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14
novembre 2008
fino al 26.XI.2008 Todd Pavlisko & Maximilian Schubert Napoli, Changing Role
napoli
Immaginazione e psichedelia. Verità e bugia. Lo stato di salute della società contemporanea raccontato con lunghe boccate di fumo da due indisciplinati artisti americani. Che rivelano il lato oscuro dell’ebbrezza...
“L’hashish sarà, per le impressioni e i pensieri familiari dell’uomo, uno specchio ingranditore, ma pur sempre uno specchio”. Sembra ispirarsi alle parole di Charles Baudelaire il lavoro a quattro mani di Todd Pavlisko (Chicago, 1958) e Maximilian Schubert (Chicago, 1974), insieme come collettivo Sleep per la loro prima esposizione italiana negli spazi napoletani del gallerista Guido Cabib. Un percorso abitato da sculture e ready made che si sdoppiano, talvolta si ripetono ossessivamente, per raccontare la volontà di riscatto dell’uomo nei confronti di una vita parca, anonima e meccanicizzata.
Tale impeto di rivalsa viene individuato nella tendenza ad alterare il dato reale, in un’allucinazione della percezione che non può, per due artisti tutto genio e sregolatezza, trovare simbolo migliore se non nel bongo, motore e principio primo della ricerca, nonché anticamera del progetto d’allestimento. La sua presenza costante e quel mimetismo che ne fa, all’occorrenza, candeliere, vaso da fiori, complemento d’arredo, suggerisce la trasfigurazione dell’oggetto in feticcio, in luogo dove riposa il mito del vincente contemporaneo.
Rispondono a quest’intento anche gli occhiali da sole di un rosso fiammante, modaioli e gettonatissimi, dietro cui nascondere tentennamenti e frustrazioni, per ostentare invece sicurezza e dominio di sé: icone del bello, diventano testimoni di un sogno di totalità, della possibilità di ciascuno di essere tutto contemporaneamente.
Ma dai sogni si ritorna bruscamente alla realtà e questi stessi oggetti rivelano un volto nuovo, hydiano, la loro dose di amara disillusione: il bongo ripiegato su se stesso giace molliccio e “sgonfio” su una roccia, dove neppure un sottilissimo, impercettibile filo d’erba sembra parlare di rinascita; la sua presenza appare, piuttosto, casuale e priva di qualsivoglia valenza. Sul bongo rimane appesa la nostra genuina animalità, ridotta ormai a un “involucro” di pelliccia, confinata in una dimensione illusoria e vacua, mentre gli occhiali da sole si tingono di un più anonimo e umile nero. Anche le immagini di arcobaleni e raggi di sole – a loro volta speranze di riscatto cultuali – vengono confinati nel mondo patinato e costruito di una rivista: dai paradisi artificiali si passa bruscamente ai deserti del reale.
È dunque un viaggio nelle stanze della mente quello proposto dal duo. Un viaggio che lascia emergere lo stato di frustrazione legato allo scarto esistenziale tra essere e volontà d’essere: “Gli uomini si muovono tra fondali e colonnate, attraversano tenebre attratti da glorie di luce”, scrive Cesare Segre. “Per poi accorgersi che è una giostra vana, che il loro aggirarsi è senza scopo e senza senso. La pazzia è dunque un’illusione confortante”. Sleep come Spleen.
Tale impeto di rivalsa viene individuato nella tendenza ad alterare il dato reale, in un’allucinazione della percezione che non può, per due artisti tutto genio e sregolatezza, trovare simbolo migliore se non nel bongo, motore e principio primo della ricerca, nonché anticamera del progetto d’allestimento. La sua presenza costante e quel mimetismo che ne fa, all’occorrenza, candeliere, vaso da fiori, complemento d’arredo, suggerisce la trasfigurazione dell’oggetto in feticcio, in luogo dove riposa il mito del vincente contemporaneo.
Rispondono a quest’intento anche gli occhiali da sole di un rosso fiammante, modaioli e gettonatissimi, dietro cui nascondere tentennamenti e frustrazioni, per ostentare invece sicurezza e dominio di sé: icone del bello, diventano testimoni di un sogno di totalità, della possibilità di ciascuno di essere tutto contemporaneamente.
Ma dai sogni si ritorna bruscamente alla realtà e questi stessi oggetti rivelano un volto nuovo, hydiano, la loro dose di amara disillusione: il bongo ripiegato su se stesso giace molliccio e “sgonfio” su una roccia, dove neppure un sottilissimo, impercettibile filo d’erba sembra parlare di rinascita; la sua presenza appare, piuttosto, casuale e priva di qualsivoglia valenza. Sul bongo rimane appesa la nostra genuina animalità, ridotta ormai a un “involucro” di pelliccia, confinata in una dimensione illusoria e vacua, mentre gli occhiali da sole si tingono di un più anonimo e umile nero. Anche le immagini di arcobaleni e raggi di sole – a loro volta speranze di riscatto cultuali – vengono confinati nel mondo patinato e costruito di una rivista: dai paradisi artificiali si passa bruscamente ai deserti del reale.
È dunque un viaggio nelle stanze della mente quello proposto dal duo. Un viaggio che lascia emergere lo stato di frustrazione legato allo scarto esistenziale tra essere e volontà d’essere: “Gli uomini si muovono tra fondali e colonnate, attraversano tenebre attratti da glorie di luce”, scrive Cesare Segre. “Per poi accorgersi che è una giostra vana, che il loro aggirarsi è senza scopo e senza senso. La pazzia è dunque un’illusione confortante”. Sleep come Spleen.
carla rossetti
mostra visitata il 6 ottobre 2008
dal 26 settembre al 27 novembre 2008
Todd Pavlisko & Maximilan Schubert – Sleep
a cura di Guido Cabib
Changing Role – Main Space
Via Chiatamone, 26 (zona Chiaia) – 80121 Napoli
Orario: da martedì a sabato ore 15-19
Ingresso libero
Info: tel. + 39 08119575958; infogallery@changingrole.com; www.changingrole.com
[exibart]
complimentoni, davvero illuminante