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Matteo Montani – Racconto Rosso
Dopo dieci anni Matteo Montani torna a L’Attico con una personale di dipinti tutti rossi, paesaggi che si susseguono l’un l’altro in una narrazione fantastica. In catalogo (De Luca Editori), un testo di Marco Tonelli.
Comunicato stampa
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Diario Rosso
Ultimi giorni di aprile.
E’ in corso un vernissage a L’Attico. Facendosi largo tra la gente lui mi porge il catalogo della personale appena inaugurata a The Elkon Gallery di New York. Sulla copertina del catalogo spicca a tutta pagina la riproduzione di un suo quadro dai colori cangianti, caleidoscopici, che rapiscono l’occhio. Una pittura che rasenta lo sfarzo. E’ il momento buono per Matteo di farsi avanti, forte del successo della mostra americana.
Con tenera audacia mi chiede:
“Mi faresti una seconda personale dopo quella di dieci anni fa?”.
Puntando dritto il dito sulla copertina del catalogo gli rispondo:
“D’accordo, ma devi fare meglio di così”.
Messaggio cifrato: Matteo, lascia stare la bella pittura per il momento e rimettiti a scavare dentro te stesso. E’ questa franchezza, del resto, che lui si aspetta da me e con la quale si confronta nel lavoro.
Estate piena, tra luglio e agosto.
Mi giungono periodicamente con la posta elettronica le immagini che Matteo va dipingendo e ne constato i potenti progressi. Ci rimugino su. Via via che vengo aggiornato mi appunto alcune considerazioni sul quadernetto. Eccole.
La poetica di Montani si fonda su un empito verso l’alto. Nel suo percorso pittorico egli è sempre stato a caccia del cielo: lo fa suo, lo smarrisce, lo riconquista. La difficoltà dopo molto tempo sta per l’appunto nel ritrovare il cielo perduto.
Per riuscire nell’intento il pittore ha dovuto calarsi nella nerità notturna, infinita, dove giace inabissato il dolore altrettanto infinito del mondo e suo proprio. La linea dell’orizzonte che s’intravvede è già una promessa di paesaggio…
Si configura sempre più lo skyline di un magma lavico in ebollizione. Cosa rappresentano qui le piccole guglie, i pinnacoli cari al pittore, se non lingue di fuoco che si levano e ricadono di continuo, come animule in cerca di redenzione?
In questi ultimi quadri, nella parte ascrivibile al cielo, si manifestano forme curvilinee, sinuose, mai viste prima d’ora. Scaturiscono da una pennellata inedita, tonda, fluida. Sono una schiera, un coro che inonda il cielo di rosso e lo fa risuonare. Mi domando: chi sono, cosa annunciano?
C’è sentore di sacro.
Viene in mente il suono rosso di Kandinskij. Un rosso che non evoca il sangue e tuttavia trasmette a noi il dramma del dolore.
Settembre inoltrato.
E’ tempo di una mia visita a Nepi dove Matteo ha lo studio per scegliere definitivamente i quadri della mostra. Li conosco già dalle immagini inviatemi durante l’estate. Ma un incontro ravvicinato con la pittura nella fucina dove nasce è sempre emozionante.
Mi propone al telefono:
“Ti vengo a prendere in macchina al solito posto?”
Non c’è bisogno nemmeno di nominarlo il posto, è lo stesso ponte sul Lungotevere di dieci anni fa quando ci davamo appuntamento per la prima mostra. E’ bello riscoprire le vecchie abitudini. Tra noi il fil rouge non si è mai spezzato.
Fabio Sargentini
Ultimi giorni di aprile.
E’ in corso un vernissage a L’Attico. Facendosi largo tra la gente lui mi porge il catalogo della personale appena inaugurata a The Elkon Gallery di New York. Sulla copertina del catalogo spicca a tutta pagina la riproduzione di un suo quadro dai colori cangianti, caleidoscopici, che rapiscono l’occhio. Una pittura che rasenta lo sfarzo. E’ il momento buono per Matteo di farsi avanti, forte del successo della mostra americana.
Con tenera audacia mi chiede:
“Mi faresti una seconda personale dopo quella di dieci anni fa?”.
Puntando dritto il dito sulla copertina del catalogo gli rispondo:
“D’accordo, ma devi fare meglio di così”.
Messaggio cifrato: Matteo, lascia stare la bella pittura per il momento e rimettiti a scavare dentro te stesso. E’ questa franchezza, del resto, che lui si aspetta da me e con la quale si confronta nel lavoro.
Estate piena, tra luglio e agosto.
Mi giungono periodicamente con la posta elettronica le immagini che Matteo va dipingendo e ne constato i potenti progressi. Ci rimugino su. Via via che vengo aggiornato mi appunto alcune considerazioni sul quadernetto. Eccole.
La poetica di Montani si fonda su un empito verso l’alto. Nel suo percorso pittorico egli è sempre stato a caccia del cielo: lo fa suo, lo smarrisce, lo riconquista. La difficoltà dopo molto tempo sta per l’appunto nel ritrovare il cielo perduto.
Per riuscire nell’intento il pittore ha dovuto calarsi nella nerità notturna, infinita, dove giace inabissato il dolore altrettanto infinito del mondo e suo proprio. La linea dell’orizzonte che s’intravvede è già una promessa di paesaggio…
Si configura sempre più lo skyline di un magma lavico in ebollizione. Cosa rappresentano qui le piccole guglie, i pinnacoli cari al pittore, se non lingue di fuoco che si levano e ricadono di continuo, come animule in cerca di redenzione?
In questi ultimi quadri, nella parte ascrivibile al cielo, si manifestano forme curvilinee, sinuose, mai viste prima d’ora. Scaturiscono da una pennellata inedita, tonda, fluida. Sono una schiera, un coro che inonda il cielo di rosso e lo fa risuonare. Mi domando: chi sono, cosa annunciano?
C’è sentore di sacro.
Viene in mente il suono rosso di Kandinskij. Un rosso che non evoca il sangue e tuttavia trasmette a noi il dramma del dolore.
Settembre inoltrato.
E’ tempo di una mia visita a Nepi dove Matteo ha lo studio per scegliere definitivamente i quadri della mostra. Li conosco già dalle immagini inviatemi durante l’estate. Ma un incontro ravvicinato con la pittura nella fucina dove nasce è sempre emozionante.
Mi propone al telefono:
“Ti vengo a prendere in macchina al solito posto?”
Non c’è bisogno nemmeno di nominarlo il posto, è lo stesso ponte sul Lungotevere di dieci anni fa quando ci davamo appuntamento per la prima mostra. E’ bello riscoprire le vecchie abitudini. Tra noi il fil rouge non si è mai spezzato.
Fabio Sargentini
18
novembre 2016
Matteo Montani – Racconto Rosso
Dal 18 novembre 2016 al 20 gennaio 2017
arte contemporanea
Location
GALLERIA L’ATTICO – FABIO SARGENTINI
Roma, Via Del Paradiso, 41, (Roma)
Roma, Via Del Paradiso, 41, (Roma)
Orario di apertura
lunedì - venerdì 17-20
Vernissage
18 Novembre 2016, ore 19.00
Autore
Curatore