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Cromatismi mediterranei.
Opere recenti di Maria Pia Daidone, Walter Necci e Paolo Viterbini
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 13 Maggio 2017, alle ore 18, sarà inaugurata al Museo Civico “Umberto Mastroianni” (Piazza Matteotti, 13 - 00047 Marino (RM); 06 – 9385681) la mostra, a cura di Maurizio Vitiello, “CROMATISMI MEDITERRANEI Maria Pia Daidone - Walter Necci - Paolo Viterbini Opere recenti”, in Partenariato con l'Assessorato alla Cultura del Comune di Marino e in collaborazione con l’Associazione Culturale “Artinarte” e con l'Associazione Nazionale Sociologi - Dipartimento Campania.
Sono previste le presenze di: Carlo Colizza, Sindaco di Marino; Paola Tiberi, Assessore alla Cultura; Alessandro Bedetti, direttore del Museo Civico “Umberto Mastroianni”.
Saranno proposte circa trenta opere di grande e piccolo formato, suddivise in uguale numero dai tre espositori, che sono collegati dalla loro collaudata appartenenza al mondo dell’arte.
Gli artisti come “cercatori d’anima” riescono a rendere l’esprit del proprio tempo e/o ad anticipare quello futuro.
La filosofia di quest'incontro, improntata al confronto di stili, permette di recepire un momento squisitamente visivo-culturale e d’incontrare vari vissuti; difatti, nelle opere si riflettono attraversamenti memoriali, mentre passaggi diaristici rafforzano un campo di profili evocativi e aggettanti.
L’evento sarà presentato da Maurizio Vitiello, sociologo e noto critico d’arte, nonché Docente alla Fondazione Humaniter di Napoli e Responsabile dell'Area Cultura e Arti Visive dell’Associazione Nazionale Sociologi - Dipartimento Campania, che nell'occasione commenterà la pubblicazione “Percorsi d’Arte in Italia 2016”, Rubbettino Editore, che vede presenti i tre artisti succitati.
Disponibile in mostra il catalogo “CROMATISMI MEDITERRANEI Maria Pia Daidone - Walter Necci - Paolo Viterbini Opere recenti”,
Orario apertura: lunedì/sabato 10 - 13 e 15,30 – 18,30; domenica chiuso.
“Cromatismi Mediterranei” vede insieme opere di Maria Pia Daidone, Walter Necci e Paolo Viterbini, che sono stati presenti nelle edizioni “Percorsi d’Arte in Italia”, Rubbettino Editore.
Dopo il successo delle prime edizioni prosegue la rilevazione di interessanti artisti, italiani e stranieri, viventi o da non dimenticare, che oggi operano o hanno operato nella seconda metà del secolo scorso sul territorio nazionale.
Gli artisti presenti nell’ultimo volume sono stati scelti da una commissione critica formata da: Gianluca Covelli, Giorgio Di Genova, Enzo Le Pera, Enzo Santese, Laura Turco Liveri, Mimma Sardella, Maurizio Vitiello.
Sono artisti di varie tendenze e instancabili operatori; insomma, ricercatori dell’arte con il pregevole costante intento di migliorarsi.
Questa pubblicazione è indirizzata a un vasto pubblico di artisti, collezionisti, critici d’arte, galleristi, addetti ai lavori o semplici curiosi, amanti comunque dell’arte.
Questa “bussola-guida” permette di conoscere i molteplici linguaggi visivi, odierni o di ieri, e permette di orientarsi nella complessa dialettica delle varie realtà artistiche.
Quello di oggi, al Museo Civico “Umberto Mastroianni” di Marino, dal 13 al 28 maggio 2017, è un incontro con opere in prevalenza in tecnica mista di artisti di caratura e carattere.
Gli artisti come “cercatori d’anima” riescono a rendere l’esprit del proprio tempo e/o ad anticipare quello futuro.
Ben consapevoli trattengono il senso del divenire riuscendo a cogliere prossime dimensioni e a far transitare utopie, se non visioni.
Questa contenuta rassegna d’arte contemporanea, alimentata da diverse declinazioni linguistiche, vuole essere un ulteriore contributo di verifica dello stato dell’arte italiano, sempre in fermento e attivato, se non stimolato, da una crisi di valori e di perdurante incidenza economica.
L’esposizione incapsula e integra non solo “sensi mediterranei" e/o “cromatismi mediterranei”, ma quote di artisti di tutto rispetto con all’attivo tante personali, molte collettive e diverse rassegne, di grande importanza, sino a “La Biennale” di Venezia, che hanno sempre guardato, in senso telescopico, a vita ed eventi delle nostre temperature, ma, soprattutto, a quei venti di partecipazione di altre realtà, che si confondono e flettono anche sulle nostre sponde e sul nostro bacino.
Questi artisti, di tono elevato e di alta qualità, da molti anni sulla scena artistica nazionale, e non solo, differenti per semantica, offrono un serissimo ventaglio di misurate coniugazioni del linguaggio pittorico contemporaneo; attuali direttive di molteplici modalità espressive convergono per manifestare attendibili presenze e per determinare una possibile misurata ricognizione.
La filosofia di quest'incontro, improntata al confronto di stili, permette di recepire un momento squisitamente visivo-culturale e d’incontrare vari vissuti; difatti, nelle opere si riflettono attraversamenti memoriali, mentre passaggi diaristici rafforzano un campo di profili evocativi e aggettanti.
Alza il livello qualitativo la metabolizzazione di estremi, quelli epocali e quelli intimistici, quelli sociali e quelli domestici; ogni artista delimita un proprio ambito di ricerca, finitimo agli altri; le rispondenze estetiche squillano e si specchiano, movimenti e intrecci rafforzano congetture e rimandi, non solo di tenore cromatico.
L’incontrarsi è vivificare la comunicazione, nonché rinvigorire il sentire comune; quest’esposizione è un meeting di paralleli segni incisi, raccolti sul “fil rouge” dell’attualità, in parte del ricordo, ma anche sul rinforzo di rivelazioni future.
Maria Pia Daidone segnala: “Ho privilegiato, ultimamente, il rame, il cartone, il plexiglas. Il primo perché è duttile nella lavorazione, ricorda la sacralità, dà energia e ha la luminosità accesa dell’oro; il secondo con un’adeguata lavorazione perde totalmente la propria identità e diventa altro; il plexiglas usato come rivestimento esalta i materiali e li cristallizza in un’atmosfera senza tempo.”
L’artista napoletana crea maglie di ritagliate e brevi tessere di fogli di rame; usa anche fogli di cartone, pressati, ricoperti di cromatismi dorati e ramati, in parte aggettanti e in parte ricoperti da trasparenze, che predispongono e programmano morbide, intriganti, piacevoli seduzioni di senso.
Il rame con la sua calda venatura riesce a stendere temprate superfici.
Le ultime redazioni pittoriche e plastiche dell'artista accolgono accostamenti di sacro e profano, comprendono gli stordimenti e le vertigini del nostro tempo e ci rimandano alle dimensioni mitiche di tempi antichi.
Le metabolizzate, leggere, significative tessere di rame s’interpolano come elementi preziosi, perché segnico-simbolici di interpretazione e di comunicazione sociale.
La “texture” di ogni riquadro ramato è un sottile ricalco arricciato, increspato, mosso, sbalzato, ondulato su cui scivolano motivi ritmati e strette pressioni, mentre i bordi si solleticano e si sfiorano, limitati e ristretti, in una raffinata disposizione, che assicura una maglia, abbigliata lusinga, o un accurato mantello, appropriato richiamo per un fantasmatico corpo.
Un mantello di tessere di rame, ad esempio, in scena, sembrerebbe tendere verso la pronuncia di un’overdose estetica, ma, a ben guardare, risulta, poi, essere cortina di un’essenza calamitante, dall’indubbio influsso e fascino pervasivo, che prende l'animo e la mente in modo completo.
Non mancano di stupire i quadrati di cartone pressato punteggiati di inserti dorati, nonché ramati, e di finezze disegnative e di minuzie ben calcolate e di sottigliezze ponderate, nonché tecniche miste su legno ispirate al mondo letterario.
Le ultime tele, della serie “Aurum“, sono rese con un impianto compositivo quasi totalmente investito nelle qualità cromatiche dell’oro (talvolta, agganciate al rame, al rosso e al nero).
Insomma, in uno sfondo lattiginoso e frastagliato, intrigano e vibrano battenti tessere d’oro, esaltanti e speculari, attraversate, ma non sempre, nella calibrata disposizione reticolare da guizzi di rosso, indirizzati a continuare un sentiero palpitante, a richiamo di vita in una luce divina.
Walter Necci intende da subito partecipare alla vita artistica, perché dentro gli è matura la vocazione artistica.
Intende comunicare le sue percezioni grazie alla sperimentazione spinta di diversi materiali regolati da variegati modi di lavoro.
I suoi lavori vivono di polveri, fiamma, aria compressa, smalti, laminati plastici … e ci fermiamo qui.
In una misurata e bilanciata organizzazione cromatica investe in concrezioni luminose ragioni e motivazioni dell’anima per, poi, completare e concretizzare, in un gioco di rimandi, sperimentazioni assidue, pur sempre nel rispetto di convenienze formali.
Walter Necci intende svolgere un percorso di scoperte, dove il trasalimento è dietro l’angolo, perché i momenti di sorpresa diventino corrente ulteriore per avanzare e rideterminare la disciplina della ricerca.
Manipola, da par suo, la materia e la investe per suscitare nuove valenze e nuove probabilità d’uso e di resa e perché le sue tematiche d’avanguardia abbiano possibilità di misurarsi continuamente
Carpabio, continua e insiste su ogni lavoro, su ogni opera, su ogni manufatto; ma non è mai appagato, in pieno.
Punta alla sintesi tra dichiarati segni e l’evoluzione degli stessi; cerca di ridurre e conciliare gli stimoli in prodotti artistici che palesino tensioni, ma anche verità diffusa.
Insomma, materiali di scarto, polveri di marmo, resine e colori a olio impressi dalla fiamma o dall’aria compressa, enunciati astratti o insistite forme regolano significati altri.
Oltre a quadri, sculture in ferro siglano concrete leggerezze, savie sobrietà e incredibili formule di grazia.
Quasi vicino a percorsi di tratta alchemica e con la voglia di ripetere e di sperimentare, con continuità febbrile, precisa soggetti particolarissimi tra veli, resine e reti metalliche, … e altro ancora …
Creatività, estro e folgoranti azioni alimentano un tragitto di speculari incidenze e motivano il fruitore a interrogarsi, a seguire piste, a ridefinire i sensi e a riprendere significati rivelati o che avanzano per incontrare il futuro.
Emergono giochi di dubbi, giri di domande; e sospesi si è trasportati in solleticanti nuove chiavi d’interpretazione.
Lo strappo emozionale di chi legge l’opera e l’assorbe mette in empatia fruitore e artista, mente creativa e mente recettiva; il contributo dell’artista s’avvale di idee e il godimento è di chi riesce a metabolizzare la sostanza dell’opera d’arte. Le ragioni delle emozioni e le emozioni della ragione dinnanzi all’autenticità spingono al conforto dell’accettazione delle idee ed educano il consenso lecito.
Paolo Viterbini è un artista che vede le metropoli come soggetti da indagare, da investigare, da esplorare, da fissare.
Dall’inizio degli anni Novanta, con particolare passione, dipinge il paesaggio urbano, restituendo memorie visive del mattino e della notte.
Il suo approccio alle metropoli è sempre “a volo d’uccello”, quasi un volar dolce su metropoli infuriate.
Usa un personalissimo linguaggio abbondante di curve, punti e linee quasi per “stenografare” la topografia dei luoghi con i suoi segni correlati.
Dal disegno di obliqui dettagli è giunto a dimensionarli con diversi materiali.
Gli itinerari topografici li fa risaltare da virtuali a composizioni concrete.
L’artista, alla fine degli anni Settanta, rivede e riseleziona la sua pittura figurativa con abbondanti conversazioni con Eduardo Palumbo, artista napoletano, molto attivo a Roma.
Non dimentica di rivisitare gli impressionisti, specialmente Monet e Cezanne, osserva attentamente i futuristi e le tendenze cubiste, che sono per ogni artista nodali punti di riferimento, fino ai grandi innovatori dell’action-painting americana.
Comincia poi, a dipingere i movimenti che riportano le dimensioni energetiche delle attuali metropoli.
Riesce a sviluppare i suoi interessi indagando per il mondo, grazie alle possibilità che il lavoro all’Alitalia gli offre; visita tutti i musei e segue avvenimenti artistici in ogni dove, sino a osservare gli artisti di strada in India, in Africa, in America Latina …; da questi comprende l’importanza di lavorare non dimenticando le regole della tradizione.
Partecipa con spirito giovanile a collettive e a rassegne, specificando il suo impegno nella ricerca degli “effetti metropolitani”.
Gallerie, studi e musei di tutto il mondo gli hanno permesso di affinare l’occhio e di disporre le sue combinazioni visive in un assetto logico e conseguenziale.
Ora ritorna al Museo Civico “Umberto Mastroianni” di Marino (RM), dove nel 2007 allestì un’importante antologica.
Significative sono le sue presenze, nel 2008 e nel 2009, all’Istituto di Cultura Italiano di Londra e in tanti altri luoghi degni, di eccellente livello culturale.
E’ presente nella monumentale “Storia dell’Arte Italiana del ‘900”, di Giorgio di Genova e risulta in tanti volumi.
L’elenco dei critici è lungo; in tanti hanno colto la sua predisposizione a regolare nelle metropoli un “focus” interpretativo delle dilatazioni antropologiche che investono sociologicamente la vita di tutti.
Queste metropoli, che s’avviano a diventare, se i ritmi saranno sostenuti, delle vere megalopoli, rientrano in una dimensione critica dai ritmi fuorvianti.
La dinamicità è sintomo di quella declinazione moderna che ha impresso una rapidità nelle acquisizioni, ma porta anche a uno stress esistenziale.
Le evidenze grafico-plastiche di queste visioni metropolitane indicano i turbati sistemi dei paesaggi urbani, che sempre più indicano una difficile antropizzazione dei territori.
Le metropoli non sembrano essere felici àncore future e le elaborazioni di Paolo Viterbini sembrano sempre più assomigliare a ventilate innervature passate, quasi un’archeologia del futuro prossimo venturo.
Meglio lo sviluppo di città satelliti, l’incremento dei borghi, la crescita di quei paesi disposti a riaccogliere il rilancio delle rete di sviluppi agricoli, su cui ripasserà lo sviluppo economico.
Maurizio Vitiello
Sono previste le presenze di: Carlo Colizza, Sindaco di Marino; Paola Tiberi, Assessore alla Cultura; Alessandro Bedetti, direttore del Museo Civico “Umberto Mastroianni”.
Saranno proposte circa trenta opere di grande e piccolo formato, suddivise in uguale numero dai tre espositori, che sono collegati dalla loro collaudata appartenenza al mondo dell’arte.
Gli artisti come “cercatori d’anima” riescono a rendere l’esprit del proprio tempo e/o ad anticipare quello futuro.
La filosofia di quest'incontro, improntata al confronto di stili, permette di recepire un momento squisitamente visivo-culturale e d’incontrare vari vissuti; difatti, nelle opere si riflettono attraversamenti memoriali, mentre passaggi diaristici rafforzano un campo di profili evocativi e aggettanti.
L’evento sarà presentato da Maurizio Vitiello, sociologo e noto critico d’arte, nonché Docente alla Fondazione Humaniter di Napoli e Responsabile dell'Area Cultura e Arti Visive dell’Associazione Nazionale Sociologi - Dipartimento Campania, che nell'occasione commenterà la pubblicazione “Percorsi d’Arte in Italia 2016”, Rubbettino Editore, che vede presenti i tre artisti succitati.
Disponibile in mostra il catalogo “CROMATISMI MEDITERRANEI Maria Pia Daidone - Walter Necci - Paolo Viterbini Opere recenti”,
Orario apertura: lunedì/sabato 10 - 13 e 15,30 – 18,30; domenica chiuso.
“Cromatismi Mediterranei” vede insieme opere di Maria Pia Daidone, Walter Necci e Paolo Viterbini, che sono stati presenti nelle edizioni “Percorsi d’Arte in Italia”, Rubbettino Editore.
Dopo il successo delle prime edizioni prosegue la rilevazione di interessanti artisti, italiani e stranieri, viventi o da non dimenticare, che oggi operano o hanno operato nella seconda metà del secolo scorso sul territorio nazionale.
Gli artisti presenti nell’ultimo volume sono stati scelti da una commissione critica formata da: Gianluca Covelli, Giorgio Di Genova, Enzo Le Pera, Enzo Santese, Laura Turco Liveri, Mimma Sardella, Maurizio Vitiello.
Sono artisti di varie tendenze e instancabili operatori; insomma, ricercatori dell’arte con il pregevole costante intento di migliorarsi.
Questa pubblicazione è indirizzata a un vasto pubblico di artisti, collezionisti, critici d’arte, galleristi, addetti ai lavori o semplici curiosi, amanti comunque dell’arte.
Questa “bussola-guida” permette di conoscere i molteplici linguaggi visivi, odierni o di ieri, e permette di orientarsi nella complessa dialettica delle varie realtà artistiche.
Quello di oggi, al Museo Civico “Umberto Mastroianni” di Marino, dal 13 al 28 maggio 2017, è un incontro con opere in prevalenza in tecnica mista di artisti di caratura e carattere.
Gli artisti come “cercatori d’anima” riescono a rendere l’esprit del proprio tempo e/o ad anticipare quello futuro.
Ben consapevoli trattengono il senso del divenire riuscendo a cogliere prossime dimensioni e a far transitare utopie, se non visioni.
Questa contenuta rassegna d’arte contemporanea, alimentata da diverse declinazioni linguistiche, vuole essere un ulteriore contributo di verifica dello stato dell’arte italiano, sempre in fermento e attivato, se non stimolato, da una crisi di valori e di perdurante incidenza economica.
L’esposizione incapsula e integra non solo “sensi mediterranei" e/o “cromatismi mediterranei”, ma quote di artisti di tutto rispetto con all’attivo tante personali, molte collettive e diverse rassegne, di grande importanza, sino a “La Biennale” di Venezia, che hanno sempre guardato, in senso telescopico, a vita ed eventi delle nostre temperature, ma, soprattutto, a quei venti di partecipazione di altre realtà, che si confondono e flettono anche sulle nostre sponde e sul nostro bacino.
Questi artisti, di tono elevato e di alta qualità, da molti anni sulla scena artistica nazionale, e non solo, differenti per semantica, offrono un serissimo ventaglio di misurate coniugazioni del linguaggio pittorico contemporaneo; attuali direttive di molteplici modalità espressive convergono per manifestare attendibili presenze e per determinare una possibile misurata ricognizione.
La filosofia di quest'incontro, improntata al confronto di stili, permette di recepire un momento squisitamente visivo-culturale e d’incontrare vari vissuti; difatti, nelle opere si riflettono attraversamenti memoriali, mentre passaggi diaristici rafforzano un campo di profili evocativi e aggettanti.
Alza il livello qualitativo la metabolizzazione di estremi, quelli epocali e quelli intimistici, quelli sociali e quelli domestici; ogni artista delimita un proprio ambito di ricerca, finitimo agli altri; le rispondenze estetiche squillano e si specchiano, movimenti e intrecci rafforzano congetture e rimandi, non solo di tenore cromatico.
L’incontrarsi è vivificare la comunicazione, nonché rinvigorire il sentire comune; quest’esposizione è un meeting di paralleli segni incisi, raccolti sul “fil rouge” dell’attualità, in parte del ricordo, ma anche sul rinforzo di rivelazioni future.
Maria Pia Daidone segnala: “Ho privilegiato, ultimamente, il rame, il cartone, il plexiglas. Il primo perché è duttile nella lavorazione, ricorda la sacralità, dà energia e ha la luminosità accesa dell’oro; il secondo con un’adeguata lavorazione perde totalmente la propria identità e diventa altro; il plexiglas usato come rivestimento esalta i materiali e li cristallizza in un’atmosfera senza tempo.”
L’artista napoletana crea maglie di ritagliate e brevi tessere di fogli di rame; usa anche fogli di cartone, pressati, ricoperti di cromatismi dorati e ramati, in parte aggettanti e in parte ricoperti da trasparenze, che predispongono e programmano morbide, intriganti, piacevoli seduzioni di senso.
Il rame con la sua calda venatura riesce a stendere temprate superfici.
Le ultime redazioni pittoriche e plastiche dell'artista accolgono accostamenti di sacro e profano, comprendono gli stordimenti e le vertigini del nostro tempo e ci rimandano alle dimensioni mitiche di tempi antichi.
Le metabolizzate, leggere, significative tessere di rame s’interpolano come elementi preziosi, perché segnico-simbolici di interpretazione e di comunicazione sociale.
La “texture” di ogni riquadro ramato è un sottile ricalco arricciato, increspato, mosso, sbalzato, ondulato su cui scivolano motivi ritmati e strette pressioni, mentre i bordi si solleticano e si sfiorano, limitati e ristretti, in una raffinata disposizione, che assicura una maglia, abbigliata lusinga, o un accurato mantello, appropriato richiamo per un fantasmatico corpo.
Un mantello di tessere di rame, ad esempio, in scena, sembrerebbe tendere verso la pronuncia di un’overdose estetica, ma, a ben guardare, risulta, poi, essere cortina di un’essenza calamitante, dall’indubbio influsso e fascino pervasivo, che prende l'animo e la mente in modo completo.
Non mancano di stupire i quadrati di cartone pressato punteggiati di inserti dorati, nonché ramati, e di finezze disegnative e di minuzie ben calcolate e di sottigliezze ponderate, nonché tecniche miste su legno ispirate al mondo letterario.
Le ultime tele, della serie “Aurum“, sono rese con un impianto compositivo quasi totalmente investito nelle qualità cromatiche dell’oro (talvolta, agganciate al rame, al rosso e al nero).
Insomma, in uno sfondo lattiginoso e frastagliato, intrigano e vibrano battenti tessere d’oro, esaltanti e speculari, attraversate, ma non sempre, nella calibrata disposizione reticolare da guizzi di rosso, indirizzati a continuare un sentiero palpitante, a richiamo di vita in una luce divina.
Walter Necci intende da subito partecipare alla vita artistica, perché dentro gli è matura la vocazione artistica.
Intende comunicare le sue percezioni grazie alla sperimentazione spinta di diversi materiali regolati da variegati modi di lavoro.
I suoi lavori vivono di polveri, fiamma, aria compressa, smalti, laminati plastici … e ci fermiamo qui.
In una misurata e bilanciata organizzazione cromatica investe in concrezioni luminose ragioni e motivazioni dell’anima per, poi, completare e concretizzare, in un gioco di rimandi, sperimentazioni assidue, pur sempre nel rispetto di convenienze formali.
Walter Necci intende svolgere un percorso di scoperte, dove il trasalimento è dietro l’angolo, perché i momenti di sorpresa diventino corrente ulteriore per avanzare e rideterminare la disciplina della ricerca.
Manipola, da par suo, la materia e la investe per suscitare nuove valenze e nuove probabilità d’uso e di resa e perché le sue tematiche d’avanguardia abbiano possibilità di misurarsi continuamente
Carpabio, continua e insiste su ogni lavoro, su ogni opera, su ogni manufatto; ma non è mai appagato, in pieno.
Punta alla sintesi tra dichiarati segni e l’evoluzione degli stessi; cerca di ridurre e conciliare gli stimoli in prodotti artistici che palesino tensioni, ma anche verità diffusa.
Insomma, materiali di scarto, polveri di marmo, resine e colori a olio impressi dalla fiamma o dall’aria compressa, enunciati astratti o insistite forme regolano significati altri.
Oltre a quadri, sculture in ferro siglano concrete leggerezze, savie sobrietà e incredibili formule di grazia.
Quasi vicino a percorsi di tratta alchemica e con la voglia di ripetere e di sperimentare, con continuità febbrile, precisa soggetti particolarissimi tra veli, resine e reti metalliche, … e altro ancora …
Creatività, estro e folgoranti azioni alimentano un tragitto di speculari incidenze e motivano il fruitore a interrogarsi, a seguire piste, a ridefinire i sensi e a riprendere significati rivelati o che avanzano per incontrare il futuro.
Emergono giochi di dubbi, giri di domande; e sospesi si è trasportati in solleticanti nuove chiavi d’interpretazione.
Lo strappo emozionale di chi legge l’opera e l’assorbe mette in empatia fruitore e artista, mente creativa e mente recettiva; il contributo dell’artista s’avvale di idee e il godimento è di chi riesce a metabolizzare la sostanza dell’opera d’arte. Le ragioni delle emozioni e le emozioni della ragione dinnanzi all’autenticità spingono al conforto dell’accettazione delle idee ed educano il consenso lecito.
Paolo Viterbini è un artista che vede le metropoli come soggetti da indagare, da investigare, da esplorare, da fissare.
Dall’inizio degli anni Novanta, con particolare passione, dipinge il paesaggio urbano, restituendo memorie visive del mattino e della notte.
Il suo approccio alle metropoli è sempre “a volo d’uccello”, quasi un volar dolce su metropoli infuriate.
Usa un personalissimo linguaggio abbondante di curve, punti e linee quasi per “stenografare” la topografia dei luoghi con i suoi segni correlati.
Dal disegno di obliqui dettagli è giunto a dimensionarli con diversi materiali.
Gli itinerari topografici li fa risaltare da virtuali a composizioni concrete.
L’artista, alla fine degli anni Settanta, rivede e riseleziona la sua pittura figurativa con abbondanti conversazioni con Eduardo Palumbo, artista napoletano, molto attivo a Roma.
Non dimentica di rivisitare gli impressionisti, specialmente Monet e Cezanne, osserva attentamente i futuristi e le tendenze cubiste, che sono per ogni artista nodali punti di riferimento, fino ai grandi innovatori dell’action-painting americana.
Comincia poi, a dipingere i movimenti che riportano le dimensioni energetiche delle attuali metropoli.
Riesce a sviluppare i suoi interessi indagando per il mondo, grazie alle possibilità che il lavoro all’Alitalia gli offre; visita tutti i musei e segue avvenimenti artistici in ogni dove, sino a osservare gli artisti di strada in India, in Africa, in America Latina …; da questi comprende l’importanza di lavorare non dimenticando le regole della tradizione.
Partecipa con spirito giovanile a collettive e a rassegne, specificando il suo impegno nella ricerca degli “effetti metropolitani”.
Gallerie, studi e musei di tutto il mondo gli hanno permesso di affinare l’occhio e di disporre le sue combinazioni visive in un assetto logico e conseguenziale.
Ora ritorna al Museo Civico “Umberto Mastroianni” di Marino (RM), dove nel 2007 allestì un’importante antologica.
Significative sono le sue presenze, nel 2008 e nel 2009, all’Istituto di Cultura Italiano di Londra e in tanti altri luoghi degni, di eccellente livello culturale.
E’ presente nella monumentale “Storia dell’Arte Italiana del ‘900”, di Giorgio di Genova e risulta in tanti volumi.
L’elenco dei critici è lungo; in tanti hanno colto la sua predisposizione a regolare nelle metropoli un “focus” interpretativo delle dilatazioni antropologiche che investono sociologicamente la vita di tutti.
Queste metropoli, che s’avviano a diventare, se i ritmi saranno sostenuti, delle vere megalopoli, rientrano in una dimensione critica dai ritmi fuorvianti.
La dinamicità è sintomo di quella declinazione moderna che ha impresso una rapidità nelle acquisizioni, ma porta anche a uno stress esistenziale.
Le evidenze grafico-plastiche di queste visioni metropolitane indicano i turbati sistemi dei paesaggi urbani, che sempre più indicano una difficile antropizzazione dei territori.
Le metropoli non sembrano essere felici àncore future e le elaborazioni di Paolo Viterbini sembrano sempre più assomigliare a ventilate innervature passate, quasi un’archeologia del futuro prossimo venturo.
Meglio lo sviluppo di città satelliti, l’incremento dei borghi, la crescita di quei paesi disposti a riaccogliere il rilancio delle rete di sviluppi agricoli, su cui ripasserà lo sviluppo economico.
Maurizio Vitiello
13
maggio 2017
Cromatismi mediterranei.
Dal 13 al 28 maggio 2017
arte contemporanea
Location
MUSEO CIVICO UMBERTO MASTROIANNI
Marino, Piazza Matteotti, 13, (Roma)
Marino, Piazza Matteotti, 13, (Roma)
Orario di apertura
lunedì/sabato 10 - 13 e 15,30 – 18,30; domenica chiuso
Vernissage
13 Maggio 2017, ore 18
Autore
Curatore