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Jheronimus Bosch e Venezia
Oltre 50 opere da tutta Europa ruotano attorno ai tre capolavori “veneziani” di Bosch, restituiti al loro splendore
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Jheronimus
BOSCH E VENEZIA
Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
18 febbraio – 4 giugno 2017
Una Venezia colta attratta, nel Cinquecento, dal mistero e da visioni oniriche.
Oltre 50 opere da tutta Europa ruotano attorno ai tre capolavori “veneziani”
di Bosch, restituiti al loro splendore. Una straordinaria tecnologia immersiva e
app con realtà aumentata e virtuale per una visita ancora più emozionante. Visioni inquietanti, scene convulse, paesaggi allucinati con città incendiate
sullo sfondo, mostriciattoli e creature oniriche dalle forme più bizzarre: è questo
l’universo di Jheronimus Bosch affascinante ed enigmatico pittore vissuto tra il 1450
circa e il 1516 a ’s-Hertogenbosch (Boscoducale) in Olanda, ricordato in occasione
dei 500 anni dalla morte con due grandi mostre monografiche, rispettivamente nella
città natale e al Prado di Madrid.
A questo straordinario artista, Venezia, unica città in Italia a conservare suoi
capolavori, dedica a Palazzo Ducale dal 18 febbraio al 4 giugno 2017 una mostra
di grande fascino per il pubblico e di notevole rilevanza per gli studi, il cui
punto focale sono proprio le tre grandi opere di Bosch custodite in laguna alle
Gallerie dell’Accademia - due trittici e quattro tavole - riportate all’antico splendore
grazie a una importante campagna di restauri finanziata dal Bosch Research and
Conservation Project (brcp) e dalla Fondazione Getty di Los Angeles: Il martirio di
santa Ontocommernis (Wilgefortis, Liberata), Tre santi eremiti e Paradiso e Inferno
(Visioni dell’Aldilà).
“Jheronimus Bosch e Venezia” co-prodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia
e dal Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia, con il patrocinio del
Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona, grazie agli spettacolari
capolavori boschiani e alle quasi 50 opere di contesto provenienti da importanti
collezioni internazionali pubbliche e private – dipinti tra gli altri di Jacopo Palma
Il Giovane, Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, disegni e bulini
straordinari di Dürer, Bruegel, Cranach e Campagnola, bronzi e marmi antichi,
preziosi e rari manoscritti e volumi a stampa - condurrà i visitatori a scoprire una
città che accanto al classicismo tizianesco e al lirismo tonale inseguiva una passione
dotta per il tema del sogno e le visioni oniriche; chiarirà i collegamenti tra le Fiandre e
uno dei più raffinati e colti protagonisti della scena veneziana, il Cardinale Domenico
Grimani che volle i capolavori dell’artista; mostrerà le connessioni di questo ambiente
culturale con la cabala ebraica e la cultura giudaica in generale; rievocherà i salotti e
Comunicato stampa
/ 1
Jheronimus
BOSCH E VENEZIA
Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
18 febbraio – 4 giugno 2017
Una Venezia colta attratta, nel Cinquecento, dal mistero e da visioni oniriche.
Oltre 50 opere da tutta Europa ruotano attorno ai tre capolavori “veneziani”
di Bosch, restituiti al loro splendore. Una straordinaria tecnologia immersiva e
app con realtà aumentata e virtuale per una visita ancora più emozionante. Palazzo Ducale
Museo Correr
Torre dell’Orologio
Ca’ Rezzonico
Museo del Settecento Veneziano
Museo di Palazzo Mocenigo
Casa di Carlo Goldoni
Ca’ Pesaro
Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Palazzo Fortuny
Museo di Storia Naturale
Museo del Vetro
Museo del Merletto
MURANO OGGI
Emozioni di vetro
7 Ottobre 2016 - 25 Aprile 2017
Mostra co-prodotta con
Con il patrocionio di
Museo Nazionale
Gallerie dell’Accademia
di Venezia
le straordinarie collezioni che a Venezia diventavano luogo e occasione di discussioni e
scambi d’opinione, di natura filosofica e morale.
L’intervento conservativo non ha solo consentito infatti una migliore leggibilità delle
opere ma ha portato anche alla luce una serie di indizi fondamentali per ripensare
le molte questioni sospese: sulle origini e il significato dei lavori dell’artista, sulla
presenza di tali opere a Venezia ma anche sull’impatto di Bosch sull’arte italiana.
Bosch e Venezia risulta dunque un capitolo chiave nell’iter ancor pieno di punti
interrogativi del grande pittore fiammingo, come è spiegato con dati nuovi e inediti
nel catalogo e nella mostra, curata da Bernard Aikema con il coordinamento scientifico
di Gabriella Belli e Paola Marini.
Una mostra emozionante, che tra visioni infernali, “chimere e stregozzi”, per usare
le parole di Anton Maria Zanetti, ci porta a riscoprire un’arte volutamente enigmatica
e una cultura figurativa assolutamente ambigua che non smette di incuriosire, di far
discutere, di meravigliare.
Così come sarà emozionante, alla fine del percorso, entrare virtualmente nell’opera,
immergersi negli anfratti dell’Inferno e nelle luci del Paradiso grazie a un’innovativa
tecnologia che permetterà - indossando gli Oculus - una visione emozionale, di grande
impatto e totalmente immersiva delle Visioni dell’Aldilà di Jheronimus Bosch.
In una app, tanti contributi di realtà aumentata fruibili grazie al WiFi.
LA MOSTRA
Fondamentale, nella ricostruzione del rapporto di Bosch e Venezia, risulta la
testimonianza precocissima di Marcantonio Michiel, conoscitore e critico d’arte,
il quale nel 1521, nel descrivere la collezione “lagunare” del Cardinale Domenico
Grimani, nomina, accanto a una straordinaria serie di dipinti nord europei, tre
opere di Bosch con mostriciattoli, incendi e visioni oniriche: opere che il cardinale alla
sua morte, due anni più tardi, lascerà in eredità alla Serenissima Repubblica,
insieme ad altre pitture e sculture. Casse piene d’opere rimasero nei sotterranei
di Palazzo Ducale fino al 1615, quando un nucleo fu recuperato ed esposto nella
residenza dogale.
In realtà due soli lavori del pittore di ’s-Hertogenbosch attualmente conservati in
laguna sembrano corrispondere a quelli descritti dal Michiel (della terza opera da lui
indicata si sarebbero perse le tracce), ma si ritiene comunque che anche la tavola con
la cosiddetta Santa Liberata - descritta a Palazzo Ducale nel 1664 dal Boschini e sulla
cui autografia c’è sempre stata concordia - fosse in origine nella collezione del nobile
ed erudito Grimani.
I restauri effettuati mostrano come due delle tre opere conservate a Venezia -
La santa Liberata e Inferno e Paradiso - fossero inizialmente destinate a committenze
nordeuropee, modificate in seguito (magari da qualcuno dell’atelier, subito dopo
la morte di Bosch) per adeguarsi a una raffinata clientela italiana e a un nuovo
destinatario: probabilmente proprio il patrizio veneziano Domenico Grimani,
cardinale e figlio di Antonio, il 76esimo Doge di Venezia.
IL CARDINALE GRIMANI E LA SUA COLLEZIONE.
IL TEMA DEL SOGNO, LA PASSIONE PER I FIAMMINGHI, LE DISCUSSIONI ERUDITE
La mostra si sofferma sulla figura di Domenico - effigiato in un tondo di Palma
il Giovane insieme al nipote Marino e nella bellissima medaglia realizzata dal
Comunicato
stampa
/ 2
Camelio - e sui suoi interessi collezionistici con opere di grande suggestione come
alcune statue greche appartenute alla raccolta del nobile veneziano e soprattutto
la placchetta argentea con la Flagellazione di Cristo - capolavoro del Moderno
commissionato dal cardinale e prestato alla mostra dal Kunsthistorisches Museum
di Vienna - e l’eccezionale Breviario Grimani con le sue 110 miniature (1515-1520
c.), probabilmente il più bello e il più importante tra i manoscritti miniati prodotti
nelle Fiandre durante l’estrema fioritura dell’ars illuminandi, in un tempo in cui i libri a
stampa erano ormai accessibili e le opere manoscritte una rarità.
Quindi, la tematica del sogno, cara all’entourage di Domenico Grimani.
Personalità di elevata statura e di svariati interessi, dalla filosofia alla teologia, amante
della scultura greca antica, di Tiziano, di Raffaello e di Leonardo da Vinci, il cardinale
era attratto infatti anche dall’arte delle Fiandre e soprattutto interessato
fortemente a quelle visioni oniriche immaginate negli ambienti colti della Venezia
dell’epoca.
Il tema del sogno ricorre nel famoso romanzo-visione pubblicato nel 1500 a Venezia
da Aldo Manuzio Hypnerotomachia Poliphili e nell’incisione Il Sogno (1506-1507)
di Marcantonio Raimondi - tratta forse da un perduto dipinto di Giorgione - con due
donne svestite dormienti e vari mostriciattoli.
Secondo il curatore della mostra Aikema, le immagini oniriche di demoni e mostri in
questi casi non deriverebbero da Bosch - riflettendo semmai il fascino esercitato dalle
stampe tedesche di Dürer, Martin Schongauer e Lucas Cranach il Vecchio, tutti in
mostra - ma viceversa la presenza di Bosch in laguna sarebbe la conseguenza di
una precisa “moda”, di un interesse già diffuso negli ambienti intellettuali, basti
guardare ai piccoli bronzi di soggetto mostruoso e fantastico che decoravano gli
studioli del tempo, come il Calamaio in forma di mostro marino di Severo da Calzetta
(1510 - 1530), attivo nel XVI secolo a Padova alla Basilica del Santo, o come il Satiro
seduto che beve di Andrea Briosco detto il Riccio.
Così come lo stesso Bosch e molti artisti d’oltralpe avrebbero attinto certi
personaggi “surreali” dalle grottesche caricature di Leonardo (in mostra anche
alcuni bellissimi fogli del corpus grafico leonardesco, realizzati probabilmente da
Francesco Melzi, dal Gabinetto dei Disegni e Stampe delle Gallerie dell’Accademia).
Grimani dunque consapevolmente ricerca opere fiamminghe; consapevolmente
vuole Bosch, con le sue panoramiche notturne da incubo e le sue creature mostruose
ma anche con le sue ambiguità e stranezze; e lo vuole - vero principe rinascimentale
- per ragioni estetiche, per farne il pretesto di una discussione erudita,
l’occasione di un confronto intellettuale come momento di diletto e di formazione per il
suo “cenacolo”, così some avveniva con le opere giovanili di Lotto, Tiziano e soprattutto
Giorgione.
DANIEL VAN BOMBERGHEN, L’AMBIENTE EBRAICO E I RAPPORTI CON LE FIANDRE
Trova dunque un intermediario importante con le Fiandre negli ambienti ebraici
che frequentava, vicino com’era al sincretismo di Giovanni Pico, tra speculazioni
neopolatoniche e cultura giudaica.
In particolare, tra i principali contatti ebraici vi era il suo medico personale Meir
de Balmes che, a sua volta, manteneva stretti rapporti con il più importante editore
di libri in ebraico,“poliedrico uomo d’affari” con spiccato interesse per le arti
figurative, Daniel van Bomberghen, stabilitosi a Venezia intorno al 1515.
Bomberghen sarebbe stato il tramite per gli acquisti neerlandesi del cardinale, aiutato
Comunicato
stampa
/ 3
Bomberghen sarebbe stato il tramite per gli acquisti neerlandesi del cardinale, aiutato
- novità degli attuali studi - anche da Cornelis De Renialme, nipote e associato in
affari, che risulta aver gestito le trattative per le opere rimaste nella bottega di s’-
Hertogenbosch dopo la morte del pittore, nel 1516 (compreso il cartone di Raffaello
con la Conversione di Saul, sempre in collezione Grimani).
La presenza di Bosch a Venezia dunque non condiziona immediatamente la
produzione artistica in Italia, essendo l’interesse per i paesaggi “alla fiamminga”
già ampiamente diffuso sul mercato italiano e in laguna: basti pensare non solo
alle opere del Civetta, di Patinir, di Scorel (forse anche la Torre di Babele in prestito
dalla Ca’d ‘Oro) presenti nella pinacoteca del cardinale, ma anche a dipinti, quali le
Tentazioni di Sant’Antonio o il frammento di scena infernale Discesa al Limbo, già nelle
collezione Correr. Opere che comunque hanno contribuito a diffondere il mito
di Bosch come creatore di demoni e hanno fatto proliferare nella seconda metà
del Cinquecento nei Paesi Bassi, e poi ancora in pieno Seicento, una produzione di
immagini “alla Bosch” abbastanza standardizzate ma richiestissime.
LE OPERE “ALLA BOSCH” E L’APOTEOSI SEICENTESCA. HEINTZ IL GIOVANE
In mostra, un’infilata di anonimi seguaci del grande artista presenti in laguna ci
dà conto della nascita di un mito; così come la diffusione dei motivi boschiani anche
nella grafica è testimoniata da un nucleo di prestiti importanti dalla Koninklijke
Bibliotheek van Belgie di Bruxelles.
In arrivo per l’occasione, da Vienna e Basilea, visioni infernali e allucinanti
spettacoli, come l’enorme tela di Jacob Isaacz van Swanenburgh, mostrano
l’apoteosi seicentesca di Bosch in patria, mentre nella città dei Dogi sarà Joseph
Heintz il Giovane (in laguna per oltre cinquant’anni, dal 1625 fino alla morte) a far
rivivere con i suoi “stregozzi” l’universo cupo e onirico, le creature deformi e
grottesche di Bosch, in perfetta sintonia con il clima negromantico e gli interessi di
molti esponenti dell’Accademia degli Incogniti.
Ma i tempi ormai erano cambiati. Ora questa pittura è puro estetismo, di effetto:
non ci sono più messaggi da ricercare e capire, non più retaggi religiosi o morali; la
dimensione del sogno lascia il posto al manierismo e alla meraviglia del barocco.
BOSCH E VENEZIA
Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
18 febbraio – 4 giugno 2017
Una Venezia colta attratta, nel Cinquecento, dal mistero e da visioni oniriche.
Oltre 50 opere da tutta Europa ruotano attorno ai tre capolavori “veneziani”
di Bosch, restituiti al loro splendore. Una straordinaria tecnologia immersiva e
app con realtà aumentata e virtuale per una visita ancora più emozionante. Visioni inquietanti, scene convulse, paesaggi allucinati con città incendiate
sullo sfondo, mostriciattoli e creature oniriche dalle forme più bizzarre: è questo
l’universo di Jheronimus Bosch affascinante ed enigmatico pittore vissuto tra il 1450
circa e il 1516 a ’s-Hertogenbosch (Boscoducale) in Olanda, ricordato in occasione
dei 500 anni dalla morte con due grandi mostre monografiche, rispettivamente nella
città natale e al Prado di Madrid.
A questo straordinario artista, Venezia, unica città in Italia a conservare suoi
capolavori, dedica a Palazzo Ducale dal 18 febbraio al 4 giugno 2017 una mostra
di grande fascino per il pubblico e di notevole rilevanza per gli studi, il cui
punto focale sono proprio le tre grandi opere di Bosch custodite in laguna alle
Gallerie dell’Accademia - due trittici e quattro tavole - riportate all’antico splendore
grazie a una importante campagna di restauri finanziata dal Bosch Research and
Conservation Project (brcp) e dalla Fondazione Getty di Los Angeles: Il martirio di
santa Ontocommernis (Wilgefortis, Liberata), Tre santi eremiti e Paradiso e Inferno
(Visioni dell’Aldilà).
“Jheronimus Bosch e Venezia” co-prodotta dalla Fondazione Musei Civici di Venezia
e dal Museo Nazionale Gallerie dell’Accademia di Venezia, con il patrocinio del
Dipartimento di Culture e Civiltà dell’Università di Verona, grazie agli spettacolari
capolavori boschiani e alle quasi 50 opere di contesto provenienti da importanti
collezioni internazionali pubbliche e private – dipinti tra gli altri di Jacopo Palma
Il Giovane, Quentin Massys, Jan Van Scorel, Joseph Heintz, disegni e bulini
straordinari di Dürer, Bruegel, Cranach e Campagnola, bronzi e marmi antichi,
preziosi e rari manoscritti e volumi a stampa - condurrà i visitatori a scoprire una
città che accanto al classicismo tizianesco e al lirismo tonale inseguiva una passione
dotta per il tema del sogno e le visioni oniriche; chiarirà i collegamenti tra le Fiandre e
uno dei più raffinati e colti protagonisti della scena veneziana, il Cardinale Domenico
Grimani che volle i capolavori dell’artista; mostrerà le connessioni di questo ambiente
culturale con la cabala ebraica e la cultura giudaica in generale; rievocherà i salotti e
Comunicato stampa
/ 1
Jheronimus
BOSCH E VENEZIA
Palazzo Ducale – Appartamento del Doge
18 febbraio – 4 giugno 2017
Una Venezia colta attratta, nel Cinquecento, dal mistero e da visioni oniriche.
Oltre 50 opere da tutta Europa ruotano attorno ai tre capolavori “veneziani”
di Bosch, restituiti al loro splendore. Una straordinaria tecnologia immersiva e
app con realtà aumentata e virtuale per una visita ancora più emozionante. Palazzo Ducale
Museo Correr
Torre dell’Orologio
Ca’ Rezzonico
Museo del Settecento Veneziano
Museo di Palazzo Mocenigo
Casa di Carlo Goldoni
Ca’ Pesaro
Galleria Internazionale d’Arte Moderna
Palazzo Fortuny
Museo di Storia Naturale
Museo del Vetro
Museo del Merletto
MURANO OGGI
Emozioni di vetro
7 Ottobre 2016 - 25 Aprile 2017
Mostra co-prodotta con
Con il patrocionio di
Museo Nazionale
Gallerie dell’Accademia
di Venezia
le straordinarie collezioni che a Venezia diventavano luogo e occasione di discussioni e
scambi d’opinione, di natura filosofica e morale.
L’intervento conservativo non ha solo consentito infatti una migliore leggibilità delle
opere ma ha portato anche alla luce una serie di indizi fondamentali per ripensare
le molte questioni sospese: sulle origini e il significato dei lavori dell’artista, sulla
presenza di tali opere a Venezia ma anche sull’impatto di Bosch sull’arte italiana.
Bosch e Venezia risulta dunque un capitolo chiave nell’iter ancor pieno di punti
interrogativi del grande pittore fiammingo, come è spiegato con dati nuovi e inediti
nel catalogo e nella mostra, curata da Bernard Aikema con il coordinamento scientifico
di Gabriella Belli e Paola Marini.
Una mostra emozionante, che tra visioni infernali, “chimere e stregozzi”, per usare
le parole di Anton Maria Zanetti, ci porta a riscoprire un’arte volutamente enigmatica
e una cultura figurativa assolutamente ambigua che non smette di incuriosire, di far
discutere, di meravigliare.
Così come sarà emozionante, alla fine del percorso, entrare virtualmente nell’opera,
immergersi negli anfratti dell’Inferno e nelle luci del Paradiso grazie a un’innovativa
tecnologia che permetterà - indossando gli Oculus - una visione emozionale, di grande
impatto e totalmente immersiva delle Visioni dell’Aldilà di Jheronimus Bosch.
In una app, tanti contributi di realtà aumentata fruibili grazie al WiFi.
LA MOSTRA
Fondamentale, nella ricostruzione del rapporto di Bosch e Venezia, risulta la
testimonianza precocissima di Marcantonio Michiel, conoscitore e critico d’arte,
il quale nel 1521, nel descrivere la collezione “lagunare” del Cardinale Domenico
Grimani, nomina, accanto a una straordinaria serie di dipinti nord europei, tre
opere di Bosch con mostriciattoli, incendi e visioni oniriche: opere che il cardinale alla
sua morte, due anni più tardi, lascerà in eredità alla Serenissima Repubblica,
insieme ad altre pitture e sculture. Casse piene d’opere rimasero nei sotterranei
di Palazzo Ducale fino al 1615, quando un nucleo fu recuperato ed esposto nella
residenza dogale.
In realtà due soli lavori del pittore di ’s-Hertogenbosch attualmente conservati in
laguna sembrano corrispondere a quelli descritti dal Michiel (della terza opera da lui
indicata si sarebbero perse le tracce), ma si ritiene comunque che anche la tavola con
la cosiddetta Santa Liberata - descritta a Palazzo Ducale nel 1664 dal Boschini e sulla
cui autografia c’è sempre stata concordia - fosse in origine nella collezione del nobile
ed erudito Grimani.
I restauri effettuati mostrano come due delle tre opere conservate a Venezia -
La santa Liberata e Inferno e Paradiso - fossero inizialmente destinate a committenze
nordeuropee, modificate in seguito (magari da qualcuno dell’atelier, subito dopo
la morte di Bosch) per adeguarsi a una raffinata clientela italiana e a un nuovo
destinatario: probabilmente proprio il patrizio veneziano Domenico Grimani,
cardinale e figlio di Antonio, il 76esimo Doge di Venezia.
IL CARDINALE GRIMANI E LA SUA COLLEZIONE.
IL TEMA DEL SOGNO, LA PASSIONE PER I FIAMMINGHI, LE DISCUSSIONI ERUDITE
La mostra si sofferma sulla figura di Domenico - effigiato in un tondo di Palma
il Giovane insieme al nipote Marino e nella bellissima medaglia realizzata dal
Comunicato
stampa
/ 2
Camelio - e sui suoi interessi collezionistici con opere di grande suggestione come
alcune statue greche appartenute alla raccolta del nobile veneziano e soprattutto
la placchetta argentea con la Flagellazione di Cristo - capolavoro del Moderno
commissionato dal cardinale e prestato alla mostra dal Kunsthistorisches Museum
di Vienna - e l’eccezionale Breviario Grimani con le sue 110 miniature (1515-1520
c.), probabilmente il più bello e il più importante tra i manoscritti miniati prodotti
nelle Fiandre durante l’estrema fioritura dell’ars illuminandi, in un tempo in cui i libri a
stampa erano ormai accessibili e le opere manoscritte una rarità.
Quindi, la tematica del sogno, cara all’entourage di Domenico Grimani.
Personalità di elevata statura e di svariati interessi, dalla filosofia alla teologia, amante
della scultura greca antica, di Tiziano, di Raffaello e di Leonardo da Vinci, il cardinale
era attratto infatti anche dall’arte delle Fiandre e soprattutto interessato
fortemente a quelle visioni oniriche immaginate negli ambienti colti della Venezia
dell’epoca.
Il tema del sogno ricorre nel famoso romanzo-visione pubblicato nel 1500 a Venezia
da Aldo Manuzio Hypnerotomachia Poliphili e nell’incisione Il Sogno (1506-1507)
di Marcantonio Raimondi - tratta forse da un perduto dipinto di Giorgione - con due
donne svestite dormienti e vari mostriciattoli.
Secondo il curatore della mostra Aikema, le immagini oniriche di demoni e mostri in
questi casi non deriverebbero da Bosch - riflettendo semmai il fascino esercitato dalle
stampe tedesche di Dürer, Martin Schongauer e Lucas Cranach il Vecchio, tutti in
mostra - ma viceversa la presenza di Bosch in laguna sarebbe la conseguenza di
una precisa “moda”, di un interesse già diffuso negli ambienti intellettuali, basti
guardare ai piccoli bronzi di soggetto mostruoso e fantastico che decoravano gli
studioli del tempo, come il Calamaio in forma di mostro marino di Severo da Calzetta
(1510 - 1530), attivo nel XVI secolo a Padova alla Basilica del Santo, o come il Satiro
seduto che beve di Andrea Briosco detto il Riccio.
Così come lo stesso Bosch e molti artisti d’oltralpe avrebbero attinto certi
personaggi “surreali” dalle grottesche caricature di Leonardo (in mostra anche
alcuni bellissimi fogli del corpus grafico leonardesco, realizzati probabilmente da
Francesco Melzi, dal Gabinetto dei Disegni e Stampe delle Gallerie dell’Accademia).
Grimani dunque consapevolmente ricerca opere fiamminghe; consapevolmente
vuole Bosch, con le sue panoramiche notturne da incubo e le sue creature mostruose
ma anche con le sue ambiguità e stranezze; e lo vuole - vero principe rinascimentale
- per ragioni estetiche, per farne il pretesto di una discussione erudita,
l’occasione di un confronto intellettuale come momento di diletto e di formazione per il
suo “cenacolo”, così some avveniva con le opere giovanili di Lotto, Tiziano e soprattutto
Giorgione.
DANIEL VAN BOMBERGHEN, L’AMBIENTE EBRAICO E I RAPPORTI CON LE FIANDRE
Trova dunque un intermediario importante con le Fiandre negli ambienti ebraici
che frequentava, vicino com’era al sincretismo di Giovanni Pico, tra speculazioni
neopolatoniche e cultura giudaica.
In particolare, tra i principali contatti ebraici vi era il suo medico personale Meir
de Balmes che, a sua volta, manteneva stretti rapporti con il più importante editore
di libri in ebraico,“poliedrico uomo d’affari” con spiccato interesse per le arti
figurative, Daniel van Bomberghen, stabilitosi a Venezia intorno al 1515.
Bomberghen sarebbe stato il tramite per gli acquisti neerlandesi del cardinale, aiutato
Comunicato
stampa
/ 3
Bomberghen sarebbe stato il tramite per gli acquisti neerlandesi del cardinale, aiutato
- novità degli attuali studi - anche da Cornelis De Renialme, nipote e associato in
affari, che risulta aver gestito le trattative per le opere rimaste nella bottega di s’-
Hertogenbosch dopo la morte del pittore, nel 1516 (compreso il cartone di Raffaello
con la Conversione di Saul, sempre in collezione Grimani).
La presenza di Bosch a Venezia dunque non condiziona immediatamente la
produzione artistica in Italia, essendo l’interesse per i paesaggi “alla fiamminga”
già ampiamente diffuso sul mercato italiano e in laguna: basti pensare non solo
alle opere del Civetta, di Patinir, di Scorel (forse anche la Torre di Babele in prestito
dalla Ca’d ‘Oro) presenti nella pinacoteca del cardinale, ma anche a dipinti, quali le
Tentazioni di Sant’Antonio o il frammento di scena infernale Discesa al Limbo, già nelle
collezione Correr. Opere che comunque hanno contribuito a diffondere il mito
di Bosch come creatore di demoni e hanno fatto proliferare nella seconda metà
del Cinquecento nei Paesi Bassi, e poi ancora in pieno Seicento, una produzione di
immagini “alla Bosch” abbastanza standardizzate ma richiestissime.
LE OPERE “ALLA BOSCH” E L’APOTEOSI SEICENTESCA. HEINTZ IL GIOVANE
In mostra, un’infilata di anonimi seguaci del grande artista presenti in laguna ci
dà conto della nascita di un mito; così come la diffusione dei motivi boschiani anche
nella grafica è testimoniata da un nucleo di prestiti importanti dalla Koninklijke
Bibliotheek van Belgie di Bruxelles.
In arrivo per l’occasione, da Vienna e Basilea, visioni infernali e allucinanti
spettacoli, come l’enorme tela di Jacob Isaacz van Swanenburgh, mostrano
l’apoteosi seicentesca di Bosch in patria, mentre nella città dei Dogi sarà Joseph
Heintz il Giovane (in laguna per oltre cinquant’anni, dal 1625 fino alla morte) a far
rivivere con i suoi “stregozzi” l’universo cupo e onirico, le creature deformi e
grottesche di Bosch, in perfetta sintonia con il clima negromantico e gli interessi di
molti esponenti dell’Accademia degli Incogniti.
Ma i tempi ormai erano cambiati. Ora questa pittura è puro estetismo, di effetto:
non ci sono più messaggi da ricercare e capire, non più retaggi religiosi o morali; la
dimensione del sogno lascia il posto al manierismo e alla meraviglia del barocco.
17
febbraio 2017
Jheronimus Bosch e Venezia
Dal 17 febbraio al 04 giugno 2017
arte antica
Location
PALAZZO DUCALE
Venezia, San Marco, 1, (Venezia)
Venezia, San Marco, 1, (Venezia)
Biglietti
€ 12,00 Singolo intero € 10,00 Singolo ridotto
Orario di apertura
Fino al 31/3: 8.30 – 17.30
Dal 1/4: 8.30 -19.00 chiusura biglietteria e ultimo accesso 1 ora prima
Vernissage
17 Febbraio 2017, ore 11.30 per la stampa
Ufficio stampa
VILLAGGIO GLOBALE
Curatore