Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
03
dicembre 2008
fino al 20.XII.2008 Valerio Rocco Orlando Torino, Galleria Maze
torino
La storia di un pianoforte malandato, custodito da un restauratore berlinese. E poi la storia di un colpo di fulmine, tra quel vecchio strumento e un celebre pianista. Due ritratti video, per rievocare un suono che arriva da lontano...
Quando scese la stretta scala a chiocciola del laboratorio di Carsten Schulz, nel Mitte, si trovò di fronte al più suggestivo cimitero di pianoforti di Berlino Est. Un luogo angusto, polveroso, ricovero per strumenti malandati ma preziosi, alcuni con una storia gloriosa alle spalle. Tra questi c’era il piano suonato da Adrien Brody ne Il pianista di Polanski, cimelio cinematografico affidato alle cure del restauratore berlinese.
Valerio Rocco Orlando (Milano, 1978) era lì per un motivo preciso, con il nome di un pianoforte scritto in testa e la bozza di un film già stesa sui fogli. Un Niendorf verticale degli anni ‘20, nero, ridotto piuttosto male: questa la meta del suo viaggio, il motivo ispiratore del suo ultimo, impegnativo progetto.
Del vecchio Niendorf era venuto a conoscenza grazie a una piccola storia raccontatagli da un collezionista. Diverso tempo addietro, da quella stessa scaletta striminzita era passato un celebre compositore, noto al grande pubblico per le molte colonne sonore regalate al cinema, una su tutte quella scritta per Lezioni di Piano. Michael Nyman si trovò per caso nel laboratorio di Schulz, durante un pomeriggio trascorso a passeggio per le vie di Berlino; il suo sguardo inciampò su quel piano, e fu subito un coup de foudre. Cominciò a suonarlo: le note distorte lo inchiodarono ai tasti sgangherati dello strumento, che aveva il suono di mille altri strumenti, l’eco di mille suoni ormai trascorsi. Una musica ancestrale, mistica: così l’avrebbe descritta poi.
Il ricordo di quell’incontro magico passò di bocca in bocca, fino a raggiungere Rocco Orlando, che decise di farci un progetto. Contattato Nyman, dopo un lungo scambio di e-mail, l’artista parte per Berlino. Nel negozietto a Mitte allestisce un set, piazza delle luci colorate e gira un videoritratto ravvicinato del piano: il filtro cromatico e il movimento esplorativo della camera aprono uno spazio onirico, dilatato, fortemente emozionale.
Due mesi dopo, Nyman sale sul palco del Novara Jazz Festival e siede davanti al vecchio Niendorf, fatto arrivare lì apposta. La cinepresa di Valerio Rocco Orlando riprende l’intesa improvvisazione. Primo piano strettissimo sul maestro, camera fissa: l’emozione è la stessa di quell’incontro casuale a Berlino, ma stavolta è condivisa col pubblico, come una confessione, come un pensiero intimo dischiuso.
Dopo un’anteprima al Teatro Regio di Parma, l’installazione video su due canali è esposta da Maze. I due ritratti emergono dal buio della stanza, tra suoni inauditi, irregolari: l’uno, a colori e in dvd, riscrive al presente la storia del vecchio piano, come a resuscitarlo; l’altro, in 35 mm e in bianco e nero, precipita il pianista in un tempo neutro, coprendolo di una patina consunta. Nyman, nell’inversione temporale affidata ai due schermi, incarna in qualche modo le decine di interpreti che a quel piano si sono seduti, negli anni, ogni volta dandogli voce, ogni volta cavandone nuova musica.
Il progetto incrocia così il tema del tempo – tempo affettivo, musicale, tempo del ricordo e dell’interpretazione – con quello del primo piano cinematografico, qui inteso come paesaggio affettivo che scioglie l’immagine del volto in un flusso d’intensità pura.
Valerio Rocco Orlando (Milano, 1978) era lì per un motivo preciso, con il nome di un pianoforte scritto in testa e la bozza di un film già stesa sui fogli. Un Niendorf verticale degli anni ‘20, nero, ridotto piuttosto male: questa la meta del suo viaggio, il motivo ispiratore del suo ultimo, impegnativo progetto.
Del vecchio Niendorf era venuto a conoscenza grazie a una piccola storia raccontatagli da un collezionista. Diverso tempo addietro, da quella stessa scaletta striminzita era passato un celebre compositore, noto al grande pubblico per le molte colonne sonore regalate al cinema, una su tutte quella scritta per Lezioni di Piano. Michael Nyman si trovò per caso nel laboratorio di Schulz, durante un pomeriggio trascorso a passeggio per le vie di Berlino; il suo sguardo inciampò su quel piano, e fu subito un coup de foudre. Cominciò a suonarlo: le note distorte lo inchiodarono ai tasti sgangherati dello strumento, che aveva il suono di mille altri strumenti, l’eco di mille suoni ormai trascorsi. Una musica ancestrale, mistica: così l’avrebbe descritta poi.
Il ricordo di quell’incontro magico passò di bocca in bocca, fino a raggiungere Rocco Orlando, che decise di farci un progetto. Contattato Nyman, dopo un lungo scambio di e-mail, l’artista parte per Berlino. Nel negozietto a Mitte allestisce un set, piazza delle luci colorate e gira un videoritratto ravvicinato del piano: il filtro cromatico e il movimento esplorativo della camera aprono uno spazio onirico, dilatato, fortemente emozionale.
Due mesi dopo, Nyman sale sul palco del Novara Jazz Festival e siede davanti al vecchio Niendorf, fatto arrivare lì apposta. La cinepresa di Valerio Rocco Orlando riprende l’intesa improvvisazione. Primo piano strettissimo sul maestro, camera fissa: l’emozione è la stessa di quell’incontro casuale a Berlino, ma stavolta è condivisa col pubblico, come una confessione, come un pensiero intimo dischiuso.
Dopo un’anteprima al Teatro Regio di Parma, l’installazione video su due canali è esposta da Maze. I due ritratti emergono dal buio della stanza, tra suoni inauditi, irregolari: l’uno, a colori e in dvd, riscrive al presente la storia del vecchio piano, come a resuscitarlo; l’altro, in 35 mm e in bianco e nero, precipita il pianista in un tempo neutro, coprendolo di una patina consunta. Nyman, nell’inversione temporale affidata ai due schermi, incarna in qualche modo le decine di interpreti che a quel piano si sono seduti, negli anni, ogni volta dandogli voce, ogni volta cavandone nuova musica.
Il progetto incrocia così il tema del tempo – tempo affettivo, musicale, tempo del ricordo e dell’interpretazione – con quello del primo piano cinematografico, qui inteso come paesaggio affettivo che scioglie l’immagine del volto in un flusso d’intensità pura.
articoli correlati
Intervista con Valerio Rocco Orlando
helga marsala
mostra visitata l’8 novembre 2008
dall’otto novembre al 20 dicembre 2008
Valerio Rocco Orlando – Niendorf (The damaged piano)
a cura di Caroline Corbetta
Galleria Maze
Via Mazzini, 40 (Borgo Nuovo) – 10123 Torino
Orario: da martedì a sabato ore 15.30-19.30
Ingresso libero
Info: tel. +39 01119715285; fax +39 01119715876; mail@galleriamaze.it; www.galleriamaze.it
[exibart]