Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
12
gennaio 2009
fino al 13.I.2009 Hope Gangloff Roma, Endemica
roma
Disordini di donne e uomini per i tratti rapidi di un’illustratrice americana. L’intossicazione cromatica del dolce far niente. Ritratto in biro e acrilico della società moderna american style...
Dettagli minuziosi di vita quotidiana sfilano d’inchiostro blu lungo il disordine delle donne; tabacco, alcool e cianfrusaglie impiastrano il pavimento, occupando tutto lo scorcio di stanza ritratto, e loro, le “missus” dimesse dagli occhi appesantiti e stanchi, vantano un’indifferente eleganza.
Hope Gangloff (Amityville, 1974; vive a New York), affermata illustratrice del “New Yorker”, raffigura così il mondo femminile suo coetaneo e non solo; amici e compagni della Grande Mela posano per ritratti a penna a sfera, in cui il blu e il rosso prevalgono con reticolati di linee per raffigurare la gioventù americana.
La galleria Endemica offre le sue pareti a undici opere, di cui solo tre vantano la smisurata grandezza di una tela. Gangloff lascia da parte gli inchiostri sottili per devastare di acrilico azzurro la base del quadro e, con un pointillisme grossolano e sfuggente, riempie vesti, camicette e prati verdi, senza sfruttare la corposità del colore per esteso. Con accurata minuziosità ricama infine fiori e orpelli, decorando le gonne delle sue giovani protagoniste e, a far da sfondo ai corpi magri, scrive finte pagine di quotidiani, corredandoli con foto di cronaca e occhielli distinguibili.
Non bastano però pic-nic cartacei su acrilici “snaturati” e strabilianti: Hope Gangloff aggiunge alle sue tele e ai suoi disegni bottiglie di birra, contenitori bianchi di cibo cinese svuotato e, ancora, tubetti di cosmetici, pop corn e cotton fioc, lasciando che ognuno di questi oggetti-feticcio giaccia intorno alle sue donne, femminilità dai lunghi capelli scuri su spalle scoperte, arrotolandole in un mondo di vizi mondani molto vicini alla realtà.
Il tratto dell’artista è veloce, sporco e disinteressato dell’impronta svelata di matita sottostante; abile a descrivere la naturalezza del gesto grafico, si distingue da una pittura ricercata, rivelandosi figlio di un’illustrazione che richiede la conoscenza del vero e la consapevolezza dello spazio circostante. Non è un caso che i soggetti ritratti siano pose immortalate all’interno di un tempo reale e, in un secondo momento, ritoccate e definite. È la loro finitezza che conferma il gesto semplice e spontaneo di partenza, un gesto diretto entro cui solo chi è abituato a dialogare figurativamente con un pubblico di lettori può raggruppare l’immediatezza narrativa di un attimo.
La società newyorkese si rispecchia a pieno in quelle che sono le linee svelte della penna di Gangloff e la loro individualità solitaria trapela dagli sguardi contornati da occhiaie, rivolti a un vuoto casuale ed esterno alle immagini raffigurate; il mondo di “giocattoli consumistici” di cui i giovani ritratti si servono è un mondo materiale e inerme, fatto di etichette e richiami, grida di marchi sfruttati dal consumo del mondo.
Quel mondo dove un inchiostro blu e uno rosso, e magari uno sfaccettato acrilico azzurro, s’incontrano per raccontarne attimi di allegra e spensierata nullafacenza.
Hope Gangloff (Amityville, 1974; vive a New York), affermata illustratrice del “New Yorker”, raffigura così il mondo femminile suo coetaneo e non solo; amici e compagni della Grande Mela posano per ritratti a penna a sfera, in cui il blu e il rosso prevalgono con reticolati di linee per raffigurare la gioventù americana.
La galleria Endemica offre le sue pareti a undici opere, di cui solo tre vantano la smisurata grandezza di una tela. Gangloff lascia da parte gli inchiostri sottili per devastare di acrilico azzurro la base del quadro e, con un pointillisme grossolano e sfuggente, riempie vesti, camicette e prati verdi, senza sfruttare la corposità del colore per esteso. Con accurata minuziosità ricama infine fiori e orpelli, decorando le gonne delle sue giovani protagoniste e, a far da sfondo ai corpi magri, scrive finte pagine di quotidiani, corredandoli con foto di cronaca e occhielli distinguibili.
Non bastano però pic-nic cartacei su acrilici “snaturati” e strabilianti: Hope Gangloff aggiunge alle sue tele e ai suoi disegni bottiglie di birra, contenitori bianchi di cibo cinese svuotato e, ancora, tubetti di cosmetici, pop corn e cotton fioc, lasciando che ognuno di questi oggetti-feticcio giaccia intorno alle sue donne, femminilità dai lunghi capelli scuri su spalle scoperte, arrotolandole in un mondo di vizi mondani molto vicini alla realtà.
Il tratto dell’artista è veloce, sporco e disinteressato dell’impronta svelata di matita sottostante; abile a descrivere la naturalezza del gesto grafico, si distingue da una pittura ricercata, rivelandosi figlio di un’illustrazione che richiede la conoscenza del vero e la consapevolezza dello spazio circostante. Non è un caso che i soggetti ritratti siano pose immortalate all’interno di un tempo reale e, in un secondo momento, ritoccate e definite. È la loro finitezza che conferma il gesto semplice e spontaneo di partenza, un gesto diretto entro cui solo chi è abituato a dialogare figurativamente con un pubblico di lettori può raggruppare l’immediatezza narrativa di un attimo.
La società newyorkese si rispecchia a pieno in quelle che sono le linee svelte della penna di Gangloff e la loro individualità solitaria trapela dagli sguardi contornati da occhiaie, rivolti a un vuoto casuale ed esterno alle immagini raffigurate; il mondo di “giocattoli consumistici” di cui i giovani ritratti si servono è un mondo materiale e inerme, fatto di etichette e richiami, grida di marchi sfruttati dal consumo del mondo.
Quel mondo dove un inchiostro blu e uno rosso, e magari uno sfaccettato acrilico azzurro, s’incontrano per raccontarne attimi di allegra e spensierata nullafacenza.
flavia montecchi
mostra visitata il 22 dicembre 2008
dal 13 dicembre 2008 al 13 gennaio 2009
Hope Gangloff – Missus & Messes
Galleria Endemica Arte Contemporanea
Via Mantova, 14 (zona Macro) – 00198 Roma
Orario: da lunedì a sabato ore 11-19.30 o su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0684220140; mob. +39 3335793139; info@endemica.it; www.endemica.it
[exibart]