera ciò per cui tutti noi ci affanniamo, viviamo e a volte moriamo: il
denaro.”
Alfredo Rapetti Mogol
Nato a Milano nel 1961, la formazione artistica di Alfredo Rapetti Mogol risente del clima famigliare,
dove da generazioni si respirano musica, letteratura, poesia. Giovanissimo, Rapetti è introdotto dal
nonno materno, Alfredo De Pedrini, Presidente dell’Associazione Arti Grafiche, nell’ambiente
artistico milanese, arrivando a maturare la passione per la pittura, alla quale si uniscono la
formazione presso la scuola del Fumetto a Milano, le collaborazioni in ambito editoriale, mentre
l’esercizio pittorico viene sperimentato in diverse direzioni, destinate a confluire, nel 1996, nello
studio degli artisti Alessandro Algardi e Mario Arlati che invitano Rapetti a condividere con loro la
ricerca pittorica. Nell’atelier di Via Nota Rapetti lavora quattro intensi anni, arrivando a maturare
l’esigenza di coniugare le sue due più grandi passioni: la scrittura e la pittura, intendendole quali
visualizzazioni del processo mentale e psicologico. Grazie ad una tecnica particolare, detta
impuntura, l’azione del dipingere si fonde così con l’atto dello scrivere, e le parole iniziano ad essere
segnate non solamente su fogli ma anche nelle tele.
Segni, tracce, graffiti di un’umanità creativa e consapevole, le opere di Rapetti proseguono
quell’ideale tragitto di una scrittura pittorica che tanto più è universale, quanto più sa frantumarsi
e confrontarsi con i secoli della storia dell’arte, dalle avanguardie storiche al concettuale, passando
per le esperienze spazialiste di Lucio Fontana e le grafie astratte degli anni Cinquanta.
Trovata la forma espressiva congeniale alla sua poetica, fra la fine degli anni Novanta ed oggi è
davvero notevole l’attività espositiva, sia personale che collettiva, conseguita dall’artista,
instancabile come la sua opera sempre in viaggio fra l’Italia e il resto del mondo: universale, appunto.
Tobia Rava’
Tobia Ravà (Padova, 1959), lavora a Venezia e a Mirano. Ha frequentato la Scuola Internazionale di
Grafica di Venezia ed Urbino. Si è laureato in Semiologia delle Arti all’Università di Bologna, dove è
stato allievo di Umberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese e Flavio Caroli. Ha iniziato a dipingere
nel 1971 ed espone dal 1977 in mostre personali e collettive in Italia, Belgio, Croazia, Francia,
Germania, Spagna, Brasile, Argentina, Cina, Israele, Giappone, Stati Uniti. È presente in collezioni sia
private che pubbliche, in Europa, Stati Uniti, America Latina e in Estremo Oriente. Dal 1988 si occupa
di iconografia ebraica. Nel 1993 è il promotore del gruppo Triplani, che, partendo dalla semiologia
biplanare, prende il nome dall’ipotesi di un terzo livello percettivo derivato dall’aura simbolica,
accanto a quelli del significato e del significante. Nel 1998 è tra i soci fondatori di Concerto d’Arte
Contemporanea, associazione culturale che si propone di riunire artisti con le stesse affinità per
riqualificare l’uomo ponendolo in sintonia con l’ambiente e rendere l’arte contemporanea conscia
dei suoi rapporti con la storia e la storia dell’arte, anche interagendo espositivamente con parchi,
ville, edifici storici e piazze di città d’arte. Dal 1999 ha avviato un ciclo di conferenze, invitato da
università e istituti superiori d’arte, sulla sua attività nel contesto della cultura ebraica, della logica
matematica e dell’arte contemporanea. Nel 2004 con Maria Luisa Trevisan ha dato vita a PaRDeS
Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea a Mirano dove artisti di generazioni e culture diverse
si confrontano su temi naturalistici e scientifici.
Isabella Rigamonti
Isabella Rigamonti nasce nel 1969 e dopo gli studi artistici ed un esordio nel campo pittorico
figurativo, inizia un percorso di sperimentazione artistica di natura percettiva informale con
tecniche e materiali espressivi inconsueti, che la porta, nel tempo, ad avvicinarsi alla fotografia.
L’artista da anni utilizza un linguaggio artistico originale in cui la fotografia è contaminata con il
collage e rivolge la sua attenzione ad alcuni temi specifici.
I suoi “luoghi non luoghi”, abitati da architetture e personaggi dove gli equilibri fra gli spazi mutevoli
diventano, grazie all’intervento artistico, aree di relazione e di immaginazione sorprendenti, ed i
“riflessi”, in cui l’artista indaga le infinite possibilità che l’architettura ha di essere specchio storico
e sociale e generatrice di contesti urbani sempre nuovi.
Negli ultimi anni ha intensificato la sua presenza nel settore artistico partecipando a numerose
mostre personali e collettive in gallerie private e spazi museali.
Diverse sue opere sono presenti in musei pubblici e collezioni private.
Nel 2017 è stata invitata ad esporre in Padiglione Tibet durante la 57° Biennale d’Arte di Venezia.
Tetsuro Shimizu
Tetsuro Shimizu è nato a Tokyo (Giappone) nel 1958. Nel 1987 si trasferisce in Italia, a Milano, dove
si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Il lavoro di Tetsuro Shimizu parte da una solida conoscenza del lessico dell'Informale per spingersi
quasi verso una negazione dello stesso. L'artista pratica una pittura che conosce bene i suoi
confronti e che riesce continuamente a mettersi in rapporto con una prospettiva di ricerca. Se la
texture punta a ricavare un effetto di densità e movimento attraverso il colore, l'impianto dei lavori
tende a creare una direzione di fuga e di frammentazione dei piani di superficie, che raffredda e
nega l'assunto pittorico. Accade che la stessa immediatezza e splendida brutalità dell'Informale,
entri in conflitto con una scansione degli spazi visivi che frammentano l'unità originaria. Se la pittura
gestuale possiede la caratteristica di dare rappresentazione immediata al pensiero e all'emozione,
Shimizu consapevolmente rompe l'unità di luogo e azione. In questo modo crea dei lavori
concettualmente elaborati, in cui l'idea compositiva è calcolata e mai affidata alla casualità del
momento. Per questi motivi il suo lavoro risulta interessante e nuovo. Lo spazio non è abbandonato
al flusso che però mantiene intatta la sua pienezza e forza. Lo spazio viene rilanciato in una forma
che è chiusa eppure modulabile. Le opere di Tetsuro vengono fuori dalla parete, non ne sentono
più i vincoli, ma vogliono abitare lo spazio. Se i segmenti delle opere lasciano dei vuoti delle fessure,
è l'idea di pittura a riempirli. Quindi l'incertezza diventa provvisoria e serve a stabilire un contatto
con lo spettatore. L'artista crea uno spazio ibrido, poetico ed indefinito, in cui gli elementi dell'opera
accennano ad un linguaggio comune. (Valerio Deh)
Dal 1985 espone le sue opere in gallerie private, spazi pubblici in Italia e all’estero.
con l’idea di realizzare annualmente una pubblicazione-portfolio con opere uniche ed
autografe di artisti contemporanei e l’intero incasso devolverlo in beneficienza ad enti del
territorio.
MUSEO CIVICO FLORIANO BODINI di Gemonio
MOSTRA DEI 13 ARTISTI SELEZIONATI + PRESENTAZIONE del Volume REAL ART
Vernissage sabato 07-04-2018 ora 17.00
Dal 07 aprile al 05 maggio 2018
Ciascun artista, di caratura internazionale, è presente in mostra con una serie di opere che
meglio rappresentano il suo percorso.
Il progetto ha saputo coinvolgere artisti, stampatori, editori, giornalisti uniti nel nome dell'arte
e dalla solidarietà. Il ricavato dell’alienazione, infatti, ogni anno andrà a sostenere
un’associazione che opera senza fine di lucro sul territorio. Quest’anno il contributo verrà
devoluto alla “MENSA DEI POVERI DI VIA B. LUINI” di Varese, gestita dalle suore della
Riparazione -ORFANOTROFIO FEMMINILE ADDOLORATA- che fornisce, tramite
donazioni e volontari, più di 300 pasti giornalieri a famiglie in momentaneo stato di bisogno.
Il volume originale e interdisciplinare coinvolge artisti anche molto differenti tra di loro, invitati
a confrontarsi, rimanendo aderenti al loro percorso artistico, al concetto di serialità all’interno
di un lavoro “unico”.
Ciascun artista è presente nel volume con una doppia pagina: un’opera stampata ed una
originale applicata, una sorta di piccolo museo su carta, che invita ad un rapporto anche
tattile con il prodotto artistico.
Il progetto ha avuto, già nelle sue fasi embrionali, grande sostegno da parte di sedi museali
ed istituzionali, tanto da inserire REAL ART all’interno di un percorso itinerante tra alcune
realtà importanti della provincia. Il volume sarà disponibile nelle migliori librerie di Varese e
provincia, nei bookshop del Museo MA*GA di Gallarate, Museo Bodini di Gemonio, Museo
Claudio Parentela
Peter Hide 311065
Alfredo Rapetti Mogol
Tobia Rava’
Isabella Rigamonti
Tetsuro Shimizu
Parisi Valle di Maccagno con Pino e Veddasca, Spazio Casa Museo E. Tadini di Milano,
Galleria Biancoscuro di Pavia, Galleria Cart 70-10 di Monza, Meeting Art di Vercelli,
Showcases Gallery di Varese.
L'edizione del volume #3 è limitata a 130 copie (100 destinate alla diffusione)
BIOGRAFIE DEI 13 ARTISTI IN MOSTRA AL MUSEO F. BODINI
Andrea Bassani
Andrea Bassani nasce nel 1954 a Martinengo (BG) dove attualmente vive e lavora. Artista
autodidatta, ha frequentato diversi studi di pittori. Inizia la sua carriera artistica partendo dal
figurativo per approdare successivamente a soluzioni astratte, che più si adattano ai suoi
intenti comunicativi e al suo sentire artistico. Inizia a esporre nel 1971.
Le creazioni di Andrea Bassani vanno oltre il normale concetto di quadro. Superando il
confine della tela, si trasformano in semi-sculture. Le tavole sono tagliate in diverse forme,
per poi essere di nuovo cucite e assemblate fra loro, a creare un unico elemento inscindibile.
Forma e colore sono la sintesi perfetta del significato intrinseco delle opere. Esse
rappresentano, infatti, una continua sperimentazione di forme e di colori. Così da un’opera
appena ultimata, nasce il progetto per realizzarne una nuova, alla ricerca continua e
instancabile della perfezione finale. “...Una ricerca che si spinge verso nuove spazialità
mentali, psicologiche, intellettuali, governate da una fisicità occulta resa ancor più intima e
recondita dalla presenza della tela che copre il costrutto interiore, apparentemente “pseudo-
artigianale”, la cui metodica realizzativa trasforma l’uomo-artista in “Faber”; artefice del
proprio destino, del modo in cui esso viene manifestarsi e ad esplicarsi...”. - (Giosuè Allegrini
2013)
Gianni Cella
L’artista è nato a Pavia nel 1953, è un visionario della vita, prolifico, polimorfico e
caleidoscopico che vive in un perenne isolamento adolescenziale. Nel gennaio 2000 ha
abbandonato il collettivo Plumcake per sentirsi responsabile del suo mondo creativo ed
iniziare un nuovo percorso individuale tra disegno, pittura e scultura.
L’artista punta la sua attenzione, con i suoi rilievi plastici e le sue maschere allestite, sul
senso di inadeguatezza sempre più crescente nei confronti di noi stessi e degli altri. I suoi
personaggi sono l’allegoria dell’insensatezza, dell’immaginazione fantastica, caratterizzata
tuttavia da uno sguardo affettuoso e buffo nei confronti della vita che attenua la malinconia.
Spesso le sue opere sono una grottesca e caricaturale visione di volti con un occhio solo,
sbuffanti, a forma di stella o asteroide, a raccontare una realtà concreta ma nel contempo
“psichica”, che narra di pulsioni nascoste, stati d’animo attraverso un bernoccolo, un occhio
solitario, una smorfia. La scelta ci parla del senso destabilizzante della vicinanza con “la
gente”, della difficoltosa relazione che viene a crearsi tra noi e gli “altri”, amici o nemici che
siano. (Sabina Melesi)
I suoi lavori sono collocati nei più importanti musei e gallerie internazionali.
Mattia Consonni
“Musica per gli occhi” è il nome che meglio definisce la prolifica attività artistica di Mattia
Consonni, Modellando principalmente vinili come materia pura e duttile, ma anche CD,
seppur in minor parte, Mattia forgia nuove forme per i dischi, che integrati con le tele,
assumono una nuova identità ispirata dall'ascolto degli amatissimi brani. Nascono, dunque,
soggetti astratti e simbolici che svelano ed esprimono attraverso la sinergia del colore e dei materiali,
le più svariate emozioni ed i messaggi che l'autore intenzionalmente vuole trasmettere per
raccontarsi e raccontare.
Eloquente e di grande effetto è osservare come l'artista interpreti e si avvicini al significato del brano
musicale che intende rappresentare nella maggior parte delle tele realizzate.
“Musica per gli occhi” propone uno stile inedito, un'arte contemporanea ed ecocompatibile, in cui
gli oggetti in disuso, riciclati ed elaborati, acquisiscono una sorta di immortalità in una connotazione
nuova, emozionante, eclettica che svela anticonformismo ed ironia.
Mario De Leo
Mario De Leo, pittore, musicista e poeta, nasce a Ruvo di Puglia, in provincia di Bari, nel 1944.
Si trasferisce a Milano all'inizio degli anni '60.
Negli anni Settanta alterna l'attività di pittore a quella di musicista collaborando con il maestro
Giancarlo Disnann, curatore degli arrangiamenti di tutte le sue composizioni, raccolte nel primo LP
dal titolo "Suonata Situazione". L'eclettismo di De Leo lo porta a esplorare la scrittura, e nei primi
anni Ottanta scrive il suo primo breve racconto, "Corpo Circuito".
Alcuni testi poetici del1'artista sono inseriti nel volume "Canti dell’immigrazione", edito da Garzanti
(MI), "Antologia interdisciplinare per la scuola media", edito Ape - Mursia, e "Canti sociali e politici",
edito da Gamma Libri (MI).
Con l'attore Moni Ovadia e il musicista Riccardo Sinigaglia (tra gli altri) fonda la cooperativa di musica
popolare "l'Orchestra". Insieme a Michele Straniero, etnomusicologo, dà vita allo studio nazionale
di musica etnica. Riceve numerosi riconoscimenti nella veste sia di pittore che di musicista, e nel
1980 compone la colonna sonora del film "Sole, acqua, terra, vento", della regista americana Jane
R. Speiser, prodotto dal regista torinese Daniele Segre. Con Luigi Bianco, poeta, performer e
giornalista, e altri artisti, fonda la rivista culturale "Osaon" e, in seguito, il bimestrale di interscambio
culturale "Harta". In quegli anni di grande fermento artistico, De Leo partecipa a premi, concorsi,
rassegne tematiche ed esposizioni collettive in Italia e all'estero.
Nel 2011 viene segnalato da Vittorio Sgarbi per il progetto "54ma Biennale Internazionale d'Arte di
Venezia - Padiglione Italia", in occasione del 150° anniversario dell'unità d'Italia.
Marcello Diotallevi
Marcello Diotallevi è nato il 24 aprile del 1942 a Fano.
Ha vissuto a Roma dal 1946 al 1974 dove, per un decennio, ha esercitato l’attività di restauratore
presso il Laboratorio di restauro in Vaticano. Ha inizio in quegli anni anche la sua attività artistica
all’insegna dell’irrequietezza. Come pittore prima, poi come scultore nei primi anni Settanta -, quindi
per un po’ si occupa di grafica e infine inizia a scrivere. Sul finire degli anni Settanta hanno inizio le
sue incursioni nell’area della Mail Art e della Poesia Visiva. In oltre quarant’anni di costante attività
ha collaborato con suoi interventi a libri e riviste nazionali e internazionali. Ha allestito mostre
personali nelle maggiori città italiane e all’estero, partecipando nel contempo a esposizioni
collettive in tutto il mondo. Fa parte del gruppo di intervento artistico “I metanetworker in spirit”.
Si occupa in prevalenza di Poesia Visiva, Mail Art, installazioni e libri d’artista. E’ l’autore della
copertina della Guida al Musée National d’Art Moderne-Centre Georges Pompidou di Parigi (Hazan
Editeur, 1983). Nel 2007 è invitato al 52° Biennale di Venezia, Eventi Collaterali, “Camera 312 -
promemoria per Pierre”. Figura nella Storia dell’arte italiana del ‘900, Generazione anni Quaranta
di Giorgio Di Genova, edizioni Bora, Bologna 2007. Dal 1974 abita a Fano.
Nataly Maier
Nataly Maier nasce a Monaco di Baviera, nel 1957, vive e lavora a Milano e Starnberg. Dopo gli studi
di filosofia al Leibniz-Kolleg di Tübingen, frequenta a Monaco la scuola di fotografia. Dalla fine degli
anni ’80 si dedica al superamento bidimensionale della fotografia, applicando alcune immagini su
dei supporti tridimensionali, ri-attribuendo loro un valore plastico. Dal 2002 nella sua ricerca
artistica emergono sconfinamenti verso la pittura, sempre concentrandosi sul colore stesso.
La sua prima mostra personale nel 1992 è alla Galleria L’Attico di Roma, ha esposto inoltre al Goethe
Loft di Lione, nel 2001 installa una grande limone per la mostra Hommage an eine Sehnsucht alla
Villa Romana di Firenze. Altre personali: presso Galleria Fumagalli, Bergamo, Galleria Il Milione,
Milano, MEB arte studio, Borgomanero, Antonella Cattani a Bolzano contemporary, Galleria
Artesilva, Seregno e alla Galerie Heufelder, Monaco. La Fondazione Calderara di Vacciago ha
ospitato nel 2015 la sua mostra Pregnanza del colore.
Renzo Nucara e Carla Volpati
Il progetto ARBRE MAGIQUE che Renzo Nucara e Carla Volpati portano avanti da alcuni anni nasce
dall’incontro dei singoli percorsi artistici: gli animali di Renzo Nucara e i personaggi immaginifici,
chiamati Puppet di Carla Volpati. Popolato o ricreato con la leggerezza delle sue sagome sospese,
l’albero si trasforma in un Arbre Magique, sorprendendo lo spettatore e al tempo stesso
trasmettendo a chi lo guarda un messaggio di attenzione nei confronti della natura e salvaguardia
della biodiversità. Renzo Nucara è tra i fondatori del gruppo Cracking Art. Alle installazioni con il
gruppo ha sempre affiancato la sua ricerca artistica, che negli anni recenti si è focalizzata su opere
in plexiglas: Stratofilm (strati di metacrilato che inglobano oggetti ritrovati o del quotidiano) e Shape
(forme e animali che contengono altre forme). Carla Volpati ha iniziato il suo percorso artistico alla
fine degli anni novanta, con opere composte da “frammenti di natura” (ciottoli, piccoli sassi)
dall’impronta quasi zen per arrivare a sequenze più complesse, all’uso deciso del colore e a maggiore
varietà di materiali. A partire dal 2010, con la serie “Made in Italy”, realizza cicli di opere: In fila per
sette, Puppets e Inabox.
Claudio Parentela
Nasce a Catanzaro nel 1962, dove vive e lavora. Claudio Parentela è un illustratore, pittore, fotografo,
mail artista, collagista, cartoonist, giornalista free lance...attivo da molti anni nella scena
underground internazionale. Ha collaborato e collabora con tantissime zines magazines di arte
contemporanea, letterarie e di comics in Italia e nel mondo. Scrive di sé:
“Amo disegnare e dipingere i forti contrasti, i contrasti assoluti, i contrasti ingarbugliati e
contraddittoriamente annodati in inestricabili fili. Mi piace disegnare emozioni assolute e
indescrivibili, cercare di comprendere quello che sento e che non riesco ad afferrare. Il pennello, la
penna, l’inchiostro nero sono il mezzo elettivo, il bianco della carta è l’anima e la mente
vuote...l’inchiostro le riempie di significato...dà loro forma e le deforma e le trasforma... e le
consuma e si consuma in esse. Il bianco e il nero sono l’assoluto contrasto, l’eterna guerra che non
ha mai inizio né fine...la guerra tra tutto e tutti, senza sopravvissuti...con tante vittime e con nessuna
vittima...nella mia anima ci sono sempre stati così tante contraddizioni, il tempo e col tempo le ho
ridotte di volta in volta le ho accorpate in poche contraddizioni in un’unica contraddizione, la
contraddizione e opposizione palese, definita e nettissima del bianco contro e del nero. Amo
descrivere le mille sfumature dell’animo umano, i mille pensieri che si mescolano con le emozioni, i
colori, i rumori, nella mente, negli occhi, nell’inchiostro e d’inchiostro e di carta bianca... nel cuore
trafitto e perennemente vincitore e vinto”.
Peter Hide 311065
Peter Hide 311065 (Franco Crugnola) nasce a Varese nella notte di Halloween del 1965.
Di sé scrive: “Ho scelto nel 2004 il nome d’arte Peter Hide 311065 (mi chiamo Franco Crugnola)
derivandolo dall’ossimoro tra Peter Pan (noto sempiterno bambino buono) e mr. Hyde (la parte
brutale e “cattiva” del dottor Jekyll). I due nomi hanno la stessa notorietà e rappresentano il primo
il bene, l’innocenza, la purezza e la bellezza, il secondo il male, la cruenta e la forza bruta. Come nel
romanzo di R. Stevenson ove la lotta impari che oppone il bene e il male tra Jekyll a Hyde, mette in
gioco temi di grande suggestione, la metamorfosi e il doppio, lo specchio e il sosia, fino a toccare le
corde più segrete e inconfessate dell'animo umano, cosi nei miei lavori cerco di ricreare il male che
può prevaricarci attraverso un’immagine allegra e scanzonata.
Cerco di rappresentare attraverso immagini che fanno parte del nostro vivere quotidiano, ed
apparentemente concilianti, gli opposti che esse stesse rappresentano e di aprire nella mente dello
spettatore, che vorrà approfondirne la lettura, una porta immaginaria verso il pericolo della
sopraffazione dell'effimero. In una società contemporanea, dove tutto è misurabile col e dal denaro
e dove spesso si ha la sensazione che non solo il materiale ne sia soggiogato, ma anche l'immateriale,
la parte più unica che contraddistingue l'individuo, il denaro, ha per me il valore simbolico di
rappresentare il pericolo di una vasta decadenza culturale e per opposto il degrado che la sua
mancanza ne produce. Non voglio rappresentare graficamente la povertà, la violenza fisica o
psicologica, il degrado ambientale, ma neppure la bellezza generata solo ed unicamente dalla
manipolazione della ricchezza, la sensazione di potenza quasi divina ed il sogno di felicità, ma voglio
far riflettere su che cosa genera ciò per cui tutti noi ci affanniamo, viviamo e a volte moriamo: il
denaro.”
Alfredo Rapetti Mogol
Nato a Milano nel 1961, la formazione artistica di Alfredo Rapetti Mogol risente del clima famigliare,
dove da generazioni si respirano musica, letteratura, poesia. Giovanissimo, Rapetti è introdotto dal
nonno materno, Alfredo De Pedrini, Presidente dell’Associazione Arti Grafiche, nell’ambiente
artistico milanese, arrivando a maturare la passione per la pittura, alla quale si uniscono la
formazione presso la scuola del Fumetto a Milano, le collaborazioni in ambito editoriale, mentre
l’esercizio pittorico viene sperimentato in diverse direzioni, destinate a confluire, nel 1996, nello
studio degli artisti Alessandro Algardi e Mario Arlati che invitano Rapetti a condividere con loro la
ricerca pittorica. Nell’atelier di Via Nota Rapetti lavora quattro intensi anni, arrivando a maturare
l’esigenza di coniugare le sue due più grandi passioni: la scrittura e la pittura, intendendole quali
visualizzazioni del processo mentale e psicologico. Grazie ad una tecnica particolare, detta
impuntura, l’azione del dipingere si fonde così con l’atto dello scrivere, e le parole iniziano ad essere
segnate non solamente su fogli ma anche nelle tele.
Segni, tracce, graffiti di un’umanità creativa e consapevole, le opere di Rapetti proseguono
quell’ideale tragitto di una scrittura pittorica che tanto più è universale, quanto più sa frantumarsi
e confrontarsi con i secoli della storia dell’arte, dalle avanguardie storiche al concettuale, passando
per le esperienze spazialiste di Lucio Fontana e le grafie astratte degli anni Cinquanta.
Trovata la forma espressiva congeniale alla sua poetica, fra la fine degli anni Novanta ed oggi è
davvero notevole l’attività espositiva, sia personale che collettiva, conseguita dall’artista,
instancabile come la sua opera sempre in viaggio fra l’Italia e il resto del mondo: universale, appunto.
Tobia Rava’
Tobia Ravà (Padova, 1959), lavora a Venezia e a Mirano. Ha frequentato la Scuola Internazionale di
Grafica di Venezia ed Urbino. Si è laureato in Semiologia delle Arti all’Università di Bologna, dove è
stato allievo di Umberto Eco, Renato Barilli, Omar Calabrese e Flavio Caroli. Ha iniziato a dipingere
nel 1971 ed espone dal 1977 in mostre personali e collettive in Italia, Belgio, Croazia, Francia,
Germania, Spagna, Brasile, Argentina, Cina, Israele, Giappone, Stati Uniti. È presente in collezioni sia
private che pubbliche, in Europa, Stati Uniti, America Latina e in Estremo Oriente. Dal 1988 si occupa
di iconografia ebraica. Nel 1993 è il promotore del gruppo Triplani, che, partendo dalla semiologia
biplanare, prende il nome dall’ipotesi di un terzo livello percettivo derivato dall’aura simbolica,
accanto a quelli del significato e del significante. Nel 1998 è tra i soci fondatori di Concerto d’Arte
Contemporanea, associazione culturale che si propone di riunire artisti con le stesse affinità per
riqualificare l’uomo ponendolo in sintonia con l’ambiente e rendere l’arte contemporanea conscia
dei suoi rapporti con la storia e la storia dell’arte, anche interagendo espositivamente con parchi,
ville, edifici storici e piazze di città d’arte. Dal 1999 ha avviato un ciclo di conferenze, invitato da
università e istituti superiori d’arte, sulla sua attività nel contesto della cultura ebraica, della logica
matematica e dell’arte contemporanea. Nel 2004 con Maria Luisa Trevisan ha dato vita a PaRDeS
Laboratorio di Ricerca d’Arte Contemporanea a Mirano dove artisti di generazioni e culture diverse
si confrontano su temi naturalistici e scientifici.
Isabella Rigamonti
Isabella Rigamonti nasce nel 1969 e dopo gli studi artistici ed un esordio nel campo pittorico
figurativo, inizia un percorso di sperimentazione artistica di natura percettiva informale con
tecniche e materiali espressivi inconsueti, che la porta, nel tempo, ad avvicinarsi alla fotografia.
L’artista da anni utilizza un linguaggio artistico originale in cui la fotografia è contaminata con il
collage e rivolge la sua attenzione ad alcuni temi specifici.
I suoi “luoghi non luoghi”, abitati da architetture e personaggi dove gli equilibri fra gli spazi mutevoli
diventano, grazie all’intervento artistico, aree di relazione e di immaginazione sorprendenti, ed i
“riflessi”, in cui l’artista indaga le infinite possibilità che l’architettura ha di essere specchio storico
e sociale e generatrice di contesti urbani sempre nuovi.
Negli ultimi anni ha intensificato la sua presenza nel settore artistico partecipando a numerose
mostre personali e collettive in gallerie private e spazi museali.
Diverse sue opere sono presenti in musei pubblici e collezioni private.
Nel 2017 è stata invitata ad esporre in Padiglione Tibet durante la 57° Biennale d’Arte di Venezia.
Tetsuro Shimizu
Tetsuro Shimizu è nato a Tokyo (Giappone) nel 1958. Nel 1987 si trasferisce in Italia, a Milano, dove
si diploma in Pittura presso l’Accademia di Belle Arti di Brera.
Il lavoro di Tetsuro Shimizu parte da una solida conoscenza del lessico dell'Informale per spingersi
quasi verso una negazione dello stesso. L'artista pratica una pittura che conosce bene i suoi
confronti e che riesce continuamente a mettersi in rapporto con una prospettiva di ricerca. Se la
texture punta a ricavare un effetto di densità e movimento attraverso il colore, l'impianto dei lavori
tende a creare una direzione di fuga e di frammentazione dei piani di superficie, che raffredda e
nega l'assunto pittorico. Accade che la stessa immediatezza e splendida brutalità dell'Informale,
entri in conflitto con una scansione degli spazi visivi che frammentano l'unità originaria. Se la pittura
gestuale possiede la caratteristica di dare rappresentazione immediata al pensiero e all'emozione,
Shimizu consapevolmente rompe l'unità di luogo e azione. In questo modo crea dei lavori
concettualmente elaborati, in cui l'idea compositiva è calcolata e mai affidata alla casualità del
momento. Per questi motivi il suo lavoro risulta interessante e nuovo. Lo spazio non è abbandonato
al flusso che però mantiene intatta la sua pienezza e forza. Lo spazio viene rilanciato in una forma
che è chiusa eppure modulabile. Le opere di Tetsuro vengono fuori dalla parete, non ne sentono
più i vincoli, ma vogliono abitare lo spazio. Se i segmenti delle opere lasciano dei vuoti delle fessure,
è l'idea di pittura a riempirli. Quindi l'incertezza diventa provvisoria e serve a stabilire un contatto
con lo spettatore. L'artista crea uno spazio ibrido, poetico ed indefinito, in cui gli elementi dell'opera
accennano ad un linguaggio comune. (Valerio Deh)
Dal 1985 espone le sue opere in gallerie private, spazi pubblici in Italia e all’estero.
07
aprile 2018
Real Art Volume #3
Dal 07 aprile al 05 maggio 2018
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO FLORIANO BODINI
Gemonio, Via Marsala, 11, (Varese)
Gemonio, Via Marsala, 11, (Varese)
Vernissage
7 Aprile 2018, ore 17
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