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Pino Di Gennaro – Mappe e Appunti d’oltremare
“Mappe e Appunti d’oltremare”, la nuova personale del maestro Pino Di Gennaro che torna a Mantova alla Galleria Arianna Sartori con una selezione di sculture in bronzo e cartapesta.
Comunicato stampa
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Ritorna ad esporre a Mantova il Maestro Pino Di Gennaro. Dopo la personale del 2010, la Galleria Arianna Sartori in via Ippolito Nievo 10, presenta la nuova interessante mostra “Mappe e Appunti d’oltremare”.
La mostra si inaugurerà Sabato 8 aprile alle ore 17,30 alla presenza dello scultore troiano di nascita e milane-se d’adozione. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al prossimo 4 maggio 2017.
Il simbolismo organicista di Pino Di Gennaro
Pino Di Gennaro (1951) è scultore di chiara fama, giunto a Milano giovanissimo, fine anni Sessanta, allievo nei primi anni Settanta del Novecento prima di Alik Cavaliere eppoi dal 1972 al 1983 dello scultore Arnaldo Pomodoro. Un ap-prendistato di spessore che gli ha dato la possibilità di afferrarne il mestiere e costruire tutti i capitoli del suo percorso. Con la sua partecipazione attiva e coerente ad ogni espressione della cultura internazionale, ha saputo sorvegliare e di-namizzare le esigenze della scultura contemporanea, talvolta con un’originalità e una fisionomia personale, da porlo fra i migliori artisti dell’avanguardia contemporanea. Egli è tornato a far rivivere i miti umani della classicità mediterranea, con la ricerca della purezza risolta in forme chiare e pensose, in un clima di simbolismo organicista di tipo naturalista con l’esaltazione non solo di certi miti storico-culturali, ma l’approfondimento del tema della vita dell’universo e la forza dei simboli germinali. È una ricerca la sua che parte da una certa visione spirituale o modo di fare umano, di fronte alla relazione tra le forze creatrici dell’esistenza e del mondo naturale. Questo scultore riunisce come pochi la forza vitale e l’impulso dionisiaco del vivente, tanto che le forme si concentrano sino a convertirsi in un potente ritmo di masse. Ha operato a lungo nell’ambito di una figurazione allusiva, e superato questo stato di metamorfosi, la sua ricerca più impe-gnata, grazie all’impiego di materiali diversi, dalla cartapesta al bronzo, dalla resina all’acciaio, dalla cera al piombo, si è svelata in un’inventiva spontanea e impetuosa, dando prova talvolta come ne “i pilastri del cielo” ad architetture spaziali che, pur conservando il loro elemento chimerico, si rifanno a una spiccata e costruttiva monumentalità, declinandosi an-che come colonne totemiche, certo espressioni di memorie arcaiche e sintesi di civiltà. La sua è ancora oggi un’avventura pregna di grandi idealità, che lasciano intravedere quasi un ritorno ai monumenti simbolici primitivi, che stimolano e aprono lo spirito a una concezione poetica delle forze imponderabili della natura. Di Gennaro si guarda at-torno, legge il mondo, legge la natura, legge l’ordine delle cose e dello spazio tra cielo e terra, aurore e crepuscoli e sfere celesti; tutto poi diventa luogo dove il tempo concreto viene proiettato nel tempo mitico e dove lo spazio-tempo ordina-to ritualmente diventa centro del mondo, incontro con il cielo e della terra. Di Gennaro riconosce e ricrea alcune sugge-stioni che la combinazione della natura e dell’invenzione umana hanno sempre fornito all’esperienza poetica, e mediante questo monumentalismo simbolico, al margine delle evocazioni nate dalla natura variabile, attraverso masse e vuoti, giunge quasi all’invenzione di una liturgia pagana. Fortunati esiti raggiunti grazie allo spessore culturale e artistico che l’ha preceduto e di cui ha tenuto conto, ovvero il dinamismo futurista, le lacerazioni spaziali di Fontana, il minimalismo dell’ABC art. D’altronde si sa che le cose più importanti sono isolate, e sono più intense, chiare e potenti, sicchè questi solidi nella semplicità delle forme richiamano il lavoro di alcuni artisti americani, la Louise Nevelson di “Presenza di co-lonne del cielo”, e ancora Anthony Smith, Carl Andre, Robert Morris e Donald Judd. Gli ultimi sviluppi hanno registra-to il passaggio a una sorta di neoplasticismo in cui l’ereditarietà del costruttivismo si risolve in una sorta di quadratura a parete (vedi “Preghiera” del 2000), una topografia metallica fortemente magica, con vuoti o cavità abitati da rotoli che cercano un linguaggio estetico nelle relazioni tra proporzioni e intervalli e i cui vocaboli sono la luce, la qualità del metal-lo, il colore, le ombre e la valorizzazione dello spazio. L’opera, di tipo murale, presenta situazioni ottiche evidentemente studiate per la sua integrazione nell’architettura. Sorprende la capacità che ha Di Gennaro di lavorare alle sculture con materiali diversi, e con il ritmo assolutamente proprio che lo scultore è riuscito a cogliere liberando la sua vocazione co-struttiva e facendovi confluire le culture plastico-architettoniche che avevano colpito la sua immaginazione. Ora geome-tria e mistero fanno pendant con il grembo della terra, con le ombre della memoria, con segni e scritture antiche che spiegano l’invenzione umana. Una geometria, la sua, che incapsula grandiosamente il senso del mistero, la vita universale e il partito del colore che crea le forme con una progressiva chiarezza di intenzioni.
Carlo Franza
Pino Di Gennaro nato Troia (Foggia) nel 1951, si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove at-tualmente insegna.
L’intensa attività dedicata alla didattica e all’insegnamento della scultura si esplicita nella stesura del testo scolastico “I modi della scultura”, per le edizioni Hoepli.
Nell’esaltare l’espressività del singolo materiale Pino Di Gennaro abbina materiali poveri a materiali nobili: cartapes-ta e acciaio; cera e bronzo; cartapesta e piombo. Preferisce il bronzo per le opere all’aperto, usando la tecnica della fusione a cera persa, declinata nelle sue numerose possibilità espressive; esalta il colore del materiale se trattato con acidi e pigmenti; con la lucidatura a specchio ne esalta luminosità e preziosità.
Il colore della cartapesta, la luminosità del bronzo, la trasparenza della cera e l’opacità del piombo, qui non sono viste come qualità dei singoli materiali, bensì come possibilità espressive della materia, a creare l’affascinante dialetti-ca tra materia fragile e materia dura, povera e ricca.
La poetica artistica dello scultore è volta alla funzione sociale della scultura negli spazi urbani quale possibilità di concorrere a migliorare la qualità estetica dei luoghi, l’identità e la qualità di vita degli abitanti valorizzando il rappor-to scultura-architettura, nel favorire momenti di interazione tra lo spazio l’opera d’arte e il suo fruitore.
Le sue opere sono presenti in numerosi spazi pubblici: tre grandi sculture-fontana “Monumento alla Pace” piazza di S. Secondino, Comune di Troia, 1997; Cimitero Monumentale di Bruzzano, Tomba della Famiglia Antico scultura “Quelli che vanno”, 1998; “Scultura tattile” per non vedenti installata nel centro storico di Gallarate su commissio-ne del Lions Club Gallarate Seprio, 2004; Nuova Biblioteca Comunale del Comune di Somma Lombardo scultura “Memorie di segni ritrovati”, 2004; Scultura per non vedenti “Alghero una città da toccare” installata nel centro storico di Alghero su commissione del Lions Club Alghero, 2005.
Vincitore del Concorso Nazionale per un’opera d’arte da ubicare nella nuova sede degli Uffici Giudiziari e Servizi Minorili di Sassari, installazione delle sculture “Pilastri del cielo”, 2005.
Espone in numerose mostre personali tra le quali:
Frammenti di spazi celesti, Galleria San Fedele, Milano 1995. Mostra antologica, Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate 1991. Pilastri del cielo, Fondazione Luciana Matalon, Milano 2003. Segni e scrittura, Spazio Zero Arte, Gallarate 2004. Il colore della scultura, Sale d’arte Città di Alessandria 2008. Sculture, Galleria Arianna Sartori, Man-tova 2010. La Materia della scultura, Spazio Hajech Liceo Artistio di Brera, Milano 2011. La formica e le cicale, Palazzetto dell’Arte e Sala Propilei, Museo Civico, Foggia. “Sculture in castello”, Museo d’arte contemporanea Cas-tello Dal Verme, Zavattarello 2012. L’enigma paesaggio, Scuderie Aldobrandini Frascati, Roma 2013. 5 di 5, Spazio Eventi-Palazzo Pirelli, Milano 2014. “Volare alto” monumento a Paolo Rovagnati, piazza Paolo Rovagnati, Biassono Monza 2015. 8x8 Forme nello spazio, Fondazione Stelline, Milano 2016. Genius Loci, Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto”, Bari 2016-2017.
La mostra si inaugurerà Sabato 8 aprile alle ore 17,30 alla presenza dello scultore troiano di nascita e milane-se d’adozione. L’esposizione resterà aperta al pubblico fino al prossimo 4 maggio 2017.
Il simbolismo organicista di Pino Di Gennaro
Pino Di Gennaro (1951) è scultore di chiara fama, giunto a Milano giovanissimo, fine anni Sessanta, allievo nei primi anni Settanta del Novecento prima di Alik Cavaliere eppoi dal 1972 al 1983 dello scultore Arnaldo Pomodoro. Un ap-prendistato di spessore che gli ha dato la possibilità di afferrarne il mestiere e costruire tutti i capitoli del suo percorso. Con la sua partecipazione attiva e coerente ad ogni espressione della cultura internazionale, ha saputo sorvegliare e di-namizzare le esigenze della scultura contemporanea, talvolta con un’originalità e una fisionomia personale, da porlo fra i migliori artisti dell’avanguardia contemporanea. Egli è tornato a far rivivere i miti umani della classicità mediterranea, con la ricerca della purezza risolta in forme chiare e pensose, in un clima di simbolismo organicista di tipo naturalista con l’esaltazione non solo di certi miti storico-culturali, ma l’approfondimento del tema della vita dell’universo e la forza dei simboli germinali. È una ricerca la sua che parte da una certa visione spirituale o modo di fare umano, di fronte alla relazione tra le forze creatrici dell’esistenza e del mondo naturale. Questo scultore riunisce come pochi la forza vitale e l’impulso dionisiaco del vivente, tanto che le forme si concentrano sino a convertirsi in un potente ritmo di masse. Ha operato a lungo nell’ambito di una figurazione allusiva, e superato questo stato di metamorfosi, la sua ricerca più impe-gnata, grazie all’impiego di materiali diversi, dalla cartapesta al bronzo, dalla resina all’acciaio, dalla cera al piombo, si è svelata in un’inventiva spontanea e impetuosa, dando prova talvolta come ne “i pilastri del cielo” ad architetture spaziali che, pur conservando il loro elemento chimerico, si rifanno a una spiccata e costruttiva monumentalità, declinandosi an-che come colonne totemiche, certo espressioni di memorie arcaiche e sintesi di civiltà. La sua è ancora oggi un’avventura pregna di grandi idealità, che lasciano intravedere quasi un ritorno ai monumenti simbolici primitivi, che stimolano e aprono lo spirito a una concezione poetica delle forze imponderabili della natura. Di Gennaro si guarda at-torno, legge il mondo, legge la natura, legge l’ordine delle cose e dello spazio tra cielo e terra, aurore e crepuscoli e sfere celesti; tutto poi diventa luogo dove il tempo concreto viene proiettato nel tempo mitico e dove lo spazio-tempo ordina-to ritualmente diventa centro del mondo, incontro con il cielo e della terra. Di Gennaro riconosce e ricrea alcune sugge-stioni che la combinazione della natura e dell’invenzione umana hanno sempre fornito all’esperienza poetica, e mediante questo monumentalismo simbolico, al margine delle evocazioni nate dalla natura variabile, attraverso masse e vuoti, giunge quasi all’invenzione di una liturgia pagana. Fortunati esiti raggiunti grazie allo spessore culturale e artistico che l’ha preceduto e di cui ha tenuto conto, ovvero il dinamismo futurista, le lacerazioni spaziali di Fontana, il minimalismo dell’ABC art. D’altronde si sa che le cose più importanti sono isolate, e sono più intense, chiare e potenti, sicchè questi solidi nella semplicità delle forme richiamano il lavoro di alcuni artisti americani, la Louise Nevelson di “Presenza di co-lonne del cielo”, e ancora Anthony Smith, Carl Andre, Robert Morris e Donald Judd. Gli ultimi sviluppi hanno registra-to il passaggio a una sorta di neoplasticismo in cui l’ereditarietà del costruttivismo si risolve in una sorta di quadratura a parete (vedi “Preghiera” del 2000), una topografia metallica fortemente magica, con vuoti o cavità abitati da rotoli che cercano un linguaggio estetico nelle relazioni tra proporzioni e intervalli e i cui vocaboli sono la luce, la qualità del metal-lo, il colore, le ombre e la valorizzazione dello spazio. L’opera, di tipo murale, presenta situazioni ottiche evidentemente studiate per la sua integrazione nell’architettura. Sorprende la capacità che ha Di Gennaro di lavorare alle sculture con materiali diversi, e con il ritmo assolutamente proprio che lo scultore è riuscito a cogliere liberando la sua vocazione co-struttiva e facendovi confluire le culture plastico-architettoniche che avevano colpito la sua immaginazione. Ora geome-tria e mistero fanno pendant con il grembo della terra, con le ombre della memoria, con segni e scritture antiche che spiegano l’invenzione umana. Una geometria, la sua, che incapsula grandiosamente il senso del mistero, la vita universale e il partito del colore che crea le forme con una progressiva chiarezza di intenzioni.
Carlo Franza
Pino Di Gennaro nato Troia (Foggia) nel 1951, si diploma in scultura all’Accademia di Belle Arti di Brera dove at-tualmente insegna.
L’intensa attività dedicata alla didattica e all’insegnamento della scultura si esplicita nella stesura del testo scolastico “I modi della scultura”, per le edizioni Hoepli.
Nell’esaltare l’espressività del singolo materiale Pino Di Gennaro abbina materiali poveri a materiali nobili: cartapes-ta e acciaio; cera e bronzo; cartapesta e piombo. Preferisce il bronzo per le opere all’aperto, usando la tecnica della fusione a cera persa, declinata nelle sue numerose possibilità espressive; esalta il colore del materiale se trattato con acidi e pigmenti; con la lucidatura a specchio ne esalta luminosità e preziosità.
Il colore della cartapesta, la luminosità del bronzo, la trasparenza della cera e l’opacità del piombo, qui non sono viste come qualità dei singoli materiali, bensì come possibilità espressive della materia, a creare l’affascinante dialetti-ca tra materia fragile e materia dura, povera e ricca.
La poetica artistica dello scultore è volta alla funzione sociale della scultura negli spazi urbani quale possibilità di concorrere a migliorare la qualità estetica dei luoghi, l’identità e la qualità di vita degli abitanti valorizzando il rappor-to scultura-architettura, nel favorire momenti di interazione tra lo spazio l’opera d’arte e il suo fruitore.
Le sue opere sono presenti in numerosi spazi pubblici: tre grandi sculture-fontana “Monumento alla Pace” piazza di S. Secondino, Comune di Troia, 1997; Cimitero Monumentale di Bruzzano, Tomba della Famiglia Antico scultura “Quelli che vanno”, 1998; “Scultura tattile” per non vedenti installata nel centro storico di Gallarate su commissio-ne del Lions Club Gallarate Seprio, 2004; Nuova Biblioteca Comunale del Comune di Somma Lombardo scultura “Memorie di segni ritrovati”, 2004; Scultura per non vedenti “Alghero una città da toccare” installata nel centro storico di Alghero su commissione del Lions Club Alghero, 2005.
Vincitore del Concorso Nazionale per un’opera d’arte da ubicare nella nuova sede degli Uffici Giudiziari e Servizi Minorili di Sassari, installazione delle sculture “Pilastri del cielo”, 2005.
Espone in numerose mostre personali tra le quali:
Frammenti di spazi celesti, Galleria San Fedele, Milano 1995. Mostra antologica, Civica Galleria d’Arte Moderna, Gallarate 1991. Pilastri del cielo, Fondazione Luciana Matalon, Milano 2003. Segni e scrittura, Spazio Zero Arte, Gallarate 2004. Il colore della scultura, Sale d’arte Città di Alessandria 2008. Sculture, Galleria Arianna Sartori, Man-tova 2010. La Materia della scultura, Spazio Hajech Liceo Artistio di Brera, Milano 2011. La formica e le cicale, Palazzetto dell’Arte e Sala Propilei, Museo Civico, Foggia. “Sculture in castello”, Museo d’arte contemporanea Cas-tello Dal Verme, Zavattarello 2012. L’enigma paesaggio, Scuderie Aldobrandini Frascati, Roma 2013. 5 di 5, Spazio Eventi-Palazzo Pirelli, Milano 2014. “Volare alto” monumento a Paolo Rovagnati, piazza Paolo Rovagnati, Biassono Monza 2015. 8x8 Forme nello spazio, Fondazione Stelline, Milano 2016. Genius Loci, Pinacoteca Metropolitana “Corrado Giaquinto”, Bari 2016-2017.
10
aprile 2017
Pino Di Gennaro – Mappe e Appunti d’oltremare
Dal 10 aprile al 04 maggio 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA ARIANNA SARTORI
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Mantova, Via Cappello, 17 , (Mantova)
Orario di apertura
dal Lunedì al Sabato 10.00-12.30 / 15.30-19.30.
Chiuso Domenica e festivi
Vernissage
10 Aprile 2017, ore 17.30
Autore
Curatore