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Le relazioni pericolose, immaginario filmico e arti visuali
Una pluralità di voci – in piena età postmediale – che proporrà installazioni, performance, film e fotografie, col coinvolgimento diretto dello spettatore, chiamato a rapportarsi e riconoscersi in quell’immaginario forse insidioso ma sicuramente stimolante
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Venerdì 4 marzo alle ore 19.00, presso la Pinacoteca “Carlo Contini” di Oristano
sarà inaugurata la mostra LE RELAZIONI PERICOLOSE, immaginario filmico e arti visuali, con la
partecipazione di artisti, giovani e meno giovani, nella cui ricerca estetica appare, evidente, un
imprinting cinematografico. Una pluralità di voci – in piena età postmediale – che proporrà
installazioni, performance, film e fotografie, col coinvolgimento diretto dello spettatore, chiamato a
rapportarsi e riconoscersi in quell’immaginario forse insidioso ma sicuramente stimolante. Curata
da Massimo Atzori, Ivo Serafino Fenu e Paolo Licheri, la mostra d’arte contemporanea è prodotta
dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano in collaborazione col Cineforum Lost in
Translation e col contributo della Fondazione Banco di Sardegna. Sarà visitabile fino a lunedì 25
aprile e, durante i giorni d’apertura, in collaborazione con la Biblioteca comunale, proporrà la
proiezione di una serie di film nei quali è stringente il rapporto tra cinema e arti visive.
Che il rapporto tra immaginario filmico e arti visuali sia biunivoco è un dato acquisito dalla critica seppure,
dall’invenzione del cinematografo ai giorni nostri, difficilmente gli influssi, le dipendenze, le citazioni tra i due
ambiti siano state equivalenti e costanti nel tempo. Come per i fotografi, anche per i pionieri dell’animazione
cinematografica, fu la pittura a influenzarli e condizionarne le scelte formali e gran parte delle immagini foto-
cinematografiche traevano proprio dalla pittura – soprattutto quella accademica – le principali regole di
composizione, inquadratura e rapporti tra ombre e luci. Non va dimenticato poi, che la citazione palese di
forme e pose della tradizione pittorica fu considerata, da subito e per lungo tempo, una “nobilitazione
intellettuale” sia del fotografo e/o del regista, sia delle loro opere.
In tal senso emblematica è la produzione filmica di Pier Paolo Pasolini – profondo conoscitore della
storia dell’arte e allievo del grande storico e critico d’arte Roberto Longhi – la cui filmografia è pregna di
omaggi alla grande tradizione pittorica del passato, da Giotto, nel Decameron a Mantegna, col suo Cristo in
scurto, in Mamma Roma, fino ai veri e propri tableaux vivants manieristi de La ricotta.
Ancora, Derek Jarman con l’irriverente e provocatorio Sebastiane, primo lungometraggio del regista
inglese, con le sue citazioni della pittura del ‘400 italiano, girato in Sardegna nel 1976 completamente in latino
e che rilegge in chiave omoerotica il martirio del santo, per approdare poi, con Caravaggio, a una vera e
propria riscrittura trasgressiva della mitografia dell’artista attraverso una maniacale ricostruzione dei set
pittorici delle sue opere più famose.
Allo stesso modo, a quarant'anni di distanza dalla sua uscita nelle sale cinematografiche, il recente
restauro di Barry Lyndon – uno dei film più significativi di Stanley Kubrick – ha permesso di apprezzare
nuovamente lo straordinario lavoro di ricerca e accuratezza stilistica del regista in termini di costruzione e
composizione dell'immagine, riportando così, data la strettissima relazione tra le immagini del film e certe
opere pittoriche di fine ‘700 e inizio ‘800, un tema dibattuto e affascinante come quello della relazione, o se
vogliamo, del dialogo, tra il cinema e la pittura.
Il cineasta si fa artista, il cineasta è artista, il cineasta è autore. I termini si sovrappongono,
convergono, si annullano l'uno nell'altro, e in tal senso, un ponte ideale ci porta dall'epoca eroica di autentica
sperimentazione delle avanguardie storiche alla Nouvelle Vague e alla Politica degli Autori, a quella lotta
senza quartiere, appassionante e appassionata, a favore della libera espressione del regista, dell'autore.
Libera espressione che si manifesta in personalità sanamente inquiete, che non si accontentano, quali quelle
di Jean-Luc Godard e Michelangelo Antonioni con le loro ossessioni cromatiche, che attuano un progressivo
e inevitabile smarrimento come registi per poi ritrovarsi e riemergere in una dimensione di nuova
consapevolezza, tra cinema e pittura, come creatori tout court di immaginari che alla pennellata
sostituiscono l'inquadratura.
Apparentemente, dunque, da questi pochi esempi citati, sembrerebbe coercitivo l’influsso della
pittura sul cinema o, almeno, su molti registi che vivevano con una sorta di sudditanza la malìa di una
tradizione aulica quanto pervasiva. Tuttavia, nelle nuove generazioni e tra gli artisti in particolare, tali rapporti
si sono invertiti e così i più importanti protagonisti delle cosiddette e quanto mai polimorfe arti visuali, sono,
viceversa, succubi del prodotto cinematografico, anch’esso, oramai, estremamente variegato sia nelle
tecniche sia nei generi.
Cresciuti e formatisi non più o non solo sui paludati testi di Storia dell’Arte quanto, piuttosto, sui
messaggi e sulle forme di quei maestri del cinema, sono stati vittime e protagonisti di un ribaltamento
prospettico che, più o meno consapevolmente, ha forgiato il loro universo visivo: maestri del calibro di Rainer
Werner Fassbinder, David Lynch, Peter Greenaway, Lars von Trier, Pedro Almodovar, Emir Kusturica, Quentin
Tarantino, Tim Burton, Andy e Lana Wachowski di Matrix o i fratelli Coen – solo per citarne alcuni – insieme al
caleidoscopico calderone di proposte che mescola e contamina generi, dai cartoon alle fiction, dal porno
alle più dozzinali e popolari telenovelas.
La mostra LE RELAZIONI PERICOLOSE, immaginario filmico e arti visuali, si pone l’obiettivo di proporre –
senza pretesa di completezza ma assecondando il gusto tutt’altro che asettico dei curatori – una rosa di
artisti, giovani e meno giovani che, nell’ultimo decennio, hanno, evidente, un imprinting cinematografico che
traspare e che connota la loro ricerca estetica sfuggendo, tuttavia, al facile citazionismo o, ancor peggio, al
tentativo maldestro di traslare da un medium all’altro forme e contenuti.
Una pluralità di voci – in piena età postmediale – che propone, dunque, un’estrema varietà di forme
e di modi (installazioni, performance, testi, film e fotografie, elaborazioni digitali ecc.), col coinvolgimento
diretto dello spettatore, chiamato a rapportarsi e riconoscersi in quell’immaginario, forse insidioso ma
sicuramente stimolante sia per l’artista sia per le arti visuali in generale.
Un tentativo di andare oltre il semplice raffronto tra due mezzi espressivi, una riflessione sul concetto di
rappresentazione nei film e nell'arte e sulla crisi di entrambi, una crisi strettamente legata alle radicali
trasformazioni strutturali che l'industria cinematografica e il mercato dell’arte stanno vivendo e che ha
investito e investe la sensibilità di registi e artisti, sempre più spesso indistinguibili, laddove il ricorso ora alla
produzione filmica ora alla produzione artistica, si è nel tempo posto come elemento salvifico e nobilitante
dell’un campo o dell’altro.
Massimo Atzori, Ivo Serafino Fenu e Paolo Licheri
sarà inaugurata la mostra LE RELAZIONI PERICOLOSE, immaginario filmico e arti visuali, con la
partecipazione di artisti, giovani e meno giovani, nella cui ricerca estetica appare, evidente, un
imprinting cinematografico. Una pluralità di voci – in piena età postmediale – che proporrà
installazioni, performance, film e fotografie, col coinvolgimento diretto dello spettatore, chiamato a
rapportarsi e riconoscersi in quell’immaginario forse insidioso ma sicuramente stimolante. Curata
da Massimo Atzori, Ivo Serafino Fenu e Paolo Licheri, la mostra d’arte contemporanea è prodotta
dall’Assessorato alla Cultura del Comune di Oristano in collaborazione col Cineforum Lost in
Translation e col contributo della Fondazione Banco di Sardegna. Sarà visitabile fino a lunedì 25
aprile e, durante i giorni d’apertura, in collaborazione con la Biblioteca comunale, proporrà la
proiezione di una serie di film nei quali è stringente il rapporto tra cinema e arti visive.
Che il rapporto tra immaginario filmico e arti visuali sia biunivoco è un dato acquisito dalla critica seppure,
dall’invenzione del cinematografo ai giorni nostri, difficilmente gli influssi, le dipendenze, le citazioni tra i due
ambiti siano state equivalenti e costanti nel tempo. Come per i fotografi, anche per i pionieri dell’animazione
cinematografica, fu la pittura a influenzarli e condizionarne le scelte formali e gran parte delle immagini foto-
cinematografiche traevano proprio dalla pittura – soprattutto quella accademica – le principali regole di
composizione, inquadratura e rapporti tra ombre e luci. Non va dimenticato poi, che la citazione palese di
forme e pose della tradizione pittorica fu considerata, da subito e per lungo tempo, una “nobilitazione
intellettuale” sia del fotografo e/o del regista, sia delle loro opere.
In tal senso emblematica è la produzione filmica di Pier Paolo Pasolini – profondo conoscitore della
storia dell’arte e allievo del grande storico e critico d’arte Roberto Longhi – la cui filmografia è pregna di
omaggi alla grande tradizione pittorica del passato, da Giotto, nel Decameron a Mantegna, col suo Cristo in
scurto, in Mamma Roma, fino ai veri e propri tableaux vivants manieristi de La ricotta.
Ancora, Derek Jarman con l’irriverente e provocatorio Sebastiane, primo lungometraggio del regista
inglese, con le sue citazioni della pittura del ‘400 italiano, girato in Sardegna nel 1976 completamente in latino
e che rilegge in chiave omoerotica il martirio del santo, per approdare poi, con Caravaggio, a una vera e
propria riscrittura trasgressiva della mitografia dell’artista attraverso una maniacale ricostruzione dei set
pittorici delle sue opere più famose.
Allo stesso modo, a quarant'anni di distanza dalla sua uscita nelle sale cinematografiche, il recente
restauro di Barry Lyndon – uno dei film più significativi di Stanley Kubrick – ha permesso di apprezzare
nuovamente lo straordinario lavoro di ricerca e accuratezza stilistica del regista in termini di costruzione e
composizione dell'immagine, riportando così, data la strettissima relazione tra le immagini del film e certe
opere pittoriche di fine ‘700 e inizio ‘800, un tema dibattuto e affascinante come quello della relazione, o se
vogliamo, del dialogo, tra il cinema e la pittura.
Il cineasta si fa artista, il cineasta è artista, il cineasta è autore. I termini si sovrappongono,
convergono, si annullano l'uno nell'altro, e in tal senso, un ponte ideale ci porta dall'epoca eroica di autentica
sperimentazione delle avanguardie storiche alla Nouvelle Vague e alla Politica degli Autori, a quella lotta
senza quartiere, appassionante e appassionata, a favore della libera espressione del regista, dell'autore.
Libera espressione che si manifesta in personalità sanamente inquiete, che non si accontentano, quali quelle
di Jean-Luc Godard e Michelangelo Antonioni con le loro ossessioni cromatiche, che attuano un progressivo
e inevitabile smarrimento come registi per poi ritrovarsi e riemergere in una dimensione di nuova
consapevolezza, tra cinema e pittura, come creatori tout court di immaginari che alla pennellata
sostituiscono l'inquadratura.
Apparentemente, dunque, da questi pochi esempi citati, sembrerebbe coercitivo l’influsso della
pittura sul cinema o, almeno, su molti registi che vivevano con una sorta di sudditanza la malìa di una
tradizione aulica quanto pervasiva. Tuttavia, nelle nuove generazioni e tra gli artisti in particolare, tali rapporti
si sono invertiti e così i più importanti protagonisti delle cosiddette e quanto mai polimorfe arti visuali, sono,
viceversa, succubi del prodotto cinematografico, anch’esso, oramai, estremamente variegato sia nelle
tecniche sia nei generi.
Cresciuti e formatisi non più o non solo sui paludati testi di Storia dell’Arte quanto, piuttosto, sui
messaggi e sulle forme di quei maestri del cinema, sono stati vittime e protagonisti di un ribaltamento
prospettico che, più o meno consapevolmente, ha forgiato il loro universo visivo: maestri del calibro di Rainer
Werner Fassbinder, David Lynch, Peter Greenaway, Lars von Trier, Pedro Almodovar, Emir Kusturica, Quentin
Tarantino, Tim Burton, Andy e Lana Wachowski di Matrix o i fratelli Coen – solo per citarne alcuni – insieme al
caleidoscopico calderone di proposte che mescola e contamina generi, dai cartoon alle fiction, dal porno
alle più dozzinali e popolari telenovelas.
La mostra LE RELAZIONI PERICOLOSE, immaginario filmico e arti visuali, si pone l’obiettivo di proporre –
senza pretesa di completezza ma assecondando il gusto tutt’altro che asettico dei curatori – una rosa di
artisti, giovani e meno giovani che, nell’ultimo decennio, hanno, evidente, un imprinting cinematografico che
traspare e che connota la loro ricerca estetica sfuggendo, tuttavia, al facile citazionismo o, ancor peggio, al
tentativo maldestro di traslare da un medium all’altro forme e contenuti.
Una pluralità di voci – in piena età postmediale – che propone, dunque, un’estrema varietà di forme
e di modi (installazioni, performance, testi, film e fotografie, elaborazioni digitali ecc.), col coinvolgimento
diretto dello spettatore, chiamato a rapportarsi e riconoscersi in quell’immaginario, forse insidioso ma
sicuramente stimolante sia per l’artista sia per le arti visuali in generale.
Un tentativo di andare oltre il semplice raffronto tra due mezzi espressivi, una riflessione sul concetto di
rappresentazione nei film e nell'arte e sulla crisi di entrambi, una crisi strettamente legata alle radicali
trasformazioni strutturali che l'industria cinematografica e il mercato dell’arte stanno vivendo e che ha
investito e investe la sensibilità di registi e artisti, sempre più spesso indistinguibili, laddove il ricorso ora alla
produzione filmica ora alla produzione artistica, si è nel tempo posto come elemento salvifico e nobilitante
dell’un campo o dell’altro.
Massimo Atzori, Ivo Serafino Fenu e Paolo Licheri
04
marzo 2016
Le relazioni pericolose, immaginario filmico e arti visuali
Dal 04 marzo al 25 aprile 2016
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
PINACOTECA COMUNALE
Oristano, Via Sant'antonio, 1, (Oristano)
Oristano, Via Sant'antonio, 1, (Oristano)
Orario di apertura
lun-dom 10.30/13.00 – 17.00/19.30
Vernissage
4 Marzo 2016, h 19
Autore
Curatore