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Shōzō Shimamoto in conversation with Christian Flamm, Piero Golia, Daniel Knorr, Eric Wesley
La mostra è la seconda di una serie di collettive in cui artisti che fanno parte del programma della galleria ed “artisti ospiti” si confrontano sul tema dell’astrazione attraverso opere già realizzate o di nuova produzione.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
I cinque artisti coinvolti interagiranno sul concetto di astrazione utilizzato come pretesto per sviluppare analisi antropologiche o
psicologiche, per meglio esprimere una propria visione dell'universo o semplicemente per evocare paesaggi, corpi, segni e così via.
Un ideale dialogo critico ed espositivo tra la produzione degli anni cinquanta e settanta del Maestro Shimamoto in Giappone e quella
di ultimo periodo degli artisti della galleria, una conversazione che avviene nel tempo e nello spazio su due modi di approcciare la
sperimentazione artistica.La mostra nasce in stretta collaborazione con l’ Associazione Shōzō Shimamoto di Napoli la quale attraverso la gestione dell’Archivio
Generale ha lo scopo di promuovere e sostenere la ricerca artistica dell’artista giapponese.
La ricerca sull’astrattismo di Shōzō Shimamoto, massimo esponente del gruppo Gutai, nasce negli anni '50, e lo consacra da subito
come rivoluzionario pioniere della sperimentazione artistica del Sol Levante.
È Shimamoto ad avvertire per primo l’impulso di osare, oltrepassare il limite, in una sorta di sfida continua per poter sprigionare ogni
forma di energia vitale e dare “concretezza” all’ideale espressivo del “vuoto pieno”, concetto filosofico del Buddismo zen, sinonimo di
essenzialità, scelta di astrazione e azzeramento secondo cui il vuoto è ciò che determina l’azione.
Nella pratica artistica questo processo si traduce nell’esplorazione di una espressione più diretta dell’arte, senza mediazioni, che nella
pittura si raggiunge attraverso la “messa a bando del pennello”, mezzo che rappresenta la distanza tra il corpo dell’artista e il risultato
finale.
Lasciandosi guidare dalla capacità immaginativa, libera, non condizionata da sovrastrutture e altre implicazioni, ne consegue una
riflessione da parte dell'artista sull’innocenza intesa quale esperienza-pura che, traslata nel quadro concettuale delle nostre latitudini,
acquista la valenza di spontaneità e caso.
Ciò è ben visibile nei primi Drawings degli anni ’50 e negli Ana Esquisse ( opere con i buchi) degli anni ’60 in cui il leit–motif è una
pittura d’azione senza scopo in quanto l’arte è nella vita e si rivela nel qui ed ora dell'azione.
Centrale nell'opera di Shimamoto è l’aspetto gestuale, processuale e temporale, per cui ciò che si intende come pittura è offuscato e
rimane come traccia, indice delle sue azioni. L’essenza è nella molteplicità delle relazioni che, coinvolgendo più persone per
l'originalità del segno e conseguente stupore, acquisiscono forma intersoggettiva, pubblica e comunicativa come nel caso della pratica
della calligrafia – in oriente disciplina spirituale – nella quale l’utilizzo del pennello è consentito perché, aderendo perfettamente al
corpo, collega lo spirito direttamente alla materia ( Red A on red, 1975 ).
L'installazione Quoted Out of Context di Christian Flamm sviluppa l'idea di includere un linguaggio visivo simbolico mentre
costantemente prova a dissociarsi da esso. Le cartoline che fanno parte dell'opera presentano immagini di disegni precedenti in cui
Flamm utilizza codici pittorici presi dall'arte, cinema, musica, letteratura e pubblicità e che formano parte di una conoscenza culturale
comune e di una memoria sociale. Come mezzi per esplorare le diverse associazioni tra significati che derivano dalle immagini stesse e
dai presupposti che ad essi portano, Flamm affianca le immagini ambivalenti con le solide superfici nere che le circondano nel porta
cartoline. L'alienazione delle immagini rispetto alle proprie connotazioni rappresentative è ancora più semplificata dal loro display
scultoreo che permette di evitare che le cartoline siano interpretate come souvenir.
La tela ricamata Untitled conclude la negazione di ogni forma di rappresentazione e dissolve il significato nell'astrazione.
L'installazione a pavimento, realizzata con mattonelle bianche e nere, riproduce invece la frase Make Of That What You Wish
utilizzando un font disegnato dallo stesso Christian Flamm. Questa dichiarazione riflette il variabile/modulare carattere degli
elementi usati, lettere per se, e le aspettative e prospettive del fruitore
In Depression Elevations, Daniel Knorr analizza la superficie del paesaggio urbano mediante una serie di calchi in resina presi dalle
"impressioni" che si trovano sulle strade delle città.
L'interesse topografico di Knorr è biopolitico; se è vero che un'infrastruttura è realizzata dallo stato per facilitare i collegamenti, è
anche vero che essa abolisce i movimenti sociali ed impone dei parametri su di una popolazione. La vasta e complessa rete stradale
della città lascia un indelebile traccia sulla vasta, distesa pianta delle città, generando un paesaggio culturale dominato da macchine
ed estensione urbana.
Gli avvallamenti delle strade, comunque, consumate dai segni del tempo e dall'utilizzo dell'uomo, forniscono una piccola impronta del
passato della città. Nel fare i calchi di pozzanghere e buche, Knorr coglie la storia, generando forma e sostanza letteralmente dal nulla.
Le sculture così prodotte traggono forza evocativa non dal loro innegabile bell'aspetto, ma dall'intima aura di un passato che
rapidamente svanisce.
In Reconstruction, due lastre di metallo vengono saldate assieme su di un lato. Poggiando le lastre sul pavimento si produce una sorta
di tenda. In termini formali, l'opera allude al minimalismo degli ani 60, analizzando gli sviluppi culturali, economici e sociali durante
e dopo tale periodo. Mentre il Minimalismo si riferiva al fenomeno della risistemazione delle risorse e all'industrializzazione del loro
sfruttamento, questo lavoro esamina il risultato di tale fenomeno rappresentando la perdita di risorse, sia fisiche che psichiche,
mostrando anche la mancanza di aiuto umanitario e di comprensione per gli sviluppi sociali contemporanei.
Piero Golia analizza le aspettative poste sugli artisti e come esse appaiono in pubblico, considerando, allo stesso modo, la loro
capacità di generare un tessuto sociale. L'opera in mostra è il risultato finale di una performance dell'artista realizzata presso la
Kunsthaus di Baselland nel 2017 in cui The Painter, un enorme robot che si muoveva su lunghi binari, dipingeva.
"Io credo" dice Golia "che dovremmo ricercare modelli aperti in cui lo spettatore abbia la possibilità di formare la propria narrazione".
Questo è esattamente ciò che è possibile fare interagendo con il robot che dipinge.
Non può certo essere ignorata la teatralità dell'evento. "La pittura astratta" osserva Golia "non è altro che teatro; basti pensare ad
esempio a tutte le immagini che mostrano Pollock nel suo studio che getta pittura sulle tele stese sul pavimento. Ma ciò che trovo
interessante è anche questa idea di narrazione. Come il robot reagisce alle persone che entrano nello spazio - una dopo l'altra
interrompendo la normale storia della mostra. Alla fine i dipinti racconteranno la storia della mostra e quindi possono essere intesi
come fossero una narrazione"
I dipinti realizzati da Eric Wesley si relazionano alla seconda mostra personale che l'artista ha realizzato in galleria nel 2012.
In occasione di quella mostra dal titolo The Natural Order of Things, Eric Wesley presentava il concetto di natura contrapposto
all’intervento umano o alla creatività.
La mostra si componeva di un’installazione performativa che l’artista identifica come primo passo di una rivoluzione: il trasferimento
di tutti gli oggetti che si trovavano al piano superiore, utilizzato come deposito personale della galleria, negli spazi della galleria
stessa; tale operazione indica un movimento rotatorio di un quarto in riferimento all’ideale sezione a croce dell’edificio.
L’intento è di stabilire un contesto di cambiamenti positivi e di sviluppo sia in termini fisici che intangibili. Una semplice e
rudimentale operazione che costruisce una regola che pone materialmente il lavoro d’arte in movimento. Attraverso la connessione
del fisico e del naturale si crea una rivoluzione (rotazione) verso una nozione di tipo spirituale o politico che diventa rappresentazione
dell’ importanza che l’arte, presentando se stessa, ha nella vita.
psicologiche, per meglio esprimere una propria visione dell'universo o semplicemente per evocare paesaggi, corpi, segni e così via.
Un ideale dialogo critico ed espositivo tra la produzione degli anni cinquanta e settanta del Maestro Shimamoto in Giappone e quella
di ultimo periodo degli artisti della galleria, una conversazione che avviene nel tempo e nello spazio su due modi di approcciare la
sperimentazione artistica.La mostra nasce in stretta collaborazione con l’ Associazione Shōzō Shimamoto di Napoli la quale attraverso la gestione dell’Archivio
Generale ha lo scopo di promuovere e sostenere la ricerca artistica dell’artista giapponese.
La ricerca sull’astrattismo di Shōzō Shimamoto, massimo esponente del gruppo Gutai, nasce negli anni '50, e lo consacra da subito
come rivoluzionario pioniere della sperimentazione artistica del Sol Levante.
È Shimamoto ad avvertire per primo l’impulso di osare, oltrepassare il limite, in una sorta di sfida continua per poter sprigionare ogni
forma di energia vitale e dare “concretezza” all’ideale espressivo del “vuoto pieno”, concetto filosofico del Buddismo zen, sinonimo di
essenzialità, scelta di astrazione e azzeramento secondo cui il vuoto è ciò che determina l’azione.
Nella pratica artistica questo processo si traduce nell’esplorazione di una espressione più diretta dell’arte, senza mediazioni, che nella
pittura si raggiunge attraverso la “messa a bando del pennello”, mezzo che rappresenta la distanza tra il corpo dell’artista e il risultato
finale.
Lasciandosi guidare dalla capacità immaginativa, libera, non condizionata da sovrastrutture e altre implicazioni, ne consegue una
riflessione da parte dell'artista sull’innocenza intesa quale esperienza-pura che, traslata nel quadro concettuale delle nostre latitudini,
acquista la valenza di spontaneità e caso.
Ciò è ben visibile nei primi Drawings degli anni ’50 e negli Ana Esquisse ( opere con i buchi) degli anni ’60 in cui il leit–motif è una
pittura d’azione senza scopo in quanto l’arte è nella vita e si rivela nel qui ed ora dell'azione.
Centrale nell'opera di Shimamoto è l’aspetto gestuale, processuale e temporale, per cui ciò che si intende come pittura è offuscato e
rimane come traccia, indice delle sue azioni. L’essenza è nella molteplicità delle relazioni che, coinvolgendo più persone per
l'originalità del segno e conseguente stupore, acquisiscono forma intersoggettiva, pubblica e comunicativa come nel caso della pratica
della calligrafia – in oriente disciplina spirituale – nella quale l’utilizzo del pennello è consentito perché, aderendo perfettamente al
corpo, collega lo spirito direttamente alla materia ( Red A on red, 1975 ).
L'installazione Quoted Out of Context di Christian Flamm sviluppa l'idea di includere un linguaggio visivo simbolico mentre
costantemente prova a dissociarsi da esso. Le cartoline che fanno parte dell'opera presentano immagini di disegni precedenti in cui
Flamm utilizza codici pittorici presi dall'arte, cinema, musica, letteratura e pubblicità e che formano parte di una conoscenza culturale
comune e di una memoria sociale. Come mezzi per esplorare le diverse associazioni tra significati che derivano dalle immagini stesse e
dai presupposti che ad essi portano, Flamm affianca le immagini ambivalenti con le solide superfici nere che le circondano nel porta
cartoline. L'alienazione delle immagini rispetto alle proprie connotazioni rappresentative è ancora più semplificata dal loro display
scultoreo che permette di evitare che le cartoline siano interpretate come souvenir.
La tela ricamata Untitled conclude la negazione di ogni forma di rappresentazione e dissolve il significato nell'astrazione.
L'installazione a pavimento, realizzata con mattonelle bianche e nere, riproduce invece la frase Make Of That What You Wish
utilizzando un font disegnato dallo stesso Christian Flamm. Questa dichiarazione riflette il variabile/modulare carattere degli
elementi usati, lettere per se, e le aspettative e prospettive del fruitore
In Depression Elevations, Daniel Knorr analizza la superficie del paesaggio urbano mediante una serie di calchi in resina presi dalle
"impressioni" che si trovano sulle strade delle città.
L'interesse topografico di Knorr è biopolitico; se è vero che un'infrastruttura è realizzata dallo stato per facilitare i collegamenti, è
anche vero che essa abolisce i movimenti sociali ed impone dei parametri su di una popolazione. La vasta e complessa rete stradale
della città lascia un indelebile traccia sulla vasta, distesa pianta delle città, generando un paesaggio culturale dominato da macchine
ed estensione urbana.
Gli avvallamenti delle strade, comunque, consumate dai segni del tempo e dall'utilizzo dell'uomo, forniscono una piccola impronta del
passato della città. Nel fare i calchi di pozzanghere e buche, Knorr coglie la storia, generando forma e sostanza letteralmente dal nulla.
Le sculture così prodotte traggono forza evocativa non dal loro innegabile bell'aspetto, ma dall'intima aura di un passato che
rapidamente svanisce.
In Reconstruction, due lastre di metallo vengono saldate assieme su di un lato. Poggiando le lastre sul pavimento si produce una sorta
di tenda. In termini formali, l'opera allude al minimalismo degli ani 60, analizzando gli sviluppi culturali, economici e sociali durante
e dopo tale periodo. Mentre il Minimalismo si riferiva al fenomeno della risistemazione delle risorse e all'industrializzazione del loro
sfruttamento, questo lavoro esamina il risultato di tale fenomeno rappresentando la perdita di risorse, sia fisiche che psichiche,
mostrando anche la mancanza di aiuto umanitario e di comprensione per gli sviluppi sociali contemporanei.
Piero Golia analizza le aspettative poste sugli artisti e come esse appaiono in pubblico, considerando, allo stesso modo, la loro
capacità di generare un tessuto sociale. L'opera in mostra è il risultato finale di una performance dell'artista realizzata presso la
Kunsthaus di Baselland nel 2017 in cui The Painter, un enorme robot che si muoveva su lunghi binari, dipingeva.
"Io credo" dice Golia "che dovremmo ricercare modelli aperti in cui lo spettatore abbia la possibilità di formare la propria narrazione".
Questo è esattamente ciò che è possibile fare interagendo con il robot che dipinge.
Non può certo essere ignorata la teatralità dell'evento. "La pittura astratta" osserva Golia "non è altro che teatro; basti pensare ad
esempio a tutte le immagini che mostrano Pollock nel suo studio che getta pittura sulle tele stese sul pavimento. Ma ciò che trovo
interessante è anche questa idea di narrazione. Come il robot reagisce alle persone che entrano nello spazio - una dopo l'altra
interrompendo la normale storia della mostra. Alla fine i dipinti racconteranno la storia della mostra e quindi possono essere intesi
come fossero una narrazione"
I dipinti realizzati da Eric Wesley si relazionano alla seconda mostra personale che l'artista ha realizzato in galleria nel 2012.
In occasione di quella mostra dal titolo The Natural Order of Things, Eric Wesley presentava il concetto di natura contrapposto
all’intervento umano o alla creatività.
La mostra si componeva di un’installazione performativa che l’artista identifica come primo passo di una rivoluzione: il trasferimento
di tutti gli oggetti che si trovavano al piano superiore, utilizzato come deposito personale della galleria, negli spazi della galleria
stessa; tale operazione indica un movimento rotatorio di un quarto in riferimento all’ideale sezione a croce dell’edificio.
L’intento è di stabilire un contesto di cambiamenti positivi e di sviluppo sia in termini fisici che intangibili. Una semplice e
rudimentale operazione che costruisce una regola che pone materialmente il lavoro d’arte in movimento. Attraverso la connessione
del fisico e del naturale si crea una rivoluzione (rotazione) verso una nozione di tipo spirituale o politico che diventa rappresentazione
dell’ importanza che l’arte, presentando se stessa, ha nella vita.
07
marzo 2018
Shōzō Shimamoto in conversation with Christian Flamm, Piero Golia, Daniel Knorr, Eric Wesley
Dal 07 marzo al 27 aprile 2018
arte contemporanea
Location
GALLERIA FONTI
Napoli, Via Chiaia, 229, (Napoli)
Napoli, Via Chiaia, 229, (Napoli)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì ore 11-14 / 16-20
Vernissage
7 Marzo 2018, ore 19.00
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