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Franco Palazzo – Di assoluti Luoghi
La mostra presenta un ciclo di singolari acquarelli ispirati a luoghi che, visti dall’artista nella loro alterità, risultano scenari di transito per l’anima. Insondabili e misteriosi luoghi-non-luoghi, ai quali l’accesso materiale sembra essere assolutamente negato, comunque reso altamente improbabile
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Sabato 2 aprile 2016, alle ore 18,00 alla niArt gallery di Ravenna, inaugurazione della mostra "Di assoluti Luoghi" di Franco Palazzo che presenta un ciclo di
singolari acquarelli ispirati a luoghi che, visti dall'artista nella loro alterità, risultano scenari di transito per l'anima. Insondabili e misteriosi luoghi-non-luoghi, ai quali l'accesso materiale sembra essere assolutamente negato, comunque reso altamente improbabile. L'artista sente questi luoghi come "congelati nella loro solitudine, immuni da contaminazioni da sviluppo urbano o industriale, dove l’umano e il divino
sembrano arcanamente esserci, anche se assenti. Paesaggi liberati dal vincolo del proprio aspetto fisico e traghettati in una dimensione poetica pura. Qui lo spiritus loci aleggia sopra un'archeologia che vive una rara integrazione: geologica, antropica e naturale. Luoghi che hanno attraversato il Tempo e sono stati visitati dal volo degli Angeli, giungono a noi variamente erosi, modificati, coperti di vegetazione e si offrono al nostro sguardo evocando sensazioni di onirica estraniazione". Catalogo con testo critico di Odette Gelosi in galleria.
La mostra resterà aperta fino al 23 aprile 2016 con i seguenti orari: martedì, mercoledì e sabato dalle 11 alle 12.30, giovedì, venerdi e sabato dalle 17,00 alle 19
Su appuntamento chiamando il n. 338 2791174
Info: tel. 338 2791174 - email: artgallery@alice.it www.niart.eu
FRANCO PALAZZO, nato a Crispiano nel 1938, vive e lavora a Ravenna dove ha frequentato i corsi di Tecniche dell’Incisione presso l’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Matteo Accarrino. E’ del 1973 la prima di numerose mostre - tra individuali e collettive - in
Europa e in U.S.A. Tra le principali: Nel 1992, Contemporary Spanish Art, Miami, Florida (U.S.A.); 1998, mostra ed installazione "Metafore", presentata da Gian Ruggero Manzoni e pubblicato su I Quaderni del Circolo degli Artisti di Faenza. Nel 1998 è invitato alla
rassegna "10 Jahre Kunst aus Ravenna" a Salzburg (A). Nel 1999 espone le sue tele fluorescenti (Ciclo delle Torri-Navi) nella mostra
"Metafore" al Palazzo della Provincia di Ravenna e, nel 2001, al Palazzetto dell’Arte di Foggia. Negli anni '90 è in Francia (ART
JONCTION, Nice) e in Spagna (INTERARTE, València e BIAF, Barcelona) entrando in contatto col mondo artistico internazionale. Data
dal 1994 al 2003 la collaborazione con l'artista spagnola Charo Marìn, con esposizioni alla Galerìa ANAGMA di València e
all'Ayuntamiento di Nàquera (E). Nel 2000 espone alla Collégiale Saint-André a Chartres (F). Nel 2003 è invitato alla VI Biennale
Internazionale di Sharjah (U.A.E.) e alla Kunstmesse di Salzburg (A), in seguito, personale "Odisseuno" alla Galleria Comunale Ex
Pescheria di Cesena (FC). Nel 2005, personale, a cura di Agneta Kreischer, "Alchimie" all'Arcotel Nike Galerie, Linz (A) e alla
Rathausfestsalle di Gmunden (A). Nel 2001 partecipa, su invito di Martina Corgnati e Julien Blaine, a "Progetto Ambiente", mostra di
gruppo alla Galleria del Credito Valtellinese, Sondrio. Nel 2003 è invitato alla VI Biennale Internazionale di Sharjah (U.A.E.). 200,
espone alla niArt Gallery di Ravenna con l'edizione del volume monografico bilingue: PALAZZO, Le Dimore del Mito, presentazione di
Odette Gelosi. La mostra viene replicata a Palazzuolo sul Senio (FI) a cura di Marco Violi. Nel 2007, su invito della Città di Chartres (F),
allestisce, insieme allo scultore Piero Strada, la mostra "Les Demeures du Mythe". 2009, mostra "Le Dimore di Athena" ed edizione di
una cartella di cinque incisioni, a cura di Marisa Zattini, Galleria IL VICOLO, Cesena. 2010, "Meta-morfosi", Palazzo Rasponi, Ravenna.
2012, "Acheloos", alla Rocca di Riolo Terme, in catalogo, a cura di Marco Violi, poesie dialettali del poeta Nevio Spadoni. 2014,
"Reperti", a cura di Aldo Savini, alla Biblioteca Civica di Cervia (Ra). 2016, "Di assoluti Luoghi", con testo critico di Odette Gelosi alla
niArt Gallery di Ravenna.
Opera completa: www.francopalazzo.it Contatti: franco@francopalazzo
Di assoluti Luoghi
VIAGGIO TRA SPIRITO E MATERIA
ACQUARELLI
Gialla di carte azzurre e verdi, lisa
nel verderame degli scoli, vigna
di pianto agreste, la basilica.
(Alfonso Gatto)
Il titolo parla di luoghi, "assoluti" nel senso che hanno radici nella nostra anima più segreta. Luoghi in cui aggirarsi e
smarrirsi, ma solo con la fantasia. Ho provato ad indagare questi luoghi impraticabili, situati in una dimensione
ultraterrena, impossibili da raggiungere fisicamente.
I ricercatori di avventure dello spirito sono i benvenuti in questi siti paralleli, vere e proprie eterotopie, pensando a quelle
contemplate dal filosofo Michel Foucault. Essi, nella loro alterità, sono scenari di transito per l'anima, insondabili e
misteriosi luoghi-non-luoghi a cui l'accesso materiale è assolutamente negato, comunque reso altamente improbabile.
Non è possibile esplorarli se non seguendo ipotetiche e complicate procedure d'accesso e se non dotati di quella
“protesi” che solo il pensiero umano sa produrre: l'immaginazione. Condizione che permette di indagare attraverso l’arte
gli enigmi in cui ci si può imbattere nel faticoso cammino della conoscenza, dove il concetto di "impossibile" non esiste.
Inaccessibili appaiono queste solitarie Tebaidi, emblematiche di questo ciclo pittorico. Deserte, immerse in aurore
esangui o emergenti dalle tenebre, dipinte a partire dagli ultimi anni '80. Scenari carichi di memorie, luoghi da me amati
per appartenenza nativa, si collocano nell'ambito del sacro. Congelati nella loro solitudine, sono immuni da
contaminazioni dovute a sviluppo urbano o industriale, luoghi dove l’umano e il divino sembrano arcanamente esserci,
anche se assenti. Qui lo spiritus loci aleggia sopra un'archeologia che vive una singolare integrazione geologica,
antropica e naturale. Forme variamente erose, modificate, coperte di vegetazione, si offrono al nostro sguardo
evocando sensazioni di onirica estraniazione.
In viaggio, mentre nell'anima fluivano le soavi e struggenti note dell'“Erbarme dich, mein Gott” della Passione secondo
Matteo di J. S. Bach, mi si spalancò all'improvviso davanti agli occhi la straordinaria visione degli insediamenti e delle
Basiliche Rupestri di Puglia e Basilicata, giacimenti di memoria che sanno di Medio Oriente e di Cappadocia.
Emanavano il fascino del sacro, esibendo la nascosta bellezza degli affreschi rupestri, custoditi in singolari architetture
ipogee, vere sculture in negativo scavate nelle calcareniti delle gravine, che Cesare Brandi nel suo "Pellegrino di Puglia"
(1960) percepiva come "Letti di fiumi abbandonati, tombe violate di un'acqua scomparsa". Questi luoghi, decisamente
proiettati nella dimensione dello spirito, rimastimi per sempre negli occhi, divennero per me motivo d’ispirazione,
sconvolgente carica emozionale, ossessiva imposizione tematica, fino ad arrivare al saccheggio visivo, per potersi poi
reincarnare in indelebili icone dell'anima. Rupi aspre e terragne abitano questi spazi dell'Altrove, tra arbusti di olivastro e
cespugli di lentisco, in forma di vaghe dimore, alcune marcate da simboli paleocristiani e segni di un alfabeto arcano e
senza tempo, tracce della frequentazione umana di questi luoghi, dichiarati dall'U.N.E.S.C.O Patrimonio Culturale
dell'Umanità.
A volte, invece, appaiono siti meno solitari, abitati da architetture povere e spontanee, inserite in spazi metafisici,
immerse in atmosfere mediterranee, dove nulla sembra rapidamente muoversi. Così in un'annotazione autobiografica:
“[…] gradinata di candide case dal cuore fresco e pulito, ferme nel tempo sotto un cielo di seta, azzurro e profondo,
invaso da nubi abbaglianti, gonfiate dallo Scirocco. Veleggianti, sospinte dalla Tramontana". Mentre, per contrasto, giù a
terra, s'individuano le variegate trame della materia (quella più solida e cromaticamente densa) segnata dalle profonde
incisioni delle gravine piene di cavità ipogee che misteriosamente le perforano. Materia terrena dunque, sebbene
vivificata dal soffio dello spirito. Madre Terra, memore di antichi Miti, testimone di indicibili fatiche e vicende bagnate di
pianto, d'insperate rinascite ma anche di laceranti ferite inferte a quelle umili vite appartate, le cui tracce sono ancora
tangibili nell'habitat rupestre, un mondo quasi sconosciuto, eppure a noi così umanamente vicino.
Attraverso l'indagine sul profilo culturale del paesaggio, confortata dalla passione e dal rispetto per la più alta
tradizione italiana (di cui mi nutro) intende produrre, non sempre riuscendo, una continuità col contemporaneo,
ricercando risultati espressivi e formali, dove la sostanza di cui sono costituite le opere e la materia pittorica siano
pervase dal medesimo spirito.
Dall'Eterno che ci sovrasta alla realtà oggettiva dell'essere, tutto ho cercato di infondere in questi lavori, non come è
dato di vedere con gli occhi o percepire con gli altri sensi, ma come potrebbe essere, anzi come è nella verità dell'arte.
Ne nascono olii e tecniche miste, prima. Ora, acquarelli di grandi dimensioni, su carta riso cinese intelata e montata su
telai. Queste opere propongono il racconto di una pennellata leggera, nella sua capacità di farsi portatrice di forte
empatia, distillatrice di sentimenti autentici e struggenti metafore del visibile. Come, parallelamente, alla ricerca degli
umori di un'inedita laguna, abitata da scarni relitti veneziani, puramente cromatici, soffusi, musicali. Iceberg in rarefatte
composizioni che, con un pizzico di sensualità, potrebbero divenire poetiche eterotopie.
Nel deserto del nostro tempo, in una società bulimica e distratta, afflitta da una avvilente omologazione, distruttrice di
valori, secondo una voluta e programmata "ipnosi televisiva" e da un assordante "frastuono mediatico", sarebbe bello
poter sostare qualche volta a meditare. Sarebbe salvifico per l'anima porsi in ascolto di un "silenzio" da percepire in
alcune di queste tele che vorrebbero proporci una diversa e stimolante dimensione dell'essere.
Franco Palazzo
Le icone del sentire di Franco Palazzo
Pugliese di nascita, Franco Palazzo ha trascorso la maggior parte della sua vita a Ravenna, di cui ha assimilato l’illustre passato così
affine al suo sentire. Ed è proprio in questa mitica città che ha esternato e sviluppato le sue doti, rivelando una sensibilità e
un’intuizione aperte alla storia e alla cultura.
Egli è comunque figlio di quella sua terra di Puglia, di cui nella sua infanzia, ha respirato l’essenza, inebriandosi di natura e di eventi
storici, intuendo speranze e paure che hanno percorso i secoli. Poi si è trasferito a Ravenna, una città saldamente legata ad un passato
illustre, per un certo tempo centro di un impero potente, i cui resti, giganteschi nella loro magnificenza e vividi nella loro preziosità, non
potevano non imprimersi profondamente nell’io vibratile di Franco Palazzo, muovendone gli impulsi verso una lievitazione della
conoscenza e dell’esercizio del bello.
A Ravenna, Franco Palazzo scopre il fascino sotteso a tonalità cromatiche meno squillanti di quelle del suo meridione, a poetici
cromatismi soffusi che stimolano riflessione e sogno. E proprio quelle sue facoltà vengono lievitate dalla magnificenza dei monumenti
della Ravenna antica, dallo splendore dei mosaici, unici per tipologia in Occidente, che suscitano nell’artista il desiderio di approfondire
lo studio di quei fulgidi periodi di storia ritmati dai nomi di Teodorico, Galla Placidia, Valentiniano… Con fertile immaginazione, Palazzo
s’immerge in quel passato tumultuoso, costeggiandone i resti che ampliano all’infinito il suo orizzonte di vita e rafforzano la sua
passione per ogni reperto archeologico, storico o artistico. In Romagna, egli completa la sua caleidoscopica formazione, aperta ad ogni
aspetto della cultura; molte delle sue creazioni si collegano ad una sensazione suscitata da un elemento di carattere storico, artistico,
letterario. Le sue navi ebbre di un mare e di un cielo blu cobalto scaturiscono dal noto "Bateau ivre" del grande poeta francese Rimbaud
secondo il quale occorreva, per essere un vero poeta, diventare veggenti, superando i limiti ristretti del nostro sentire. Sembra che
Franco Palazzo abbia in qualche modo aderito al pensiero di Rimbaud, rivivendo nelle sue opere precedenti momenti di vita e di storia
macerati dalla sua sensibilità profonda. Le numerose sue "Turris" sorgono dall’inconscio, rapresentate dai resti delle torri pugliesi da lui
erette sulla tela o la carta con fare visionario. Gran parte delle creazioni di questo artista sono appunto una proiezione del suo sentire.
Anche l’esposizione di questi acquerelli s’inscrive in quella parabola creativa. Il titolo assegnato alla mostra, "Di assoluti luoghi", è
ampiamente significativo: si tratta qui, come afferma Palazzo, di luoghi-non-luoghi, cioè di luoghi suggeriti dalla realtà, ma nati e
configurati lontano da essa, plasmati dall’immaginazione del pittore che li ha ricreati con l’originalità del suo sentire affinato dalle
molteplici esperienze di una vita profondamente vissuta. In tale situazione creativa, l’oggetto preso in considerazione, perde il suo
aspetto reale per assumere una conformazione che, per similitudini e deformazioni, riesce ad evocarne l’essenza, quell’essenza
maturata nell’io profondo dell’autore che la avvolge dei colori del suo sogno. Penso che Franco Palazzo abbia proprio scelto di usare
l’acquerello per queste sue rappresentazioni, ben conoscendo la delicatezza cromatica ottenuta con quelle pennellate diluite. E non il
reale viene reso, ma le intime impressioni del pittore che rivela una sottile capacità di sublimare i vari tipi di paesaggi rappresentati
immergendoli in soffuse e miti tonalità cromatiche che si fondono in una intensa unità. In Yellow Venice, ad esempio, sono i colori ad
essere particolarmente eloquenti. Solo una bassa cupola appare sulla sinistra, mentre porzioni di piani mostrano cromatismi caldi che
dal giallo, passando dall’arancione, virano al rosso cupo un po’ nostalgico. Persino la laguna e il cielo rosato partecipano di questi colori
solari, che suggeriscono il caldo, la luce, ma anche la Cà d’Oro, la ricchezza e la grandezza del passato veneziano. La veste biancastra
in primo piano colloca la città in un lontano e splendido passato di cui l’uomo può essere ormai soprattutto spettatore. L’insieme desta
una dolce e vibrante malinconia.
Tutte queste rappresentazioni inoltre sembrano scrigni chiusi in sé non percorribili. Non un sentiero, una strada che li identifichi;
appaiono inaccessibili come ignote isole remote. Sono porzioni di tempo e di spazio, icone del sentire dell’artista che, dense della sua
interiorità, assurgono a una dimensione altra. Ognuna si ammanta di una propria atmosfera, irripetibile come l’emozione unica da essa
suscitata nell’io del pittore. E ognuna la sprigiona, facendola rivivere. Le Vaghe Dimore dell’Essere non sembrano case campeggiate in
una solida realtà. Più che raffigurate, esse sono suggerite con tratti di luce, di penombra, di cromie sfumate unificanti o diversificanti.
Esse hanno un’anima: sembrano sul punto di parlare. La maestria con cui sono state distribuite le irregolarità e le deformazioni fanno sì
che l’immagine si animi, diventi quasi umana. Esse sono lo specchio che proietta l’interiorità di Franco Palazzo, la sua squisita e
variegata sensibilità.
Imparare a conoscere un artista come Palazzo non può avvenire con una semplice e rapida osservazione delle sue opere. Ogni sua
creazione va contemplata a lungo perché chi guarda possa farsi penetrare da questo linguaggio muto, riuscendo a cogliere
quell’espressione evanescente che palesa l’io dell’autore. Opere che si collocano fuori del tempo necessitano di essere avvicinate da
spettatori che, prima che con la mente, le sappiano assaporare con una sensibilità volta a percepirne l’assoluta originalità.
Odette Gelosi
Visioni e sogni
Franco Palazzo è un sognatore. Egli depone segni e sogni in uno spazio immaginario intriso di poesia e messaggi.
Decide di animare lo spazio con presenze fantastiche e luoghi reali dove trovano collocazione misteriosi paesaggi della
mente.
E' quasi un viaggio straniante che si confronta con ambienti tra il reale e il surreale, facendo apparire immagini rarefatte
portandoci con la mente a forme del passato.
E' quasi un sogno tra poesia e sentimento, il paesaggio sembra prendere la forma di un racconto che coinvolge i
meandri della nostra immaginazione.
Egli crea fraseggi cromatici con suggestioni di bellezza.
Attento e indagatore Franco, come il suo lavoro che è sempre ponderato e meticoloso.
Il quadro non finisce nella cornice della tela ma rinvia ad un altro e poi ad un altro ancora per intersecarsi all'infinito.
Il racconto magico dei suoi lavori conferma una indagine ai confini della rappresentazione.
I suoi sono acquarelli uniti da un unico percorso che traccia e immagina la plasticità dell'affresco.
I suoi paesaggi sono luoghi reali visitabili solo con la fantasia e l'immaginazione.
Quello presentato alla niArt è un ciclo su cui ha lavorato negli ultimi anni consolidando una tecnica personale e laboriosa,
infatti il procedimento della preparazione della carta di riso applicata su tela è piuttosto impegnativo e complicato ma
Franco, con l'amore per la propria arte, lo alleggerisce delle sue complicanze presentandocelo leggero ed ovattato.
L'arte per sua natura è sempre astrazione di quanto percepito, vissuto, sofferto oppure amato. Quindi è racconto intimo
di coscienza e conoscenza che emerge dal “racconto” visivo.
Qui l'artista evidenzia proprio la sua profonda intimità pittorica che si espande all'occhio del fruitore assorbendo
inconsciamente quel sigillo di permanenza, di identità e di certezza.
Mirò diceva “ il quadro deve fecondare l'immaginazione”. E' indubitabile che l'arte di Franco Palazzo non esaurisce le
proprie valenze su una se pur coinvolgente affermazione stilistica, ma si dilata in quel ricordo che trasmuta il sogno alla
memoria.
Il lavoro di Palazzo non si apprezza solo per la tensione creativa ma anche per la fondamentale capacità tecnica e per la padronanza dei codici espressivi che, uniti ad una energia primaria, esalta il circuito tra forma e tecnica espandendolo oltre i confini di ciò che è fisico.
Felice Nittolo
aprile 2016
singolari acquarelli ispirati a luoghi che, visti dall'artista nella loro alterità, risultano scenari di transito per l'anima. Insondabili e misteriosi luoghi-non-luoghi, ai quali l'accesso materiale sembra essere assolutamente negato, comunque reso altamente improbabile. L'artista sente questi luoghi come "congelati nella loro solitudine, immuni da contaminazioni da sviluppo urbano o industriale, dove l’umano e il divino
sembrano arcanamente esserci, anche se assenti. Paesaggi liberati dal vincolo del proprio aspetto fisico e traghettati in una dimensione poetica pura. Qui lo spiritus loci aleggia sopra un'archeologia che vive una rara integrazione: geologica, antropica e naturale. Luoghi che hanno attraversato il Tempo e sono stati visitati dal volo degli Angeli, giungono a noi variamente erosi, modificati, coperti di vegetazione e si offrono al nostro sguardo evocando sensazioni di onirica estraniazione". Catalogo con testo critico di Odette Gelosi in galleria.
La mostra resterà aperta fino al 23 aprile 2016 con i seguenti orari: martedì, mercoledì e sabato dalle 11 alle 12.30, giovedì, venerdi e sabato dalle 17,00 alle 19
Su appuntamento chiamando il n. 338 2791174
Info: tel. 338 2791174 - email: artgallery@alice.it www.niart.eu
FRANCO PALAZZO, nato a Crispiano nel 1938, vive e lavora a Ravenna dove ha frequentato i corsi di Tecniche dell’Incisione presso l’Accademia di Belle Arti sotto la guida di Matteo Accarrino. E’ del 1973 la prima di numerose mostre - tra individuali e collettive - in
Europa e in U.S.A. Tra le principali: Nel 1992, Contemporary Spanish Art, Miami, Florida (U.S.A.); 1998, mostra ed installazione "Metafore", presentata da Gian Ruggero Manzoni e pubblicato su I Quaderni del Circolo degli Artisti di Faenza. Nel 1998 è invitato alla
rassegna "10 Jahre Kunst aus Ravenna" a Salzburg (A). Nel 1999 espone le sue tele fluorescenti (Ciclo delle Torri-Navi) nella mostra
"Metafore" al Palazzo della Provincia di Ravenna e, nel 2001, al Palazzetto dell’Arte di Foggia. Negli anni '90 è in Francia (ART
JONCTION, Nice) e in Spagna (INTERARTE, València e BIAF, Barcelona) entrando in contatto col mondo artistico internazionale. Data
dal 1994 al 2003 la collaborazione con l'artista spagnola Charo Marìn, con esposizioni alla Galerìa ANAGMA di València e
all'Ayuntamiento di Nàquera (E). Nel 2000 espone alla Collégiale Saint-André a Chartres (F). Nel 2003 è invitato alla VI Biennale
Internazionale di Sharjah (U.A.E.) e alla Kunstmesse di Salzburg (A), in seguito, personale "Odisseuno" alla Galleria Comunale Ex
Pescheria di Cesena (FC). Nel 2005, personale, a cura di Agneta Kreischer, "Alchimie" all'Arcotel Nike Galerie, Linz (A) e alla
Rathausfestsalle di Gmunden (A). Nel 2001 partecipa, su invito di Martina Corgnati e Julien Blaine, a "Progetto Ambiente", mostra di
gruppo alla Galleria del Credito Valtellinese, Sondrio. Nel 2003 è invitato alla VI Biennale Internazionale di Sharjah (U.A.E.). 200,
espone alla niArt Gallery di Ravenna con l'edizione del volume monografico bilingue: PALAZZO, Le Dimore del Mito, presentazione di
Odette Gelosi. La mostra viene replicata a Palazzuolo sul Senio (FI) a cura di Marco Violi. Nel 2007, su invito della Città di Chartres (F),
allestisce, insieme allo scultore Piero Strada, la mostra "Les Demeures du Mythe". 2009, mostra "Le Dimore di Athena" ed edizione di
una cartella di cinque incisioni, a cura di Marisa Zattini, Galleria IL VICOLO, Cesena. 2010, "Meta-morfosi", Palazzo Rasponi, Ravenna.
2012, "Acheloos", alla Rocca di Riolo Terme, in catalogo, a cura di Marco Violi, poesie dialettali del poeta Nevio Spadoni. 2014,
"Reperti", a cura di Aldo Savini, alla Biblioteca Civica di Cervia (Ra). 2016, "Di assoluti Luoghi", con testo critico di Odette Gelosi alla
niArt Gallery di Ravenna.
Opera completa: www.francopalazzo.it Contatti: franco@francopalazzo
Di assoluti Luoghi
VIAGGIO TRA SPIRITO E MATERIA
ACQUARELLI
Gialla di carte azzurre e verdi, lisa
nel verderame degli scoli, vigna
di pianto agreste, la basilica.
(Alfonso Gatto)
Il titolo parla di luoghi, "assoluti" nel senso che hanno radici nella nostra anima più segreta. Luoghi in cui aggirarsi e
smarrirsi, ma solo con la fantasia. Ho provato ad indagare questi luoghi impraticabili, situati in una dimensione
ultraterrena, impossibili da raggiungere fisicamente.
I ricercatori di avventure dello spirito sono i benvenuti in questi siti paralleli, vere e proprie eterotopie, pensando a quelle
contemplate dal filosofo Michel Foucault. Essi, nella loro alterità, sono scenari di transito per l'anima, insondabili e
misteriosi luoghi-non-luoghi a cui l'accesso materiale è assolutamente negato, comunque reso altamente improbabile.
Non è possibile esplorarli se non seguendo ipotetiche e complicate procedure d'accesso e se non dotati di quella
“protesi” che solo il pensiero umano sa produrre: l'immaginazione. Condizione che permette di indagare attraverso l’arte
gli enigmi in cui ci si può imbattere nel faticoso cammino della conoscenza, dove il concetto di "impossibile" non esiste.
Inaccessibili appaiono queste solitarie Tebaidi, emblematiche di questo ciclo pittorico. Deserte, immerse in aurore
esangui o emergenti dalle tenebre, dipinte a partire dagli ultimi anni '80. Scenari carichi di memorie, luoghi da me amati
per appartenenza nativa, si collocano nell'ambito del sacro. Congelati nella loro solitudine, sono immuni da
contaminazioni dovute a sviluppo urbano o industriale, luoghi dove l’umano e il divino sembrano arcanamente esserci,
anche se assenti. Qui lo spiritus loci aleggia sopra un'archeologia che vive una singolare integrazione geologica,
antropica e naturale. Forme variamente erose, modificate, coperte di vegetazione, si offrono al nostro sguardo
evocando sensazioni di onirica estraniazione.
In viaggio, mentre nell'anima fluivano le soavi e struggenti note dell'“Erbarme dich, mein Gott” della Passione secondo
Matteo di J. S. Bach, mi si spalancò all'improvviso davanti agli occhi la straordinaria visione degli insediamenti e delle
Basiliche Rupestri di Puglia e Basilicata, giacimenti di memoria che sanno di Medio Oriente e di Cappadocia.
Emanavano il fascino del sacro, esibendo la nascosta bellezza degli affreschi rupestri, custoditi in singolari architetture
ipogee, vere sculture in negativo scavate nelle calcareniti delle gravine, che Cesare Brandi nel suo "Pellegrino di Puglia"
(1960) percepiva come "Letti di fiumi abbandonati, tombe violate di un'acqua scomparsa". Questi luoghi, decisamente
proiettati nella dimensione dello spirito, rimastimi per sempre negli occhi, divennero per me motivo d’ispirazione,
sconvolgente carica emozionale, ossessiva imposizione tematica, fino ad arrivare al saccheggio visivo, per potersi poi
reincarnare in indelebili icone dell'anima. Rupi aspre e terragne abitano questi spazi dell'Altrove, tra arbusti di olivastro e
cespugli di lentisco, in forma di vaghe dimore, alcune marcate da simboli paleocristiani e segni di un alfabeto arcano e
senza tempo, tracce della frequentazione umana di questi luoghi, dichiarati dall'U.N.E.S.C.O Patrimonio Culturale
dell'Umanità.
A volte, invece, appaiono siti meno solitari, abitati da architetture povere e spontanee, inserite in spazi metafisici,
immerse in atmosfere mediterranee, dove nulla sembra rapidamente muoversi. Così in un'annotazione autobiografica:
“[…] gradinata di candide case dal cuore fresco e pulito, ferme nel tempo sotto un cielo di seta, azzurro e profondo,
invaso da nubi abbaglianti, gonfiate dallo Scirocco. Veleggianti, sospinte dalla Tramontana". Mentre, per contrasto, giù a
terra, s'individuano le variegate trame della materia (quella più solida e cromaticamente densa) segnata dalle profonde
incisioni delle gravine piene di cavità ipogee che misteriosamente le perforano. Materia terrena dunque, sebbene
vivificata dal soffio dello spirito. Madre Terra, memore di antichi Miti, testimone di indicibili fatiche e vicende bagnate di
pianto, d'insperate rinascite ma anche di laceranti ferite inferte a quelle umili vite appartate, le cui tracce sono ancora
tangibili nell'habitat rupestre, un mondo quasi sconosciuto, eppure a noi così umanamente vicino.
Attraverso l'indagine sul profilo culturale del paesaggio, confortata dalla passione e dal rispetto per la più alta
tradizione italiana (di cui mi nutro) intende produrre, non sempre riuscendo, una continuità col contemporaneo,
ricercando risultati espressivi e formali, dove la sostanza di cui sono costituite le opere e la materia pittorica siano
pervase dal medesimo spirito.
Dall'Eterno che ci sovrasta alla realtà oggettiva dell'essere, tutto ho cercato di infondere in questi lavori, non come è
dato di vedere con gli occhi o percepire con gli altri sensi, ma come potrebbe essere, anzi come è nella verità dell'arte.
Ne nascono olii e tecniche miste, prima. Ora, acquarelli di grandi dimensioni, su carta riso cinese intelata e montata su
telai. Queste opere propongono il racconto di una pennellata leggera, nella sua capacità di farsi portatrice di forte
empatia, distillatrice di sentimenti autentici e struggenti metafore del visibile. Come, parallelamente, alla ricerca degli
umori di un'inedita laguna, abitata da scarni relitti veneziani, puramente cromatici, soffusi, musicali. Iceberg in rarefatte
composizioni che, con un pizzico di sensualità, potrebbero divenire poetiche eterotopie.
Nel deserto del nostro tempo, in una società bulimica e distratta, afflitta da una avvilente omologazione, distruttrice di
valori, secondo una voluta e programmata "ipnosi televisiva" e da un assordante "frastuono mediatico", sarebbe bello
poter sostare qualche volta a meditare. Sarebbe salvifico per l'anima porsi in ascolto di un "silenzio" da percepire in
alcune di queste tele che vorrebbero proporci una diversa e stimolante dimensione dell'essere.
Franco Palazzo
Le icone del sentire di Franco Palazzo
Pugliese di nascita, Franco Palazzo ha trascorso la maggior parte della sua vita a Ravenna, di cui ha assimilato l’illustre passato così
affine al suo sentire. Ed è proprio in questa mitica città che ha esternato e sviluppato le sue doti, rivelando una sensibilità e
un’intuizione aperte alla storia e alla cultura.
Egli è comunque figlio di quella sua terra di Puglia, di cui nella sua infanzia, ha respirato l’essenza, inebriandosi di natura e di eventi
storici, intuendo speranze e paure che hanno percorso i secoli. Poi si è trasferito a Ravenna, una città saldamente legata ad un passato
illustre, per un certo tempo centro di un impero potente, i cui resti, giganteschi nella loro magnificenza e vividi nella loro preziosità, non
potevano non imprimersi profondamente nell’io vibratile di Franco Palazzo, muovendone gli impulsi verso una lievitazione della
conoscenza e dell’esercizio del bello.
A Ravenna, Franco Palazzo scopre il fascino sotteso a tonalità cromatiche meno squillanti di quelle del suo meridione, a poetici
cromatismi soffusi che stimolano riflessione e sogno. E proprio quelle sue facoltà vengono lievitate dalla magnificenza dei monumenti
della Ravenna antica, dallo splendore dei mosaici, unici per tipologia in Occidente, che suscitano nell’artista il desiderio di approfondire
lo studio di quei fulgidi periodi di storia ritmati dai nomi di Teodorico, Galla Placidia, Valentiniano… Con fertile immaginazione, Palazzo
s’immerge in quel passato tumultuoso, costeggiandone i resti che ampliano all’infinito il suo orizzonte di vita e rafforzano la sua
passione per ogni reperto archeologico, storico o artistico. In Romagna, egli completa la sua caleidoscopica formazione, aperta ad ogni
aspetto della cultura; molte delle sue creazioni si collegano ad una sensazione suscitata da un elemento di carattere storico, artistico,
letterario. Le sue navi ebbre di un mare e di un cielo blu cobalto scaturiscono dal noto "Bateau ivre" del grande poeta francese Rimbaud
secondo il quale occorreva, per essere un vero poeta, diventare veggenti, superando i limiti ristretti del nostro sentire. Sembra che
Franco Palazzo abbia in qualche modo aderito al pensiero di Rimbaud, rivivendo nelle sue opere precedenti momenti di vita e di storia
macerati dalla sua sensibilità profonda. Le numerose sue "Turris" sorgono dall’inconscio, rapresentate dai resti delle torri pugliesi da lui
erette sulla tela o la carta con fare visionario. Gran parte delle creazioni di questo artista sono appunto una proiezione del suo sentire.
Anche l’esposizione di questi acquerelli s’inscrive in quella parabola creativa. Il titolo assegnato alla mostra, "Di assoluti luoghi", è
ampiamente significativo: si tratta qui, come afferma Palazzo, di luoghi-non-luoghi, cioè di luoghi suggeriti dalla realtà, ma nati e
configurati lontano da essa, plasmati dall’immaginazione del pittore che li ha ricreati con l’originalità del suo sentire affinato dalle
molteplici esperienze di una vita profondamente vissuta. In tale situazione creativa, l’oggetto preso in considerazione, perde il suo
aspetto reale per assumere una conformazione che, per similitudini e deformazioni, riesce ad evocarne l’essenza, quell’essenza
maturata nell’io profondo dell’autore che la avvolge dei colori del suo sogno. Penso che Franco Palazzo abbia proprio scelto di usare
l’acquerello per queste sue rappresentazioni, ben conoscendo la delicatezza cromatica ottenuta con quelle pennellate diluite. E non il
reale viene reso, ma le intime impressioni del pittore che rivela una sottile capacità di sublimare i vari tipi di paesaggi rappresentati
immergendoli in soffuse e miti tonalità cromatiche che si fondono in una intensa unità. In Yellow Venice, ad esempio, sono i colori ad
essere particolarmente eloquenti. Solo una bassa cupola appare sulla sinistra, mentre porzioni di piani mostrano cromatismi caldi che
dal giallo, passando dall’arancione, virano al rosso cupo un po’ nostalgico. Persino la laguna e il cielo rosato partecipano di questi colori
solari, che suggeriscono il caldo, la luce, ma anche la Cà d’Oro, la ricchezza e la grandezza del passato veneziano. La veste biancastra
in primo piano colloca la città in un lontano e splendido passato di cui l’uomo può essere ormai soprattutto spettatore. L’insieme desta
una dolce e vibrante malinconia.
Tutte queste rappresentazioni inoltre sembrano scrigni chiusi in sé non percorribili. Non un sentiero, una strada che li identifichi;
appaiono inaccessibili come ignote isole remote. Sono porzioni di tempo e di spazio, icone del sentire dell’artista che, dense della sua
interiorità, assurgono a una dimensione altra. Ognuna si ammanta di una propria atmosfera, irripetibile come l’emozione unica da essa
suscitata nell’io del pittore. E ognuna la sprigiona, facendola rivivere. Le Vaghe Dimore dell’Essere non sembrano case campeggiate in
una solida realtà. Più che raffigurate, esse sono suggerite con tratti di luce, di penombra, di cromie sfumate unificanti o diversificanti.
Esse hanno un’anima: sembrano sul punto di parlare. La maestria con cui sono state distribuite le irregolarità e le deformazioni fanno sì
che l’immagine si animi, diventi quasi umana. Esse sono lo specchio che proietta l’interiorità di Franco Palazzo, la sua squisita e
variegata sensibilità.
Imparare a conoscere un artista come Palazzo non può avvenire con una semplice e rapida osservazione delle sue opere. Ogni sua
creazione va contemplata a lungo perché chi guarda possa farsi penetrare da questo linguaggio muto, riuscendo a cogliere
quell’espressione evanescente che palesa l’io dell’autore. Opere che si collocano fuori del tempo necessitano di essere avvicinate da
spettatori che, prima che con la mente, le sappiano assaporare con una sensibilità volta a percepirne l’assoluta originalità.
Odette Gelosi
Visioni e sogni
Franco Palazzo è un sognatore. Egli depone segni e sogni in uno spazio immaginario intriso di poesia e messaggi.
Decide di animare lo spazio con presenze fantastiche e luoghi reali dove trovano collocazione misteriosi paesaggi della
mente.
E' quasi un viaggio straniante che si confronta con ambienti tra il reale e il surreale, facendo apparire immagini rarefatte
portandoci con la mente a forme del passato.
E' quasi un sogno tra poesia e sentimento, il paesaggio sembra prendere la forma di un racconto che coinvolge i
meandri della nostra immaginazione.
Egli crea fraseggi cromatici con suggestioni di bellezza.
Attento e indagatore Franco, come il suo lavoro che è sempre ponderato e meticoloso.
Il quadro non finisce nella cornice della tela ma rinvia ad un altro e poi ad un altro ancora per intersecarsi all'infinito.
Il racconto magico dei suoi lavori conferma una indagine ai confini della rappresentazione.
I suoi sono acquarelli uniti da un unico percorso che traccia e immagina la plasticità dell'affresco.
I suoi paesaggi sono luoghi reali visitabili solo con la fantasia e l'immaginazione.
Quello presentato alla niArt è un ciclo su cui ha lavorato negli ultimi anni consolidando una tecnica personale e laboriosa,
infatti il procedimento della preparazione della carta di riso applicata su tela è piuttosto impegnativo e complicato ma
Franco, con l'amore per la propria arte, lo alleggerisce delle sue complicanze presentandocelo leggero ed ovattato.
L'arte per sua natura è sempre astrazione di quanto percepito, vissuto, sofferto oppure amato. Quindi è racconto intimo
di coscienza e conoscenza che emerge dal “racconto” visivo.
Qui l'artista evidenzia proprio la sua profonda intimità pittorica che si espande all'occhio del fruitore assorbendo
inconsciamente quel sigillo di permanenza, di identità e di certezza.
Mirò diceva “ il quadro deve fecondare l'immaginazione”. E' indubitabile che l'arte di Franco Palazzo non esaurisce le
proprie valenze su una se pur coinvolgente affermazione stilistica, ma si dilata in quel ricordo che trasmuta il sogno alla
memoria.
Il lavoro di Palazzo non si apprezza solo per la tensione creativa ma anche per la fondamentale capacità tecnica e per la padronanza dei codici espressivi che, uniti ad una energia primaria, esalta il circuito tra forma e tecnica espandendolo oltre i confini di ciò che è fisico.
Felice Nittolo
aprile 2016
02
aprile 2016
Franco Palazzo – Di assoluti Luoghi
Dal 02 al 23 aprile 2016
arte contemporanea
Location
NIART GALLERY
Ravenna, Via Anastagi, 4a/6, (Ravenna)
Ravenna, Via Anastagi, 4a/6, (Ravenna)
Orario di apertura
martedì e mercoledì 11-12.30, giovedì e venerdì 17-19, sabato 11-12.30 / 17-19, fuori orario tel. 338 2791174 per appuntamento
Vernissage
2 Aprile 2016, h 18
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