Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
È stato un protagonista, mai abbastanza riconosciuto, di una certa stagione delle avanguardie, concentrato fin dagli anni Sessanta sull’uso dell’immagine fotografica considerata non solo come semplice mezzo, ma come strumento in grado d’influire sull’interpretazione del reale. Nato a Legnano nel 1936, Aldo Tagliaferro è morto nei giorni scorsi, mentre si accingeva a preparare una sua mostra personale presso la Galleria l’Elefante di Treviso, che si inaugurerà comunque – in segno di omaggio – il prossimo 14 febbraio. “Dal 1965 iniziai a usare delle immagini fotografiche recuperate dalla cronaca come testimonianza di eventi, come memoria”, diceva egli stesso dei suoi esordi in una recente intervista. Proprio nel 1965 aveva esposto il suo primo lavoro fotografico al premio di pittura San Fedele di Milano, mentre nel 1968 aveva aderito alla Mec-Art, proseguendo poi la ricerca in modo autonomo. Nel 1970 era stato invitato alla Biennale di Venezia. Nel 1979 si era trasferito in Africa, dove aveva soggiornato per due anni, entrando in contatto con la cultura africana che gli aveva ispirato un nuovo lavoro dedicato alla pettinature delle donne africane. In seguito era tornato ad un’analisi più intimista della realtà, con la serie Sopra/Sotto – Un metro di terra, esposta anche al Pac di Milano.
[exibart]
Sin troppo modesto e schivo, Aldo ha lasciato un segno indelebile nell’arte del dopoguerra.
Grazie Aldo.