Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Peter Fend – Forse
prima personale dell’artista da pinksummer
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Pinksummer: Abbiamo trovato un curioso articolo sul giornale “The Observer” del maggio del 2013 dal titolo “Brother, Can you Spare $ 2 Billion? : Is Artist Peter Fend an Autodidactic Genius or a Globetrotting Gadfly?”. Inizia così: “Chi è Peter Fend?
‘Il Buckminster Fuller di The New Wave’, ha suggerito il critico Alan Jones in un articolo di vent'anni fa, ‘il Lawrence d’ Arabia del mondo dell'arte’, dichiara nello stesso articolo il vecchio collaboratore di Mr. Fend, l'artista Richard Prince.
‘E' proprio Tristram Shandy’, ha detto il suo dealer Maxwell Graham a “The Observer.”
Il fatto di compararti al gentleman Tristram Shandy ci piace per tante ragioni, innanzi tutto per il discorso della digressione e della metanarrazione. In questo anno di scambio epistolare (e-mail), abbiamo inteso che l’arte, da argomento primario si trasforma con te spesso in secondario. Ci hai un po’ disorientato, se non proprio frullato, portandoci a spasso tra realtà e sogno, trattando di politica, ambiente e Storia e storie… A volte il qui e ora sembra sfuggirti di mano, ma non sei un sognatore.
Poi il romanzo di Laurence Sterne è il prodotto ansioso di una Inghilterra che stava sistemando in soffitta tutti i valori della civiltà contadina, per entrare, anticipando tutti, nell’era dell’urbanizzazione selvaggia e dell’alienazione umana della rivoluzione industriale. Sotto il profilo della politica estera, stava creando invece il suo abnorme impero coloniale, basato sullo sfruttamento di popoli e risorse ambientali.
Temiamo che la Gran Bretagna, che oggi sta negoziando con sicumera la sua uscita dal sogno dell’Europa, peraltro mai condiviso davvero, possa anticipare di nuovo tutti, nel chiudersi dentro ai confini della nazione, altro che integrazione e libera circolazione.
Ti vorremmo fare una sola domanda a proposito delle insegne in stille Esso che “reclamizzano” i prodotti “Global Warming” e “Global Terror”, sui principi di causa efficiente, formale e finale, muovendo una lunga citazione tratta da un romanzo americano, ci riferiamo a “Libertà” di Jonathan Frazen: “Walter stava rovistando tra i grafici laminati. Ho cominciato a risalire alle origini – disse- perché continuavo a soffrire d’insonnia. Ricordi Aristotele e i diversi tipi di causa? Efficiente, formale e finale? Bene la predazione dei nidi da parte di cornacchie e gatti selvatici è la causa efficiente del declino della dendroica. E la frammentazione dell’habitat ne è la causa formale. Ma qual è la causa finale? La causa finale è la radice di quasi tutti i nostri problemi. La causa finale è che ci sono troppe maledette persone nel nostro pianeta….
…Solo in America – disse - la popolazione aumenterà del cinquanta per cento nei prossimi quarant’anni. Pensa a come sono già affollate le zone extraurbane, pensa al traffico, all’espansione edilizia, al degrado ambientale e alla dipendenza dal petrolio estero. E poi aggiungi il cinquanta per cento. E questa è solo l’America che in teoria può sostenere una popolazione più numerosa. E poi pensa alle emissioni globali di anidride carbonica, e ai genocidi e alle carestie dell’Africa, e al sottoproletariato senza prospettive e radicalizzato del mondo arabo, e allo sfruttamento dissennato degli oceani, agli insediamenti illegali in Israele, ai cinesi Han che soffocano il Tibet, e cento milioni di poveri nel Pakistan nucleare: ci sono ben pochi problemi nel mondo che non verrebbero risolti, o almeno alleviati, da un calo della popolazione. Eppure – proseguì, porgendo a Katz un altro grafico, - entro il 2050 avremo raggiunto altri tre miliardi di persone. In altre parole avremo aggiunto l’equivalente dell’intera popolazione mondiale di quando io e te infilavamo le monetine nelle cassette dell’Unicef…..
… A modo mio, - proseguì Walter, - ho partecipato a un ampio mutamento culturale avvenuto negli anni Ottanta e Novanta. La sovrappopolazione rientrava senz’altro nel dibattito pubblico negli anni Settanta, con Paul Ehrlich, il Club di Roma, e la Crescita Demografica Zero. E d’un tratto è scomparsa. E’ diventata innominabile. In parte a causa della Rivoluzione Verde, sai le carestie erano sempre numerose, ma non più apocalittiche. E poi il controllo della popolazione si è fatto una brutta reputazione politica. La Cina totalitaria con la legge del figlio unico, Indira Gandhi con le sterilizzazioni forzate, la Cdz americana dipinta come xenofoba e razzista. I progressisti si sono spaventati e hanno taciuto. Si è spaventato perfino il Sierra Club. E i conservatori, naturalmente, se ne sono sempre fregati, perché la loro ideologia è tutta basata sull’interesse personale a breve termine e sul piano divino e così via. E dunque il problema è diventato una specie di cancro che ti cresce dentro, e tu lo sai ma decidi di non pensarci”.
Peter non hai pensato che tutti i tuoi progetti “Unbuilt Roads” e “TO BE BUILT”, sarebbero comunque schiacciati dalla forza del numero e dunque inutili?
Peter Fend: Rispondo in due frasi. Dovremmo ripristinare il numero di animali selvatici del pre-Neolitico. In molti casi, ciò richiede un intervento specifico sul posto.
Ps: il Neolitico è stato rivoluzionario rispetto all’ambiente. Pensi che il processo sia reversibile?
P.F.: E’ reversibile perché ora abbiamo una sufficiente conoscenza scientifica, oltre ai paradigmi dell’Earth Art e il lavoro fatto da pionieri come Beuys e Duchamp e possiamo far fronte alle urgenti questioni politico-demografiche, forzando il ritorno al pre-addomesticamento dell’uso della terra. Posti favorevoli per iniziare sarebbero le Grandi Pianure degli Stati Uniti, l’Asia centrale, il Mato Grosso in Sud America e l’Africa.
Avete il mio libro Ocean Earth? Rimando al testo del 1976 “Agriculture Ends, Art Takes Over”.
Ps: Ti citiamo” … 1976 L’agricoltura finisce, l’arte prende il sopravvento”. Seguito da “Evolution Mediation” e una lettera a Dennis Oppenheim sul suo ritorno al “selvaggio”, che mi ha introdotto nel mondo artistico di New York. Ero soprannominato “Dr.Fang (Dr. Zanna)”, per la pelle di cervo e l’ascia con cui celebravo la caccia, la pesca, la raccolta contro l’agricoltura. Notato da Gordon Matta-Clark che mi chiese di investigare sulle tecnologie, ad esempio sull’ingegneria dei ponti e dei palloni aerostatici, per ciò che avrebbe dovuto essere un’architettura completamente nuova. Appassionato dalla lettura di Vicent Scully su “Garden & Fortress: The Shape of France” ho realizzato una serie di lavori di Earth Art basandomi su De Maria, Nauman, Oppenheim, Smithson, Heizer, dentro ai paradigmi di Schneemann, Edelson, e Horn guidato dal “capo dei cacciatori” Joseph Beuys, senza leggi e limiti territoriali come voleva Duchamp, per un uso completamente nuovo della Terra. I disegni “Earth Net An Economic System”, compaiono al Caltelch’s Baxter Museum. Panorami similari si trovano ora in libri come “Walter. A Natural History” nel quale è scritto che L’America del Nord ha bisogno di 80 milioni di bufali, 250 milioni di castori, bilioni di cani della prateria e 25 milioni di alligatori. Uno studio dell’ Università del Minnesota conclude che 400 milioni di umani qui potrebbero vivere bene sull’economia nativa americana, principalmente cacciando- pescando- raccogliendo con solo piccole porzioni di terra destinata all'agricoltura (o urbana). Questi sono i miei obiettivi primari”.
Tuttavia la tecnologia e la conoscenza che abbiamo sono state acquisite grazie alla transizione demografica del Neolitico.
P.F.: Restaurare il Sahara, e le terre incolte dell’Asia Centrale, le terre disseccate della Bolivia e del Paraguay, è assai più facile che creare nuovi posti di lavoro. Come riporta l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, si creerebbero un bilione di posti di lavoro. Sì, ritornare a ciò che l’essere umano ha fatto per la maggior parte della sua esistenza sul pianeta Terra: cacciare, pescare, intrappolare, raccogliere.
I robots sono più adatti a lavorare nelle fabbriche e negli uffici.
Non denigro affatto la riduzione demografica (ho fatto il mio in questo senso, con un solo bambino, avuto a 52 anni, un solo bambino per quattro nonni. Voi l’avete promossa altrettanto).
Possiamo avere uno scambio sull'argomento. Questo è il motivo per cui ho rischiato di fare tanti esempi di “Cielo” o Television Government. Su questo argomento la pressione è molto forte: ridurre l’imprinting della terra e di conseguenza il numero degli umani.
Ps: Cosa presenterai da pinksummer?
P.F.:
FORSE
RICCHEZZA
NEGLI OCEANI
L’Italia dovrebbe fare squadra con Monaco e Palau per ri-dirigere Le Nazioni Unite verso una nuova gestione, che sarebbe più proficua e rispetterebbe le necessità del pianeta partendo dai suoi oceani e mari.
Con questa mossa, l’Italia – insieme a Monaco e Palau – sfiderebbe le strategie terrestri di diversi Consigli di Sicurezza degli stati-membro delle Nazioni Unite, specialmente della Cina. La Cina ha lavorato duro per sorpassare l’Occidente e i suoi cinque secoli di impero coloniale, da quando Cristoforo Colombo ha scoperto l’America.
Così la Cina costruisce dighe, esporta reattori nucleari, estrae minerali, intensifica l’agricoltura, costruisce treni veloci e aerei, cerca il controllo sulla logistica globale, tutto ciò con uno zelo nazionalistico che ha fatto uscire l’Occidente dall’Ovest.
La distruzione del pianeta accelera.
L’Italia può interrompere questo inseguimento veloce e furioso, lanciando una altrettanto veloce e furiosa campagna, muovendo proprio da qui dove gli imperi globali sono iniziati: Genova.
Il continente che entra in gioco non è solo l’Europa, ma l’Europa assieme a un territorio vasto, di cui ecologicamente l’Europa è parte: l’Africa. Parlo dell'Eurafrica
La Cina ha i suoi piani sull’Africa, basati sui confini coloniali e sulla pratica tipicamente coloniale del dividi et impera.
L’Italia può immaginare strategie completamente differenti per l’Africa basate sul suo affaccio sul mare, basate sul sine qua non della vita: l’acqua.
Ciò che Genova può fare del suo golfo, ciò che può fare per l’Italia tutta e l'imponente cambiamento che potrebbe coinvolgere l’Europa assieme all’Africa dall’Artico all’Antartico e ritorno verrà mostrato in 10 x 8 m di spazio, e spiegato, in termini di metodo di governo, in un ufficio di 6 x 3,3 m: pinksummer.
Non sappiamo precisamente ciò che accadrà nei prossimi 20-30 anni, ma con questa mostra, offriamo a Genova, alla Liguria, all’Italia, all’Europa, ai mass-media e al mondo dell’arte, un altro scenario. Il pezzo forte è l’Africa. Il mezzo del cambiamento arriva dall’Earth Art e dai suoi contemporanei, come Joseph Beuys. Noi presentiamo qui una “UNA STORIA DELLA FUTURA”, ma con un titolo che appare precauzionale, FORSE, o in inglese MAYBE.
E' una mostra di ingegneria ecologica anche se Fend è stato descritto come un sognatore, un utopico. Semplicemente perché servono grandi capitali per fare questo.
Nel mio ultimo libro PLANET POLICY rivolto agli Stati Uniti, e scritto per i cervelloni dell’American Association for the Advancement of Science (editori di “Science”), può essere facilmente convertito in un programma per l’Italia.
La mia frase preferita, con la quale tutti I visitatori sono invitati a agire è: WHY NOT? PERCHE' NON. SEMPRE PRONTO A FARE. NO SOLO PARLA. PIETRO*
*In italiano nel testo
‘Il Buckminster Fuller di The New Wave’, ha suggerito il critico Alan Jones in un articolo di vent'anni fa, ‘il Lawrence d’ Arabia del mondo dell'arte’, dichiara nello stesso articolo il vecchio collaboratore di Mr. Fend, l'artista Richard Prince.
‘E' proprio Tristram Shandy’, ha detto il suo dealer Maxwell Graham a “The Observer.”
Il fatto di compararti al gentleman Tristram Shandy ci piace per tante ragioni, innanzi tutto per il discorso della digressione e della metanarrazione. In questo anno di scambio epistolare (e-mail), abbiamo inteso che l’arte, da argomento primario si trasforma con te spesso in secondario. Ci hai un po’ disorientato, se non proprio frullato, portandoci a spasso tra realtà e sogno, trattando di politica, ambiente e Storia e storie… A volte il qui e ora sembra sfuggirti di mano, ma non sei un sognatore.
Poi il romanzo di Laurence Sterne è il prodotto ansioso di una Inghilterra che stava sistemando in soffitta tutti i valori della civiltà contadina, per entrare, anticipando tutti, nell’era dell’urbanizzazione selvaggia e dell’alienazione umana della rivoluzione industriale. Sotto il profilo della politica estera, stava creando invece il suo abnorme impero coloniale, basato sullo sfruttamento di popoli e risorse ambientali.
Temiamo che la Gran Bretagna, che oggi sta negoziando con sicumera la sua uscita dal sogno dell’Europa, peraltro mai condiviso davvero, possa anticipare di nuovo tutti, nel chiudersi dentro ai confini della nazione, altro che integrazione e libera circolazione.
Ti vorremmo fare una sola domanda a proposito delle insegne in stille Esso che “reclamizzano” i prodotti “Global Warming” e “Global Terror”, sui principi di causa efficiente, formale e finale, muovendo una lunga citazione tratta da un romanzo americano, ci riferiamo a “Libertà” di Jonathan Frazen: “Walter stava rovistando tra i grafici laminati. Ho cominciato a risalire alle origini – disse- perché continuavo a soffrire d’insonnia. Ricordi Aristotele e i diversi tipi di causa? Efficiente, formale e finale? Bene la predazione dei nidi da parte di cornacchie e gatti selvatici è la causa efficiente del declino della dendroica. E la frammentazione dell’habitat ne è la causa formale. Ma qual è la causa finale? La causa finale è la radice di quasi tutti i nostri problemi. La causa finale è che ci sono troppe maledette persone nel nostro pianeta….
…Solo in America – disse - la popolazione aumenterà del cinquanta per cento nei prossimi quarant’anni. Pensa a come sono già affollate le zone extraurbane, pensa al traffico, all’espansione edilizia, al degrado ambientale e alla dipendenza dal petrolio estero. E poi aggiungi il cinquanta per cento. E questa è solo l’America che in teoria può sostenere una popolazione più numerosa. E poi pensa alle emissioni globali di anidride carbonica, e ai genocidi e alle carestie dell’Africa, e al sottoproletariato senza prospettive e radicalizzato del mondo arabo, e allo sfruttamento dissennato degli oceani, agli insediamenti illegali in Israele, ai cinesi Han che soffocano il Tibet, e cento milioni di poveri nel Pakistan nucleare: ci sono ben pochi problemi nel mondo che non verrebbero risolti, o almeno alleviati, da un calo della popolazione. Eppure – proseguì, porgendo a Katz un altro grafico, - entro il 2050 avremo raggiunto altri tre miliardi di persone. In altre parole avremo aggiunto l’equivalente dell’intera popolazione mondiale di quando io e te infilavamo le monetine nelle cassette dell’Unicef…..
… A modo mio, - proseguì Walter, - ho partecipato a un ampio mutamento culturale avvenuto negli anni Ottanta e Novanta. La sovrappopolazione rientrava senz’altro nel dibattito pubblico negli anni Settanta, con Paul Ehrlich, il Club di Roma, e la Crescita Demografica Zero. E d’un tratto è scomparsa. E’ diventata innominabile. In parte a causa della Rivoluzione Verde, sai le carestie erano sempre numerose, ma non più apocalittiche. E poi il controllo della popolazione si è fatto una brutta reputazione politica. La Cina totalitaria con la legge del figlio unico, Indira Gandhi con le sterilizzazioni forzate, la Cdz americana dipinta come xenofoba e razzista. I progressisti si sono spaventati e hanno taciuto. Si è spaventato perfino il Sierra Club. E i conservatori, naturalmente, se ne sono sempre fregati, perché la loro ideologia è tutta basata sull’interesse personale a breve termine e sul piano divino e così via. E dunque il problema è diventato una specie di cancro che ti cresce dentro, e tu lo sai ma decidi di non pensarci”.
Peter non hai pensato che tutti i tuoi progetti “Unbuilt Roads” e “TO BE BUILT”, sarebbero comunque schiacciati dalla forza del numero e dunque inutili?
Peter Fend: Rispondo in due frasi. Dovremmo ripristinare il numero di animali selvatici del pre-Neolitico. In molti casi, ciò richiede un intervento specifico sul posto.
Ps: il Neolitico è stato rivoluzionario rispetto all’ambiente. Pensi che il processo sia reversibile?
P.F.: E’ reversibile perché ora abbiamo una sufficiente conoscenza scientifica, oltre ai paradigmi dell’Earth Art e il lavoro fatto da pionieri come Beuys e Duchamp e possiamo far fronte alle urgenti questioni politico-demografiche, forzando il ritorno al pre-addomesticamento dell’uso della terra. Posti favorevoli per iniziare sarebbero le Grandi Pianure degli Stati Uniti, l’Asia centrale, il Mato Grosso in Sud America e l’Africa.
Avete il mio libro Ocean Earth? Rimando al testo del 1976 “Agriculture Ends, Art Takes Over”.
Ps: Ti citiamo” … 1976 L’agricoltura finisce, l’arte prende il sopravvento”. Seguito da “Evolution Mediation” e una lettera a Dennis Oppenheim sul suo ritorno al “selvaggio”, che mi ha introdotto nel mondo artistico di New York. Ero soprannominato “Dr.Fang (Dr. Zanna)”, per la pelle di cervo e l’ascia con cui celebravo la caccia, la pesca, la raccolta contro l’agricoltura. Notato da Gordon Matta-Clark che mi chiese di investigare sulle tecnologie, ad esempio sull’ingegneria dei ponti e dei palloni aerostatici, per ciò che avrebbe dovuto essere un’architettura completamente nuova. Appassionato dalla lettura di Vicent Scully su “Garden & Fortress: The Shape of France” ho realizzato una serie di lavori di Earth Art basandomi su De Maria, Nauman, Oppenheim, Smithson, Heizer, dentro ai paradigmi di Schneemann, Edelson, e Horn guidato dal “capo dei cacciatori” Joseph Beuys, senza leggi e limiti territoriali come voleva Duchamp, per un uso completamente nuovo della Terra. I disegni “Earth Net An Economic System”, compaiono al Caltelch’s Baxter Museum. Panorami similari si trovano ora in libri come “Walter. A Natural History” nel quale è scritto che L’America del Nord ha bisogno di 80 milioni di bufali, 250 milioni di castori, bilioni di cani della prateria e 25 milioni di alligatori. Uno studio dell’ Università del Minnesota conclude che 400 milioni di umani qui potrebbero vivere bene sull’economia nativa americana, principalmente cacciando- pescando- raccogliendo con solo piccole porzioni di terra destinata all'agricoltura (o urbana). Questi sono i miei obiettivi primari”.
Tuttavia la tecnologia e la conoscenza che abbiamo sono state acquisite grazie alla transizione demografica del Neolitico.
P.F.: Restaurare il Sahara, e le terre incolte dell’Asia Centrale, le terre disseccate della Bolivia e del Paraguay, è assai più facile che creare nuovi posti di lavoro. Come riporta l'Organizzazione Internazionale del Lavoro, si creerebbero un bilione di posti di lavoro. Sì, ritornare a ciò che l’essere umano ha fatto per la maggior parte della sua esistenza sul pianeta Terra: cacciare, pescare, intrappolare, raccogliere.
I robots sono più adatti a lavorare nelle fabbriche e negli uffici.
Non denigro affatto la riduzione demografica (ho fatto il mio in questo senso, con un solo bambino, avuto a 52 anni, un solo bambino per quattro nonni. Voi l’avete promossa altrettanto).
Possiamo avere uno scambio sull'argomento. Questo è il motivo per cui ho rischiato di fare tanti esempi di “Cielo” o Television Government. Su questo argomento la pressione è molto forte: ridurre l’imprinting della terra e di conseguenza il numero degli umani.
Ps: Cosa presenterai da pinksummer?
P.F.:
FORSE
RICCHEZZA
NEGLI OCEANI
L’Italia dovrebbe fare squadra con Monaco e Palau per ri-dirigere Le Nazioni Unite verso una nuova gestione, che sarebbe più proficua e rispetterebbe le necessità del pianeta partendo dai suoi oceani e mari.
Con questa mossa, l’Italia – insieme a Monaco e Palau – sfiderebbe le strategie terrestri di diversi Consigli di Sicurezza degli stati-membro delle Nazioni Unite, specialmente della Cina. La Cina ha lavorato duro per sorpassare l’Occidente e i suoi cinque secoli di impero coloniale, da quando Cristoforo Colombo ha scoperto l’America.
Così la Cina costruisce dighe, esporta reattori nucleari, estrae minerali, intensifica l’agricoltura, costruisce treni veloci e aerei, cerca il controllo sulla logistica globale, tutto ciò con uno zelo nazionalistico che ha fatto uscire l’Occidente dall’Ovest.
La distruzione del pianeta accelera.
L’Italia può interrompere questo inseguimento veloce e furioso, lanciando una altrettanto veloce e furiosa campagna, muovendo proprio da qui dove gli imperi globali sono iniziati: Genova.
Il continente che entra in gioco non è solo l’Europa, ma l’Europa assieme a un territorio vasto, di cui ecologicamente l’Europa è parte: l’Africa. Parlo dell'Eurafrica
La Cina ha i suoi piani sull’Africa, basati sui confini coloniali e sulla pratica tipicamente coloniale del dividi et impera.
L’Italia può immaginare strategie completamente differenti per l’Africa basate sul suo affaccio sul mare, basate sul sine qua non della vita: l’acqua.
Ciò che Genova può fare del suo golfo, ciò che può fare per l’Italia tutta e l'imponente cambiamento che potrebbe coinvolgere l’Europa assieme all’Africa dall’Artico all’Antartico e ritorno verrà mostrato in 10 x 8 m di spazio, e spiegato, in termini di metodo di governo, in un ufficio di 6 x 3,3 m: pinksummer.
Non sappiamo precisamente ciò che accadrà nei prossimi 20-30 anni, ma con questa mostra, offriamo a Genova, alla Liguria, all’Italia, all’Europa, ai mass-media e al mondo dell’arte, un altro scenario. Il pezzo forte è l’Africa. Il mezzo del cambiamento arriva dall’Earth Art e dai suoi contemporanei, come Joseph Beuys. Noi presentiamo qui una “UNA STORIA DELLA FUTURA”, ma con un titolo che appare precauzionale, FORSE, o in inglese MAYBE.
E' una mostra di ingegneria ecologica anche se Fend è stato descritto come un sognatore, un utopico. Semplicemente perché servono grandi capitali per fare questo.
Nel mio ultimo libro PLANET POLICY rivolto agli Stati Uniti, e scritto per i cervelloni dell’American Association for the Advancement of Science (editori di “Science”), può essere facilmente convertito in un programma per l’Italia.
La mia frase preferita, con la quale tutti I visitatori sono invitati a agire è: WHY NOT? PERCHE' NON. SEMPRE PRONTO A FARE. NO SOLO PARLA. PIETRO*
*In italiano nel testo
19
maggio 2017
Peter Fend – Forse
Dal 19 maggio al 30 settembre 2017
arte contemporanea
Location
PINKSUMMER – PALAZZO DUCALE
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 28r, (Genova)
Genova, Piazza Giacomo Matteotti, 28r, (Genova)
Orario di apertura
da martedì a domenica dalle 15:00 alle 19:30
Vernissage
19 Maggio 2017, dalle 18:30 alle 21:00
Autore