Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Bipasha Hayat – Mindscape
L’opera di Bipasha racchiude le emozioni rimaste
perdute all’interno della memoria.
Il linguaggio pittorico è il mezzo per rappresentare
il suo “io” interiore, volto a ricreare un “momento-
impressione” del passato per poi renderlo
vivo e presente sulla tela.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Noi siamo la nostra memoria,
noi siamo questo museo chimerico di forme mutevoli, questo mucchio di specchi rotti. Jorge Luis Borges
Resti della memoria, mura antiche tradotte in frammenti vivi con pennellate di luce, piroette di colori e
graffiti in lieve sfocatura, scene di vita che si ridipingono sotto i nostri occhi se solo ci avviciniamo alla tela per osservarne la matericità, oppure ci allontaniamo a sufficienza da distinguerne la narrazione e
l’evocazione.
La memoria è vita. Saul Bellow
Le evocazioni di Bipasha Hayatt sono edifici dell’antichità, resti di mura e tracce d’esistenza che grazie alla decostruzione apportata sulla tela ritessono testimonianze e storie che non devono essere perdute, memorie personali o collettive. Ma non solo.
Il lavoro di questa eclettica artista è incentrato sulla memoria come scrigno di vita vissuta, ma anche come
forza generatrice di nuove possibilità che emergono dai racconti e dall’immaginazione di ogni essere umano
ad oggi esistito.
Con le tele di Bipasha è come se ci trovassimo di fronte ad un mosaico, dove però l’astrazione è la linea guida dell’opera, invece dei minuziosi contorni dell’arte musiva.
Le tessere di questo mosaico concettuale e creativo diventano pennellate graffiate, inquadrate da una griglia disomogenea di pittura luminosa, spesso bianca, che mettendo tra parentesi ogni singola immaginaria “tessera”, fanno da fluido connettivo al racconto che ci viene messo di fronte.
Queste pennellate ottengono un duplice risultato: da una parte hanno la stessa funzione delle parole in una narrazione che sia evocazione di un evento o descrizione di una scena; dall’altra creano lo spazio del
silenzio, quel vuoto sospeso in cui ognuno può fermarsi e ricreare la propria storia personale.
Bipasha Hayat è affascinata dai resti delle civiltà passate, attratta dalle rovine di grandi città e da monumenti che può osservare soprattutto in Libia (Leptis Magna tra tutti), e poi a Roma, in Egitto, Grecia, Pompei. Si immagina a passeggiare tra quegli edifici, anfiteatri, castelli, abitazioni, e a lasciare traccia della propria esistenza, insieme a tutte quelle persone che lì han vissuto o che hanno incrociato il suo percorso di vita.
La memoria è tesoro e custode di tutte le cose.
(Cicerone)
Sperimentatrice, persona energetica e attenta, Bipasha non tradisce
mai se stessa né la propria storia, ma anzi unisce le radici personali ai ricordi di ognuno di noi, ed afferma: “tutte le linee visibili tra queste forme fluttuanti sono la mia esistenza".
Un’ “artista-attrice”, si legge in alcune biografie critiche che tracciano gli inizi del suo percorso professionale, come se essere attrice non fosse essere un’artista, e come se l’arte si relegasse solo ad uno dei
sensi invece che a tutti. Bipasha riesce a ricordarci che i sensi sono tutto ciò che noi percepiamo, di fisico e
di meno fisico, sono le immagini che rimangono in noi, l’evoluzione della percezione di noi stessi, e sono le
interpretazioni e le scie dei suoni, colori, odori, sapori, pensieri, trasformati in emozioni, e quindi in ricordi.
La realtà non si forma che nella memoria. Marcel Proust
Noi abbiamo una memoria immensa, presente in noi a nostra insaputa.
Denis Diderot
I regni della memoria sono l’unione del nostro reame personale ed eterogeneo con quello collettivo e databile, sono l’accostamento delle superfici cariche di
pittura coprente con quelle graffiate e rivelanti, pur essendo entrambe stratificate, come la nostra storia.
Questo lavoro profondo e pulito, semplice ed introspettivo, ci spinge ad andare oltre, più a fondo e più in là, per indagare i nostri stati d’animo attraverso una superficie pittorica densa e fitta. Astrazione attraverso la materia.
Illuminiamo così con la luce del ricordo l’esperienza della nostra esistenza, in un metaforico mito della caverna di Platone ribaltato.
Bipasha Hayat lavora su tela, su cartone, con strati di colore, graffi e rilievi, con vernici e con vari tipi di pennelli, per rendere la pittura tangibile ed evocativa al tempo stesso. Per innalzarsi al regno dell’immaginazione e dell’emozione, dell’astrazione e della correlazione; passando attraverso il regno del
materico, del circoscritto, della narrazione soggettiva.
Il soggettivo diventa collettivo. Il racconto diventa storia. I colori diventano suoni e musica. Le forme astratte diventano pietre ruvide, e viceversa. Il confuso acquista un ordine perfetto ed in continua evoluzione. Maria Giulia Marletta
noi siamo questo museo chimerico di forme mutevoli, questo mucchio di specchi rotti. Jorge Luis Borges
Resti della memoria, mura antiche tradotte in frammenti vivi con pennellate di luce, piroette di colori e
graffiti in lieve sfocatura, scene di vita che si ridipingono sotto i nostri occhi se solo ci avviciniamo alla tela per osservarne la matericità, oppure ci allontaniamo a sufficienza da distinguerne la narrazione e
l’evocazione.
La memoria è vita. Saul Bellow
Le evocazioni di Bipasha Hayatt sono edifici dell’antichità, resti di mura e tracce d’esistenza che grazie alla decostruzione apportata sulla tela ritessono testimonianze e storie che non devono essere perdute, memorie personali o collettive. Ma non solo.
Il lavoro di questa eclettica artista è incentrato sulla memoria come scrigno di vita vissuta, ma anche come
forza generatrice di nuove possibilità che emergono dai racconti e dall’immaginazione di ogni essere umano
ad oggi esistito.
Con le tele di Bipasha è come se ci trovassimo di fronte ad un mosaico, dove però l’astrazione è la linea guida dell’opera, invece dei minuziosi contorni dell’arte musiva.
Le tessere di questo mosaico concettuale e creativo diventano pennellate graffiate, inquadrate da una griglia disomogenea di pittura luminosa, spesso bianca, che mettendo tra parentesi ogni singola immaginaria “tessera”, fanno da fluido connettivo al racconto che ci viene messo di fronte.
Queste pennellate ottengono un duplice risultato: da una parte hanno la stessa funzione delle parole in una narrazione che sia evocazione di un evento o descrizione di una scena; dall’altra creano lo spazio del
silenzio, quel vuoto sospeso in cui ognuno può fermarsi e ricreare la propria storia personale.
Bipasha Hayat è affascinata dai resti delle civiltà passate, attratta dalle rovine di grandi città e da monumenti che può osservare soprattutto in Libia (Leptis Magna tra tutti), e poi a Roma, in Egitto, Grecia, Pompei. Si immagina a passeggiare tra quegli edifici, anfiteatri, castelli, abitazioni, e a lasciare traccia della propria esistenza, insieme a tutte quelle persone che lì han vissuto o che hanno incrociato il suo percorso di vita.
La memoria è tesoro e custode di tutte le cose.
(Cicerone)
Sperimentatrice, persona energetica e attenta, Bipasha non tradisce
mai se stessa né la propria storia, ma anzi unisce le radici personali ai ricordi di ognuno di noi, ed afferma: “tutte le linee visibili tra queste forme fluttuanti sono la mia esistenza".
Un’ “artista-attrice”, si legge in alcune biografie critiche che tracciano gli inizi del suo percorso professionale, come se essere attrice non fosse essere un’artista, e come se l’arte si relegasse solo ad uno dei
sensi invece che a tutti. Bipasha riesce a ricordarci che i sensi sono tutto ciò che noi percepiamo, di fisico e
di meno fisico, sono le immagini che rimangono in noi, l’evoluzione della percezione di noi stessi, e sono le
interpretazioni e le scie dei suoni, colori, odori, sapori, pensieri, trasformati in emozioni, e quindi in ricordi.
La realtà non si forma che nella memoria. Marcel Proust
Noi abbiamo una memoria immensa, presente in noi a nostra insaputa.
Denis Diderot
I regni della memoria sono l’unione del nostro reame personale ed eterogeneo con quello collettivo e databile, sono l’accostamento delle superfici cariche di
pittura coprente con quelle graffiate e rivelanti, pur essendo entrambe stratificate, come la nostra storia.
Questo lavoro profondo e pulito, semplice ed introspettivo, ci spinge ad andare oltre, più a fondo e più in là, per indagare i nostri stati d’animo attraverso una superficie pittorica densa e fitta. Astrazione attraverso la materia.
Illuminiamo così con la luce del ricordo l’esperienza della nostra esistenza, in un metaforico mito della caverna di Platone ribaltato.
Bipasha Hayat lavora su tela, su cartone, con strati di colore, graffi e rilievi, con vernici e con vari tipi di pennelli, per rendere la pittura tangibile ed evocativa al tempo stesso. Per innalzarsi al regno dell’immaginazione e dell’emozione, dell’astrazione e della correlazione; passando attraverso il regno del
materico, del circoscritto, della narrazione soggettiva.
Il soggettivo diventa collettivo. Il racconto diventa storia. I colori diventano suoni e musica. Le forme astratte diventano pietre ruvide, e viceversa. Il confuso acquista un ordine perfetto ed in continua evoluzione. Maria Giulia Marletta
14
gennaio 2017
Bipasha Hayat – Mindscape
Dal 14 al 24 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
3B GALLERY
Roma, Via Della Balduina, 105, (Roma)
Roma, Via Della Balduina, 105, (Roma)
Orario di apertura
la lunedì a sabato ore 10 - 19
Vernissage
14 Gennaio 2017, ore 18
Autore
Curatore