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Keiji Ito / Kazuhito Nagasawa – Shibui
Shibui si riferisce ad un particolare principio estetico giapponese che coniuga le caratteristiche contrastanti di ruvidità e raffinatezza. Il termine Shibui venne utilizzato a partire dal periodo Muromachi (1336-1573) per descrivere il gusto astringente dei cachi
Comunicato stampa
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Dal 21 settembre al 26 ottobre Officine Saffi e Galleria Monopoli sono liete di presentare una doppia mostra - due artisti in due sedi – dedicata agli ultimi lavori di Keiji Ito (Toki, 1935) e Kazuhito Nagasawa (Osaka, 1968). Gli artisti, entrambi giapponesi, attualizzano il tradizionale medium ceramico in sculture e opere a parete dal fascino discreto.
Il titolo della mostra – Shibui - si riferisce infatti ad un particolare principio estetico giapponese che coniuga le caratteristiche contrastanti di ruvidità e raffinatezza. Il termine Shibui venne utilizzato a partire dal periodo Muromachi (1336-1573) per descrivere il gusto astringente dei cachi acerbi. Più tardi, lo stesso termine venne associato a un particolare canone estetico usato per riferirsi a qualsiasi cosa bella per essere sottovalutata e priva di particolari elaborazioni. Il fascino di un oggetto shibui sta proprio in questo suo essere una forza trattenuta, una bellezza nascosta, da scoprire poco a poco, su cui soffermarsi per lungo tempo anche se basta un attimo per intuirla.
Una generazione piena, più di trent’anni, separa anagraficamente Keiji Ito e Kazuhito Nagasawa, e consente, oltre all’apprezzamento specifico di due straordinarie individualità espressive, di svolgere riflessioni utili sul ruolo di riferimento svolto dalla ceramica giapponese contemporanea sul piano internazionale. Nel processo non lineare di apertura e scambio con l’arte occidentale l’arte giapponese moderna ha potuto contare sulla ricerca ceramica come su un’area di tale radicata identità da non subire fascinazioni eteronome: il che ha significato che ha potuto decantare i propri retaggi di tradizione, il proprio localismo, alimentandosi di nuovi pensieri ma non assumendo necessariamente nuovi modi e nuove forme.
Non cita, non evoca il primitivo, Keiji Ito, lo rivive e lo rigenera. In questo processo reincontra le ragioni dell’avanguardia novecentesca quando per vie diverse affronta la questione essenziale della figura e sono le versioni di Hito (dialoganti, senza sudditanze, con vicende come quelle di Brancusi, Modigliani, il primo Giacometti), e del suo apparire esteriore, in Omote (per cui basti pensare, utile confronto, alle Masks di Tzara o Man Ray, per non dire delle plurime mode d’art nègre).
Kazuhito Nagasawa è nato nel 1968, e dunque ha potuto operare in tempi nei quali hanno agito fattori problematici, a cominciare dall’adozione dell’intimità della materia non come fatto acquisito ma come scelta consapevole e criticamente attiva, e dal rapporto non esclusivo con la terra in un’area operativa in cui il corpo plastico si offre nel registro doppio, e fastosamente ambiguo, di opera d’autonomo senso e di oggetto: che è un modo, a ben vedere, sia di riprendere la vexata quaestio disciplinare della funzione possibile – posta o contraddetta, posta e contraddetta – ma straniandola al punto che diventi essa stessa la materia problematica dell’opera, sia di ragionare in termini di materia pura in una forma pura, di sostanza capace di pronunciarsi e di offrire la propria sostanza fragrante, che è colore e rapporto con la luce, convocazione oggettiva di spazio e introversione potente, assumendo a riferimento un unico elementare differenziale.
KEIJI ITO
Keiji Ito nasce a Toki city, nella prefettura di Gifu in Giappone, nel 1935 e si laurea presso la Musashino Art University nel 1958. Nella sua città d’origine dove attualmente vive, stabilisce la produzione di una vasta gamma di oggetti per la tavola Giapponese e Occidentale e oggetti scultorei tra cui le opere delle serie “Hiroshima”, “Silence” e “Mask”. Membro dello IAC, International Academy of Ceramics, espone negli anni in diverse gallerie e musei tra Europa, Giappone e Stati Uniti. Nel 1981 partecipa alla trentanovesima edizione del premio Faenza. Nel 1994 viene nominato docente presso Tohgei-no-Mori, il Shigaraki Ceramic Cultural Park nella prefettura di Shiga. Nel 2008, Keiji Ito, è uno dei giudici dell’ottava edizione del Concorso Internazionale della Ceramica di Mino. Le sue opere sono conservate in alcuni importanti musei del mondo.
KAZUHITO NAGASAWA
Kazuhito Nagasawa nasce nel 1968 a Osaka in Giappone. Nel 1994 partecipa alla quarta edizione dell’International Ceramic Competition a Mino, in Giappone. L'opera di Nagasawa è composta da più elementi che si uniscono e fondono tra loro, l'argilla viene unita al ferro, al vetro, al legno.
Ogni contenitore, ogni oggetto, da lui realizzato possiede una forma diversa, ma ciò che viene custodito all'interno viene indicato solamente da vecchie etichette di carta poste sopra le opere.
Le sostanze custodite all'interno delle opere di Kazuhito Nagasawa sono elementi naturali, come semi, terra. Questi semi sono protetti all'interno dell'opera da viti e bulloni; custoditi fedelmente all'interno, sono sopravvisuti a disastri tremendi e nelle intenzioni dell'artista devono essere conservati per secoli. Ciò che l'artista vuole racchiudere all'interno di questi oggetti, sono i suoi preziosi "kioku", ovvero i ricordi. Nel 1997 partecipa alla quinta Biennale di Ceramica sempre in Giappone e nel 2001 partecipa al World Ceramic Expo in Corea. Nel 2013 partecipa a Roma alla mostra "La Ceramica Giapponese in Italia" a cura di Claudia Casali, una collettiva di artisti giapponesi presso l'istituto Giapponese di cultura in Italia.
Il titolo della mostra – Shibui - si riferisce infatti ad un particolare principio estetico giapponese che coniuga le caratteristiche contrastanti di ruvidità e raffinatezza. Il termine Shibui venne utilizzato a partire dal periodo Muromachi (1336-1573) per descrivere il gusto astringente dei cachi acerbi. Più tardi, lo stesso termine venne associato a un particolare canone estetico usato per riferirsi a qualsiasi cosa bella per essere sottovalutata e priva di particolari elaborazioni. Il fascino di un oggetto shibui sta proprio in questo suo essere una forza trattenuta, una bellezza nascosta, da scoprire poco a poco, su cui soffermarsi per lungo tempo anche se basta un attimo per intuirla.
Una generazione piena, più di trent’anni, separa anagraficamente Keiji Ito e Kazuhito Nagasawa, e consente, oltre all’apprezzamento specifico di due straordinarie individualità espressive, di svolgere riflessioni utili sul ruolo di riferimento svolto dalla ceramica giapponese contemporanea sul piano internazionale. Nel processo non lineare di apertura e scambio con l’arte occidentale l’arte giapponese moderna ha potuto contare sulla ricerca ceramica come su un’area di tale radicata identità da non subire fascinazioni eteronome: il che ha significato che ha potuto decantare i propri retaggi di tradizione, il proprio localismo, alimentandosi di nuovi pensieri ma non assumendo necessariamente nuovi modi e nuove forme.
Non cita, non evoca il primitivo, Keiji Ito, lo rivive e lo rigenera. In questo processo reincontra le ragioni dell’avanguardia novecentesca quando per vie diverse affronta la questione essenziale della figura e sono le versioni di Hito (dialoganti, senza sudditanze, con vicende come quelle di Brancusi, Modigliani, il primo Giacometti), e del suo apparire esteriore, in Omote (per cui basti pensare, utile confronto, alle Masks di Tzara o Man Ray, per non dire delle plurime mode d’art nègre).
Kazuhito Nagasawa è nato nel 1968, e dunque ha potuto operare in tempi nei quali hanno agito fattori problematici, a cominciare dall’adozione dell’intimità della materia non come fatto acquisito ma come scelta consapevole e criticamente attiva, e dal rapporto non esclusivo con la terra in un’area operativa in cui il corpo plastico si offre nel registro doppio, e fastosamente ambiguo, di opera d’autonomo senso e di oggetto: che è un modo, a ben vedere, sia di riprendere la vexata quaestio disciplinare della funzione possibile – posta o contraddetta, posta e contraddetta – ma straniandola al punto che diventi essa stessa la materia problematica dell’opera, sia di ragionare in termini di materia pura in una forma pura, di sostanza capace di pronunciarsi e di offrire la propria sostanza fragrante, che è colore e rapporto con la luce, convocazione oggettiva di spazio e introversione potente, assumendo a riferimento un unico elementare differenziale.
KEIJI ITO
Keiji Ito nasce a Toki city, nella prefettura di Gifu in Giappone, nel 1935 e si laurea presso la Musashino Art University nel 1958. Nella sua città d’origine dove attualmente vive, stabilisce la produzione di una vasta gamma di oggetti per la tavola Giapponese e Occidentale e oggetti scultorei tra cui le opere delle serie “Hiroshima”, “Silence” e “Mask”. Membro dello IAC, International Academy of Ceramics, espone negli anni in diverse gallerie e musei tra Europa, Giappone e Stati Uniti. Nel 1981 partecipa alla trentanovesima edizione del premio Faenza. Nel 1994 viene nominato docente presso Tohgei-no-Mori, il Shigaraki Ceramic Cultural Park nella prefettura di Shiga. Nel 2008, Keiji Ito, è uno dei giudici dell’ottava edizione del Concorso Internazionale della Ceramica di Mino. Le sue opere sono conservate in alcuni importanti musei del mondo.
KAZUHITO NAGASAWA
Kazuhito Nagasawa nasce nel 1968 a Osaka in Giappone. Nel 1994 partecipa alla quarta edizione dell’International Ceramic Competition a Mino, in Giappone. L'opera di Nagasawa è composta da più elementi che si uniscono e fondono tra loro, l'argilla viene unita al ferro, al vetro, al legno.
Ogni contenitore, ogni oggetto, da lui realizzato possiede una forma diversa, ma ciò che viene custodito all'interno viene indicato solamente da vecchie etichette di carta poste sopra le opere.
Le sostanze custodite all'interno delle opere di Kazuhito Nagasawa sono elementi naturali, come semi, terra. Questi semi sono protetti all'interno dell'opera da viti e bulloni; custoditi fedelmente all'interno, sono sopravvisuti a disastri tremendi e nelle intenzioni dell'artista devono essere conservati per secoli. Ciò che l'artista vuole racchiudere all'interno di questi oggetti, sono i suoi preziosi "kioku", ovvero i ricordi. Nel 1997 partecipa alla quinta Biennale di Ceramica sempre in Giappone e nel 2001 partecipa al World Ceramic Expo in Corea. Nel 2013 partecipa a Roma alla mostra "La Ceramica Giapponese in Italia" a cura di Claudia Casali, una collettiva di artisti giapponesi presso l'istituto Giapponese di cultura in Italia.
26
settembre 2017
Keiji Ito / Kazuhito Nagasawa – Shibui
Dal 26 settembre al 26 ottobre 2017
design
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
OFFICINE SAFFI
Milano, Via Aurelio Saffi, 7, (Milano)
Milano, Via Aurelio Saffi, 7, (Milano)
Vernissage
26 Settembre 2017, h 18.30
Autore