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Vincenzo Agnetti – La Lettera Perduta
In mostra nello studio dell’artista una serie di lavori prodotti tra il 1976 e il 1980, uniti da un filo conduttore comune, la performance dal titolo “La lettera perduta”, presentata a New York presso la Galleria Ronald Feldman e a Palazzo Grassi, a Venezia, nel 1979
Comunicato stampa
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Con questo allestimento l’Archivio invita a entrare nei percorsi mentali della creazione artistica di Agnetti, mostrando attraverso il concatenarsi delle opere il filo logico ed emotivo che sottende il suo lavoro.
Vincenzo Agnetti è un artista concettuale, ma il suo lavoro attinge a dimensioni poetiche che scardinano l’impianto cognitivo dell’operazione concettuale, i suoi lavori sono sempre in bilico tra dimensioni diverse: pittura, scultura, poesia, critica, ma anche tecnologia, scienza, critica politica; sono sempre sottese da una domanda implicita che innesca la ricerca artistica.
In questa mostra la domanda sottesa è si può archiviare una performance? Agnetti mette in scena la contraddizione della performance, come lui stesso diceva: la tensione verso l’annullamento e la necessità cogente di essere ricordata.
Nell’opera “Quattro titoli–Surplace” che occupa il piano terreno dell’Archivio, Agnetti “esplode”, la performance portandola, con un doppio salto mortale nel mondo dei segni, qui incarnati in momenti fatti di ferro, di scultura. Il doppio titolo dell’opera ci rivela il salto logico. “Surplace” sono le sculture che colgono l’azione nel momento dello scatto, “Quattro titoli” sono le fotografie di quattro momenti della performance:
Le fotografie collocate a fianco delle sculture sono i titoli. Fotografia e scultura rappresentano, nel loro insieme, cinque dimensioni: il peso, il tempo (sottratto a una mia performance), l’altezza, la larghezza e la profondità. Ancora una volta lo spazio rimane l’insegnante di oggetti.
Oltre a “La lettera perduta” del 1979 e a “Quattro titoli-Surplace” completano l’esposizione alcune opere della serie dei “Mutamenti”, “Le stagioni si ripetono” del 1976, e “I Ching” del 1977, che fanno parte della performance come una citazione, infatti i simboli dell’I Ching costituiscono il contenuto delle lettere.
L’allestimento invita a entrare nell’operare artistico di Agnetti, svelando l’impalcatura concettuale che ne è alla base e lasciando parlare le opere d’arte esclusivamente attraverso la loro presenza e il loro “essere”.
L’Archivio Vincenzo Agnetti presenta anche Archivio 01, il primo di una serie di piccoli libri che hanno la finalità di documentare il lavoro di Agnetti nella sua dimensione storica e mettere in luce gli aspetti più visionari e contemporanei della sua ricerca. Con queste pubblicazioni l’Archivio si prefigge di divulgare il percorso dell’artista, presentando di volta in volta alcune sue opere e invitando il lettore non solo a guardarle ma a entrare nell’universo concettuale che le ha prodotte e le fa vivere a cavallo tra contesto storico di origine, contemporaneità e futuro. Come diceva Vincenzo “a cento anni da adesso”.
Vincenzo Agnetti è un artista concettuale, ma il suo lavoro attinge a dimensioni poetiche che scardinano l’impianto cognitivo dell’operazione concettuale, i suoi lavori sono sempre in bilico tra dimensioni diverse: pittura, scultura, poesia, critica, ma anche tecnologia, scienza, critica politica; sono sempre sottese da una domanda implicita che innesca la ricerca artistica.
In questa mostra la domanda sottesa è si può archiviare una performance? Agnetti mette in scena la contraddizione della performance, come lui stesso diceva: la tensione verso l’annullamento e la necessità cogente di essere ricordata.
Nell’opera “Quattro titoli–Surplace” che occupa il piano terreno dell’Archivio, Agnetti “esplode”, la performance portandola, con un doppio salto mortale nel mondo dei segni, qui incarnati in momenti fatti di ferro, di scultura. Il doppio titolo dell’opera ci rivela il salto logico. “Surplace” sono le sculture che colgono l’azione nel momento dello scatto, “Quattro titoli” sono le fotografie di quattro momenti della performance:
Le fotografie collocate a fianco delle sculture sono i titoli. Fotografia e scultura rappresentano, nel loro insieme, cinque dimensioni: il peso, il tempo (sottratto a una mia performance), l’altezza, la larghezza e la profondità. Ancora una volta lo spazio rimane l’insegnante di oggetti.
Oltre a “La lettera perduta” del 1979 e a “Quattro titoli-Surplace” completano l’esposizione alcune opere della serie dei “Mutamenti”, “Le stagioni si ripetono” del 1976, e “I Ching” del 1977, che fanno parte della performance come una citazione, infatti i simboli dell’I Ching costituiscono il contenuto delle lettere.
L’allestimento invita a entrare nell’operare artistico di Agnetti, svelando l’impalcatura concettuale che ne è alla base e lasciando parlare le opere d’arte esclusivamente attraverso la loro presenza e il loro “essere”.
L’Archivio Vincenzo Agnetti presenta anche Archivio 01, il primo di una serie di piccoli libri che hanno la finalità di documentare il lavoro di Agnetti nella sua dimensione storica e mettere in luce gli aspetti più visionari e contemporanei della sua ricerca. Con queste pubblicazioni l’Archivio si prefigge di divulgare il percorso dell’artista, presentando di volta in volta alcune sue opere e invitando il lettore non solo a guardarle ma a entrare nell’universo concettuale che le ha prodotte e le fa vivere a cavallo tra contesto storico di origine, contemporaneità e futuro. Come diceva Vincenzo “a cento anni da adesso”.
05
febbraio 2016
Vincenzo Agnetti – La Lettera Perduta
Dal 05 febbraio al 05 marzo 2016
arte contemporanea
Location
ARCHIVIO VINCENZO AGNETTI
Milano, Via Nicolò Machiavelli, 30, (Milano)
Milano, Via Nicolò Machiavelli, 30, (Milano)
Vernissage
5 Febbraio 2016, ore 18
Autore
Curatore