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Mad Martedì e Giovedì in Musica – Marcello Trabucco Atto Secondo
La mostra a cura di Fabio D’Achille s’inserisce nella rassegna MAD Martedì e Giovedì in Musica e coprirà l’arco di sei concerti di musica da camera a cura di Paolo Rotili e Marco Marzocchi.
Comunicato stampa
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In realtà, quest’universo di geometrie edulcorate e forme ludiche dai colori squillanti richiama sensibilmente l’esperienza di un’avanguardia dell’astrattismo italiano fra le guerre, dalle composizioni polimateriche di Prampolini ad alcuni calembour di Depero, ma soprattutto l’esprit metafisico del razionalismo magico di Soldati, Reggiani e Licini, fautori in primis di una visione del mondo insieme lirica e geometrico-distratta, come appunto è oggi quella offerta dal colto e fantasioso vedutista-visionario che si dimostra essere Marcello Trabucco.
Questo scrivevo nel novembre 2014, e non me ne voglia nessuno per l’autocitazione, tratta dalle righe di coda dello scritto di presentazione di una mostra di Marcello Trabucco presso la raccolta Manzù di Ardea, mostra curata così come molte altre dal Fabio D’Achille caposaldo con MAD della “scuola pontina” di cui Trabucco è a sua volta esponente di quella “generazione di mezzo” cresciuta a contatto con Claudio Cintoli e Sergio Ban.
In quell’occasione mi era sembrato opportuno porre l’accento sulla “doppia anima” di Trabucco, caratterizzata negli anni dall’alternanza di una facies neocostruttivista, ludica e colorata, con una più filologica e scrupolosa di lirico ricostruttore del paesaggio pontino reso in una serie d’incisioni dal sapore antico; l’intervento odierno invece propende senz’altro per quel genere di “geometria distratta” così congeniale alle esuberanze neoavanguardistiche di questo singolare artista – architetto.
Tre nuove strutture totemiche – e in questo come non ravvisare, se pur solo in parte, il riflesso delle più calibrate sculture-colonna educatamente policrome del rimpianto Sergio Ban, nella felice volontà di campire lo spazio con volumi-colore – si aggiungono ad arricchire l’universo fantastico di Trabucco, che sembra costantemente tratto da scenografie e fondali per rappresentazioni teatrali, in cui su mari cobalto beccheggiano piccole navi, e soli dorati riscaldano alberi dalle verdi fronde ad una ad una ritagliate, e, talvolta, fiori geometrici esplodono d’inattese e squillanti esuberanze cromatiche.
Ricorda, il colore steso uniforme à plat, il clima di certe composizioni del tardo de Chirico, quando il sole non è più che un merletto, un origami traslato dal cielo al pavimento, e l’ombra si fa, sgomitolata per terra, denso arabesco scuro e concluso ad esso congiunto come cordone ombelicale. Lacerti di frecce convergenti nel cuore di un tiro a segno, palizzate, frammenti di paesaggio elementare infantile e primordiale rassicurano ed inquietano al tempo stesso: una geometria meno geometrica e meno distratta, forse, che per il passato, nel farsi corpo e sintassi di un discorso nuovo.
Marcella Cossu
Questo scrivevo nel novembre 2014, e non me ne voglia nessuno per l’autocitazione, tratta dalle righe di coda dello scritto di presentazione di una mostra di Marcello Trabucco presso la raccolta Manzù di Ardea, mostra curata così come molte altre dal Fabio D’Achille caposaldo con MAD della “scuola pontina” di cui Trabucco è a sua volta esponente di quella “generazione di mezzo” cresciuta a contatto con Claudio Cintoli e Sergio Ban.
In quell’occasione mi era sembrato opportuno porre l’accento sulla “doppia anima” di Trabucco, caratterizzata negli anni dall’alternanza di una facies neocostruttivista, ludica e colorata, con una più filologica e scrupolosa di lirico ricostruttore del paesaggio pontino reso in una serie d’incisioni dal sapore antico; l’intervento odierno invece propende senz’altro per quel genere di “geometria distratta” così congeniale alle esuberanze neoavanguardistiche di questo singolare artista – architetto.
Tre nuove strutture totemiche – e in questo come non ravvisare, se pur solo in parte, il riflesso delle più calibrate sculture-colonna educatamente policrome del rimpianto Sergio Ban, nella felice volontà di campire lo spazio con volumi-colore – si aggiungono ad arricchire l’universo fantastico di Trabucco, che sembra costantemente tratto da scenografie e fondali per rappresentazioni teatrali, in cui su mari cobalto beccheggiano piccole navi, e soli dorati riscaldano alberi dalle verdi fronde ad una ad una ritagliate, e, talvolta, fiori geometrici esplodono d’inattese e squillanti esuberanze cromatiche.
Ricorda, il colore steso uniforme à plat, il clima di certe composizioni del tardo de Chirico, quando il sole non è più che un merletto, un origami traslato dal cielo al pavimento, e l’ombra si fa, sgomitolata per terra, denso arabesco scuro e concluso ad esso congiunto come cordone ombelicale. Lacerti di frecce convergenti nel cuore di un tiro a segno, palizzate, frammenti di paesaggio elementare infantile e primordiale rassicurano ed inquietano al tempo stesso: una geometria meno geometrica e meno distratta, forse, che per il passato, nel farsi corpo e sintassi di un discorso nuovo.
Marcella Cossu
28
aprile 2016
Mad Martedì e Giovedì in Musica – Marcello Trabucco Atto Secondo
Dal 28 aprile al 12 maggio 2016
arte contemporanea
Location
CONSERVATORIO OTTORINO RESPIGHI
Latina, Via Ezio, 32, (Latina)
Latina, Via Ezio, 32, (Latina)
Orario di apertura
dal lunedì al sabato 10,30 – 19,30
Vernissage
28 Aprile 2016, ore 20,00
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