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Simone Bertugno – Sexodus
Bertugno ci porta in un multiverso di ceramica, dove le sue ibridazioni e sovrapposizioni iconografiche, descrivono dettagliatamente ed ironicamente la potenza generatrice della natura, attraverso una sessualità giocosa e dissacrante.
Comunicato stampa
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Se c'è una figura che possiamo associare volentieri all'artista Simone Bertugno è certamente quella del poliedro. Gli è proprio lavorare sullo spazio, la forma, la percezione e il suono, è inoltre compositore. Le multiple sfaccettature del suo lavoro, scultura, installazione, suono, performance, disegno, pittura, agiscono congiuntamente nella sua ricerca artistica.
I poliedri, figure ben note ai matematici per far riferimento ad una varietà di costruzioni legate fra di loro, alcune geometriche, altre puramente astratte, sembrano coincidere con l'opera di Bertugno dove, la sua lettura del mondo passa attraverso un infinità prismatica.
Nella mostra Sexodus, Bertugno ci porta in un multiverso di ceramica, dove le sue ibridazioni e sovrapposizioni iconografiche, descrivono dettagliatamente ed ironicamente la potenza generatrice della natura, attraverso una sessualità giocosa e dissacrante.
Ci accoglie un grande cerchio sospeso, cosmico, dove in una ludica copula collettiva, gli esseri tipici dell'immaginario dell'artista ci rivelano la loro molteplice natura e sottolineano la potenza del mutare e del divenire delle cose, come comune legame a tutto il vivente.
Nella mostra poi ci troviamo di fronte a delle partiture di tentativi plastici estremi, che sprigionano una forte presenza, al confine di molteplici mondi, tra quello umano che ci definisce, l’animale dal quale proveniamo, e il vegetale che ci fa vivere.
Atomi, esplosioni, materia e forma si concretizzano nell'immagine e nel colore in una visione originale ed inedita. Come ha scritto Paolo Aita sulla sua recente installazione «Locus sonus» presentata nel chiostro borrominiano della Casa delle letterature di Roma, « Sebbene l’arte contemporanea nelle sue produzioni si affidi, a volte, a una disinvolta teorizzazione dell’opera, al contrario, nel lavoro di Simone Bertugno è agevole notare la presenza profonda di un progetto e dell’utopia. Il progetto è antichissimo: svelare la vita nel suo nascere attraverso l’arte. » Inoltre nella ricerca di Bertugno possiamo intuire il suo bisogno di riportarci agli universali attraverso un iperbole che sottintende uno sforzo filosofico apparentemente inattuale. Sempre Paolo Aita :« Oggi non è più così. Non c’è la filosofia a tenere insieme i fili di tutta la ricerca attorno l’humanitas, e la relatività vanifica qualsiasi progetto. Di questa condizione è perfettamente consapevole Simone Bertugno, che, pur nutrendo un progetto antico, e probabilmente impossibile, non smette di subirne il fascino, e continua a mettere insieme saperi differenti, nella speranza di coglierne la genesi comune. Una fantasia simile alla sua la possiamo scorgere nelle statue, spesso di sirene, che decorano le chiglie delle navi, oppure nelle decorazioni poste sui ricci dei violini, spesso di esseri demoniaci, immaginari ispiratori dell’abilità diabolica di ogni bravo virtuoso. Si tratta di un’arte suppletiva, che, mediante queste immagini aggiunte, da una parte non vuole contestare lo statuto degli strumenti, dall’altra, mediante una decorazione completamente fantastica, sembrerebbe voler entrare in ingenua competizione con i frutti di questi stessi strumenti (viaggi e melodie, uniti significativamente in una dimensione di intrigante liquidità e volubilità), sovrapponendo il decoro all’estro. Per garanzia che il risultato della ricerca estetica sia giusto, ci si affida alla bellezza, che lo porta naturalmente in sé, e sempre in statu nascenti, perché la bellezza è il codice stesso della vita.»
I poliedri, figure ben note ai matematici per far riferimento ad una varietà di costruzioni legate fra di loro, alcune geometriche, altre puramente astratte, sembrano coincidere con l'opera di Bertugno dove, la sua lettura del mondo passa attraverso un infinità prismatica.
Nella mostra Sexodus, Bertugno ci porta in un multiverso di ceramica, dove le sue ibridazioni e sovrapposizioni iconografiche, descrivono dettagliatamente ed ironicamente la potenza generatrice della natura, attraverso una sessualità giocosa e dissacrante.
Ci accoglie un grande cerchio sospeso, cosmico, dove in una ludica copula collettiva, gli esseri tipici dell'immaginario dell'artista ci rivelano la loro molteplice natura e sottolineano la potenza del mutare e del divenire delle cose, come comune legame a tutto il vivente.
Nella mostra poi ci troviamo di fronte a delle partiture di tentativi plastici estremi, che sprigionano una forte presenza, al confine di molteplici mondi, tra quello umano che ci definisce, l’animale dal quale proveniamo, e il vegetale che ci fa vivere.
Atomi, esplosioni, materia e forma si concretizzano nell'immagine e nel colore in una visione originale ed inedita. Come ha scritto Paolo Aita sulla sua recente installazione «Locus sonus» presentata nel chiostro borrominiano della Casa delle letterature di Roma, « Sebbene l’arte contemporanea nelle sue produzioni si affidi, a volte, a una disinvolta teorizzazione dell’opera, al contrario, nel lavoro di Simone Bertugno è agevole notare la presenza profonda di un progetto e dell’utopia. Il progetto è antichissimo: svelare la vita nel suo nascere attraverso l’arte. » Inoltre nella ricerca di Bertugno possiamo intuire il suo bisogno di riportarci agli universali attraverso un iperbole che sottintende uno sforzo filosofico apparentemente inattuale. Sempre Paolo Aita :« Oggi non è più così. Non c’è la filosofia a tenere insieme i fili di tutta la ricerca attorno l’humanitas, e la relatività vanifica qualsiasi progetto. Di questa condizione è perfettamente consapevole Simone Bertugno, che, pur nutrendo un progetto antico, e probabilmente impossibile, non smette di subirne il fascino, e continua a mettere insieme saperi differenti, nella speranza di coglierne la genesi comune. Una fantasia simile alla sua la possiamo scorgere nelle statue, spesso di sirene, che decorano le chiglie delle navi, oppure nelle decorazioni poste sui ricci dei violini, spesso di esseri demoniaci, immaginari ispiratori dell’abilità diabolica di ogni bravo virtuoso. Si tratta di un’arte suppletiva, che, mediante queste immagini aggiunte, da una parte non vuole contestare lo statuto degli strumenti, dall’altra, mediante una decorazione completamente fantastica, sembrerebbe voler entrare in ingenua competizione con i frutti di questi stessi strumenti (viaggi e melodie, uniti significativamente in una dimensione di intrigante liquidità e volubilità), sovrapponendo il decoro all’estro. Per garanzia che il risultato della ricerca estetica sia giusto, ci si affida alla bellezza, che lo porta naturalmente in sé, e sempre in statu nascenti, perché la bellezza è il codice stesso della vita.»
17
maggio 2016
Simone Bertugno – Sexodus
Dal 17 maggio al 10 giugno 2016
arte contemporanea
Location
MENEXA
Roma, Via Di Montoro, 3, (Roma)
Roma, Via Di Montoro, 3, (Roma)
Orario di apertura
Lun-Ven 10:00-19:00 Sabato su appuntamento
Vernissage
17 Maggio 2016, h 19:00
Autore
Curatore