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André Kértesz – Un grande maestro della fotografia del Novecento
Oltre 180 fotografie ripercorrono, suddivise in tre sezioni, l’intero percorso artistico del maestro ungherese, che in più di cinquant’anni di carriera ha sempre utilizzato la fotografia come se fosse un suo diario visivo atto a rivelare la poesia dietro le semplici e anonime cose quotidiane, catturate attraverso prospettive uniche e rivoluzionarie.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Palazzo Ducale di Genova presenta dal 24 febbraio al 16 giugno una grande
retrospettiva, curata da Denis Curti, su uno dei maggiori fotografi del XX secolo:
André Kertész.
Oltre 180 fotografie ripercorrono, suddivise in tre sezioni, l’intero percorso artistico
del maestro ungherese, che in più di cinquant’anni di carriera ha sempre utilizzato
la fotografia come se fosse un suo diario visivo atto a rivelare la poesia dietro le
semplici e anonime cose quotidiane, catturate attraverso prospettive uniche e
rivoluzionarie.
“Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatto prima”. Henri Cartier-Bresson
Nato a Budapest il 2 luglio del 1894 in una famiglia della media borghesia ebraica,
dopo essersi diplomato nel 1912 all'Accademia commerciale di Budapest, comperò
la sua prima fotocamera, una ICA 4.5x6, un apparecchio maneggevole che
utilizzava senza stativo. Arruolatosi nel 1915 nell'esercito austro-ungarico, partì
volontario per il fronte russo-polacco, portando con sé una piccola Goerz Tenax
con obiettivo fotografico da 75mm, con la quale documentò la vita di trincea e le
lunghe marce, evitando gli aspetti più crudi della guerra.
Finita la guerra si trasferì a Parigi nel 1925, e lì ebbe modo di conoscere e
frequentare gli artisti e gli intellettuali del momento come Mondrian, Picasso,
Chagall che influenzarono e ispirarono il suo lavoro dell’epoca. Nel 1933 la rivista
Le sourire gli offrì cinque pagine da riempire in piena libertà. Per l’occasione il fotografo ungherese, influenzato dal Surrealismo e vicino alla poetica cubista di
Picasso, Hans Arp e Henri Moore, affittò uno specchio deformante da un circo e
nel suo studio realizzò una serie di fotografie di due modelle, Hajinskaya
Verackhatz e Nadia Kasine, conosciuta con il nome di “Distorsioni”.
L’incontro del 1926 con Brassaï fu fondamentale per la carriera di quest’ultimo in
quanto Kertész lo introdusse alla pratica fotografica.
Nel 1928 acquistò una Leica ed insieme a Henri Cartier-Bresson iniziò a lavorare
per la rivista Vu, antesignana dell’americana LIFE. Nel 1929 Kertész partecipò alla
prima mostra indipendente di fotografia “Salon de l'escalier”, insieme a Berenice
Abbott, Laure Albin-Guillot, George Hoyningen-Huene, Germaine Krull, Man Ray,
Nadar e Eugène Atget.
Interessato alle nuove correnti artistiche americane, decise di accettare l'offerta di
Erney Prince dell'agenzia Keystone, trasferendosi insieme alla moglie Elisabeth a
New York, nell'ottobre del 1936. Il lavoro alla Keystone durò solo un anno. Le sue
immagini non erano ben accette nel panorama fotogiornalistico statunitense, che
richiedeva uno stile rigoroso e didascalico.
Lavorò come freelance collaborando per molte riviste, tra cui Harper's Bazaar,
Vogue, Town and Country, The American House, Coller's e Coronet, Look.
Costretto a stare in casa a per problemi di salute, e affascinato dalla vista fatta di
tetti e strade sul Washington Square Park, Kertész cominciò a fotografare dalla
finestra di casa, riuscendo a cogliere i momenti intimi delle persone che
attraversavano la piazza: il lavoro From my Window è uno dei più struggenti ed
emozionanti ritratti dell’umanità, colta nei momenti più semplici del quotidiano.
Kertész ha passato tutta la sua vita alla ricerca dell'accettazione del consenso da
parte della critica e del pubblico. La sua arte non si è mai avvicinata ad alcun
soggetto politico ed è rimasta legata ai lati più semplici della vita quotidiana, con
toni molto intimi e lirici. Soltanto gli ultimi anni della sua vita e quelli successivi alla
morte segnano un rinnovato interesse verso degli scatti che riescono ad essere
senza tempo.
Considerato da Henry Cartier-Bresson il padre della fotografia contemporanea e
da Brassai il proprio maestro, Kertész ha dimostrato come qualsiasi aspetto delmondo, dal più banale al più importante, meriti di essere fotografato. Tra i pionieri
della fotografia straight, con i suoi costanti mutamenti di stile, temi e linguaggio, se
da un lato ci impediscono di collocare il lavoro del fotografo ungherese in un
ambito estetico esclusivo, dall’altro ne dimostrano la versatilità e la continua ricerca
comunicativa.
Nonostante la strada sia stata il soggetto principale delle sue fotografie, non era
interessato alla cronaca o agli eventi mondani, quanto alla possibilità di mostrare la
felicità silenziosa dell’intimità quotidiana. Kertész ha mantenuto una linea poetica
che lo tenne distante tanto dallo sperimentalismo di Man Ray, quanto dall’impegno
sociale e politico che avrebbe avuto la sua definitiva consacrazione con la Guerra
di Spagna del 1936. «La mia fotografia è veramente un diario intimo - ha spiegato -
è uno strumento, per dare un’espressione alla mia vita, per descrivere la mia vita,
come i poeti o gli scrittori descrivono le esperienze che hanno vissuto».
Ci lascia immagini che prediligono gli attimi, le emozioni passeggere. Foto che
vivono nel ricordo e che evocano ricordi. Il profilo dei comignoli sullo sfondo del
cielo. Il gioco di doppi creato dall'ombra di una forchetta in un piatto. Tutto con una
capacità modernissima di reinventare il reale.
Nel 1984, per preservare l’intero lavoro della sua vita, dona tutta la sua collezione
di negativi e di documenti al Ministero della Cultura francese.
André Kertész muore nella sua casa di New York il 28 settembre del 1985.
La mostra è organizzata dal Jeu de Paume di Parigi, in collaborazione con la
Mediathèque de l’Architecture et du Patrimoine, Ministère de la Culture et de
la Communication - France, con diChroma photography e con la partecipazione
di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura.
retrospettiva, curata da Denis Curti, su uno dei maggiori fotografi del XX secolo:
André Kertész.
Oltre 180 fotografie ripercorrono, suddivise in tre sezioni, l’intero percorso artistico
del maestro ungherese, che in più di cinquant’anni di carriera ha sempre utilizzato
la fotografia come se fosse un suo diario visivo atto a rivelare la poesia dietro le
semplici e anonime cose quotidiane, catturate attraverso prospettive uniche e
rivoluzionarie.
“Qualsiasi cosa noi facciamo, Kertész l’ha fatto prima”. Henri Cartier-Bresson
Nato a Budapest il 2 luglio del 1894 in una famiglia della media borghesia ebraica,
dopo essersi diplomato nel 1912 all'Accademia commerciale di Budapest, comperò
la sua prima fotocamera, una ICA 4.5x6, un apparecchio maneggevole che
utilizzava senza stativo. Arruolatosi nel 1915 nell'esercito austro-ungarico, partì
volontario per il fronte russo-polacco, portando con sé una piccola Goerz Tenax
con obiettivo fotografico da 75mm, con la quale documentò la vita di trincea e le
lunghe marce, evitando gli aspetti più crudi della guerra.
Finita la guerra si trasferì a Parigi nel 1925, e lì ebbe modo di conoscere e
frequentare gli artisti e gli intellettuali del momento come Mondrian, Picasso,
Chagall che influenzarono e ispirarono il suo lavoro dell’epoca. Nel 1933 la rivista
Le sourire gli offrì cinque pagine da riempire in piena libertà. Per l’occasione il fotografo ungherese, influenzato dal Surrealismo e vicino alla poetica cubista di
Picasso, Hans Arp e Henri Moore, affittò uno specchio deformante da un circo e
nel suo studio realizzò una serie di fotografie di due modelle, Hajinskaya
Verackhatz e Nadia Kasine, conosciuta con il nome di “Distorsioni”.
L’incontro del 1926 con Brassaï fu fondamentale per la carriera di quest’ultimo in
quanto Kertész lo introdusse alla pratica fotografica.
Nel 1928 acquistò una Leica ed insieme a Henri Cartier-Bresson iniziò a lavorare
per la rivista Vu, antesignana dell’americana LIFE. Nel 1929 Kertész partecipò alla
prima mostra indipendente di fotografia “Salon de l'escalier”, insieme a Berenice
Abbott, Laure Albin-Guillot, George Hoyningen-Huene, Germaine Krull, Man Ray,
Nadar e Eugène Atget.
Interessato alle nuove correnti artistiche americane, decise di accettare l'offerta di
Erney Prince dell'agenzia Keystone, trasferendosi insieme alla moglie Elisabeth a
New York, nell'ottobre del 1936. Il lavoro alla Keystone durò solo un anno. Le sue
immagini non erano ben accette nel panorama fotogiornalistico statunitense, che
richiedeva uno stile rigoroso e didascalico.
Lavorò come freelance collaborando per molte riviste, tra cui Harper's Bazaar,
Vogue, Town and Country, The American House, Coller's e Coronet, Look.
Costretto a stare in casa a per problemi di salute, e affascinato dalla vista fatta di
tetti e strade sul Washington Square Park, Kertész cominciò a fotografare dalla
finestra di casa, riuscendo a cogliere i momenti intimi delle persone che
attraversavano la piazza: il lavoro From my Window è uno dei più struggenti ed
emozionanti ritratti dell’umanità, colta nei momenti più semplici del quotidiano.
Kertész ha passato tutta la sua vita alla ricerca dell'accettazione del consenso da
parte della critica e del pubblico. La sua arte non si è mai avvicinata ad alcun
soggetto politico ed è rimasta legata ai lati più semplici della vita quotidiana, con
toni molto intimi e lirici. Soltanto gli ultimi anni della sua vita e quelli successivi alla
morte segnano un rinnovato interesse verso degli scatti che riescono ad essere
senza tempo.
Considerato da Henry Cartier-Bresson il padre della fotografia contemporanea e
da Brassai il proprio maestro, Kertész ha dimostrato come qualsiasi aspetto delmondo, dal più banale al più importante, meriti di essere fotografato. Tra i pionieri
della fotografia straight, con i suoi costanti mutamenti di stile, temi e linguaggio, se
da un lato ci impediscono di collocare il lavoro del fotografo ungherese in un
ambito estetico esclusivo, dall’altro ne dimostrano la versatilità e la continua ricerca
comunicativa.
Nonostante la strada sia stata il soggetto principale delle sue fotografie, non era
interessato alla cronaca o agli eventi mondani, quanto alla possibilità di mostrare la
felicità silenziosa dell’intimità quotidiana. Kertész ha mantenuto una linea poetica
che lo tenne distante tanto dallo sperimentalismo di Man Ray, quanto dall’impegno
sociale e politico che avrebbe avuto la sua definitiva consacrazione con la Guerra
di Spagna del 1936. «La mia fotografia è veramente un diario intimo - ha spiegato -
è uno strumento, per dare un’espressione alla mia vita, per descrivere la mia vita,
come i poeti o gli scrittori descrivono le esperienze che hanno vissuto».
Ci lascia immagini che prediligono gli attimi, le emozioni passeggere. Foto che
vivono nel ricordo e che evocano ricordi. Il profilo dei comignoli sullo sfondo del
cielo. Il gioco di doppi creato dall'ombra di una forchetta in un piatto. Tutto con una
capacità modernissima di reinventare il reale.
Nel 1984, per preservare l’intero lavoro della sua vita, dona tutta la sua collezione
di negativi e di documenti al Ministero della Cultura francese.
André Kertész muore nella sua casa di New York il 28 settembre del 1985.
La mostra è organizzata dal Jeu de Paume di Parigi, in collaborazione con la
Mediathèque de l’Architecture et du Patrimoine, Ministère de la Culture et de
la Communication - France, con diChroma photography e con la partecipazione
di Palazzo Ducale Fondazione per la Cultura.
23
febbraio 2018
André Kértesz – Un grande maestro della fotografia del Novecento
Dal 23 febbraio al 16 giugno 2018
fotografia
Location
PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 9, (Genova)
Vernissage
23 Febbraio 2018, su invito
Autore
Curatore