04 febbraio 2019

Freddy Battino: “Viva il nuovo mercato!”

 

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Freddy Battino da molti è indicato come l’ideatore delle “aste/mostre”, ed è entrato a Il Ponte quando c’erano solo una decina di dipendenti. L’azienda ora ne conta circa 60, ha visto realizzarsi nell’ultimo anno 11 record d’asta e chiude il 2018 con 30,8 milioni di euro di fatturato. 
Qual è lo stato di salute del mercato?
«Non credo che le mie osservazioni si sentano molto in giro. Forse qualcuno censura questo tipo di esternazioni e qualcuno ancora non si rende conto che siamo in una fase di cambiamenti giganteschi. Il sistema è cresciuto fino a un anno fa, o forse sei mesi fa, quando si è compiuto un cambiamento fisiologico. 
Anche se i recenti report indicano un trend in crescita del mercato dell’arte Moderna e Contemporanea, con un + 19% dal giugno 2017 al giugno 2018, il valore delle opere considerate è diminuito tra i loro due ultimi passaggi nelle case d’aste, a indicare che l’investimento in arte contemporanea rappresenta in termini di rendimento un’alternativa molto interessante agli investimenti in altre asset class, ma anche che il rischio di perdite importanti è molto alto. Le recenti edizioni di Art Basel Miami e Frieze Master non hanno certamente brillato. Opere di artisti quali Castellani, Scheggi e Bonalumi, hanno perso circa il 50% del valore d’asta negli ultimi tre anni. Lo stesso Fontana ha subito uno stop alle ultime aste autunnali italiane e internazionali e Boetti non ha certamente fatto meglio. Il mercato è cambiato e sta drasticamente modificandosi. L’ondata speculativa si è esaurita provocando un deprezzamento a volte impressionante e una sorta di shock psicologico da parte di molti operatori del mercato, nonché di tanti collezionisti: ora regna un clima di grande incertezza per il futuro. L’opera negli ultimi anni è stata ridotta a mero prodotto merceologico, processo che ha mortificato tutti. Ma la pacchia è finita! 
Ma se il mercato era quello di prima, ben venga il nuovo mercato! Perché se il mercato crolla perché si inceppa il meccanismo di crescita incontrollata dei prezzi in favore di una maggiore qualità, l’unica possibilità all’orizzonte è quella di un miglioramento del mercato». 
Come pensate di far fronte a questa fase?
«Come succede in tutti i grandi cambiamenti, se si analizzano i fattori con cognizione di causa ed esperienza, si può intuire dove andrà il mercato. Innanzitutto l’ottica ragionevole di investimento deve essere di medio lungo termine. Detto questo, non ho la presunzione di fare il mio mercato, perché sarei un megalomane, però ho da tempo già iniziato una strada diversa da quella già battuta, in un momento in cui avrei potuto percorrere le strade più facili. Negli ultimi mesi ad esempio abbiamo realizzato alcuni importanti record storici di artisti italiani, parlo di artisti come Giò Pomodoro, Paolo Icaro, Irma Blank, artisti un po’ dimenticati dal mercato ma che meritano una maggiore attenzione». 
Quali sono le tendenze che caratterizzeranno i prossimi mesi?
«Ci sarà una rivalutazione di molti movimenti artistici rimasti ingiustamente al palo: penso al surrealismo in generale, ma specialmente ai nostri fratelli De Chirico e Savinio. Penso alla scultura di Arturo Martini e Wildt. Penso ancora ai futuristi tutti Balla, Boccioni, Depero, Russolo e a Sironi, Oppi, Bonzagni, Donghi, Funi, Casorati, Licini. E penso ancora a tanti nostri scultori ancora sottostimati quali Consagra, Melotti, Milani, Viani , Negri, Giò Pomodoro, Mirko. Penso ai nostri informali Santomaso, Vedova, Afro, Birolli , Tancredi, Novelli, Turcato…e ai nostri razionalisti: Rho , Galli, Radice, Badiali, Veronesi, Munari. Se si pensa che con circa 150mila euro si può acquistare un importante disegno di Boccioni o una tempera degli anni ’20 di Savinio, con la stessa cifra si può acquistare un piccolo olio di Max Ernst, una china di Picasso, un olio di Magnelli, un  collage di Schwitters o una gouaches dell’inizio del secolo di Sonia Delaunay».
Il vostro centro a Milano ma come risponde il resto d’Italia a questa dinamica e al vostro lavoro?
«Devo dire che in alcune città nel resto d’Italia quando mi capita di andare nelle case ed effettuare delle consulenze per dei collezionisti ho come l’impressione che gli ultimi 10 anni non li avessero quasi vissuti e non ne capisco il motivo. Ci sono molti collezionisti però che da tutta Italia vengono a Milano per assistere alle mostre e prendono parte alle vendite, ma dal punto di vista geografico i grandi collezionisti e i venditori sono ancora soprattutto al nord». (RP)

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