Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
05
marzo 2009
fino al 21.III.09 Pierluigi Calignano Palermo, Galleria dell’Arco
sicilia
Tra caso e necessità, controllo e improvvisazione. Sculture, foto e opere grafiche costruiscono un percorso complesso, denso di rimandi teorici. Ma fedele alla pratica artigianale. Ecco come una dozzina di vecchie finestre possono trasformarsi in architettura...
Il centro della galleria è interamente occupato da una scultura di finestre, tenute insieme da cerniere metalliche. La cornice è ritoccata o colorata, il vetro è dipinto di nero, diagonalmente, come modificato da un segno che assorbe e devia la visione. Sono finestre vecchie, che in un tempo altro hanno abitato una stanza, posseduto un paesaggio. Ma ora, divenute opera, perdono la propria funzione: tentano di farsi oggetto, corpo unico, attaccandosi fra loro; ma le cerniere, di nuovo, rimandano a un’immaginaria instabilità. L’imponente scultura di Pierluigi Calignano (Gallipoli, Lecce, 1971; vive a Milano), costruita ad hoc per la galleria, non sarà mai più identica a se stessa, ogni volta diversa in relazione ai luoghi che l’accoglieranno.
Pare che le finestre stesse si adoperino in un goffo tentativo di farsi scultura, esperimento di cui l’artista è consapevole direttore: si sostengono l’un l’altra, si fanno tridimensionali, ma sono troppo grandi per lo spazio. Il consueto approccio contemplativo all’oggetto scultoreo viene così negato allo spettatore, obbligato a confrontarsi con l’ingombrante presenza. L’intera l’installazione impone un ritmo insolito, pungolando la consapevolezza della presenza fisica nello spazio.
Una serie di fotografie ha per soggetto le luminarie delle feste del sud Italia, trasformate in giocattoli psichedelici grazie a un gioco di sovrapposizione. Ricordano vetrate gotiche o strani frattali stampati con un margine d’errore. Un lavoro da cui trapelano le origini geografiche di Calignano che, come molti dei migliori artisti milanesi della sua generazione, arriva dal profondo sud.
Dipinti monocromi su cartoncino intervallano le foto secondo un ritmo cadenzato ma leggermente irregolare. Taluni sono piatti, neri o grigi, ricavati dalla pulitura di un rullo e installati ad angolo. Altri sono monotipi realizzati con lo stesso principio delle macchie di Rorschach: il foglio, piegato ben otto volte, produce bizzarre forme circolari. Come il famoso test psicologico, i Rotanti rimandano ognuno a diverse possibilità di senso. Il primo pensiero va all’Opera aperta di Umberto Eco, ma ogni possibile teoria viene immediatamente negata da quella concretezza e povertà di mezzi tipica del lavoro di Calignano, che riporta al meccanismo del fare arte e al sentimento palpabile dell’opera vissuta come “oggetto”.
A rendere le cose ancor più complesse e folli è un corto circuito geniale, relativo alla fase di produzione: l’atteggiamento maniacalmente artigianale dell’artista convive con l’impossibilità di controllare il risultato. Da ogni lavoro trapelano una precisione e una cura da orologiaio. Lui studia, progetta e costruisce. Ma il risultato finale è inevitabilmente determinato dalla casualità della piegatura del foglio o dell’imperfezione del rullo.
Come un Don Chisciotte, Calignano si fa paladino del tentativo di comprendere e restituire il perché dell’arte. E lo fa scontrandosi ironicamente con i giganti del pensiero e della prassi creativa.
Pare che le finestre stesse si adoperino in un goffo tentativo di farsi scultura, esperimento di cui l’artista è consapevole direttore: si sostengono l’un l’altra, si fanno tridimensionali, ma sono troppo grandi per lo spazio. Il consueto approccio contemplativo all’oggetto scultoreo viene così negato allo spettatore, obbligato a confrontarsi con l’ingombrante presenza. L’intera l’installazione impone un ritmo insolito, pungolando la consapevolezza della presenza fisica nello spazio.
Una serie di fotografie ha per soggetto le luminarie delle feste del sud Italia, trasformate in giocattoli psichedelici grazie a un gioco di sovrapposizione. Ricordano vetrate gotiche o strani frattali stampati con un margine d’errore. Un lavoro da cui trapelano le origini geografiche di Calignano che, come molti dei migliori artisti milanesi della sua generazione, arriva dal profondo sud.
Dipinti monocromi su cartoncino intervallano le foto secondo un ritmo cadenzato ma leggermente irregolare. Taluni sono piatti, neri o grigi, ricavati dalla pulitura di un rullo e installati ad angolo. Altri sono monotipi realizzati con lo stesso principio delle macchie di Rorschach: il foglio, piegato ben otto volte, produce bizzarre forme circolari. Come il famoso test psicologico, i Rotanti rimandano ognuno a diverse possibilità di senso. Il primo pensiero va all’Opera aperta di Umberto Eco, ma ogni possibile teoria viene immediatamente negata da quella concretezza e povertà di mezzi tipica del lavoro di Calignano, che riporta al meccanismo del fare arte e al sentimento palpabile dell’opera vissuta come “oggetto”.
A rendere le cose ancor più complesse e folli è un corto circuito geniale, relativo alla fase di produzione: l’atteggiamento maniacalmente artigianale dell’artista convive con l’impossibilità di controllare il risultato. Da ogni lavoro trapelano una precisione e una cura da orologiaio. Lui studia, progetta e costruisce. Ma il risultato finale è inevitabilmente determinato dalla casualità della piegatura del foglio o dell’imperfezione del rullo.
Come un Don Chisciotte, Calignano si fa paladino del tentativo di comprendere e restituire il perché dell’arte. E lo fa scontrandosi ironicamente con i giganti del pensiero e della prassi creativa.
articoli correlati
Calignano da Antonio Colombo
scintilla robina
mostra visitata il 20 febbraio 2009
dal 7 febbraio al 21 marzo 2009
Pierluigi Calignano – L’interminabilità e l’intollerabilità di ogni sforzo terrestre
a cura di Paola Noè
Galleria dell’Arco
Via Siracusa, 9 – 90141 Palermo
Orario: da lunedi a venerdì ore 16-20; sabato ore 10-13 e 16-20
Ingresso libero
Info: tel./fax +39 0916261234; info@dearco.it; www.dearco.it
[exibart]
mostra molto bella.
pierluigi calignano è uno dei migliori.