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Roberta Fanti – Back in Black
Composto da tre elaborazioni digitali realizzate tra il 2012 e il 2016, Back in Black è il racconto per immagini di un viaggio nell’oscurità più fitta, nel quale la partenza è assicurata, ma il ritorno non garantito. L’artista seleziona visioni, azzarda accostamenti, si serve della Computer Graphic per scompaginare e poi rimettere – ricercare – ordine
Comunicato stampa
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Back in Black
Secondo la teoria del colore, il nero è la risultanza dell’assorbimento di tutte le cromie esistenti. E nel suo trittico Back in Black, Roberta Fanti elegge protagonista – per l’appunto – un nero sinuoso e avvolgente, che con eleganza assorbe, ingoia, fagocita qualsiasi forma incontri sul proprio cammino.
Composto da tre elaborazioni digitali realizzate tra il 2012 e il 2016, Back in Black è il racconto per immagini di un viaggio nell’oscurità più fitta, nel quale la partenza è assicurata, ma il ritorno non garantito. L’artista seleziona visioni, azzarda accostamenti, si serve della Computer Graphic per scompaginare e poi rimettere – ricercare – ordine.
Secondo un modus operandi distintivo, Fanti edita una vera e propria parabola, una Via Crucis dark nella quale la sfera personale è il punto di partenza per indagare nervi universalmente scoperti. Il corpo, solitamente oggetto d’indagine privilegiato, è stavolta assente (o quasi): il focus è su elementi naturali e atmosferici, satelliti contrapposti a strumenti di costrizione, un catalogo di libere associazioni dove ogni singolo elemento è presagio di un cataclisma incombente.
In The Second Moon (2012) la composizione monocroma è squarciata ai lati da lampi lattiginosi: una luna (calante? Sorgente?) si contrappone a due mani femminili, protagoniste di un momento bondage figlio dell’estetica di Nobuyoshi Araki. L’artista cristallizza un segmento temporale ed emozionale preciso, nel quale i moti lunari e le forze della natura influenzano una sessualità assoluta, panica, inconsapevole dei confini tra dolore e piacere.
Le mie prigioni (2015) propone un altro close-up su due realtà oggettuali, la cui valenza simbolica emerge nonostante il buio livido in cui sono immerse le immagini. Le perfette rotondità dei grani del rosario buddista si contrappongono alle spine di un gambo di rosa, che scintillano nella penombra. Anche qui Roberta Fanti parte dal vissuto personale per indagare questioni di necessità collettiva: la società si identifica come elemento naturalmente spinoso, insidioso, un ostacolo per l’individuo senziente e illuminato la cui ricerca spirituale dovrebbe essere tensione verso la luce, e invece è prigioniera dell’oblio figlio del pregiudizio.
La spiritualità ispira anche il dittico conclusivo, Kaliyuga (2015-16). Nelle Scritture induiste, Kaliyuga è un'era oscura, caratterizzata da conflitti e diffusa ignoranza: al suo termine, però, Satya Yuga (o Età dell'oro) permetterà all’uomo il ritorno ad un rinnovato paradiso terrestre. Con una sequenza visiva di gusto cinematografico (echeggiano le atmosfere di Solaris di Tarkovskij), l’artista impressiona un rivolgimento naturale in atto, l’inquieta partecipazione della Terra dinanzi al cambiamento definitivo. La pioggia s’infrange sul selciato, l’eclissi lunare buca il cielo: nell’istante più dark dell’intero ciclo, Roberta Fanti ricerca l’immagine risolutiva, quella in grado di contenere tutto ciò che verrà e sarà di conseguenza. Malgrado la penetrante oscurità, nonostante le fosche atmosfere, ciò che più colpisce è però quello spot luminoso - la luce bianca, contundente, che fa capolino da dietro la luna: quasi un presagio di innocenza, la possibilità che questa spedizione Back in Black possa concedere l’opportunità di un ritorno. L’ultima chance di un’umanità votata all’inquietudine.
Daniele Licata, 2016
Roberta Fanti, è nata a Bologna, vive e lavora a Torino.
Espone in Mostre Collettive e Personali dal 1987, e' Docente di Anatomia Artistica e Computer Graphic all'Accademia di Belle Arti di Torino
Secondo la teoria del colore, il nero è la risultanza dell’assorbimento di tutte le cromie esistenti. E nel suo trittico Back in Black, Roberta Fanti elegge protagonista – per l’appunto – un nero sinuoso e avvolgente, che con eleganza assorbe, ingoia, fagocita qualsiasi forma incontri sul proprio cammino.
Composto da tre elaborazioni digitali realizzate tra il 2012 e il 2016, Back in Black è il racconto per immagini di un viaggio nell’oscurità più fitta, nel quale la partenza è assicurata, ma il ritorno non garantito. L’artista seleziona visioni, azzarda accostamenti, si serve della Computer Graphic per scompaginare e poi rimettere – ricercare – ordine.
Secondo un modus operandi distintivo, Fanti edita una vera e propria parabola, una Via Crucis dark nella quale la sfera personale è il punto di partenza per indagare nervi universalmente scoperti. Il corpo, solitamente oggetto d’indagine privilegiato, è stavolta assente (o quasi): il focus è su elementi naturali e atmosferici, satelliti contrapposti a strumenti di costrizione, un catalogo di libere associazioni dove ogni singolo elemento è presagio di un cataclisma incombente.
In The Second Moon (2012) la composizione monocroma è squarciata ai lati da lampi lattiginosi: una luna (calante? Sorgente?) si contrappone a due mani femminili, protagoniste di un momento bondage figlio dell’estetica di Nobuyoshi Araki. L’artista cristallizza un segmento temporale ed emozionale preciso, nel quale i moti lunari e le forze della natura influenzano una sessualità assoluta, panica, inconsapevole dei confini tra dolore e piacere.
Le mie prigioni (2015) propone un altro close-up su due realtà oggettuali, la cui valenza simbolica emerge nonostante il buio livido in cui sono immerse le immagini. Le perfette rotondità dei grani del rosario buddista si contrappongono alle spine di un gambo di rosa, che scintillano nella penombra. Anche qui Roberta Fanti parte dal vissuto personale per indagare questioni di necessità collettiva: la società si identifica come elemento naturalmente spinoso, insidioso, un ostacolo per l’individuo senziente e illuminato la cui ricerca spirituale dovrebbe essere tensione verso la luce, e invece è prigioniera dell’oblio figlio del pregiudizio.
La spiritualità ispira anche il dittico conclusivo, Kaliyuga (2015-16). Nelle Scritture induiste, Kaliyuga è un'era oscura, caratterizzata da conflitti e diffusa ignoranza: al suo termine, però, Satya Yuga (o Età dell'oro) permetterà all’uomo il ritorno ad un rinnovato paradiso terrestre. Con una sequenza visiva di gusto cinematografico (echeggiano le atmosfere di Solaris di Tarkovskij), l’artista impressiona un rivolgimento naturale in atto, l’inquieta partecipazione della Terra dinanzi al cambiamento definitivo. La pioggia s’infrange sul selciato, l’eclissi lunare buca il cielo: nell’istante più dark dell’intero ciclo, Roberta Fanti ricerca l’immagine risolutiva, quella in grado di contenere tutto ciò che verrà e sarà di conseguenza. Malgrado la penetrante oscurità, nonostante le fosche atmosfere, ciò che più colpisce è però quello spot luminoso - la luce bianca, contundente, che fa capolino da dietro la luna: quasi un presagio di innocenza, la possibilità che questa spedizione Back in Black possa concedere l’opportunità di un ritorno. L’ultima chance di un’umanità votata all’inquietudine.
Daniele Licata, 2016
Roberta Fanti, è nata a Bologna, vive e lavora a Torino.
Espone in Mostre Collettive e Personali dal 1987, e' Docente di Anatomia Artistica e Computer Graphic all'Accademia di Belle Arti di Torino
15
ottobre 2016
Roberta Fanti – Back in Black
Dal 15 al 30 ottobre 2016
arte contemporanea
Location
MICROMACRO ARTZONE – EX BIRRIFICIO METZGER CENTRO DI CULTURA CONTEMPORANEA
Torino, Via Gabriele Bogetto, 4/G, (Torino)
Torino, Via Gabriele Bogetto, 4/G, (Torino)
Vernissage
15 Ottobre 2016, ore 19.30 zona antistante Fornello Popolare
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