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Giò Lacedra – Feeling-Cage
La cattura è qualcosa di dolce, che non consideriamo di subire. E solo quando ci accorgeremo di osservare il mondo da un luogo lontano, comprendiamo di aver scelto una trappola
Comunicato stampa
Segnala l'evento
FEELING-CAGE | CATTIVITA' DI UN IO MINIMIZZATO
di e con Giò Lacedra
Performance: venerdì 15 aprile ore 21.30
GALLERIA ALPHACENTAURI
- Palazzo Pallavicino
Borgo G.Tommasini 37 - Parma
I Dolpo suoneranno una dei loro pezzi in live sull'azione di Giò Lacedra.
Un evento parte della rassegna di arti visive e performative
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"FEELING-CAGE | CATTIVITA' DI UN IO MINIMIZZATO"
La cattura è qualcosa di dolce, che non consideriamo di subire.
E solo quando ci accorgeremo di osservare il mondo da un luogo lontano,
comprendiamo di aver scelto una trappola.
Scelto, sì.
Perché di scelta si tratta,
anche se questa si verifica in una situazione di estrema debolezza:
per il timore di non meritare amore, ci si lascia “sequestrare” e addomesticare.
Diventare ciò che l’altro cerca, ciò che l’altro vorrebbe trovare in noi, ciò che si aspetta,
adempiere ad aspettative che indirettamente o direttamente ci suggerisce,
diventa il solo modo per illudersi di meritare un posto in quel legame.
Un legame in cui, però, non vi è alcun equilibrio, poichè c’è chi detiene il potere e chi è posseduto.
Chi chiude a chiave la gabbia e chi vi resta rinchiuso.
C’è l’uomo e c’è l’animale in cattività.
Una creatura addestrata a farsi bastare quel che le viene offerto,
e a stare comoda anche in uno spazio considerevolmente ristretto.
Cattività è lo stato dell’animale catturato dall’uomo e obbligato
a vivere fuori del proprio habitat naturale,
in gabbie o recinti. Le gabbie sono anguste, piccole e scomode.
Ma pur di starci dentro ci si annoda, ci si raccoglie, si rimpicciolisce.
Si smarrisce, giorno dopo giorno, la propria identità.
E questo perché si ha fame, una fame atavica.
Si è belve estenuate in cerca di nutrimento.
E quando lo si trova si vive nel terrore di perderlo.
L’adattamento deriva da questo terrore.
Il terrore del vuoto assoluto in luogo di quel poco che si è trovato.
Meglio quel poco che il nulla.
Meglio adattarsi che dover subire il distacco, il rifiuto, l’abbandono.
Meglio farsi piccoli, lasciarsi minimizzare e stare nello spazio che l’altro ci concede,
piuttosto che tornare in uno stato di totale disorientamento.
I legami che nascono da tutto questo presto diventano mutilanti, o addirittura disumani.
Col tempo degenerano.
E sull’amore prevalgono sentimenti realmente ingabbianti,
quali rabbia, timore, ossessione, colpa, frustrazione e solitudine.
Il sentimento-gabbia è allora un amore assolutista e annichilente.
È piuttosto un’ossessione, una dipendenza, una necessità.
È paura, è colpa. È attribuzione di predominio assoluto.
L’altro ha le redini, le chiavi, lo scettro.
L’altro ha tutto il potere possibile.
È il potere che noi gli abbiamo conferito,
un potere assegnato dal nostro stesso bisogno d’amore.
In un legame ingabbiante permettiamo quotidianamente all’altro
di custodire le chiavi della nostra libertà,
e di sminuzzare giorno dopo giorno la nostra identità.
Lo spazio che ci viene offerto ce lo facciamo bastare,
perché infondo è meglio essere prigionieri che soli.
Ci sono forme d’amore che somigliano ad una prigionia.
Ma presto o tardi l’animale ammansito matura rabbia, e si ribella.
Fino a rompere le sbarre di quella gabbia.
E a restituirsi il proprio volto, il proprio corpo.
Il proprio sguardo libero sul mondo.
(Giò Lacedra)
di e con Giò Lacedra
Performance: venerdì 15 aprile ore 21.30
GALLERIA ALPHACENTAURI
- Palazzo Pallavicino
Borgo G.Tommasini 37 - Parma
I Dolpo suoneranno una dei loro pezzi in live sull'azione di Giò Lacedra.
Un evento parte della rassegna di arti visive e performative
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"FEELING-CAGE | CATTIVITA' DI UN IO MINIMIZZATO"
La cattura è qualcosa di dolce, che non consideriamo di subire.
E solo quando ci accorgeremo di osservare il mondo da un luogo lontano,
comprendiamo di aver scelto una trappola.
Scelto, sì.
Perché di scelta si tratta,
anche se questa si verifica in una situazione di estrema debolezza:
per il timore di non meritare amore, ci si lascia “sequestrare” e addomesticare.
Diventare ciò che l’altro cerca, ciò che l’altro vorrebbe trovare in noi, ciò che si aspetta,
adempiere ad aspettative che indirettamente o direttamente ci suggerisce,
diventa il solo modo per illudersi di meritare un posto in quel legame.
Un legame in cui, però, non vi è alcun equilibrio, poichè c’è chi detiene il potere e chi è posseduto.
Chi chiude a chiave la gabbia e chi vi resta rinchiuso.
C’è l’uomo e c’è l’animale in cattività.
Una creatura addestrata a farsi bastare quel che le viene offerto,
e a stare comoda anche in uno spazio considerevolmente ristretto.
Cattività è lo stato dell’animale catturato dall’uomo e obbligato
a vivere fuori del proprio habitat naturale,
in gabbie o recinti. Le gabbie sono anguste, piccole e scomode.
Ma pur di starci dentro ci si annoda, ci si raccoglie, si rimpicciolisce.
Si smarrisce, giorno dopo giorno, la propria identità.
E questo perché si ha fame, una fame atavica.
Si è belve estenuate in cerca di nutrimento.
E quando lo si trova si vive nel terrore di perderlo.
L’adattamento deriva da questo terrore.
Il terrore del vuoto assoluto in luogo di quel poco che si è trovato.
Meglio quel poco che il nulla.
Meglio adattarsi che dover subire il distacco, il rifiuto, l’abbandono.
Meglio farsi piccoli, lasciarsi minimizzare e stare nello spazio che l’altro ci concede,
piuttosto che tornare in uno stato di totale disorientamento.
I legami che nascono da tutto questo presto diventano mutilanti, o addirittura disumani.
Col tempo degenerano.
E sull’amore prevalgono sentimenti realmente ingabbianti,
quali rabbia, timore, ossessione, colpa, frustrazione e solitudine.
Il sentimento-gabbia è allora un amore assolutista e annichilente.
È piuttosto un’ossessione, una dipendenza, una necessità.
È paura, è colpa. È attribuzione di predominio assoluto.
L’altro ha le redini, le chiavi, lo scettro.
L’altro ha tutto il potere possibile.
È il potere che noi gli abbiamo conferito,
un potere assegnato dal nostro stesso bisogno d’amore.
In un legame ingabbiante permettiamo quotidianamente all’altro
di custodire le chiavi della nostra libertà,
e di sminuzzare giorno dopo giorno la nostra identità.
Lo spazio che ci viene offerto ce lo facciamo bastare,
perché infondo è meglio essere prigionieri che soli.
Ci sono forme d’amore che somigliano ad una prigionia.
Ma presto o tardi l’animale ammansito matura rabbia, e si ribella.
Fino a rompere le sbarre di quella gabbia.
E a restituirsi il proprio volto, il proprio corpo.
Il proprio sguardo libero sul mondo.
(Giò Lacedra)
15
aprile 2016
Giò Lacedra – Feeling-Cage
15 aprile 2016
performance - happening
Location
ALPHACENTAURI GALLERY – PALAZZO PALLAVICINO
Parma, Borgo Giacomo Tommasini, 37, (Parma)
Parma, Borgo Giacomo Tommasini, 37, (Parma)
Vernissage
15 Aprile 2016, h 21.30
Autore