Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Giovanni Stradone – Metamorfosi. Opere dagli anni Trenta agli anni Sessanta
Visioni, inquietudini, pensieri e racconti; realtà e sogno, impressione ed espressione; Roma eterna ed intima, sfuggente, in continua metamorfosi, come la materia cruda e nervosa che si scontra con il supporto: Giovanni Stradone, uno dei grandi interpreti dell’espressionismo italiano ed europeo.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Apre a Roma la nuova galleria d’arte La Nica (diretta da Maria Vittoria Marchetta), nello spazio di Viale Mazzini 1, e inaugura la sua attività espositiva il 6 aprile 2017 alle ore 18.30, con la mostra GIOVANNI STRADONE – Metamorfosi – Opere dagli anni Trenta agli anni Sessanta (fino al 20 aprile). Si tratta di un’antologica dedicata al grande pittore della tarda Scuola Romana, considerato da critici e storici dell’arte come uno dei maggiori esponenti dell’espressionismo italiano ed europeo, ma non ancora sufficientemente noto al pubblico, né valorizzato come meriterebbe nel panorama delle esposizioni e del mercato dell’arte.
La mostra (a cura di Silvia Pegoraro e Cristina Liscaio), è realizzata con la collaborazione dell’Archivio degli Eredi Stradone, e comprende una cinquantina di opere, tra cui numerosi e importanti lavori inediti.
Catalogo in galleria (Edizioni Grafiche Turato) con testi delle curatrici, di Maria Vittoria Marchetta e di Letizia Stradone, nipote dell’artista, pagine inedite di Giovanni Stradone e un’antologia di testi critici.
Una nuova galleria a Roma
La galleria La Nica nasce dalla grande passione per l’arte da sempre coltivata dalla sua giovane titolare, Maria Vittoria Marchetta: una passione ereditata dai genitori collezionisti, in particolare dalla madre, Cristina Liscaio, già titolare di una galleria d’arte a Milano. Tutto ciò determina una delle principali mission di cui s’investe la galleria La Nica: studiare a fondo il profilo identitario dell’arte moderna e contemporanea – sia nelle sue espressioni iconiche che in quelle aniconiche – e farne conoscere le molteplici espressioni a un pubblico più vasto.
La programmazione spazierà quindi dall’astrazione alla figurazione, nell’intento di valorizzare particolarmente anche il significato del rapporto tra l’arte contemporanea intesa come ricerca linguistica e sperimentazione a oltranza, propria dei giovani artisti emergenti, e il linguaggio di quell’arte del Novecento che può dirsi ormai di “tradizione”, privilegiando anche quelle figure di artisti storici che, nonostante il loro straordinario valore creativo, sono rimasti per lungo tempo nell’ombra, o che – è il caso, appunto, del pittore Stradone – pur avendo raggiunto in vita una grande notorietà, sono stati via via dimenticati.
La direzione artistica della galleria intende quindi porre in relazione in modo stimolante e vitale la storia del XX secolo, come insieme di idee e di atti creativi sedimentati nel tempo, e il presente dell’arte, la sua attualità più immediata, i suoi vari modi di essere “attuale”. Tutto ciò si concretizzerà nell’alternanza di esposizioni dedicate ad artisti storici ed esposizioni dedicate alle ricerche dei giovani artisti: uno studio della “modernità” e della sua essenza attraverso il lavoro di diverse generazioni di artisti, tutti a loro modo intenti a cercare di comprendere ed esprimere la complessità di ciò che potrebbe forse ancora chiamarsi “bellezza”, magari attraverso stili inediti, inattesi e sorprendenti.
L’antologica di Giovanni Stradone che apre le attività della galleria
Negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, il pittore Giovanni Stradone è stato uno dei più noti e apprezzati artisti italiani, tanto da essere inserito nella grande rassegna sull’arte italiana del Novecento che si tenne al MoMa di New York nel 1949.
Definito da Lionello Venturi “il più tipico e coerente rappresentante dell’espressionismo italiano”, e da Nello Ponente l'“ultimo maudit della pittura italiana”, Stradone ha avuto il rarissimo privilegio di avere al suo attivo una monografia a firma Giorgio de Chirico, uscita nel 1964: in un vero e proprio saggio critico, ampio, attento e incisivo, il Maestro della Metafisica – noto per la sua personalità ombrosa e solitaria, per certi versi affine a quella di Stradone – scriveva: “Allucinanti ci appaiono le immagini dello Stradone, quasi che emanino un fluido sconcertante. Ma nello stesso tempo cominciamo a renderci conto come la semplificazione, a volte estrema, di alcune inquadrature sia il risultato di una complessa analisi della realtà obbiettiva, colta tuttavia nei suoi elementi essenziali.”
Un passo in cui De Chirico sintetizza molto bene la coesistenza di forza visionaria e rigore essenzialista nella pittura di Stradone, artista intenso e “totale”, e uomo dal carattere non facile, incline ad aspre battaglie polemiche, a sbalzi d'umore che lo predisponevano alla lite, allontanandolo a volte da amicizie anche antiche, e consacrandolo a una solitudine verso la quale era, del resto, portato sin dalla giovinezza. Forse proprio per questo non era riuscito a realizzare, in vita, una mostra antologica in uno spazio istituzionale, che riassumesse il suo lungo percorso artistico, iniziato dalla fine degli anni Venti, sotto la guida di Ferruccio Ferrazzi.
L’anno successivo alla sua morte, un’ampia retrospettiva del lavoro di Stradone era stata allestita da Bruno Sargentini nella sua galleria romana L’Attico–esse–arte (1982), a cui si era aggiunta, nel Decennale della morte, quella di Todi, “Opere dal 1929 al 1977”, a cura di Walter Guadagnini, con un bellissimo testo di Piero Dorazio.
La mostra ora in programma presso la galleria d’arte La Nica, che va ad aggiungersi a queste, intende analizzare la produzione di Stradone a partire da un’opera del 1929 , uno splendido Pappagallo fissato in un’atmosfera da “realismo magico”, dove la luce tersa si rapprende in colori chiari e brillanti, come ancora avviene nel Ritratto di malato, del 1933 (opera premiata nei Prelittoriali della Cultura del 1935), anch’esso presente in mostra, per proseguire sino ad opere dei tardi anni ’60, seguendo l’evolversi della cifra stilistica di Stradone lungo una linea espressionistica ispirata a Scipione e Mafai, ma che si fa, tra gli anni ’40 e ’50, sempre più visionaria, notturna, allucinata. Marcello Venturoli, suo antico sodale e primo critico, parlava di “allucinazioni densificate che prendono corpo in una materia spessa, ulcerata dal segno affannoso, filante, sfibrato che la percorre”, e che risentono, forse, anche degli studi entomologici che tanto appassionavano Stradone, e che occupavano costantemente la sua vita, quasi quanto la pittura. Le immagini di Stradone acquisiscono sempre di più il carattere di visioni pronte a eclissarsi, in cui la materia che sostanzia le cose sembra liquefarsi e sciogliersi in colate magmatiche o in filamenti di materia-colore. Sempre avvolte da un’atmosfera notturna e lunare, anche se diurne, sembrano manifestarsi al balenio di un fulmine: dai celebri Colossei (fra cui quelli di Notturno romano del 1955 o Innamorati al Colosseo del 1958), spettri sopravvissuti a qualche guerra nucleare, alle nature morte “notturne” (una, splendida, del 1940, s’intitola tout-court La notte) ai paesaggi lividi, gonfi di una materia pittorica che si fa ansia esistenziale (come nella sorprendente Marina del ’46, o nel Notturno sul Tevere del ’43), alle vedute di periferie sontuosamente spettrali (Cantiere di notte, 1952) . Da Magnasco a Soutine, sono diverse le “influenze” artistiche di cui i vari critici hanno fatto menzione. Nonostante ciò, lo stile di Stradone è assolutamente personale, e nonostante i temi “figurativi” si propone, già nei primi anni ’40, “fra i rarissimi incunaboli del nostro informale” (Lorenza Trucchi).
É tale percorso che intende indagare la mostra inaugurale della galleria La Nica di Roma, attraverso una serie di opere – molte delle quali mai esposte né pubblicate – che sono indubbiamente tra le più valide e affascinanti di un grande artista che aspetta ancora di essere completamente scoperto.
Nota biografica
Giovanni Stradone nasce a Nola il 10 novembre 1911. Fin dall’infanzia dimostra un grande talento per il disegno e la pittura, frequentando da adolescente fino al 1927 la casa e lo studio del pittore Ferruccio Ferrazzi. In questo periodo si reca spesso al Museo di Villa Borghese, dove copia alcune opere con sorprendente abilità. Contemporaneamente frequenta il liceo classico, e dopo la maturità, per le insistenze del padre, s'iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, che mai frequenterà. Negli anni giovanili sviluppa anche la passione per l’entomologia: studia con molta attenzione gli insetti e ne alleva alcuni in casa, in grandi barattoli, secondo la diretta testimonianza della nipote, Letizia Stradone.
Intorno al ’29 realizza i primi dipinti, che vedono come protagonista un caro amico dell’adolescenza : Marcello Venturoli, divenuto poi un importante critico d'arte, con il quale Stradone intratterrà per tutta la vita un rapporto intenso ma anche conflittuale.
Negli anni ‘30 si avvicina alla “Scuola romana”, sulle orme di Scipione e Mafai, ma il suo linguaggio va acquisendo caratteristiche sempre più individuali ed originali. Nel 1935 partecipa alla mostra dei Prelittoriali della Cultura, dove viene premiato per l’opera Il malato (1933). Ma la personalità artistica di Stradone acquisterà rilevanza a partire dagli anni ’40, con le mostre tenute alla Galleria Tevere (1940) e alla Galleria di Roma (1942). La sua consacrazione avviene con il Premio Bergamo del ’42, dove ottiene il 3° premio (dopo Guttuso e Mezio), con il dipinto La notte.
Nel 1949 è presente alla grande rassegna Twentieth Century Italian Art che si tiene al MoMa di New York, comprendente quelli che i curatori americani ritengono i maggiori artisti italiani della prima metà del Novecento.
Tra il ‘48 e il ’49, Stradone, “pittore coerentissimo nell’approfondire la propria poetica, nell’evocare forme dal magma materico attraverso il coagularsi della luce e il suo distaccarsi dall’ombra, e fedelissimo a una tematica di poveri oggetti e paesi, di rovine e di relitti umani” , vira abbastanza bruscamente verso un modus “assai personalmente neocubista e satirico”, ben rappresentato da Il trionfo di Bartali (1948), opera monumentale dove figurano, insieme ai campioni Bartali e Coppi, personaggi di grande rilevanza storico-politica, come Papa Pio XII. Giudicato troppo ardito e irriverente, il dipinto viene clamorosamente rifiutato dalla Biennale di Venezia del ’50. Nel 1954 partecipa invece alla Biennale con diverse opere. Nel 1957 pubblica due libelli polemici, Precisazioni a Guido Ballo e Risposta al pittore Afro Basaldella, dove difende la propria posizione nell’ambito della situazione artistica a Roma negli anni ’40. Riceve il Premio Latina nel 1960 e quello della IV Biennale dell'incisione italiana contemporanea a Venezia nel ’61.
All’inizio degli anni ’60 partecipa alla retrospettiva dedicata alla Scuola romana dal 1930 al 1945, all'VIII Quadriennale e alla Mostra del Rinnovamento dell'arte in Italia dal 1939 al 1943. Nel 1964, presso l’Editore De Luca esce una monografia dedicata a Giovanni Stradone con un rarissimo saggio introduttivo di Giorgio de Chirico. Nel 1967 Carlo Ludovico Ragghianti lo inserisce nella grande mostra da lui curata a Firenze: Arte moderna in Italia dal 1915 al 1935, mentre l’anno successivo espone in una tripla personale, con Mafai e Scipione, alla Galleria Senior di Roma. Nella stessa galleria si tiene, nel 1973, una sua importante retrospettiva, che ripercorre tutte le tappe della sua ricerca pittorica. dell'attività di Stradone, quaranta opere da Laguna di Venezia del 1943 sino ad opere inedite del 1971.
Dopo un’interruzione dell’attività espositiva durata alcuni anni, nel 1978 tiene due personali, in contemporanea alla gallerie La Barcaccia e Russo di Roma: nella prima, 37 opere dal '48 al '73, nella seconda sei grandi tele recenti inedite.
Nel ’79, il numero 44 della rivista “Carte Segrete” (aprile-giugno) è dedicato a un’esaustiva Antologia critica (1943-1979) di Giovanni Stradone, con testi di Cesare Brandi, Enrico Crispolti, Giorgio De Chirico, Ercole Maselli, Nello Ponente, Toti Scialoja, Leonardo Sinisgalli, Antonello Trombadori, Lorenza Trucchi, Marcello Venturoli e molti altri.
Nel 1981 l'artista tiene la sua ultima mostra alla Galleria Russo di Roma. Muore improvvisamente lo stesso anno per problemi cardiaci.
La mostra (a cura di Silvia Pegoraro e Cristina Liscaio), è realizzata con la collaborazione dell’Archivio degli Eredi Stradone, e comprende una cinquantina di opere, tra cui numerosi e importanti lavori inediti.
Catalogo in galleria (Edizioni Grafiche Turato) con testi delle curatrici, di Maria Vittoria Marchetta e di Letizia Stradone, nipote dell’artista, pagine inedite di Giovanni Stradone e un’antologia di testi critici.
Una nuova galleria a Roma
La galleria La Nica nasce dalla grande passione per l’arte da sempre coltivata dalla sua giovane titolare, Maria Vittoria Marchetta: una passione ereditata dai genitori collezionisti, in particolare dalla madre, Cristina Liscaio, già titolare di una galleria d’arte a Milano. Tutto ciò determina una delle principali mission di cui s’investe la galleria La Nica: studiare a fondo il profilo identitario dell’arte moderna e contemporanea – sia nelle sue espressioni iconiche che in quelle aniconiche – e farne conoscere le molteplici espressioni a un pubblico più vasto.
La programmazione spazierà quindi dall’astrazione alla figurazione, nell’intento di valorizzare particolarmente anche il significato del rapporto tra l’arte contemporanea intesa come ricerca linguistica e sperimentazione a oltranza, propria dei giovani artisti emergenti, e il linguaggio di quell’arte del Novecento che può dirsi ormai di “tradizione”, privilegiando anche quelle figure di artisti storici che, nonostante il loro straordinario valore creativo, sono rimasti per lungo tempo nell’ombra, o che – è il caso, appunto, del pittore Stradone – pur avendo raggiunto in vita una grande notorietà, sono stati via via dimenticati.
La direzione artistica della galleria intende quindi porre in relazione in modo stimolante e vitale la storia del XX secolo, come insieme di idee e di atti creativi sedimentati nel tempo, e il presente dell’arte, la sua attualità più immediata, i suoi vari modi di essere “attuale”. Tutto ciò si concretizzerà nell’alternanza di esposizioni dedicate ad artisti storici ed esposizioni dedicate alle ricerche dei giovani artisti: uno studio della “modernità” e della sua essenza attraverso il lavoro di diverse generazioni di artisti, tutti a loro modo intenti a cercare di comprendere ed esprimere la complessità di ciò che potrebbe forse ancora chiamarsi “bellezza”, magari attraverso stili inediti, inattesi e sorprendenti.
L’antologica di Giovanni Stradone che apre le attività della galleria
Negli anni ’40 e ’50 del secolo scorso, il pittore Giovanni Stradone è stato uno dei più noti e apprezzati artisti italiani, tanto da essere inserito nella grande rassegna sull’arte italiana del Novecento che si tenne al MoMa di New York nel 1949.
Definito da Lionello Venturi “il più tipico e coerente rappresentante dell’espressionismo italiano”, e da Nello Ponente l'“ultimo maudit della pittura italiana”, Stradone ha avuto il rarissimo privilegio di avere al suo attivo una monografia a firma Giorgio de Chirico, uscita nel 1964: in un vero e proprio saggio critico, ampio, attento e incisivo, il Maestro della Metafisica – noto per la sua personalità ombrosa e solitaria, per certi versi affine a quella di Stradone – scriveva: “Allucinanti ci appaiono le immagini dello Stradone, quasi che emanino un fluido sconcertante. Ma nello stesso tempo cominciamo a renderci conto come la semplificazione, a volte estrema, di alcune inquadrature sia il risultato di una complessa analisi della realtà obbiettiva, colta tuttavia nei suoi elementi essenziali.”
Un passo in cui De Chirico sintetizza molto bene la coesistenza di forza visionaria e rigore essenzialista nella pittura di Stradone, artista intenso e “totale”, e uomo dal carattere non facile, incline ad aspre battaglie polemiche, a sbalzi d'umore che lo predisponevano alla lite, allontanandolo a volte da amicizie anche antiche, e consacrandolo a una solitudine verso la quale era, del resto, portato sin dalla giovinezza. Forse proprio per questo non era riuscito a realizzare, in vita, una mostra antologica in uno spazio istituzionale, che riassumesse il suo lungo percorso artistico, iniziato dalla fine degli anni Venti, sotto la guida di Ferruccio Ferrazzi.
L’anno successivo alla sua morte, un’ampia retrospettiva del lavoro di Stradone era stata allestita da Bruno Sargentini nella sua galleria romana L’Attico–esse–arte (1982), a cui si era aggiunta, nel Decennale della morte, quella di Todi, “Opere dal 1929 al 1977”, a cura di Walter Guadagnini, con un bellissimo testo di Piero Dorazio.
La mostra ora in programma presso la galleria d’arte La Nica, che va ad aggiungersi a queste, intende analizzare la produzione di Stradone a partire da un’opera del 1929 , uno splendido Pappagallo fissato in un’atmosfera da “realismo magico”, dove la luce tersa si rapprende in colori chiari e brillanti, come ancora avviene nel Ritratto di malato, del 1933 (opera premiata nei Prelittoriali della Cultura del 1935), anch’esso presente in mostra, per proseguire sino ad opere dei tardi anni ’60, seguendo l’evolversi della cifra stilistica di Stradone lungo una linea espressionistica ispirata a Scipione e Mafai, ma che si fa, tra gli anni ’40 e ’50, sempre più visionaria, notturna, allucinata. Marcello Venturoli, suo antico sodale e primo critico, parlava di “allucinazioni densificate che prendono corpo in una materia spessa, ulcerata dal segno affannoso, filante, sfibrato che la percorre”, e che risentono, forse, anche degli studi entomologici che tanto appassionavano Stradone, e che occupavano costantemente la sua vita, quasi quanto la pittura. Le immagini di Stradone acquisiscono sempre di più il carattere di visioni pronte a eclissarsi, in cui la materia che sostanzia le cose sembra liquefarsi e sciogliersi in colate magmatiche o in filamenti di materia-colore. Sempre avvolte da un’atmosfera notturna e lunare, anche se diurne, sembrano manifestarsi al balenio di un fulmine: dai celebri Colossei (fra cui quelli di Notturno romano del 1955 o Innamorati al Colosseo del 1958), spettri sopravvissuti a qualche guerra nucleare, alle nature morte “notturne” (una, splendida, del 1940, s’intitola tout-court La notte) ai paesaggi lividi, gonfi di una materia pittorica che si fa ansia esistenziale (come nella sorprendente Marina del ’46, o nel Notturno sul Tevere del ’43), alle vedute di periferie sontuosamente spettrali (Cantiere di notte, 1952) . Da Magnasco a Soutine, sono diverse le “influenze” artistiche di cui i vari critici hanno fatto menzione. Nonostante ciò, lo stile di Stradone è assolutamente personale, e nonostante i temi “figurativi” si propone, già nei primi anni ’40, “fra i rarissimi incunaboli del nostro informale” (Lorenza Trucchi).
É tale percorso che intende indagare la mostra inaugurale della galleria La Nica di Roma, attraverso una serie di opere – molte delle quali mai esposte né pubblicate – che sono indubbiamente tra le più valide e affascinanti di un grande artista che aspetta ancora di essere completamente scoperto.
Nota biografica
Giovanni Stradone nasce a Nola il 10 novembre 1911. Fin dall’infanzia dimostra un grande talento per il disegno e la pittura, frequentando da adolescente fino al 1927 la casa e lo studio del pittore Ferruccio Ferrazzi. In questo periodo si reca spesso al Museo di Villa Borghese, dove copia alcune opere con sorprendente abilità. Contemporaneamente frequenta il liceo classico, e dopo la maturità, per le insistenze del padre, s'iscrive alla facoltà di Giurisprudenza, che mai frequenterà. Negli anni giovanili sviluppa anche la passione per l’entomologia: studia con molta attenzione gli insetti e ne alleva alcuni in casa, in grandi barattoli, secondo la diretta testimonianza della nipote, Letizia Stradone.
Intorno al ’29 realizza i primi dipinti, che vedono come protagonista un caro amico dell’adolescenza : Marcello Venturoli, divenuto poi un importante critico d'arte, con il quale Stradone intratterrà per tutta la vita un rapporto intenso ma anche conflittuale.
Negli anni ‘30 si avvicina alla “Scuola romana”, sulle orme di Scipione e Mafai, ma il suo linguaggio va acquisendo caratteristiche sempre più individuali ed originali. Nel 1935 partecipa alla mostra dei Prelittoriali della Cultura, dove viene premiato per l’opera Il malato (1933). Ma la personalità artistica di Stradone acquisterà rilevanza a partire dagli anni ’40, con le mostre tenute alla Galleria Tevere (1940) e alla Galleria di Roma (1942). La sua consacrazione avviene con il Premio Bergamo del ’42, dove ottiene il 3° premio (dopo Guttuso e Mezio), con il dipinto La notte.
Nel 1949 è presente alla grande rassegna Twentieth Century Italian Art che si tiene al MoMa di New York, comprendente quelli che i curatori americani ritengono i maggiori artisti italiani della prima metà del Novecento.
Tra il ‘48 e il ’49, Stradone, “pittore coerentissimo nell’approfondire la propria poetica, nell’evocare forme dal magma materico attraverso il coagularsi della luce e il suo distaccarsi dall’ombra, e fedelissimo a una tematica di poveri oggetti e paesi, di rovine e di relitti umani” , vira abbastanza bruscamente verso un modus “assai personalmente neocubista e satirico”, ben rappresentato da Il trionfo di Bartali (1948), opera monumentale dove figurano, insieme ai campioni Bartali e Coppi, personaggi di grande rilevanza storico-politica, come Papa Pio XII. Giudicato troppo ardito e irriverente, il dipinto viene clamorosamente rifiutato dalla Biennale di Venezia del ’50. Nel 1954 partecipa invece alla Biennale con diverse opere. Nel 1957 pubblica due libelli polemici, Precisazioni a Guido Ballo e Risposta al pittore Afro Basaldella, dove difende la propria posizione nell’ambito della situazione artistica a Roma negli anni ’40. Riceve il Premio Latina nel 1960 e quello della IV Biennale dell'incisione italiana contemporanea a Venezia nel ’61.
All’inizio degli anni ’60 partecipa alla retrospettiva dedicata alla Scuola romana dal 1930 al 1945, all'VIII Quadriennale e alla Mostra del Rinnovamento dell'arte in Italia dal 1939 al 1943. Nel 1964, presso l’Editore De Luca esce una monografia dedicata a Giovanni Stradone con un rarissimo saggio introduttivo di Giorgio de Chirico. Nel 1967 Carlo Ludovico Ragghianti lo inserisce nella grande mostra da lui curata a Firenze: Arte moderna in Italia dal 1915 al 1935, mentre l’anno successivo espone in una tripla personale, con Mafai e Scipione, alla Galleria Senior di Roma. Nella stessa galleria si tiene, nel 1973, una sua importante retrospettiva, che ripercorre tutte le tappe della sua ricerca pittorica. dell'attività di Stradone, quaranta opere da Laguna di Venezia del 1943 sino ad opere inedite del 1971.
Dopo un’interruzione dell’attività espositiva durata alcuni anni, nel 1978 tiene due personali, in contemporanea alla gallerie La Barcaccia e Russo di Roma: nella prima, 37 opere dal '48 al '73, nella seconda sei grandi tele recenti inedite.
Nel ’79, il numero 44 della rivista “Carte Segrete” (aprile-giugno) è dedicato a un’esaustiva Antologia critica (1943-1979) di Giovanni Stradone, con testi di Cesare Brandi, Enrico Crispolti, Giorgio De Chirico, Ercole Maselli, Nello Ponente, Toti Scialoja, Leonardo Sinisgalli, Antonello Trombadori, Lorenza Trucchi, Marcello Venturoli e molti altri.
Nel 1981 l'artista tiene la sua ultima mostra alla Galleria Russo di Roma. Muore improvvisamente lo stesso anno per problemi cardiaci.
06
aprile 2017
Giovanni Stradone – Metamorfosi. Opere dagli anni Trenta agli anni Sessanta
Dal 06 al 20 aprile 2017
arte moderna e contemporanea
Location
GALLERIA D’ARTE LA NICA
Roma, Viale Giuseppe Mazzini, 1, (Roma)
Roma, Viale Giuseppe Mazzini, 1, (Roma)
Orario di apertura
dal lunedì al venerdì ore 10.00-13.00 e 16.00-19.00
sabato ore 10.00-13.00
Vernissage
6 Aprile 2017, ore 18.30
Autore
Curatore