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Christiane Beer / Elena Modorati – TERRAIN VAGUE, l’oscillazione e la traccia
Mostra bi-personale di Christiane Beer e di Elena Modorati dove il terrain vague diventa il luogo del dialogo tra arte e filosofia contemporanea e dove i temi dell’intimità e immensità, ma anche esteriorità, intensità e vastità poetica si incontrano, sul filo delle oscillazioni e di lirici paradossi
Comunicato stampa
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TERRAIN VAGUE
Terrain vague è anzitutto il titolo di una serie di foto scattate da Man Ray nei dintorni della Gare de Montparnasse nel 1929. Il luogo è vuoto, mesto e intensamente lirico. L’anno è quello della grande desolazione, della crisi economica e sociale innescata dal crollo della borsa di Wall Street, della conclusione fragorosa dell’età del jazz.
Terrain vague è il titolo anche di un film girato nel 1960 da Marcel Carné in cui si racconta la vita di alcuni ragazzi della banlieu parigina. Per evadere dalla noia, Dan, Lucky, Babar e altri adolescenti ribelli si organizzano in bande, con tanto di rituali d’iniziazione, e progettano furti eclatanti. Insieme con il vuoto esistenziale, coprotagonista della pellicola è la vacuità di un paesaggio che, in anticipo sui tempi, rivela già un profilo postindustriale.
Terrain vague oggi è soprattutto un concetto urbanistico coniato da Ignasi de Solà-Morales attorno alla metà degli anni novanta. Secondo l’architetto catalano, le aree urbane residuali, escluse dai circuiti produttivi, costituiscono spazi con una temporalità propria che esula da quella imposta dalla pianificazione, rappresentano luoghi in cui il vuoto è sinonimo di assenza, ma anche di speranza, situazioni nelle quali la vacuità è condizione indispensabile per la più feconda delle possibilità.
Nell’accezione proposta dalla mostra di Christiane Beer e di Elena Modorati presso Theca Gallery, il terrain vague è quello dell’incontro tra arte e filosofia contemporanea, lo spazio in cui la materia si impregna di intuizioni scaturite leggendo Bachelard o Didi-Hubermann, il contesto nel quale interrogarsi su quanto il pensiero influenzi l’espressività artistica e viceversa.
«Terrain vague ovvero spazio refrattario a definizioni, superficie sdrucciolevole che rende scivoloso ogni approccio sociologico e urbanistico, non luogo venato di tentazioni metafisiche alle quali però risulta arduo cedere.
Sul terrain vague di questa mostra si collocano, in modo volutamente problematico, le opere di Christiane Beer e di Elena Modorati. Ad accomunarle sono alcune tracce di indagini filosofiche: anzitutto sulla soglia nel pensiero di Carlo Sini, ma anche sulla “immensità intima”, la formula coniata da Gaston Bachelard per definire la sua idea di casa, e in fondo anche la sua concezione dello spazio tout-court. Per farsi intima, l’immensità deve cercare il “contatto più profondo tra piccolo e grande”, tra punto di vista e orizzonte, tra singolo battito e ritmo. Per divenire immensa, l’intimità deve possedere “il carattere dell’intensità”, deve aprirsi alla “vastità dell’immaginazione poetica”, deve accettare che “lo spazio intimo e lo spazio esterno si incoraggino, per così dire, nella loro crescita”.
Le opere di Christiane Beer e di Elena Modorati si incontrano sul filo di queste oscillazioni, di questi lirici paradossi. Intimità e immensità, ma anche esteriorità, intensità, vastità poetica sono categorie estetiche comuni alle ricerche espressive delle due artiste, e in fondo anche alle loro concezioni dello spazio».
Roberto Borghi
Terrain vague è anzitutto il titolo di una serie di foto scattate da Man Ray nei dintorni della Gare de Montparnasse nel 1929. Il luogo è vuoto, mesto e intensamente lirico. L’anno è quello della grande desolazione, della crisi economica e sociale innescata dal crollo della borsa di Wall Street, della conclusione fragorosa dell’età del jazz.
Terrain vague è il titolo anche di un film girato nel 1960 da Marcel Carné in cui si racconta la vita di alcuni ragazzi della banlieu parigina. Per evadere dalla noia, Dan, Lucky, Babar e altri adolescenti ribelli si organizzano in bande, con tanto di rituali d’iniziazione, e progettano furti eclatanti. Insieme con il vuoto esistenziale, coprotagonista della pellicola è la vacuità di un paesaggio che, in anticipo sui tempi, rivela già un profilo postindustriale.
Terrain vague oggi è soprattutto un concetto urbanistico coniato da Ignasi de Solà-Morales attorno alla metà degli anni novanta. Secondo l’architetto catalano, le aree urbane residuali, escluse dai circuiti produttivi, costituiscono spazi con una temporalità propria che esula da quella imposta dalla pianificazione, rappresentano luoghi in cui il vuoto è sinonimo di assenza, ma anche di speranza, situazioni nelle quali la vacuità è condizione indispensabile per la più feconda delle possibilità.
Nell’accezione proposta dalla mostra di Christiane Beer e di Elena Modorati presso Theca Gallery, il terrain vague è quello dell’incontro tra arte e filosofia contemporanea, lo spazio in cui la materia si impregna di intuizioni scaturite leggendo Bachelard o Didi-Hubermann, il contesto nel quale interrogarsi su quanto il pensiero influenzi l’espressività artistica e viceversa.
«Terrain vague ovvero spazio refrattario a definizioni, superficie sdrucciolevole che rende scivoloso ogni approccio sociologico e urbanistico, non luogo venato di tentazioni metafisiche alle quali però risulta arduo cedere.
Sul terrain vague di questa mostra si collocano, in modo volutamente problematico, le opere di Christiane Beer e di Elena Modorati. Ad accomunarle sono alcune tracce di indagini filosofiche: anzitutto sulla soglia nel pensiero di Carlo Sini, ma anche sulla “immensità intima”, la formula coniata da Gaston Bachelard per definire la sua idea di casa, e in fondo anche la sua concezione dello spazio tout-court. Per farsi intima, l’immensità deve cercare il “contatto più profondo tra piccolo e grande”, tra punto di vista e orizzonte, tra singolo battito e ritmo. Per divenire immensa, l’intimità deve possedere “il carattere dell’intensità”, deve aprirsi alla “vastità dell’immaginazione poetica”, deve accettare che “lo spazio intimo e lo spazio esterno si incoraggino, per così dire, nella loro crescita”.
Le opere di Christiane Beer e di Elena Modorati si incontrano sul filo di queste oscillazioni, di questi lirici paradossi. Intimità e immensità, ma anche esteriorità, intensità, vastità poetica sono categorie estetiche comuni alle ricerche espressive delle due artiste, e in fondo anche alle loro concezioni dello spazio».
Roberto Borghi
22
settembre 2016
Christiane Beer / Elena Modorati – TERRAIN VAGUE, l’oscillazione e la traccia
Dal 22 settembre al 29 ottobre 2016
arte contemporanea
Location
THECA GALLERY
Milano, Via Alessandro Tadino, 22, (Milano)
Milano, Via Alessandro Tadino, 22, (Milano)
Orario di apertura
da martedì a venerdì 14-20, sabato 14-19, la mattina solo su appuntamento
Vernissage
22 Settembre 2016, ore 19
Autore
Curatore