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Colmare il vuoto. Marco La Rosa in dialogo con le opere della Collezione Paolo VI
La Collezione Paolo VI – arte contemporanea, nel quadro di un ulteriore incremento delle propria attività, inaugura i nuovi spazi espositivi appena realizzati (che si aggiungono ai circa mille metri quadrati di sale permanenti del museo) con la mostra Colmare il vuoto.
Comunicato stampa
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La Collezione Paolo VI - arte contemporanea, nel quadro di un ulteriore incremento delle propria attività, inaugura i nuovi spazi espositivi appena realizzati (che si aggiungono ai circa mille metri quadrati di sale permanenti del museo) con la mostra “Colmare il vuoto. Marco La Rosa in dialogo con le opere della Collezione Paolo VI”, nella quale lavori inediti realizzati appositamente per l’occasione dal giovane e affermato artista, nato a Brescia nel 1978, sono posti a colloquio con preziosi “tesori” provenienti dalla ricca raccolta della Collezione Paolo VI, di autori sia storici (Oskar Kokoschka, Hans Hartung, Jean Guitton,
Nuvolo), sia contemporanei (Mimmo Paladino, Emilio Isgrò, Valentino Vago, Mirco Marchelli, Nicola Samorì, Giuliano Giuliani, Claudio Olivieri, Franco Bianchetti).
Il tema conduttore è l’aspirazione a una pienezza di senso, secondo un tragitto che va dall’iconografia al simbolo. Le opere di Marco La Rosa presentate in mostra sono perlopiù strutture in piombo e in cemento che occupano tridimensionalmente lo spazio (posizionate sia a terra, sia a parete), evocando i concetti di memoria, di distruzione di un contenitore esterno per far nascere o emergere la forma che è racchiusa al suo interno, di riempimento di un’assenza attraverso la materia viva della scultura, che colma di Presenza e insieme di Mistero quell’involucro vuoto che la vita rischia di rimanere quando non sia toccata dalla ricerca o dalla scoperta del senso.
Colmare il vuoto, appunto: un’operazione tecnicamente semplice, almeno in apparenza; ma tutto dipende dalle qualità di ciò con cui si tenta di riempirlo. Marco La Rosa usa il piombo, che è metallo fulgido, ma da sempre metafora di terrestrità e quotidianità, e il cemento, più leggero ma opaco, per molti versi “fratello” più resistente del gesso, ovvero di un materiale che è stato spesso utilizzato, nell’arte dell’ultimo secolo, per concretizzare l’assenza in maniera quasi fantasmatica. L’obiettivo è di testimoniare la presenza dell’invisibile, di quel quid che in arte – indipendentemente dalla fede del singolo – si percepisce come l’Assoluto, come ciò verso cui indirizzarsi con tensione ma anche con fiducia. Il che non è poi troppo diverso da ciò che hanno fatto, ciascuno a proprio modo, gli autori delle opere della Collezione Paolo VI con le quali La Rosa dialoga in occasione di questa mostra. Per esempio nei lavori di Hartung, Olivieri, Vago, Giuliani e Bianchetti è la luce, secondo una lunga tradizione non soltanto occidentale, a cercare il miracolo di materializzare l’incorporeo.
Nell’opera di Isgrò l’invisibilità diventa invece logos, colmando di senso una pagina altrimenti vacua – paradossalmente – attraverso la cancellazione di ciò che è di troppo. Marchelli, con la sua Sacra canzone ad libitum, riempie il vuoto in senso quasi musicale e forse ancor più con la forte impressione di durata conferita dalla superficie cerosa della sua tavola, mentre Samorì cerca di recuperare all’oggi la pienezza di senso dell’arte sacra antica riattualizzandola in una trascrizione quasi stenografica. Paladino e Kokoschka si affidano alla forza icastica di un segno vigoroso ma controllato, mentre Nuvolo e Guitton – l’uno mediante l’astrazione, l’altro mantenendo fragili brandelli di figurazione – traducono l’intuizione dell’infinito nel dramma di una materia viva e pulsante.
La mostra “Colmare il vuoto. Marco La Rosa in dialogo con le opere della Collezione Paolo VI”, a cura di Paolo Sacchini e di Paolo Bolpagni, sarà visitabile presso la Collezione Paolo VI - arte contemporanea (in via Marconi, 15 a Concesio) dal 10 settembre al 17 dicembre 2016.
Apertura: il sabato dalle ore 14 alle 19; dal martedì al venerdì su appuntamento (info@collezionepaolovi.it, 030 2180817).
Ingresso alla mostra con il solo biglietto d’ingresso al museo (2 euro).
Marco La Rosa nasce a Brescia nel 1978. Si laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Brescia nel 2005. Si diploma all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia nel 2011. Sempre nel 2011 tiene la sua prima mostra personale nella Galleria AplusB; da allora espone in numerosi spazi pubblici e privati, sia in Italia sia all’estero. È vincitore di alcuni premi, tra i quali il Premio Arti Visive San Fedele nel 2012.
Coesistono nei suoi lavori elementi ricorrenti che ogni volta riemergono in tempi e modi differenti: il doppio, il confine, il passaggio, il limite, il pieno e il vuoto. Sono alcuni dei concetti fondamentali che alimentano, giorno dopo giorno, la sua ricerca artistica. Le sue opere vogliono essere il mezzo, non il fine; mezzo attraverso il quale si offrono nuove possibilità di senso, si aprono spiragli per altre dimensioni, si indicano percorsi nuovi o, forse, semplicemente dimenticati.
Nuvolo), sia contemporanei (Mimmo Paladino, Emilio Isgrò, Valentino Vago, Mirco Marchelli, Nicola Samorì, Giuliano Giuliani, Claudio Olivieri, Franco Bianchetti).
Il tema conduttore è l’aspirazione a una pienezza di senso, secondo un tragitto che va dall’iconografia al simbolo. Le opere di Marco La Rosa presentate in mostra sono perlopiù strutture in piombo e in cemento che occupano tridimensionalmente lo spazio (posizionate sia a terra, sia a parete), evocando i concetti di memoria, di distruzione di un contenitore esterno per far nascere o emergere la forma che è racchiusa al suo interno, di riempimento di un’assenza attraverso la materia viva della scultura, che colma di Presenza e insieme di Mistero quell’involucro vuoto che la vita rischia di rimanere quando non sia toccata dalla ricerca o dalla scoperta del senso.
Colmare il vuoto, appunto: un’operazione tecnicamente semplice, almeno in apparenza; ma tutto dipende dalle qualità di ciò con cui si tenta di riempirlo. Marco La Rosa usa il piombo, che è metallo fulgido, ma da sempre metafora di terrestrità e quotidianità, e il cemento, più leggero ma opaco, per molti versi “fratello” più resistente del gesso, ovvero di un materiale che è stato spesso utilizzato, nell’arte dell’ultimo secolo, per concretizzare l’assenza in maniera quasi fantasmatica. L’obiettivo è di testimoniare la presenza dell’invisibile, di quel quid che in arte – indipendentemente dalla fede del singolo – si percepisce come l’Assoluto, come ciò verso cui indirizzarsi con tensione ma anche con fiducia. Il che non è poi troppo diverso da ciò che hanno fatto, ciascuno a proprio modo, gli autori delle opere della Collezione Paolo VI con le quali La Rosa dialoga in occasione di questa mostra. Per esempio nei lavori di Hartung, Olivieri, Vago, Giuliani e Bianchetti è la luce, secondo una lunga tradizione non soltanto occidentale, a cercare il miracolo di materializzare l’incorporeo.
Nell’opera di Isgrò l’invisibilità diventa invece logos, colmando di senso una pagina altrimenti vacua – paradossalmente – attraverso la cancellazione di ciò che è di troppo. Marchelli, con la sua Sacra canzone ad libitum, riempie il vuoto in senso quasi musicale e forse ancor più con la forte impressione di durata conferita dalla superficie cerosa della sua tavola, mentre Samorì cerca di recuperare all’oggi la pienezza di senso dell’arte sacra antica riattualizzandola in una trascrizione quasi stenografica. Paladino e Kokoschka si affidano alla forza icastica di un segno vigoroso ma controllato, mentre Nuvolo e Guitton – l’uno mediante l’astrazione, l’altro mantenendo fragili brandelli di figurazione – traducono l’intuizione dell’infinito nel dramma di una materia viva e pulsante.
La mostra “Colmare il vuoto. Marco La Rosa in dialogo con le opere della Collezione Paolo VI”, a cura di Paolo Sacchini e di Paolo Bolpagni, sarà visitabile presso la Collezione Paolo VI - arte contemporanea (in via Marconi, 15 a Concesio) dal 10 settembre al 17 dicembre 2016.
Apertura: il sabato dalle ore 14 alle 19; dal martedì al venerdì su appuntamento (info@collezionepaolovi.it, 030 2180817).
Ingresso alla mostra con il solo biglietto d’ingresso al museo (2 euro).
Marco La Rosa nasce a Brescia nel 1978. Si laurea in Giurisprudenza all’Università degli Studi di Brescia nel 2005. Si diploma all’Accademia di Belle Arti SantaGiulia di Brescia nel 2011. Sempre nel 2011 tiene la sua prima mostra personale nella Galleria AplusB; da allora espone in numerosi spazi pubblici e privati, sia in Italia sia all’estero. È vincitore di alcuni premi, tra i quali il Premio Arti Visive San Fedele nel 2012.
Coesistono nei suoi lavori elementi ricorrenti che ogni volta riemergono in tempi e modi differenti: il doppio, il confine, il passaggio, il limite, il pieno e il vuoto. Sono alcuni dei concetti fondamentali che alimentano, giorno dopo giorno, la sua ricerca artistica. Le sue opere vogliono essere il mezzo, non il fine; mezzo attraverso il quale si offrono nuove possibilità di senso, si aprono spiragli per altre dimensioni, si indicano percorsi nuovi o, forse, semplicemente dimenticati.
09
settembre 2016
Colmare il vuoto. Marco La Rosa in dialogo con le opere della Collezione Paolo VI
Dal 09 settembre al 17 dicembre 2016
arte moderna e contemporanea
Location
COLLEZIONE PAOLO VI
Concesio, Via Guglielmo Marconi, 15, (Brescia)
Concesio, Via Guglielmo Marconi, 15, (Brescia)
Biglietti
unico € 2
Orario di apertura
il sabato dalle ore 14 alle 19
dal martedì al venerdì su appuntamento (info@collezionepaolovi.it, 030 2180817)
Vernissage
9 Settembre 2016, ore 18
Autore
Curatore