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Doppelgänger: il ritratto svelato
Collettiva di tre giovani artisti dell’Accademia di Brera.
La ricerca dei tre artisti si concentra sul tema del doppio, tanto caro alla letteratura, al cinema e alla psicanalisi, vissuto come presenza-assenza di una nostra parte più intima, di cui non vogliamo svelare o accettare l’esistenza.
Comunicato stampa
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COMUNICATO STAMPA
“DOPPELGÄNGER: IL RITRATTO SVELATO”
Virginia Dal Magro, Miriana Gamiddo, Federico Montesano: tre artisti di Brera a confronto con il tema del doppio
Zoia – Galleria d’arte contemporanea | Mostra a cura di Erika Lacava e Laura Ghirlandetti
Venerdì 11 Marzo, alle 19.00, inaugura presso Zoia – Galleria d’arte contemporanea la mostra “Doppelgänger: il ritratto svelato”, collettiva di tre giovani artisti dell’Accademia di Brera.
La ricerca dei tre artisti si concentra sul tema del doppio, tanto caro alla letteratura, al cinema e alla psicanalisi, vissuto come presenza-assenza di una nostra parte più intima, di cui non vogliamo svelare o accettare l’esistenza. Ritratti provenienti dal passato, persone ormai scomparse ma presenti nella memoria storica familiare nella loro individualità, personaggi estranei eppure presenti in noi, che si uniscono qui ad autoritratti attraverso cui gli artisti indagano se stessi, in un cercare e nascondere, allo stesso tempo, che è alla base di ogni vera scoperta. Ci si cerca nel passato, in persone in cui si riconosce per somiglianze fisiche o di temperamento, e di cui si ripercorrono le strade, le scelte, gli errori, andando a costituire una nostra “copia” prima ancora di riuscire a spiegare a noi stessi chi siamo. Ci si cerca nel presente, interrogandosi allo specchio per cercare di definirsi attraverso gli sguardi, i lineamenti, le profondità che si possono leggere in noi. E in questa ricerca si finisce sempre, inevitabilmente, per concentrarsi su un particolare e analizzare una singola parte che mai sarà capace di restituirci il tutto.
La fotografia funge da punto di partenza nella ricerca dei tre giovani artisti, come un mezzo immediato, veloce, a cui poi si sovrappone un processo lentissimo di lavorazione manuale. Il mezzo caratteristico dell’epoca della riproducibilità tecnica, a cui poi si aggiunge la manipolazione che rende ogni pezzo unico e irripetibile. Il mezzo oggettivo per eccellenza, ma che mai riuscirà a restituirci la pienezza e la completezza di una nostra immagine con un tratto veritiero, assoluto, e mai potrà rispondere alla domanda sulla nostra identità. Le immagini esposte sono parzialmente cancellate, coperte da segni, graffiate, a significare un accanimento sul soggetto, un tentativo di afferrarlo e farlo proprio, contenerlo, ridurlo, modificarlo, quasi violentandolo o annullandolo. Ogni possibilità di individuazione e riconoscimento nel soggetto è soppressa da questi interventi correttivi e distruttivi, tanto da non poterli più leggere come ritratti ma piuttosto come interpretazioni dei soggetti, come elementi autonomi, dotati di una loro propria identità che, inquietantemente, ci si rende presente.
Partendo dalla fotografia si aprono quindi le strade che portano a tre percorsi artistici personalissimi, in cui il tema del doppio, della presenza e dell’assenza ritorna incessantemente, indagato da punti di vista differenti.
Le fotografie di Virginia Dal Magro sono stampate in Gum print, un procedimento di stampa usato negli Stati Uniti negli anni Sessanta, un metodo meticoloso, lento, manuale, realizzato con materiale povero come la gomma lacca e la gomma arabica, con cui si ottengono risultati tecnici straordinari che danno alla stampa il sapore del tempo. In mostra la serie “Memoria di un autoritratto”, stampata su carta velina, “Ricordo di uno sguardo” e “Anatomia di un’assenza”, queste ultime presenti in duplice formato, molto piccolo, stampate in camera oscura, e molto grande, riprodotte digitalmente per l’esposizione. In mostra, a disposizione dei visitatori, un archivio delle fotografie stampate dalla Dal Magro in camera oscura a completamento dell’intero percorso dell’artista.
Miriana Gamiddo si interroga su se stessa con una serie di fototessere in grandissimo formato, in un lavoro che, nella ripetizione ossessiva e quasi identica del soggetto, porta a diretto contatto con il “perturbante” di freudiana memoria, familiare e allo stesso tempo estraneo al riconoscimento. Il soggetto ritratto è l’artista stessa che, a distanza di mesi, si riprende replicando posizione, sguardo, sorriso, oltre al vestito e alla collana che indossa, ma con differenti tagli di capelli a sottolineare il passare del tempo. Esposte in sequenza, le sei immagini stampate in negativo ripropongono una presenza-assenza che si manifesta nella sua fissità e si impone come soggetto presente che sorride e osserva in modo ipnotico e inquietante dal bianco dei suoi occhi resi al negativo e accentuati dallo sfondo nero. Le immagini, impresse su finissima carta di riso, acquistano una consistenza evanescente, come uno spirito, un’apparizione, a confermare la presenza-assenza che ci viene portata.
Il lavoro di Federico Montesano si concentra sulla presenza del passato, tracce degli avi presenti nella nostra memoria e nel nostro vivere attuale, che ci accompagnano, sorridono, ci riportano al loro quotidiano con immediatezza, come se nulla fosse cambiato. Il passare del tempo lo leggiamo nelle immagini slavate, scolorite, quasi mangiate dal tempo, procedimento ricreato dall’artista che effettua lavorazioni con metodi digitali per restituirci la traccia degli anni. I titoli delle opere, “Transito fisico in un tempo definito” e “Traccia di un giorno felice” parlano di una presenza che tuttora si impone, resta quasi attaccata ai ricordi, si fa vivente e presente. Le opere, incorniciate con cornici d’epoca e installate in dittici e trittici, finiscono per ricreare un’atmosfera antica quasi familiare, una specie di ambientazione scenica da focolare domestico, in cui ci si siede al cospetto dei ritratti dei nostri antenati per recuperare i ricordi e riscoprire le nostre radici.
La mostra è aperta fino al 2 Aprile nei seguenti giorni e orari:
Lunedì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00; Martedì dalle 14.00 alle 19.00; Mercoledì e Venerdì dalle 10 alle 13.00; Sabato dalle 16.00 alle 19.00. Altri giorni e orari su appuntamento.
Disponibile un testo critico di Laura Ghirlandetti
Virginia Dal Magro
Nata nel 1994 a Milano, frequenta il terzo anno della scuola di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Espone in diverse collettive tra cui Circuiti Dinamici, MostraMi Factory@Folli50, cantiere artistico della Fondazione Bracco, e in due mostre serigrafiche a Sulmona. Nel 2015 è finalista al Premio Paolina Brugnatelli.
Miriana Gamiddo
Nata nel 1993 a Bollate, illustra un libro per bambini dal titolo "Il ladro di calzini" per Melograno Edizioni. Dal 2012 è iscritta a Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove frequenta i corsi di Omar Galliani. Tra le numerose collettive sono degne di nota quelle alla galleria Antonio Battaglia, allo Spazio Oberdan e a Circuiti Dinamici. Nel 2015 è seconda classificata al concorso “Segni d’identità” dell’Accademia Albertina di Torino.
Federico Montesano
Nato nel 1990 a Monza, frequenta la specialistica in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Partecipa alle realizzazioni sceniche della commedia “Le rane” di Aristofane per Kerkis Teatro e per l’opera “Don Pasquale” al Teatro del Conservatorio. Partecipa a diverse collettive tra cui quella realizzata alla Fondazione Luciana Matalon.
“DOPPELGÄNGER: IL RITRATTO SVELATO”
Virginia Dal Magro, Miriana Gamiddo, Federico Montesano: tre artisti di Brera a confronto con il tema del doppio
Zoia – Galleria d’arte contemporanea | Mostra a cura di Erika Lacava e Laura Ghirlandetti
Venerdì 11 Marzo, alle 19.00, inaugura presso Zoia – Galleria d’arte contemporanea la mostra “Doppelgänger: il ritratto svelato”, collettiva di tre giovani artisti dell’Accademia di Brera.
La ricerca dei tre artisti si concentra sul tema del doppio, tanto caro alla letteratura, al cinema e alla psicanalisi, vissuto come presenza-assenza di una nostra parte più intima, di cui non vogliamo svelare o accettare l’esistenza. Ritratti provenienti dal passato, persone ormai scomparse ma presenti nella memoria storica familiare nella loro individualità, personaggi estranei eppure presenti in noi, che si uniscono qui ad autoritratti attraverso cui gli artisti indagano se stessi, in un cercare e nascondere, allo stesso tempo, che è alla base di ogni vera scoperta. Ci si cerca nel passato, in persone in cui si riconosce per somiglianze fisiche o di temperamento, e di cui si ripercorrono le strade, le scelte, gli errori, andando a costituire una nostra “copia” prima ancora di riuscire a spiegare a noi stessi chi siamo. Ci si cerca nel presente, interrogandosi allo specchio per cercare di definirsi attraverso gli sguardi, i lineamenti, le profondità che si possono leggere in noi. E in questa ricerca si finisce sempre, inevitabilmente, per concentrarsi su un particolare e analizzare una singola parte che mai sarà capace di restituirci il tutto.
La fotografia funge da punto di partenza nella ricerca dei tre giovani artisti, come un mezzo immediato, veloce, a cui poi si sovrappone un processo lentissimo di lavorazione manuale. Il mezzo caratteristico dell’epoca della riproducibilità tecnica, a cui poi si aggiunge la manipolazione che rende ogni pezzo unico e irripetibile. Il mezzo oggettivo per eccellenza, ma che mai riuscirà a restituirci la pienezza e la completezza di una nostra immagine con un tratto veritiero, assoluto, e mai potrà rispondere alla domanda sulla nostra identità. Le immagini esposte sono parzialmente cancellate, coperte da segni, graffiate, a significare un accanimento sul soggetto, un tentativo di afferrarlo e farlo proprio, contenerlo, ridurlo, modificarlo, quasi violentandolo o annullandolo. Ogni possibilità di individuazione e riconoscimento nel soggetto è soppressa da questi interventi correttivi e distruttivi, tanto da non poterli più leggere come ritratti ma piuttosto come interpretazioni dei soggetti, come elementi autonomi, dotati di una loro propria identità che, inquietantemente, ci si rende presente.
Partendo dalla fotografia si aprono quindi le strade che portano a tre percorsi artistici personalissimi, in cui il tema del doppio, della presenza e dell’assenza ritorna incessantemente, indagato da punti di vista differenti.
Le fotografie di Virginia Dal Magro sono stampate in Gum print, un procedimento di stampa usato negli Stati Uniti negli anni Sessanta, un metodo meticoloso, lento, manuale, realizzato con materiale povero come la gomma lacca e la gomma arabica, con cui si ottengono risultati tecnici straordinari che danno alla stampa il sapore del tempo. In mostra la serie “Memoria di un autoritratto”, stampata su carta velina, “Ricordo di uno sguardo” e “Anatomia di un’assenza”, queste ultime presenti in duplice formato, molto piccolo, stampate in camera oscura, e molto grande, riprodotte digitalmente per l’esposizione. In mostra, a disposizione dei visitatori, un archivio delle fotografie stampate dalla Dal Magro in camera oscura a completamento dell’intero percorso dell’artista.
Miriana Gamiddo si interroga su se stessa con una serie di fototessere in grandissimo formato, in un lavoro che, nella ripetizione ossessiva e quasi identica del soggetto, porta a diretto contatto con il “perturbante” di freudiana memoria, familiare e allo stesso tempo estraneo al riconoscimento. Il soggetto ritratto è l’artista stessa che, a distanza di mesi, si riprende replicando posizione, sguardo, sorriso, oltre al vestito e alla collana che indossa, ma con differenti tagli di capelli a sottolineare il passare del tempo. Esposte in sequenza, le sei immagini stampate in negativo ripropongono una presenza-assenza che si manifesta nella sua fissità e si impone come soggetto presente che sorride e osserva in modo ipnotico e inquietante dal bianco dei suoi occhi resi al negativo e accentuati dallo sfondo nero. Le immagini, impresse su finissima carta di riso, acquistano una consistenza evanescente, come uno spirito, un’apparizione, a confermare la presenza-assenza che ci viene portata.
Il lavoro di Federico Montesano si concentra sulla presenza del passato, tracce degli avi presenti nella nostra memoria e nel nostro vivere attuale, che ci accompagnano, sorridono, ci riportano al loro quotidiano con immediatezza, come se nulla fosse cambiato. Il passare del tempo lo leggiamo nelle immagini slavate, scolorite, quasi mangiate dal tempo, procedimento ricreato dall’artista che effettua lavorazioni con metodi digitali per restituirci la traccia degli anni. I titoli delle opere, “Transito fisico in un tempo definito” e “Traccia di un giorno felice” parlano di una presenza che tuttora si impone, resta quasi attaccata ai ricordi, si fa vivente e presente. Le opere, incorniciate con cornici d’epoca e installate in dittici e trittici, finiscono per ricreare un’atmosfera antica quasi familiare, una specie di ambientazione scenica da focolare domestico, in cui ci si siede al cospetto dei ritratti dei nostri antenati per recuperare i ricordi e riscoprire le nostre radici.
La mostra è aperta fino al 2 Aprile nei seguenti giorni e orari:
Lunedì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00; Martedì dalle 14.00 alle 19.00; Mercoledì e Venerdì dalle 10 alle 13.00; Sabato dalle 16.00 alle 19.00. Altri giorni e orari su appuntamento.
Disponibile un testo critico di Laura Ghirlandetti
Virginia Dal Magro
Nata nel 1994 a Milano, frequenta il terzo anno della scuola di Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera. Espone in diverse collettive tra cui Circuiti Dinamici, MostraMi Factory@Folli50, cantiere artistico della Fondazione Bracco, e in due mostre serigrafiche a Sulmona. Nel 2015 è finalista al Premio Paolina Brugnatelli.
Miriana Gamiddo
Nata nel 1993 a Bollate, illustra un libro per bambini dal titolo "Il ladro di calzini" per Melograno Edizioni. Dal 2012 è iscritta a Pittura all’Accademia di Belle Arti di Brera, dove frequenta i corsi di Omar Galliani. Tra le numerose collettive sono degne di nota quelle alla galleria Antonio Battaglia, allo Spazio Oberdan e a Circuiti Dinamici. Nel 2015 è seconda classificata al concorso “Segni d’identità” dell’Accademia Albertina di Torino.
Federico Montesano
Nato nel 1990 a Monza, frequenta la specialistica in Scenografia all’Accademia di Belle Arti di Brera. Partecipa alle realizzazioni sceniche della commedia “Le rane” di Aristofane per Kerkis Teatro e per l’opera “Don Pasquale” al Teatro del Conservatorio. Partecipa a diverse collettive tra cui quella realizzata alla Fondazione Luciana Matalon.
11
marzo 2016
Doppelgänger: il ritratto svelato
Dall'undici marzo al 02 aprile 2016
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ZOIA – GALLERIA D’ARTE CONTEMPORANEA
Milano, Piazzale della Cooperazione , 1, (Milano)
Milano, Piazzale della Cooperazione , 1, (Milano)
Orario di apertura
Lunedì dalle 10.00 alle 13.00 e dalle 14.00 alle 19.00; Martedì dalle 14.00 alle 19.00; Mercoledì e Venerdì dalle 10 alle 13.00; Sabato dalle 16.00 alle 19.00. Altri giorni e orari su appuntamento.
Vernissage
11 Marzo 2016, h 19.00
Autore
Curatore