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12
novembre 2008
fino al 21.XI.2008 Lucie Fontaine Napoli, T293
napoli
“La storia siamo noi, nessuno si senta escluso”, è proprio il caso di dirlo. Almeno nel bizzarro teatrino di Lucie Fontaine. Dove, agguantando le marionette, si reinventa il passato e si manovra il corso degli eventi...
Quando si dice fare le guarattelle. In senso proprio e non metaforico dell’espressione. Perché è questo che Lucie Fontaine (vive a Colmar, Francia) ha fatto, inscenando nel piccolo ambiente della galleria un autentico teatro dei burattini. A manovrarli però non c’è lei o, meglio, non ci sono loro, perché dietro lo pseudonimo femminile si cela un collettivo che ha tutta l’intenzione di mantenere l’anonimato. Impiegati dell’arte. Così amano definirsi i giovanissimi e versatili creativi – un lui e una lei, solo questo ci è dato sapere – che faranno da regia a tutto il progetto Perché Napoli?, un ciclo di appuntamenti espositivi, con relativa pubblicazione conclusiva, che vedrà avvicendarsi artisti della scuderia (tra cui Claire Fontaine e Jordan Wolfson) e nomi inediti. Tutti rigorosamente stranieri.
Poiché l’intento è quello di scoprire la percezione che gli altri hanno della città e della sua storia attraverso sguardi distanti, non invischiati. Dunque nessuna residenza, niente site specific. L’indagine deve necessariamente essere concepita extra moenia. Un esperimento squisitamente curatoriale che adotta tra l’altro la formula dell’antiopening, cioè l’assenza della tradizionale inaugurazione, sfruttando la favorevole posizione fronte strada dello spazio, come vetrina che predispone naturalmente a una fruizione non solo volontaria.
Eppure, nonostante l’esterofilia dell’impianto progettuale, la misteriosa coppia, che ha condotto le proprie ricerche in totale autonomia, ha imbastito appropriatamente il vivace tessuto culturale partenopeo. Questo Teatro Di Piazza Dei Tribunali – T.D.P.D.T., titolo dell’installazione, è qualcosa che non ci si aspetta di vedere dai ragazzi della T293, devoti a un concettualismo dall’esito formale radicalmente minimal.
Stupisce, invece, la fiabesca esplosione cromatica dell’allestimento con tanto di castello e marionette che, a due a due, formano sodalizi plausibili o improbabili tra personaggi che in qualche modo hanno calcato il palcoscenico dell’arte napoletana. Ciascuna coppia associata a scenari urbani tipici, ritratti in scatti da cartolina, alleggeriti dal collage di veline in nuance pastello. Ed ecco che, tra gli altri, spuntano sotto il Maschio Angioino, Marina Abramovic – con l’immancabile serpente – e Peppe Morra. Mentre Ernesto Esposito e Joseph Kosuth s’incontrano in Piazza del Plebiscito e Lucio Amelio e Dina Caròla si aggirano tra i resti dell’urbe sotterranea.
Una reinterpretazione del passato e non una filologica ricostruzione, sia dal punto di vista ritrattistico che contenutistico, tant’è che i fantocci sono appena verosimiglianti e i canovacci tracciano soltanto le linee di dialoghi ironici al limite del surreale. Operazione giocata soprattutto al livello della comunicazione, che sfrutta l’indeterminatezza dell’oralità e l’estemporaneità performativa per rimescolare le carte di un prezioso retaggio storico. Che talvolta, però, pesa come un macigno sulle spalle di chi con esso deve fare i conti, giorno per giorno.
Poiché l’intento è quello di scoprire la percezione che gli altri hanno della città e della sua storia attraverso sguardi distanti, non invischiati. Dunque nessuna residenza, niente site specific. L’indagine deve necessariamente essere concepita extra moenia. Un esperimento squisitamente curatoriale che adotta tra l’altro la formula dell’antiopening, cioè l’assenza della tradizionale inaugurazione, sfruttando la favorevole posizione fronte strada dello spazio, come vetrina che predispone naturalmente a una fruizione non solo volontaria.
Eppure, nonostante l’esterofilia dell’impianto progettuale, la misteriosa coppia, che ha condotto le proprie ricerche in totale autonomia, ha imbastito appropriatamente il vivace tessuto culturale partenopeo. Questo Teatro Di Piazza Dei Tribunali – T.D.P.D.T., titolo dell’installazione, è qualcosa che non ci si aspetta di vedere dai ragazzi della T293, devoti a un concettualismo dall’esito formale radicalmente minimal.
Stupisce, invece, la fiabesca esplosione cromatica dell’allestimento con tanto di castello e marionette che, a due a due, formano sodalizi plausibili o improbabili tra personaggi che in qualche modo hanno calcato il palcoscenico dell’arte napoletana. Ciascuna coppia associata a scenari urbani tipici, ritratti in scatti da cartolina, alleggeriti dal collage di veline in nuance pastello. Ed ecco che, tra gli altri, spuntano sotto il Maschio Angioino, Marina Abramovic – con l’immancabile serpente – e Peppe Morra. Mentre Ernesto Esposito e Joseph Kosuth s’incontrano in Piazza del Plebiscito e Lucio Amelio e Dina Caròla si aggirano tra i resti dell’urbe sotterranea.
Una reinterpretazione del passato e non una filologica ricostruzione, sia dal punto di vista ritrattistico che contenutistico, tant’è che i fantocci sono appena verosimiglianti e i canovacci tracciano soltanto le linee di dialoghi ironici al limite del surreale. Operazione giocata soprattutto al livello della comunicazione, che sfrutta l’indeterminatezza dell’oralità e l’estemporaneità performativa per rimescolare le carte di un prezioso retaggio storico. Che talvolta, però, pesa come un macigno sulle spalle di chi con esso deve fare i conti, giorno per giorno.
mara de falco
mostra visitata il 31 ottobre 2008
dal 10 ottobre 2008 al 21 novembre 2008
Lucie Fontaine – Perché Napoli?
Galleria T293
Piazza Amendola, 4 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 081295882; fax +39 0812142210; perchenapoli@t293.it; www.t293.it
[exibart]