-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Antonio Panino – a B-612
In questa mostra, Panino espone le sue ultime opere su carta.
Sono complessi quei fattori che conducono alla crescita di un artista: l’incontro e il confronto con gli altri, lo stimolo delle proposte più recenti a lui vicine, la consapevolezza critica del proprio procedere … La crescita professionale è in sostanza un lento processo interiore che si attiva e si matura lavorando costantemente e soprattutto evitando di arginare tutti quei dubbi e quei ripensamenti che mandano in crisi, ma piuttosto affrontandoli senza ostacolarli. Anzi, proprio questi momenti diventano lo spunto da cui ripartire per dare vita a nuovi orizzonti e a nuovi respiri: lo dimostra Antonio Panino che ci presenta oggi, in questa mostra ‘a B-612’ allo Spazio Mutabilis, le sue ultime opere su carta. Sono gli esiti di una ricerca che stava già nascendo nel 2014 (quando ancora il suo stile era caratterizzato da una irruenta gestualità fatta di grovigli di segni, di impasti materici e di contrasti cromatici) e che ha continuato a portare avanti silenziosamente, fino a diventare una nuova visione poetica. In questi ultimi anni, quasi come se volesse tenere sotto controllo l’eccessiva impulsività della sua mente e della sua mano, Panino approda ad una dimensione più riflessiva, più lucida, più rigorosa. Per cominciare si sottrae definitivamente da ogni riferimento alla realtà (perfino nei titoli delle opere) e poi piano piano comincia ad orientarsi verso una riduzione degli eccessi grafici, lavorando con una logica operativa nuova, capace di frenare il suo istinto emotivo. La mano procede guidata ora da una mente che non concede nulla all’incertezza: campiture cromatiche trasparenti, ma limpide, si sovrappongono ampie, sbavandosi lievemente solo nei bordi; colori stesi come velature sopra altri colori ne trasformano gli effetti e organizzano in una libera geometria lo spazio del foglio sul quale vibra il bianco risparmiato della carta. Non ci sono più linee: i profili netti nascono dall’accostamento delle stesure dei pigmenti acquosi. Non ci sono più curve: gli spazi cromatici sono definiti in senso sempre rettilineo, verticale e orizzontale. C’è però la traccia di un orizzonte che sembra voler impaginare l’insieme, come per sottolineare una sorta di equilibrio compositivo, che dia stabilità e classicità all’insieme. Una nuova situazione di immobilità ha preso il posto dell’antico dinamismo che caratterizzava il lavoro di Panino: ora c’è pensiero, c’è interiorità, c’è mistero. Inevitabilmente c’è astrazione. Aristotele diceva “Ars est celare artem”, che vuol dire che l’arte è nel nascondere l’arte (cioè l’artificio, l’eloquenza, il virtuosismo): percorso certamente faticoso e irto di ostacoli per un artista, ma che conduce, una volta che questi ne abbia preso coscienza, ad una maturità personale e umana, oltre che artistica, di profondo valore etico.
Paola Malato
gennaio 2018
Antonio Panino – a B-612
Torino, Via Dei Mille, 25/c, (Torino)