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Sante Monachesi – Futuragrà
retrospettiva dedicata a Sante Monachesi, che si terrà negli spazi della GABA.MC, in Piazza Vittorio Veneto 7, curata da A. Tolve e M. Wild, e con il coordinamento scientifico di N.M. Martino, D. Monachesi e S. Pasquarelli.
Comunicato stampa
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Dedicata all'ampio spettro creativo del maestro nato a Macerata nel 1910, la mostra Sante Monachesi. Futuragrà offre una selezione di opere che mostrano oltre ad uno spessore culturale internazionale, anche un'attitudine riflessiva legata al movimento dell'opera, alla sua continua metamorfosi determinata dall'ambiente, al suo divenire azione nello spazio della vita.
Nel 1932, Sante Monachesi crea con Bruno Tano ed altri il Gruppo futurista Umberto Boccioni, Movimento futurista delle Marche. Nel dicembre dello stesso anno il Futurismo a Macerata mette radici più solide: viene costituito il Gruppo Futurista che prenderà il nome di Boccioni. È l'inizio di una vorticosa attività nel campo della pittura, della scultura, della grafica, della pubblicità, del cinema, che per oltre un decennio vedrà i membri del gruppo maceratese – Sante Monachesi, Bruno Tano ed altri – animare la scena artistica dell'intera regione tanto da essere promossi sul campo da Marinetti da «gruppo maceratese» a «gruppo marchigiano». Via via il gruppo si allarga. Molti giovani artisti sviluppano prevalentemente le loro linee di ricerca nell'ambito dell'aeropittura in tutte le sue declinazioni e alcuni di loro avranno occasione di esporre opere alle quadriennali romane, alle biennali di Venezia, a Torino, Roma, Parigi, Berlino New York.
Monachesi e Ivo Pannaggi furono sempre amici, erano amici da Macerata e lo sono rimasti sempre, poi a Roma e dopo il trasferimento di Pannaggi in Norvegia rimasero sempre in contatto.
Sin da giovanissimo Monachesi si avvicina alla scultura. L'intensità, l'accelerazione, l'accrescimento di vitalità, tutto spinto al parossismo, al color bianco, al momento di fusione: ecco ciò che sempre è stato sovranamente a cuore al grande Monachesi. Un'arte che eserciti un'azione di violento coinvolgimento emotivo sull'osservatore. Valgano per tutte tra il 1929 e il 1933 i titoli delle sue sculture spiraliche, precluso, dittatore, relazioni plastiche.
Partendo da una serie di esperienze legate all'areopittura e di allumini a luce mobile che evidenziano il profondo legame con il Futurismo e con Filippo Tommaso Marinetti, ad alcuni importanti lavori degli anni Quaranta e Cinquanta – Parigi, le sue vedute, i suoi muri ciechi, i suoi fiori e le sue Clownesses – campionature visive che si compenetrano tra loro grazie ad una costante ricerca d'infinito, i climi e le ricerche di un intellettuale la cui intelligenza non ha mai smesso di stupire. In mostra due perspex che rappresentano il segno agrà sono testimonianza di una manovra che porta l'artista a fondare nei primissimi anni Sessanta il Movimento Agrà, frutto d'una forte aspirazione ad un mondo senza peso e senza gravità, «un mondo limpido, trasparente e rarefatto come la luce, un mondo nel quale si sia leggeri come l'aria epperciò si possa volare nello spazio, godendo della stessa agravitazionalità degli astronauti durante i voli spaziali». Sfilano, poi, alcune vele adriatiche che non solo si gonfiano con i venti degli anni Settanta, ma spingono lo spettatore verso tutta una serie di immagini permeate di cultura, dove il gesto polemico e la creazione plastica si fondono insieme per evidenziare la libertà di anticipatore straordinario.
Elogio della polimatericità / di Antonello Tolve
Uomo dalla penna facile, sperimentatore sottile, rivoluzionario che rottama e rinnova continuamente i linguaggi dell'arte, Sante Monachesi è tra le voci più eleganti di un progetto che trova corrispondenza nella polimatericità, nella misura semanticospaziale dell'atmosfera plastica, in una felice polifonia estetica densa di rimandi al presente, di termini mobili e allo stesso tempo essenziali. Tra i fondatori del gruppo futurista maceratese (1932), Monachesi presenta sin dalle sue primissime cariche espressive, la chiara visione di un ricercatore che attraversa la ricchezza delle proposte e delle esperienze avanguardistiche per collaudare in prima linea le mille e una ipotesi dei gusti depositati nell'ampio spazio del movimento. Ad una verve stilistica che «si distingue per forti qualità plastiche e per un senso di astrazione calda e commossa» (Marinetti) o ad una «maturità visionaria, poetica e febbrile» rilevata da Emilio Villa già nei suoi primi lavori, l'artista addiziona la volontà di cogliere e accogliere gli impulsi di un mondo in trasformazione, l'irruzione del nuovo, l'abbondanza di ispirazioni e aspirazioni libere da marmellate ideologiche o ideografiche. Ne sono esempi brillanti le strutture spiraliche e diagonali del 1929-1934, le consistenze cromatiche che assorbono il pulviscolo della realtà, i paesaggi paramondrianei, i muri ciechi parigini che si illuminano di flussi fauve e cubisti («tra le pitture più belle degli anni cinquanta: in mezzo a tanta musica sporca, quei timbri netti, quei colpi larghi e secchi restano inconfondibili» suggerisce Leonardo Sinisgalli in un martedì colorato) o i meravigliosi esprimenti che, dagli anni Sessanta del Novecento – del 1964 è il I° manifesto agrà redatto a Macerata – lo portano a interrogare i caratteri del gesto compositivo.
Dopo un primo periodo legato ai flussi futuristi, a una estroflessione della superficie metallica (con i Lamierini a luce mobile), a una dissacrazione programmata (si pensi ai vari ritratti escremenziali e alle Incazzature fine anni Trenta) e a una stesura cromatica che troneggia sulla tela per assottigliare col tempo le icone (ridotte in splendide figure – come non pensare alle vele dove la componente naturalistica viene messa a dura prova da un procedimento ad ampie stesure cromatiche?), Monachesi procede con passo rapido fino a investire «profondamente ogni composizione con la sua spinta verso l'alto e con la sua volontà decisa di spezzare i vincoli della materia per avanzare suggestioni immediate e pregnanti, per convincere al miracolo sempre ripetuto della nascita» (Maurizi) e dell'antigravità: dell'agrà, più precisamente, intesa come liberazione dalla falsa cultura dei monopoli. «Lirico e romantico, egli non vuol concedere nulla alla realtà obbiettiva», puntualizza Giorgio Bassani: sul versante della pittura «ogni quadro è un autoritratto, un'occasione per farci sentire la sua voce robusta, baritonale, per mostrarci la schiettezza del suo gesto». Di un gesto che è esso stesso profondo e indispensabile prefisso costitutivo dell'opera, corpo estraneo di un racconto che scavalca la stabilità e la monumentalità per far assistere lo spettatore (e in particolare con le gommapiume) ad una teoria della formatività, al frutto di scelte libere e inventive, all'esigenza di un gusto che si precisa nello sforzo prorompente di modificare la composizione e presentare – sulla superficie così come negli ambienti – corpi spaziali perfettamente liberi e in movimento. Del resto «la compiutezza dell'opera d'arte come compimento del processo della sua formazione» (Pareyson) necessita di una «considerazione dinamica» della stessa opera d'arte.
Caricature, gessi, fusioni, allumini, gomme, terracotte e terrecrude, legni, cartoni, lastre e strutture di polimetilmetacrilato fluorescente (una vera e propria apologia del disegno che si riversa nell'estetica corpuscolare della luce), spaghi, gommapiume Pirelli, evelpiume e residui quotidiani sono per lui gli strumenti, i materiali utili ad accendere una metamorfosi chimica cosmica e biologica, a dominare l'etere, a disegnare le orme escatologiche dell'universo. Come dei saggi plastici, le sue opere attraversano il tempo della vita e condensano sensazioni, intuizioni spaziali, espressioni polifunzionali che assorbono lo spazio del segno per concepire dispositivi mobili, mutabili, autofinanziati da una freschezza riflessiva sulla natura di un'azione che mostra le trasformazioni della forma. Le lucide incursioni nel campo del disegno industriale, le architetture arzigogolate e impazzite di luce, assieme a tutte quelle indagini, ricerche o verifiche che entrano nel campo fertile del suo fascicolo evolutivo, mostrano l'ulteriore declinazione un progetto babelico, di una insaziabile sintesi e integrazione tra le arti, di un clima visivo che sfoggia le impennate irrequiete (gioiose e giocose) dell'artista, le ricerche esclusive del teorico, l'abilità funambolesca e versatile del conoscitore e dell'anticipatore, l'inarrestabile sete dell'uomo curioso.
Nel 1932, Sante Monachesi crea con Bruno Tano ed altri il Gruppo futurista Umberto Boccioni, Movimento futurista delle Marche. Nel dicembre dello stesso anno il Futurismo a Macerata mette radici più solide: viene costituito il Gruppo Futurista che prenderà il nome di Boccioni. È l'inizio di una vorticosa attività nel campo della pittura, della scultura, della grafica, della pubblicità, del cinema, che per oltre un decennio vedrà i membri del gruppo maceratese – Sante Monachesi, Bruno Tano ed altri – animare la scena artistica dell'intera regione tanto da essere promossi sul campo da Marinetti da «gruppo maceratese» a «gruppo marchigiano». Via via il gruppo si allarga. Molti giovani artisti sviluppano prevalentemente le loro linee di ricerca nell'ambito dell'aeropittura in tutte le sue declinazioni e alcuni di loro avranno occasione di esporre opere alle quadriennali romane, alle biennali di Venezia, a Torino, Roma, Parigi, Berlino New York.
Monachesi e Ivo Pannaggi furono sempre amici, erano amici da Macerata e lo sono rimasti sempre, poi a Roma e dopo il trasferimento di Pannaggi in Norvegia rimasero sempre in contatto.
Sin da giovanissimo Monachesi si avvicina alla scultura. L'intensità, l'accelerazione, l'accrescimento di vitalità, tutto spinto al parossismo, al color bianco, al momento di fusione: ecco ciò che sempre è stato sovranamente a cuore al grande Monachesi. Un'arte che eserciti un'azione di violento coinvolgimento emotivo sull'osservatore. Valgano per tutte tra il 1929 e il 1933 i titoli delle sue sculture spiraliche, precluso, dittatore, relazioni plastiche.
Partendo da una serie di esperienze legate all'areopittura e di allumini a luce mobile che evidenziano il profondo legame con il Futurismo e con Filippo Tommaso Marinetti, ad alcuni importanti lavori degli anni Quaranta e Cinquanta – Parigi, le sue vedute, i suoi muri ciechi, i suoi fiori e le sue Clownesses – campionature visive che si compenetrano tra loro grazie ad una costante ricerca d'infinito, i climi e le ricerche di un intellettuale la cui intelligenza non ha mai smesso di stupire. In mostra due perspex che rappresentano il segno agrà sono testimonianza di una manovra che porta l'artista a fondare nei primissimi anni Sessanta il Movimento Agrà, frutto d'una forte aspirazione ad un mondo senza peso e senza gravità, «un mondo limpido, trasparente e rarefatto come la luce, un mondo nel quale si sia leggeri come l'aria epperciò si possa volare nello spazio, godendo della stessa agravitazionalità degli astronauti durante i voli spaziali». Sfilano, poi, alcune vele adriatiche che non solo si gonfiano con i venti degli anni Settanta, ma spingono lo spettatore verso tutta una serie di immagini permeate di cultura, dove il gesto polemico e la creazione plastica si fondono insieme per evidenziare la libertà di anticipatore straordinario.
Elogio della polimatericità / di Antonello Tolve
Uomo dalla penna facile, sperimentatore sottile, rivoluzionario che rottama e rinnova continuamente i linguaggi dell'arte, Sante Monachesi è tra le voci più eleganti di un progetto che trova corrispondenza nella polimatericità, nella misura semanticospaziale dell'atmosfera plastica, in una felice polifonia estetica densa di rimandi al presente, di termini mobili e allo stesso tempo essenziali. Tra i fondatori del gruppo futurista maceratese (1932), Monachesi presenta sin dalle sue primissime cariche espressive, la chiara visione di un ricercatore che attraversa la ricchezza delle proposte e delle esperienze avanguardistiche per collaudare in prima linea le mille e una ipotesi dei gusti depositati nell'ampio spazio del movimento. Ad una verve stilistica che «si distingue per forti qualità plastiche e per un senso di astrazione calda e commossa» (Marinetti) o ad una «maturità visionaria, poetica e febbrile» rilevata da Emilio Villa già nei suoi primi lavori, l'artista addiziona la volontà di cogliere e accogliere gli impulsi di un mondo in trasformazione, l'irruzione del nuovo, l'abbondanza di ispirazioni e aspirazioni libere da marmellate ideologiche o ideografiche. Ne sono esempi brillanti le strutture spiraliche e diagonali del 1929-1934, le consistenze cromatiche che assorbono il pulviscolo della realtà, i paesaggi paramondrianei, i muri ciechi parigini che si illuminano di flussi fauve e cubisti («tra le pitture più belle degli anni cinquanta: in mezzo a tanta musica sporca, quei timbri netti, quei colpi larghi e secchi restano inconfondibili» suggerisce Leonardo Sinisgalli in un martedì colorato) o i meravigliosi esprimenti che, dagli anni Sessanta del Novecento – del 1964 è il I° manifesto agrà redatto a Macerata – lo portano a interrogare i caratteri del gesto compositivo.
Dopo un primo periodo legato ai flussi futuristi, a una estroflessione della superficie metallica (con i Lamierini a luce mobile), a una dissacrazione programmata (si pensi ai vari ritratti escremenziali e alle Incazzature fine anni Trenta) e a una stesura cromatica che troneggia sulla tela per assottigliare col tempo le icone (ridotte in splendide figure – come non pensare alle vele dove la componente naturalistica viene messa a dura prova da un procedimento ad ampie stesure cromatiche?), Monachesi procede con passo rapido fino a investire «profondamente ogni composizione con la sua spinta verso l'alto e con la sua volontà decisa di spezzare i vincoli della materia per avanzare suggestioni immediate e pregnanti, per convincere al miracolo sempre ripetuto della nascita» (Maurizi) e dell'antigravità: dell'agrà, più precisamente, intesa come liberazione dalla falsa cultura dei monopoli. «Lirico e romantico, egli non vuol concedere nulla alla realtà obbiettiva», puntualizza Giorgio Bassani: sul versante della pittura «ogni quadro è un autoritratto, un'occasione per farci sentire la sua voce robusta, baritonale, per mostrarci la schiettezza del suo gesto». Di un gesto che è esso stesso profondo e indispensabile prefisso costitutivo dell'opera, corpo estraneo di un racconto che scavalca la stabilità e la monumentalità per far assistere lo spettatore (e in particolare con le gommapiume) ad una teoria della formatività, al frutto di scelte libere e inventive, all'esigenza di un gusto che si precisa nello sforzo prorompente di modificare la composizione e presentare – sulla superficie così come negli ambienti – corpi spaziali perfettamente liberi e in movimento. Del resto «la compiutezza dell'opera d'arte come compimento del processo della sua formazione» (Pareyson) necessita di una «considerazione dinamica» della stessa opera d'arte.
Caricature, gessi, fusioni, allumini, gomme, terracotte e terrecrude, legni, cartoni, lastre e strutture di polimetilmetacrilato fluorescente (una vera e propria apologia del disegno che si riversa nell'estetica corpuscolare della luce), spaghi, gommapiume Pirelli, evelpiume e residui quotidiani sono per lui gli strumenti, i materiali utili ad accendere una metamorfosi chimica cosmica e biologica, a dominare l'etere, a disegnare le orme escatologiche dell'universo. Come dei saggi plastici, le sue opere attraversano il tempo della vita e condensano sensazioni, intuizioni spaziali, espressioni polifunzionali che assorbono lo spazio del segno per concepire dispositivi mobili, mutabili, autofinanziati da una freschezza riflessiva sulla natura di un'azione che mostra le trasformazioni della forma. Le lucide incursioni nel campo del disegno industriale, le architetture arzigogolate e impazzite di luce, assieme a tutte quelle indagini, ricerche o verifiche che entrano nel campo fertile del suo fascicolo evolutivo, mostrano l'ulteriore declinazione un progetto babelico, di una insaziabile sintesi e integrazione tra le arti, di un clima visivo che sfoggia le impennate irrequiete (gioiose e giocose) dell'artista, le ricerche esclusive del teorico, l'abilità funambolesca e versatile del conoscitore e dell'anticipatore, l'inarrestabile sete dell'uomo curioso.
15
aprile 2016
Sante Monachesi – Futuragrà
Dal 15 aprile al 16 maggio 2016
arte moderna e contemporanea
Location
GABA.MC – GALLERIA DELL’ACCADEMIA DI BELLE ARTI
Macerata, Piazza Vittorio Veneto, 7, (Macerata)
Macerata, Piazza Vittorio Veneto, 7, (Macerata)
Orario di apertura
da lunedì a sabato ore 15-20
Vernissage
15 Aprile 2016, h 18.00
Autore
Curatore