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Franco Bianchi – Come Saturno
“Come Saturno”, personale di Franco Bianchi, indaga, attraverso otto fotografie e assemblage, il male delle sovrastrutture della vita moderna, le costrizioni e sbarre dietro cui siamo (o ci hanno) trincerati
Comunicato stampa
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Evasioni Art Studio presenta, dal 6 al 13 novembre presso la propria sede in via dei Delfini a Roma, la mostra personale di Franco Bianchi dal titolo “Come Saturno”: otto assemblaggi in cui fotografie realizzate dall’artista o recuperate da vecchi album di famiglia si combinano con legno, corda e talvolta acrilico, andando a creare delle vere e proprie gabbie dove mettere in scena avvenimenti e sentimenti collettivi condizionati da trappole/sovrastrutture.
Franco Bianchi è un fotografo delle città. Anche quando protagonisti dei suoi scatti sono le acque dei fiumi o le onde del mare, paesaggi di campagna, fronde di alberi ricoperte dalla neve, o volti di uomini, donne e bambini, la loro funzione non è altra che quella di narrare la vita tra le “mura” delle grandi aree metropolitane. Bianchi si forma studiando pittura e inizia a fotografare nel 1985, immortalando dapprima le persone, nelle strade, solo successivamente anche gli spazi vuoti. Dalla lezione di Cartier-Bresson elabora il proprio concetto di “ironia del caso”, che, sommato all’attenzione verso gli aspetti meno significativi, soprattutto dettagli, oggetti, il banale della realtà, applica alle sequenze su New York, Berlino e Barcellona. Dopo la serie sulla capitale catalana inaugura una nuova fase, contrassegnata da un rinsaldato legame con la tela e la storia dell’arte in genere, che non solo lo vede selezionare gli scatti di ormai vent’anni per realizzare un “Tributo a Hopper”, ma che lo porta a restituirci una Roma metafisica nel progetto sull’EUR, ad intraprendere una ricognizione sugli studi d’artista (dal 2006), e a dedicarsi a riprese di installazioni ed opere. Anche i pezzi presenti in mostra si riconnettono a questa esperienza, che ne modifica stile e intenti.
“Come Saturno” chiude il cerchio di trent’anni di lavoro. Non solo perché rompe con la sola immagine fotografica, reintroducendo il processo manuale del mixed media, dunque ricollegandosi alla formazione giovanile come pittore, ma perché estende l’indagine sulla città alla rappresentazione delle sue condizioni di vita, dopo anni di rifugio nell’evasione dalla realtà.
Le composizioni raccontano di costrizioni e sbarre dietro cui siamo (o ci hanno) trincerati; le immagini analizzano invece le diverse figure, nuclei, eventi ed emozioni da esse condizionati: c’è l’artista; il caos e il malfunzionamento della città; l’utopia rivelatasi incubo di un nuovo ordinamento sociale, che lascia al suo passaggio cumuli di macerie; l’uomo al tramonto della propria esistenza; la famiglia; l’amore; la solitudine. Tutto è montato all’interno di cornici/finestre che portano sulla superficie le tracce di un tempo ormai passato. È però possibile leggere il rosso delle stesse grate come un appiglio per una ribellione liberatrice, come se Bianchi stesso ci stesse dicendo: non sempre la rivoluzione si comporta come Saturno, divorando i propri figli.
Franco Bianchi è un fotografo delle città. Anche quando protagonisti dei suoi scatti sono le acque dei fiumi o le onde del mare, paesaggi di campagna, fronde di alberi ricoperte dalla neve, o volti di uomini, donne e bambini, la loro funzione non è altra che quella di narrare la vita tra le “mura” delle grandi aree metropolitane. Bianchi si forma studiando pittura e inizia a fotografare nel 1985, immortalando dapprima le persone, nelle strade, solo successivamente anche gli spazi vuoti. Dalla lezione di Cartier-Bresson elabora il proprio concetto di “ironia del caso”, che, sommato all’attenzione verso gli aspetti meno significativi, soprattutto dettagli, oggetti, il banale della realtà, applica alle sequenze su New York, Berlino e Barcellona. Dopo la serie sulla capitale catalana inaugura una nuova fase, contrassegnata da un rinsaldato legame con la tela e la storia dell’arte in genere, che non solo lo vede selezionare gli scatti di ormai vent’anni per realizzare un “Tributo a Hopper”, ma che lo porta a restituirci una Roma metafisica nel progetto sull’EUR, ad intraprendere una ricognizione sugli studi d’artista (dal 2006), e a dedicarsi a riprese di installazioni ed opere. Anche i pezzi presenti in mostra si riconnettono a questa esperienza, che ne modifica stile e intenti.
“Come Saturno” chiude il cerchio di trent’anni di lavoro. Non solo perché rompe con la sola immagine fotografica, reintroducendo il processo manuale del mixed media, dunque ricollegandosi alla formazione giovanile come pittore, ma perché estende l’indagine sulla città alla rappresentazione delle sue condizioni di vita, dopo anni di rifugio nell’evasione dalla realtà.
Le composizioni raccontano di costrizioni e sbarre dietro cui siamo (o ci hanno) trincerati; le immagini analizzano invece le diverse figure, nuclei, eventi ed emozioni da esse condizionati: c’è l’artista; il caos e il malfunzionamento della città; l’utopia rivelatasi incubo di un nuovo ordinamento sociale, che lascia al suo passaggio cumuli di macerie; l’uomo al tramonto della propria esistenza; la famiglia; l’amore; la solitudine. Tutto è montato all’interno di cornici/finestre che portano sulla superficie le tracce di un tempo ormai passato. È però possibile leggere il rosso delle stesse grate come un appiglio per una ribellione liberatrice, come se Bianchi stesso ci stesse dicendo: non sempre la rivoluzione si comporta come Saturno, divorando i propri figli.
06
novembre 2015
Franco Bianchi – Come Saturno
Dal 06 al 13 novembre 2015
fotografia
Location
EVASIONI ART STUDIO
Roma, Via Dei Delfini, 23, (Roma)
Roma, Via Dei Delfini, 23, (Roma)
Orario di apertura
da lunedì a sabato 11.30 – 19.00
Vernissage
6 Novembre 2015, ore 18.30
Autore
Curatore