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Vania Broccoli – Hic Sunt Leones
Hic Sunt Leones erano quei luoghi di antiche mappe ritenuti pericolosi perché inesplorati. In un punto di questa mappa la fotografa Vania Broccoli ha trovato l’oblio, una casa di riposo per donne con disagi psichici e fisici.
Comunicato stampa
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Agli albori della fotografia, quando questa ancora si chiamava dagherrotipia dal nome del suo inventore Louis Jacques Mandé Daguerre, molte persone dichiaravano di sentirsi spiazzate e anche un po' spaventate nell'osservare la precisione straordinariamente realistica dei ritratti così realizzati. Questo perché provavano la sensazione non di osservarli ma di essere a loro volta osservati. Oggi bisognerebbe superare il senso di sufficienza mista a incredulità con cui tendiamo a liquidare quella antica osservazione perché, pur essendo generata da una ingenuità di fondo, contiene anche alcuni elementi degni oggi di essere approfonditi. Le epoche che ci hanno preceduto erano dominate dalle parole – di cui conservavano quella capacità evocativa che oggi forse si è un po' persa – mentre l'immagine era un'eccezione essendo creata dai dipinti, dalle stampe e dai disegni, oggetti di rara diffusione. Quando la fotografia arriva, lo fa con l'irruenza propria delle rivoluzioni e, infatti, sconvolge rapidamente e definitivamente un intero universo percettivo: da allora in poi un mondo senza immagini semplicemente non è più neppure immaginabile. Eppure in questo immenso guadagno – possiamo descrivere minuziosamente la Tour Eiffel pur non avendo visitato Parigi, possiamo riconoscere individui che non abbiamo mai visto di persona – qualcosa abbiamo perso: la capacità di soffermarsi sulle fotografie per comprenderne l'intima natura con tutte le conseguenze che questo comporta. Torniamo dunque al passato: perche, nonostante fossero abituati ai ritratti dipinti, i nostri antenati distoglievano lo sguardo da quelli fotografici? Probabilmente perché vi scorgevano, magari confusamente, un'inaspettata e quindi inquietante autenticità. Pur costretti, per via dei lunghi tempi di esposizione, a pose un po' rigide, i soggetti guardavano in macchina e parevano così dichiarare la loro assoluta presenza che il mezzo tecnico non abbelliva né modificava ma restituiva in modo diretto.
Sono considerazioni, queste, che è bene tener presente quando ci si trova davanti a un lavoro pulito, essenziale eppure estremamente complesso come "Hic sunt leones" con cui Vania Broccoli ha varcato contemporaneamente due confini: quello misterioso e inquietante della mente e quello dell'espressività fotografica spinta fino ai limiti delle sue potenzialità. Per arrivare al risultato che si era prefissa, ha voluto percorrere una strada ben nota agli esponenti del reportage classico, quella di una indagine preliminare molto minuziosa sui temi che sarebbero stati oggetto della sua ricerca. Così, mettendo da parte ogni calcolo che avrebbe suggerito tempi di realizzazione più ridotti, è entrata nell'Istituto Palazzolo posto a Rosà nel vicentino, una Residenza Sanitaria per disabili che ospita donne con forti handicap fisici e psichici. Lo ha fatto lasciando a casa quella fotocamera che, lo sapeva, avrebbe usato solo in un secondo tempo quando non sarebbe stata un diaframma fra sé e i soggetti che avrebbe scelto.
Così, momentaneamente deprivata dal suo ruolo di fotografa ma aperta all'osservazione e all'ascolto, ha frequentato per lungo tempo un luogo così speciale vivendo con queste donne e con le loro assistenti laiche e religiose per aprire una finestra che le permettesse di scrutare nel loro mondo interiore. Solo in questo modo che nei fatti sanciva il suo rispetto nei confronti di persone così fragili, lo intuiva, avrebbe potuto farsi poi accettare come ritrattista. In quella fase di studio sapeva che avrebbe realizzato una ricerca di cui non conosceva ancora le coordinate: si aspettava che le sarebbero state suggerite dalla realtà stessa con cui si sarebbe confrontata. Non che mancassero degli importanti riferimenti nel passato più prossimo (quando cioè lo sguardo fotografico, abbandonata la crudezza della visione lombrosiana, si è fatta strumento di comprensione) ma le pur pregevoli indagini compiute da Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati in "Morire di classe", da Luciano D'Alessandro in "Gli esclusi", da Uliano Lucas in "Altri sguardi", caratterizzate da un generale tono di denuncia, non potevano essere assunti come modelli. Così, dopo qualche tentativo poco convincente, Vania Broccoli ha avuto l'idea giusta: quella di dar vita a ritratti che includessero, accanto alle donne, anche la loro dimensione immaginifica di cui nel tempo passato nella struttura era venuta a conoscenza. Abbattendo il sottile diaframma che separa la realtà dal sogno, facendosi guidare nella stessa misura dalla ragione e dalla fantasia, è entrata in punta di piedi per quanto possibile nel mondo più profondo in cui si muove la mente dei suoi soggetti riuscendo a conferirgli una dimensione visibile. Ne è nato un particolare genere di ritratto in cui convivono accanto al soggetto gli elementi che lo caratterizzano qui ripresi come se il pensiero, evocandoli, avesse dato loro vita. Così, circondata da gomitoli di lana sparsi sul pavimento, Luisa riannoda il filo dei suoi pensieri mentre Sabrina sorride elegante nel suo abito bianco accanto al suo amico-pupazzo di dimensioni ed espressioni umane. Mentre Marnie e Giuliana danzano finalmente libere alla sbarra come hanno sempre sognato di fare, Lietta è orgogliosa dei suoi anelli come Cristina dei suoi dolci. E se Stella stringe in modo struggente fra le braccia un bambolotto che evidentemente le ricorda una non mai sopita maternità, Angela è circondata dai cavalli che abitano la sua mente cui quali immagina di uscire dalla sua cameretta per attraversare al galoppo quel paesaggio montano che le sta alle spalle in un ingrandimento che sembra la proiezione di un suo sogno. Autrice di straordinaria sensibilità, Vania Broccoli aveva di fronte persone di una fragilità sommessa: a loro ha regalato, in un confronto di delicata empatia, la possibilità di mostrarsi al mondo.
Roberto Mutti
Sono considerazioni, queste, che è bene tener presente quando ci si trova davanti a un lavoro pulito, essenziale eppure estremamente complesso come "Hic sunt leones" con cui Vania Broccoli ha varcato contemporaneamente due confini: quello misterioso e inquietante della mente e quello dell'espressività fotografica spinta fino ai limiti delle sue potenzialità. Per arrivare al risultato che si era prefissa, ha voluto percorrere una strada ben nota agli esponenti del reportage classico, quella di una indagine preliminare molto minuziosa sui temi che sarebbero stati oggetto della sua ricerca. Così, mettendo da parte ogni calcolo che avrebbe suggerito tempi di realizzazione più ridotti, è entrata nell'Istituto Palazzolo posto a Rosà nel vicentino, una Residenza Sanitaria per disabili che ospita donne con forti handicap fisici e psichici. Lo ha fatto lasciando a casa quella fotocamera che, lo sapeva, avrebbe usato solo in un secondo tempo quando non sarebbe stata un diaframma fra sé e i soggetti che avrebbe scelto.
Così, momentaneamente deprivata dal suo ruolo di fotografa ma aperta all'osservazione e all'ascolto, ha frequentato per lungo tempo un luogo così speciale vivendo con queste donne e con le loro assistenti laiche e religiose per aprire una finestra che le permettesse di scrutare nel loro mondo interiore. Solo in questo modo che nei fatti sanciva il suo rispetto nei confronti di persone così fragili, lo intuiva, avrebbe potuto farsi poi accettare come ritrattista. In quella fase di studio sapeva che avrebbe realizzato una ricerca di cui non conosceva ancora le coordinate: si aspettava che le sarebbero state suggerite dalla realtà stessa con cui si sarebbe confrontata. Non che mancassero degli importanti riferimenti nel passato più prossimo (quando cioè lo sguardo fotografico, abbandonata la crudezza della visione lombrosiana, si è fatta strumento di comprensione) ma le pur pregevoli indagini compiute da Gianni Berengo Gardin e Carla Cerati in "Morire di classe", da Luciano D'Alessandro in "Gli esclusi", da Uliano Lucas in "Altri sguardi", caratterizzate da un generale tono di denuncia, non potevano essere assunti come modelli. Così, dopo qualche tentativo poco convincente, Vania Broccoli ha avuto l'idea giusta: quella di dar vita a ritratti che includessero, accanto alle donne, anche la loro dimensione immaginifica di cui nel tempo passato nella struttura era venuta a conoscenza. Abbattendo il sottile diaframma che separa la realtà dal sogno, facendosi guidare nella stessa misura dalla ragione e dalla fantasia, è entrata in punta di piedi per quanto possibile nel mondo più profondo in cui si muove la mente dei suoi soggetti riuscendo a conferirgli una dimensione visibile. Ne è nato un particolare genere di ritratto in cui convivono accanto al soggetto gli elementi che lo caratterizzano qui ripresi come se il pensiero, evocandoli, avesse dato loro vita. Così, circondata da gomitoli di lana sparsi sul pavimento, Luisa riannoda il filo dei suoi pensieri mentre Sabrina sorride elegante nel suo abito bianco accanto al suo amico-pupazzo di dimensioni ed espressioni umane. Mentre Marnie e Giuliana danzano finalmente libere alla sbarra come hanno sempre sognato di fare, Lietta è orgogliosa dei suoi anelli come Cristina dei suoi dolci. E se Stella stringe in modo struggente fra le braccia un bambolotto che evidentemente le ricorda una non mai sopita maternità, Angela è circondata dai cavalli che abitano la sua mente cui quali immagina di uscire dalla sua cameretta per attraversare al galoppo quel paesaggio montano che le sta alle spalle in un ingrandimento che sembra la proiezione di un suo sogno. Autrice di straordinaria sensibilità, Vania Broccoli aveva di fronte persone di una fragilità sommessa: a loro ha regalato, in un confronto di delicata empatia, la possibilità di mostrarsi al mondo.
Roberto Mutti
16
gennaio 2016
Vania Broccoli – Hic Sunt Leones
Dal 16 gennaio al 14 febbraio 2016
fotografia
Location
PICCOLA GALLERIA D’ARTE CONTEMPORANEA
Bassano Del Grappa, Via Giacomo Matteotti, 11, (Vicenza)
Bassano Del Grappa, Via Giacomo Matteotti, 11, (Vicenza)
Orario di apertura
da venerdì a domenica ore 15.30 - 19.30.
Verificare telefonicamente
Vernissage
16 Gennaio 2016, ore 18.00
Autore
Curatore