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Gli artisti si rappresentano
The Italian Twentieth Century Art Museum
Il primo dopoguerra portò un clima d'incertezza e di frattura con la società. L'artista e l'intellettuale abbandonarono gli atteggiamenti avanguardisti per esprimere la nuova realtà che andava a conoscere i regimi politici e la seconda guerra mondiale
di redazione
Fra i generi artistici, il ritratto fu un ineguagliabile strumento per l’analisi dei diversi personaggi della società e soprattutto per l’introspezione dell’animo dell’autore: una sorta di continuo autoritratto della propria condizione. Gli stessi protagonisti di Valori Plastici e di Novecento, movimenti legati al classicismo e al monumentalismo, se ne servirono per esprimere, lontano dalle retoriche dell’ufficialità, lo spaesamento in cui si trovavano ad operare. Lo confermano opere come Il pittore al cavalletto di Mario Sironi (1928, sala VIII), Mia sorella di Ottone Rosai (1921-1922, sala III), Apparizione (Susanna) di Arturo Martini (1928, sala V), i ritratti di Virgilio Guidi (sala VII). Del resto, ancora nei primi anni Trenta, era viva la rappresentazione del manichino metafisico (Giorgio Morandi, Figura, 1918, sala IX; Giorgio de Chirico, Les bains mysterieux, 1934 ca., sala IX; Massimo Campigli, Testa di donna con collana, 1931, sala VIII; Renato Paresce, Donna alla finestra, 1931, sala VIII), e ancora Morandi, Sironi e altri autori arrivarono ad escludere la figura umana dalle proprie opere. Unica concessione di Sironi, ormai negli anni Cinquanta, la serie delle Mummie (1951, sala VIII), segni di un’umanità che poteva essere recuperata dal tempo.
La reazione a questo “silenzio” non tardò ad arrivare e il richiamo dell’intellettuale a partecipare alla vita sociale per denunciare bassezze e soprusi, trovò il sostegno di pittori e scultori. Sia gli artisti della Scuola Romana che di Corrente recuperarono la tradizione espressionista. Fu così data immagine a quei malesseri che le filosofie psicoanalitiche e dell’esistenzialismo avevano insegnato ad individuare al di là delle apparenze. Ancora un protagonista di Novecento, Marino Marini, ritrasse il critico Lamberto Vitali (1936-1937 ca., sala I) cogliendo, attraverso il vibrante modellato della cera, la vivacità intellettiva dell’amico. Per gli artisti che dell’espressionismo fecero un programma di stile, il ritratto assunse ancora più caratterizzazione. Basterebbe citare il Ritratto del cardinale decano di Scipione (1929, sala IV). La collezione Alberto della Ragione vanta lo studio della testa per il grande dipinto della Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma. Lo stesso vale per l’altro dipinto di Scipione, quello di Gino Parenti (1930 ca., sala IV), il vignettista de L’Italia Letteraria. In entrambi, il colore, di accensione neoveneta, l’alto impasto pittorico graffiato nei contorni, la presenza incombente della figura frontale e in primo piano, conferiscono un’inedita e travagliata, eppure viva, umanità. Sono vicini a questo stile L’autoritratto di Mario Mafai (1928, sala IV) e le teste di Giacomo Manzù (sala XVI), i ritratti della moglie di Roberto Melli (sala V), le sculture di Antonietta Raphael (sala V), Paulette di Lucio Fontana (1938, sala XIII), i ritratti della madre di Bruno Cassinari (1942, sala XIV) e di Renato Birolli (1940, sala XVII).
Se i ritratti ai familiari si distinsero per il tono lirico, quelli dedicati ai protagonisti della cultura e dell’arte furono espressione più profonda dell’analisi sull’individuo. Ottone Rosai, più di altri, fu un instancabile ritrattista. Osservare la serie dei suoi Amici e i Tondini permette di ritrovare volti e pensieri della vita artistica italiana dagli anni Venti ai Cinquanta. Già Alberto della Ragione gli chiese i ritratti di Giorgio de Chirico e di Eugenio Montale (1940, sala III), e Rosai li ritrasse nuovamente insieme ai volti di altri pittori e poeti, scultori e scrittori (sale X e XI). Nel suo studio questa nuova galleria di Uomini Illustri diventava un conforto e una conferma alle scelte dell’autore. Lo stesso Rosai si ritrasse con alle spalle Palazzo Vecchio (1955 ca., sala X), con la consueta indagine impietosa verso qualsiasi compiacimento estetico, pronta a cogliere l’intimità dei pensieri e insieme a sottolineare quel legame con la sua Firenze, amata e sentita stretta, che fece sempre da sfondo alla sua attività di pittore e di scrittore.
Paola Cammeo
[exibart]