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Presepe…vangelo di misericordia
Personaggi del presepe napoletano del XVIII secolo
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il presepe napoletano del Settecento
E’ evento talmente straordinario che Dio si incarni in un bambino neonato e si faccia
uomo tra gli uomini, che ben si comprende perché i credenti abbiano desiderato in ogni luogo e in
ogni tempo rievocare la sacra Natività nelle varie forme dell’espressione artistica.
Il presepe, la rappresentazione plastica della nascita di Gesù, ha origine dalle sacre
rappresentazioni che in età medievale si tenevano nelle chiese in occasione del Natale, alle quali è
probabilmente da collegare anche il presepe vivente ricostruito da S. Francesco a Greccio. Con la
loro decadenza, cominciarono a essere realizzate nelle chiese rappresentazioni in marmo o legno
della Natività, spesso di grandi dimensioni, che tendevano a mantenerne lo spirito di realistica
rievocazione. Nel ‘600 iniziano a diffondersi i presepi mobili,allestiti anche nelle case, con
composizioni sempre più complesse e ambientazioni sempre più realistiche, gusto che tocca la sua
espressione più alta con il ‘presepe napoletano del Settecento’.
In un suo magistrale saggio Raffaello Causa, illustre studioso, straordinario sovrintendente
alle Belle arti di Capodimonte, ne diede la definizione di ‘presepe cortese’, vale a dire di un presepe
sviluppatosi presso la corte borbonica e nelle dimore aristocratiche, alimentato da una grande
disponibilità sia di danaro sia di spazi e, progressivamente, sempre più lontano dal dettato
evangelico alla ricerca della sontuosità e della rielaborazione fantastica:
insomma,un’esercitazione colta più che un atto di fede e, con una curiosa inversione dell’obiettivo
iniziale, una rappresentazione realistica dei singoli dettagli o addirittura una raccolta di tanti
piccoli capolavori, ma assolutamente “surreale” nel suo insieme.
Alimentato dalla passione della famiglia borbonica regnante, la “mania” tutta napoletana di
‘fare il presepe’ si diffuse tra gli aristocratici che avevano il danaro e la curiosità intellettuale
necessari per spingersi ad una tale ricerca di perfezione nel ricreare le scene,da ricorrere a
maestranze specializzate, architetti, scenografi, pittori, falegnami, costumisti, come se si dovesse
mettere in scena un vero e proprio spettacolo teatrale. Del resto, le piccole sculture che
rappresentano le figure umane – e che a Napoli vengono chiamate, genericamente, pastori - sono
concepite come minuscoli attori da poter atteggiare in varie pose, grazie alla struttura interna
snodabile in filo di ferro e stoppa. Fortissimi erano anche i legami con la letteratura, la musica e le
arti figurative contemporanee, anche se oggi, senza uno studio approfondito, si riesce a coglierli
con qualche difficoltà.
Il grandioso Presepe Cuciniello, esposto al pubblico in mostra permanente nel Museo di
San Martino dal 1879, esprime al meglio tutte le caratteristiche del “presepe napoletano”. La scena
della Natività costituisce il perno della composizione, tutta costruita su un supporto in sughero e
legno, detto “scoglio”, riproducente un paesaggio roccioso con anfratti, forre e corsi d’acqua. Lo
straordinario evento del Natale è collocato in un tempio antico parzialmente diruto, che allude alla
sconfitta del mondo pagano da parte del nascente Cristianesimo; verso il luogo della Natività
convergono i tre re Magi seguiti da uno straordinario Corteo di Orientali e Mori in magnifici
costumi. Tutt’intorno, in una movimentata scenografia si possono identificare gli altri momenti
1
fondamentali della composizione. A sinistra, l’Annuncio ai pastori mostra povere capanne e greggi
con le rustiche figure dei pastori, che furono i primi a conoscere la lieta novella annunziata loro da
un Angelo. Sulla destra si può vedere la scena più tipica e singolare del “presepe napoletano”,
quella della Taverna, che, pur prendendo spunto alla lontana dall’episodio evangelico della
mancata accoglienza in un ‘albergo’ di Maria e Giuseppe, diventa pretesto per raffigurare ogni
sorta di cibarie della cucina napoletana, segno di un’abbondanza che era per i più soltanto un
sogno.
Nelle sale del Museo troverete in mostra,proveniente da collezione privata, la straordinaria
Sacra Famiglia di Giacinto Gigante (Napoli 1806-1876), esponente di spicco della Scuola di
Posillipo. Raffinato pittore ecollezionista appassionato di figurine di presepi, Gigante modellò per la
sua collezione personaleuna straordinariaSacra Famiglia, manifestando la sua intima emozione
attraverso l’espressione dei visi: la Santa Vergine e San Giuseppe hanno le teste in terracotta
policroma, mani e piedi in legno, busto in fil di ferro e stoppa; il Bambino Gesù è realizzato in
legno policromo e riflette la fabbricazione barocca napoletana.
Provenienti dal Museo di San Martino di Napoli,che custodisce i nuclei collezionistici più
celebri dell’arte del Presepe napoletano, saranno esposte selezionate figure presepiali dalle scene
dell’Annuncio ai pastori e della Taverna,già proposte al pubbliconella prestigiosa sede del Museo
della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca nel 2011; tre Angeli dell’Annuncioin mostra sono
verosimilmente attribuiti ad Angelo Viva, discepolo di Giuseppe Sammartino, il massimo scultore
napoletano del Settecento, autore del celebre Cristo velato della Cappella Sansevero di Napoli.
Inoltre,numerosi oggetti di taverna, la scena che nei presepi napoletani restituisce un'immagine di
opulenza e un’atmosfera godereccia, con la mostra di cibo sulla tavola, suonatoridi chitarra e
mandolino, giocatori di carte, figure tratte da spaccati di vita quotidiana, tra cui venditori di frutta e
verdura, galline, uova e formaggi, ma al tempo stesso nasconde delle insidie, essendo il luogo in cui
è facile cadere nei vizi della gola e della lussuria,dove anche gli osti dietro l’aspetto allegro e la
pingue corporatura, che condividono con le loro mogli ostesse, celano una natura diabolica, di cui è
segno un curioso difetto fisico, un porro peloso frequente sui loro volti.
L’esposizione museale di questi straordinari pezzi ne rileverà il grande pregio artistico,
restituendo loro il valore di vere e proprie sculture in “formato ridotto”.Riuscire a farle ‘vivere’ nel
loro contesto, nella loro scenografia presepiale, il cosiddetto “scoglio”,significherà per il visitatore
aver volutocoglierne l’oltre, le suggestioni del fatto artistico, la provocazione dell’arte.
Da testi di Ileana Creazzo, Curatore della Sezione Presepiale del Museo di San Martino, Napoli
E’ evento talmente straordinario che Dio si incarni in un bambino neonato e si faccia
uomo tra gli uomini, che ben si comprende perché i credenti abbiano desiderato in ogni luogo e in
ogni tempo rievocare la sacra Natività nelle varie forme dell’espressione artistica.
Il presepe, la rappresentazione plastica della nascita di Gesù, ha origine dalle sacre
rappresentazioni che in età medievale si tenevano nelle chiese in occasione del Natale, alle quali è
probabilmente da collegare anche il presepe vivente ricostruito da S. Francesco a Greccio. Con la
loro decadenza, cominciarono a essere realizzate nelle chiese rappresentazioni in marmo o legno
della Natività, spesso di grandi dimensioni, che tendevano a mantenerne lo spirito di realistica
rievocazione. Nel ‘600 iniziano a diffondersi i presepi mobili,allestiti anche nelle case, con
composizioni sempre più complesse e ambientazioni sempre più realistiche, gusto che tocca la sua
espressione più alta con il ‘presepe napoletano del Settecento’.
In un suo magistrale saggio Raffaello Causa, illustre studioso, straordinario sovrintendente
alle Belle arti di Capodimonte, ne diede la definizione di ‘presepe cortese’, vale a dire di un presepe
sviluppatosi presso la corte borbonica e nelle dimore aristocratiche, alimentato da una grande
disponibilità sia di danaro sia di spazi e, progressivamente, sempre più lontano dal dettato
evangelico alla ricerca della sontuosità e della rielaborazione fantastica:
insomma,un’esercitazione colta più che un atto di fede e, con una curiosa inversione dell’obiettivo
iniziale, una rappresentazione realistica dei singoli dettagli o addirittura una raccolta di tanti
piccoli capolavori, ma assolutamente “surreale” nel suo insieme.
Alimentato dalla passione della famiglia borbonica regnante, la “mania” tutta napoletana di
‘fare il presepe’ si diffuse tra gli aristocratici che avevano il danaro e la curiosità intellettuale
necessari per spingersi ad una tale ricerca di perfezione nel ricreare le scene,da ricorrere a
maestranze specializzate, architetti, scenografi, pittori, falegnami, costumisti, come se si dovesse
mettere in scena un vero e proprio spettacolo teatrale. Del resto, le piccole sculture che
rappresentano le figure umane – e che a Napoli vengono chiamate, genericamente, pastori - sono
concepite come minuscoli attori da poter atteggiare in varie pose, grazie alla struttura interna
snodabile in filo di ferro e stoppa. Fortissimi erano anche i legami con la letteratura, la musica e le
arti figurative contemporanee, anche se oggi, senza uno studio approfondito, si riesce a coglierli
con qualche difficoltà.
Il grandioso Presepe Cuciniello, esposto al pubblico in mostra permanente nel Museo di
San Martino dal 1879, esprime al meglio tutte le caratteristiche del “presepe napoletano”. La scena
della Natività costituisce il perno della composizione, tutta costruita su un supporto in sughero e
legno, detto “scoglio”, riproducente un paesaggio roccioso con anfratti, forre e corsi d’acqua. Lo
straordinario evento del Natale è collocato in un tempio antico parzialmente diruto, che allude alla
sconfitta del mondo pagano da parte del nascente Cristianesimo; verso il luogo della Natività
convergono i tre re Magi seguiti da uno straordinario Corteo di Orientali e Mori in magnifici
costumi. Tutt’intorno, in una movimentata scenografia si possono identificare gli altri momenti
1
fondamentali della composizione. A sinistra, l’Annuncio ai pastori mostra povere capanne e greggi
con le rustiche figure dei pastori, che furono i primi a conoscere la lieta novella annunziata loro da
un Angelo. Sulla destra si può vedere la scena più tipica e singolare del “presepe napoletano”,
quella della Taverna, che, pur prendendo spunto alla lontana dall’episodio evangelico della
mancata accoglienza in un ‘albergo’ di Maria e Giuseppe, diventa pretesto per raffigurare ogni
sorta di cibarie della cucina napoletana, segno di un’abbondanza che era per i più soltanto un
sogno.
Nelle sale del Museo troverete in mostra,proveniente da collezione privata, la straordinaria
Sacra Famiglia di Giacinto Gigante (Napoli 1806-1876), esponente di spicco della Scuola di
Posillipo. Raffinato pittore ecollezionista appassionato di figurine di presepi, Gigante modellò per la
sua collezione personaleuna straordinariaSacra Famiglia, manifestando la sua intima emozione
attraverso l’espressione dei visi: la Santa Vergine e San Giuseppe hanno le teste in terracotta
policroma, mani e piedi in legno, busto in fil di ferro e stoppa; il Bambino Gesù è realizzato in
legno policromo e riflette la fabbricazione barocca napoletana.
Provenienti dal Museo di San Martino di Napoli,che custodisce i nuclei collezionistici più
celebri dell’arte del Presepe napoletano, saranno esposte selezionate figure presepiali dalle scene
dell’Annuncio ai pastori e della Taverna,già proposte al pubbliconella prestigiosa sede del Museo
della Cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca nel 2011; tre Angeli dell’Annuncioin mostra sono
verosimilmente attribuiti ad Angelo Viva, discepolo di Giuseppe Sammartino, il massimo scultore
napoletano del Settecento, autore del celebre Cristo velato della Cappella Sansevero di Napoli.
Inoltre,numerosi oggetti di taverna, la scena che nei presepi napoletani restituisce un'immagine di
opulenza e un’atmosfera godereccia, con la mostra di cibo sulla tavola, suonatoridi chitarra e
mandolino, giocatori di carte, figure tratte da spaccati di vita quotidiana, tra cui venditori di frutta e
verdura, galline, uova e formaggi, ma al tempo stesso nasconde delle insidie, essendo il luogo in cui
è facile cadere nei vizi della gola e della lussuria,dove anche gli osti dietro l’aspetto allegro e la
pingue corporatura, che condividono con le loro mogli ostesse, celano una natura diabolica, di cui è
segno un curioso difetto fisico, un porro peloso frequente sui loro volti.
L’esposizione museale di questi straordinari pezzi ne rileverà il grande pregio artistico,
restituendo loro il valore di vere e proprie sculture in “formato ridotto”.Riuscire a farle ‘vivere’ nel
loro contesto, nella loro scenografia presepiale, il cosiddetto “scoglio”,significherà per il visitatore
aver volutocoglierne l’oltre, le suggestioni del fatto artistico, la provocazione dell’arte.
Da testi di Ileana Creazzo, Curatore della Sezione Presepiale del Museo di San Martino, Napoli
30
novembre 2015
Presepe…vangelo di misericordia
Dal 30 novembre al 27 dicembre 2015
arte antica
arti decorative e industriali
arti decorative e industriali
Location
MUSEO DIOCESANO DEL SEMINARIO
Caltanissetta, Viale Regina Margherita, 29, (Caltanissetta)
Caltanissetta, Viale Regina Margherita, 29, (Caltanissetta)
Vernissage
30 Novembre 2015, ore 17