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23
ottobre 2008
fino al 2.XI.2008 Seek Refuge Venezia, Camping Village
venezia
Parallelamente alla Biennale d'Architettura, venticinque artisti esprimono la propria architecture beyond building. E costruiscono in forma reale o allegorica un rifugio. Che prende corpo dalla necessità di protezione verso il mondo...
di Carolina Lio
Seek Refuge è un progetto-matrioska: due artisti, Filippo Borella ed Enrico Cazzaniga, ideano un progetto e chiamano due curatori, Marta Casati e Riccardo Lisi, invitando a lavorare sul concept altri venticinque artisti. Quello che viene chiesto a tutti è di costruire un proprio rifugio in un luogo espositivo decisamente insolito, un camping alla periferia della terraferma di Venezia. In effetti, il sottotitolo della mostra è Insediamenti precari in luoghi di transito, una metafora della precarietà generale dei ritmi contemporanei, che c’inducono alla necessità di ricreare una nicchia – interna o esterna – di salvezza e intimità per la preservazione personale.
Tra gli artisti, c’è chi ha scelto di costruire un rifuggio fisico, come la casa sull’albero realizzata da Adelita Husni-Bey, dotata sia di un pannello fotovoltaico che di un giardino idroponico. O ancora il letto a castello coperto da un tetto e trasformato in casa da Franco Menicagli e l’Agenzia mobile immobiliare di Gonzalo Laborra e Federica Tavian, che stipulano regolari contratti d’affitto per la possibilità di dormire in una scatola di cartone, ironicizzando sulla speculazione immobiliare. Maurizio Mercuri equipaggia una roulotte per farla diventare una specie di cabina acustina dal sottofondo nostalgico. Sette altoparlanti diffondono un suono sottile e apparentemente senza senso, che catturato però da un monitor, che ne rivela lo spettro, traccia la forma delle montagne che si vedono dalla reale abitazione dell’artista.
Il concetto di rifugio assume per altri una valenza più impalpabile. Può essere un rifugio spirtuale, come quello che Tarshito ricerca nei riti e nelle filosofie del popolo indiano e che propone con stampe di edifici tipici e vari simboli di quella cultura. Oppure un nido tecnologico come quello che Luca Lo Coco costruisce online, creando Quit Magazine, rivista libera di cultura in cui ognuno può scrivere e dove non è prevista la figura di un direttore. Mentre un chiaro richiamo alla filosofia è quello che Francesco Arena proietta tra gli alberi: un’immagine fissa della baia di Heidegger.
Dalla filosofia il passo è breve per raggiungere l’utopia, o meglio le Utopia Nations che Al Fadhil mette in scena in una perfomance. Davanti a un posticcio posto di blocco, di fatto l’entrata al camping, l’artista in tenuta militare osserva chiunque entra, ma non ferma e controlla nessuno, simboleggiando il sogno di un Paese aperto a ogni scambio e dialogo culturale.
Ma ci sono anche artisti che lavorano in senso inverso, creando tutt’altro che un rifugio nel quale rintanarsi. Come gli scatti di edifici in decadimento immortalati da Sergio Racanati, il muro bianco, solido, rigido e inospitale di Alek O. e la ricostruzione di un piccolo campanile di San Marco da parte di Andras Calamandrei come simbolo di un’architettura e di un potere ottenuto con la guerra e la distruzione.
Tra gli artisti, c’è chi ha scelto di costruire un rifuggio fisico, come la casa sull’albero realizzata da Adelita Husni-Bey, dotata sia di un pannello fotovoltaico che di un giardino idroponico. O ancora il letto a castello coperto da un tetto e trasformato in casa da Franco Menicagli e l’Agenzia mobile immobiliare di Gonzalo Laborra e Federica Tavian, che stipulano regolari contratti d’affitto per la possibilità di dormire in una scatola di cartone, ironicizzando sulla speculazione immobiliare. Maurizio Mercuri equipaggia una roulotte per farla diventare una specie di cabina acustina dal sottofondo nostalgico. Sette altoparlanti diffondono un suono sottile e apparentemente senza senso, che catturato però da un monitor, che ne rivela lo spettro, traccia la forma delle montagne che si vedono dalla reale abitazione dell’artista.
Il concetto di rifugio assume per altri una valenza più impalpabile. Può essere un rifugio spirtuale, come quello che Tarshito ricerca nei riti e nelle filosofie del popolo indiano e che propone con stampe di edifici tipici e vari simboli di quella cultura. Oppure un nido tecnologico come quello che Luca Lo Coco costruisce online, creando Quit Magazine, rivista libera di cultura in cui ognuno può scrivere e dove non è prevista la figura di un direttore. Mentre un chiaro richiamo alla filosofia è quello che Francesco Arena proietta tra gli alberi: un’immagine fissa della baia di Heidegger.
Dalla filosofia il passo è breve per raggiungere l’utopia, o meglio le Utopia Nations che Al Fadhil mette in scena in una perfomance. Davanti a un posticcio posto di blocco, di fatto l’entrata al camping, l’artista in tenuta militare osserva chiunque entra, ma non ferma e controlla nessuno, simboleggiando il sogno di un Paese aperto a ogni scambio e dialogo culturale.
Ma ci sono anche artisti che lavorano in senso inverso, creando tutt’altro che un rifugio nel quale rintanarsi. Come gli scatti di edifici in decadimento immortalati da Sergio Racanati, il muro bianco, solido, rigido e inospitale di Alek O. e la ricostruzione di un piccolo campanile di San Marco da parte di Andras Calamandrei come simbolo di un’architettura e di un potere ottenuto con la guerra e la distruzione.
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carolina lio
mostra visitata il 13 Settembre 2008
dal 13 settembre al 2 novembre 2008
Seek Refuge. Insediamenti precari in luoghi di transito
a cura di Marta Casati e Riccardo Lisi
Venezia Village Camping
Via Orlanda 8/c (Mestre) – 30030 Venezia
Orario: tutti i giorni ore 9-23
Ingresso libero
Info: seekrefuge08@gmail.com; www.seek-refuge.com
[exibart]
Che bello! vorrei salire sulla casetta sull’albero!!!