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Sergio Fiorentino – Oltremare
La rassegna, molto ricca, ripercorrerà gli ultimi tre anni di carriera dell’artista. I visitatori potranno inoltre soffermarsi su un documentario di Giancarlo Busacca con interventi critici di Andrea Guastella dedicato al lavoro di Sergio Fiorentino. Il cortometraggio sarà proiettato a ciclo continuo nell’aula video di Palazzo Zacco
Comunicato stampa
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Si inaugura sabato 12 novembre 2016, alle ore 19.00, presso la Civica Raccolta “Carmelo Cappello” di Palazzo Zacco a Ragusa, la mostra di Sergio Fiorentino Oltremare. L’esposizione raccoglie una selezione di dipinti e sculture recenti dell’artista che l’Amministrazione Comunale di Ragusa è lieta di ospitare nelle splendide Sale di Palazzo Zacco, dove potranno incontrarsi «con le sculture e le grafiche di Carmelo Cappello» offrendo ai ragusani e ai tanti turisti che ogni giorno visitano il museo «una delle testimonianze più originali e autentiche dell’arte italiana d’oggi».
La rassegna, molto ricca, ripercorrerà gli ultimi tre anni di carriera dell’artista. I visitatori potranno inoltre soffermarsi su un documentario di Giancarlo Busacca con interventi critici di Andrea Guastella dedicato al lavoro di Sergio Fiorentino. Il cortometraggio sarà proiettato a ciclo continuo nell’aula video di Palazzo Zacco.
Dal testo in catalogo (Aurea Phoenix Edizioni) di Andrea Guastella: «Autunno 1942. Arturo Martini inizia il suo corso all’Accademia di Belle Arti di Venezia mostrando una scultura che lascia i suoi allievi a bocca aperta: “Non pensate che questo sia un nudo”, commenta. “Immaginate invece che questa forma che vi imprigiona sia un vostro viaggio, dove incontrate cascate, pianure, cielo, acque”.
Ho riflettuto più volte su tale invito a rompere con lo statuto millenario di un’arte bloccata sul solo corpo umano a proposito dell’opera di Sergio Fiorentino. L’ho fatto, prescindendo dal chiarire se la sua vocazione riguardi in primo luogo la pittura o la scultura, perché mi sembra che il cruccio, il problema maggiore che egli intende affrontare sia proprio il rapporto tra l’immagine e lo spazio.
Se infatti, come asseriva Picasso, “ci si occupa dell’oggetto, come forma positiva, lo spazio che circonda quest’oggetto si riduce a quasi niente. Se ci si occupa invece principalmente dello spazio che circonda l’oggetto, l’oggetto si riduce quasi a niente”. E concludeva: “Che cosa ha maggior interesse per noi, quello che è fuori o quello che è dentro la forma?”.
A giudicare dalle serie già note di Sergio, i Sognatori, i Gemelli, i Volti, i Santi, i Tuffatori, l’indagine sul corpo e sul suo aspetto, per così dire, esteriore sembrerebbe prioritaria: l’artista non si perde in effetti scenografici, né si rifugia tra le pieghe del sentimento. Le sue creature sono incarnazioni di una bellezza classica, di un nitore formale che si riallaccia senza remore al Realismo Magico e al Novecento italiano, da Donghi a Sironi a Casorati. La stessa scelta dei soggetti è indicativa: sebbene tratti da modelli reali, il loro atletismo mette in risalto la struttura delle membra, la forza e l’elasticità di organi che non mirano ad altro che ad assumere le posture adeguate.
E tuttavia, a ben guardare, l’azzurro – o il bianco – che circonda la quasi totalità dei personaggi spalanca un varco su dimensioni ulteriori. È, più che uno sfondo neutro su cui poggiare le forme per meglio approfondirle, un’aura evocata apposta per trascenderle o addirittura inghiottirle come avviene, ad esempio, col Tuffatore ispirato a una famosa tomba campana che si consegna, non saprei se perché attratto da una forza incoercibile o per sua propria decisione, al purissimo Elemento.
Posto dunque che, come la doratura delle icone o il Blu Klein, l’azzurro Oltremare di Sergio non serve tanto a rilevare il corpo quanto a inficiarne la compattezza alleggerendo, in nome dello spirito, la sua fisicità, non parrà strano che, seguendo una sorta di evoluzione spontanea, i suoi personaggi si facciano astratti, incorporei, addirittura inconsistenti: vuoi mediante la messa in discussione dell’identità individuale posta in atto attraverso la replicazione speculare dei Gemelli, vuoi col graduale assottigliamento dei contorni che diventano permeabili come l’aria o come l’acqua, vuoi infine per l’attraversamento violento dell’involucro corpo da parte di linee, tagli, macchie alquanto simili ad ecchimosi o ferite.
L’uomo, suggerisce l’artista, ha l’apparenza di un monumento, di una statua di marmo che sfida i millenni, ma non è che un grumo fragile, un segno transeunte, il frammento di un tutto assai più vasto che, nei lavori più recenti, finisce per comprendere il paesaggio urbano.
Del resto, non vi è forse un sottile legame tra il tracciato di una città e le movenze di una giovane donna sul punto di saltare?
Entrambi, come la forma che “imprigiona” evocata da Martini o i pesci – i pensieri – che attraversano a ritmo regolare la vasca chiusa di questi dipinti, da un lato obbediscono a uno schema o a un progetto, dall’altro sono chiamati continuamente a trasgredirlo: pena la stasi, la fine della storia.
Non per niente gli eroi anonimi di Sergio presentati in questa mostra sono fissati nell’istante di sospensione che precede una parola, un pensiero, il finale compimento di un’azione: è qui, in quest’attimo perduto, quando il tempo e lo spazio non esistono e ogni cosa è in divenire, che il suo e nostro viaggio alla scoperta di “cascate, pianure, cielo, acque” può concludersi o iniziare».
Sergio Fiorentino nasce a Catania nel 1973. Dopo gli studi classici e l’Accademia di Belle Arti si dedica per anni allo studio e alla ricerca del Design e delle Arti decorative del XX secolo. Nel 2011 riprende a dipingere. Vive e lavora a Noto.
La rassegna, molto ricca, ripercorrerà gli ultimi tre anni di carriera dell’artista. I visitatori potranno inoltre soffermarsi su un documentario di Giancarlo Busacca con interventi critici di Andrea Guastella dedicato al lavoro di Sergio Fiorentino. Il cortometraggio sarà proiettato a ciclo continuo nell’aula video di Palazzo Zacco.
Dal testo in catalogo (Aurea Phoenix Edizioni) di Andrea Guastella: «Autunno 1942. Arturo Martini inizia il suo corso all’Accademia di Belle Arti di Venezia mostrando una scultura che lascia i suoi allievi a bocca aperta: “Non pensate che questo sia un nudo”, commenta. “Immaginate invece che questa forma che vi imprigiona sia un vostro viaggio, dove incontrate cascate, pianure, cielo, acque”.
Ho riflettuto più volte su tale invito a rompere con lo statuto millenario di un’arte bloccata sul solo corpo umano a proposito dell’opera di Sergio Fiorentino. L’ho fatto, prescindendo dal chiarire se la sua vocazione riguardi in primo luogo la pittura o la scultura, perché mi sembra che il cruccio, il problema maggiore che egli intende affrontare sia proprio il rapporto tra l’immagine e lo spazio.
Se infatti, come asseriva Picasso, “ci si occupa dell’oggetto, come forma positiva, lo spazio che circonda quest’oggetto si riduce a quasi niente. Se ci si occupa invece principalmente dello spazio che circonda l’oggetto, l’oggetto si riduce quasi a niente”. E concludeva: “Che cosa ha maggior interesse per noi, quello che è fuori o quello che è dentro la forma?”.
A giudicare dalle serie già note di Sergio, i Sognatori, i Gemelli, i Volti, i Santi, i Tuffatori, l’indagine sul corpo e sul suo aspetto, per così dire, esteriore sembrerebbe prioritaria: l’artista non si perde in effetti scenografici, né si rifugia tra le pieghe del sentimento. Le sue creature sono incarnazioni di una bellezza classica, di un nitore formale che si riallaccia senza remore al Realismo Magico e al Novecento italiano, da Donghi a Sironi a Casorati. La stessa scelta dei soggetti è indicativa: sebbene tratti da modelli reali, il loro atletismo mette in risalto la struttura delle membra, la forza e l’elasticità di organi che non mirano ad altro che ad assumere le posture adeguate.
E tuttavia, a ben guardare, l’azzurro – o il bianco – che circonda la quasi totalità dei personaggi spalanca un varco su dimensioni ulteriori. È, più che uno sfondo neutro su cui poggiare le forme per meglio approfondirle, un’aura evocata apposta per trascenderle o addirittura inghiottirle come avviene, ad esempio, col Tuffatore ispirato a una famosa tomba campana che si consegna, non saprei se perché attratto da una forza incoercibile o per sua propria decisione, al purissimo Elemento.
Posto dunque che, come la doratura delle icone o il Blu Klein, l’azzurro Oltremare di Sergio non serve tanto a rilevare il corpo quanto a inficiarne la compattezza alleggerendo, in nome dello spirito, la sua fisicità, non parrà strano che, seguendo una sorta di evoluzione spontanea, i suoi personaggi si facciano astratti, incorporei, addirittura inconsistenti: vuoi mediante la messa in discussione dell’identità individuale posta in atto attraverso la replicazione speculare dei Gemelli, vuoi col graduale assottigliamento dei contorni che diventano permeabili come l’aria o come l’acqua, vuoi infine per l’attraversamento violento dell’involucro corpo da parte di linee, tagli, macchie alquanto simili ad ecchimosi o ferite.
L’uomo, suggerisce l’artista, ha l’apparenza di un monumento, di una statua di marmo che sfida i millenni, ma non è che un grumo fragile, un segno transeunte, il frammento di un tutto assai più vasto che, nei lavori più recenti, finisce per comprendere il paesaggio urbano.
Del resto, non vi è forse un sottile legame tra il tracciato di una città e le movenze di una giovane donna sul punto di saltare?
Entrambi, come la forma che “imprigiona” evocata da Martini o i pesci – i pensieri – che attraversano a ritmo regolare la vasca chiusa di questi dipinti, da un lato obbediscono a uno schema o a un progetto, dall’altro sono chiamati continuamente a trasgredirlo: pena la stasi, la fine della storia.
Non per niente gli eroi anonimi di Sergio presentati in questa mostra sono fissati nell’istante di sospensione che precede una parola, un pensiero, il finale compimento di un’azione: è qui, in quest’attimo perduto, quando il tempo e lo spazio non esistono e ogni cosa è in divenire, che il suo e nostro viaggio alla scoperta di “cascate, pianure, cielo, acque” può concludersi o iniziare».
Sergio Fiorentino nasce a Catania nel 1973. Dopo gli studi classici e l’Accademia di Belle Arti si dedica per anni allo studio e alla ricerca del Design e delle Arti decorative del XX secolo. Nel 2011 riprende a dipingere. Vive e lavora a Noto.
12
novembre 2016
Sergio Fiorentino – Oltremare
Dal 12 novembre al 17 dicembre 2016
arte contemporanea
Location
CIVICA RACCOLTA CARMELO CAPPELLO – PALAZZO ZACCO
Ragusa, Via San Vito, 158, (Ragusa)
Ragusa, Via San Vito, 158, (Ragusa)
Orario di apertura
martedì, mercoledì, giovedì e venerdì ore 8.00 – 14.00, 15.00 – 19.00; sabato ore 9.00 – 13.00, 15.00 – 19.00
Giorno di chiusura: domenica, lunedì e festivi
Vernissage
12 Novembre 2016, ore 19
Autore
Curatore