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“Mi sono stati dati gli appellativi più diversi: Dio del Design, Affarista, Artista Eccentrico, Pantera Rosa del Design, Secco Duca Bianco del Design, Poeta della Plastica. La lista potrebbe ancora continuare. Posso accettarli tutti”. In effetti, fama e modi di essere non lo smentiscono di certo. Karim Rashid – nato al Cairo nel 1960 – salta da New York, dove vive, alla capitale austriaca espressamente per gettarsi nella mischia della “Vienna Design Week” (dal 2 al 12 ottobre). Non è neanche sbarcato che già Schaufenster, il magazine del quotidiano austriaco Die Presse, pubblica una sua intervista di cui abbiamo appena riferito il botta-e-risposta del primissimo round. Programma viennese? Una lectio magistralis o giù di lì. E una super cena d’affari. Sì, tanto per non smentire una reputazione cucita su misura. Mentre a quest’ultima non eravamo invitati, a lezione dal Poeta della Plastica ci siamo andati. Alto, secco, camicia rosa, vestito bianco, è stato accolto e applaudito come una vera popstar da un pubblico quasi tutto di studenti in un’aula gremitissima dell’Università dell’Arte Applicata. Innegabile carisma e verve da vendere, parla fitto fitto per un’ora intorno al tema Future design thinking, dedicando molto tempo ad illustrare il suo credo etico-estetico, quello che lui chiama il “Karim-Manifesto”. Ovvero: “abbandoniamo la tradizione: basta di interpretare, di re-interpretare, re-interpretare e re-interpretare ancora… Viviamo appieno il nostro tempo, la contemporaneità, la creatività! Anche se tanto facile non è, anzi, è molto più difficile”. (franco veremondi)
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