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Scene da un manicomio: dai documenti della Storia al racconto visivo di Lorenzo Amaduzzi, Vincenzo Baldini, Giovanni Marinelli
I volti della follia dai documenti dell’Ospedale San Benedetto di Pesaro al racconto visivo dell’arte fotografica di Lorenzo Amaduzzi, Giovanni Marinelli e dell’opera pittorica di Vincenzo Baldini
Comunicato stampa
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Una serie di documenti, lettere, registri, tabelle conservati nell’Archivio di Stato di Pesaro,
raccontano la storia di alienati, la loro provenienza, la divisione all’interno del San
Benedetto secondo l’estrazione sociale, le ragioni legate al loro internamento. “Quando
venne progettato, nel 1824, all'indomani dell'esperienza napoleonica”, scrive Roberto
Domenichini, “l'ospedale dei pazzi (o dei mentecatti) ha rappresentato un'autentica novità
per Pesaro e la sua Provincia. L'idea, infatti, caldeggiata dal Delegato apostolico dell'epoca,
monsignor Cappelletti, di riunire in un unico ospedale tutti malati di mente fino allora tenuti
presso i vari Comuni in “orridi, fetentissimi ricettacoli”, a guisa di “feroci belve”, quasi non
fossero esseri umani, l'idea -si diceva- venne approvata dal pontefice regnante. Scopo del
Delegato e degli altri promotori era quello di offrire ai malati di mente un'assistenza e -
almeno nelle loro intenzioni- anche cure adeguate. Sulla non validità dei mezzi terapeutici
adottati a quel tempo molto è stato scritto, per non tacere pure dei mezzi di contenzione
allora accolti e praticati per “calmare” i cosiddetti furiosi o pericolosi, mezzi che contrastano
assai con la sensibilità dell'uomo comune moderno e con i sensibili, recenti progressi della
psichiatria. Una mostra, che si apre con un “cammeo” del pittore Gualtiero Rossi, dove la
testimonianza della Storia si fonde con il linguaggio dell’Arte a cominciare dalla fotografia di
Lorenzo Amaduzzi e la fascinazione, che muove il suo fare, per l’ ”orrida bellezza” di scavi,
rovine di una archeologia industriale, decomposizioni della materia, architetture in
disfacimento da cui ricava una sorprendente armonia compositiva. Una inaspettata
“estetica delle rovine. Con l’inedito ciclo Grumi di lacrime l’artista ci restituisce suggestioni
e intense atmosfere della famosa istituzione psichiatrica pesarese, il suo sguardo si posa
sulle macerie, sulle porte, divelte lasciate sul pavimento, sulle muffe delle pareti, su riccioli
sottili di un intonaco umido che l’immagine dell’artista ci consegna come petali di un
crisantemo disfatto, di lacrime e sospiri degli internati, tracce di antica bellezza da
consegnare alla memoria. I celebri scatti di Giovanni Marinelli, la passione per il bianco e
nero, una identità che sarà l’abito del suo lavoro e la fotografia diviene linguaggio di
contrasti che si nutrono di luce. Lo sguardo penetrante di un artista della fotografia che
racconta in bianco e nero una Vita silente e il suo occhio si posa sugli angoli, sugli oggetti,
una sedia, un frigorifero, dei pitali abbandonati dell’ex manicomio San Benedetto per
rimandare al tempo dell’attività, fissare la memoria di un passato che ci appartiene.
Immagini con il respiro e l’alone di una umana sofferenza che diventa tangibile
nell’immobilità delle cose abbandonate, spazi dell’istituzione per gli infermi di mente
fotografati all’alba degli anni 2000. Le grandi opere di Vincenzo Baldini in un reportage di
volti dall’impatto dirompente; e le tele di Baldini saranno presenti al “Museo della follia” che
nasce a Matera, poi a Mantova per Expo 2015 in una grande mostra d’arte che celebra la
follia. Uomini e donne segnati dalla sofferenza, quelli che lui stessi chiama I Dimenticati,
volti ricavati dai documenti del manicomio di San Servolo di Venezia cui Vincenzo affianca lettere, mai spedite, di altri malati internati nel manicomio di Volterra. In uno stile che lo accomuna a Bacon, a Schiele e resta personale. Quando i colori d’ombra avvolgono i suoi dipinti e il pittore fissa sulla tela uno sguardo lontano. E a raggiungerci sarà la dimensione, la sofferenza di un mondo che, magari, vorremmo celare ai nostri occhi.
Cecilia Casadei
raccontano la storia di alienati, la loro provenienza, la divisione all’interno del San
Benedetto secondo l’estrazione sociale, le ragioni legate al loro internamento. “Quando
venne progettato, nel 1824, all'indomani dell'esperienza napoleonica”, scrive Roberto
Domenichini, “l'ospedale dei pazzi (o dei mentecatti) ha rappresentato un'autentica novità
per Pesaro e la sua Provincia. L'idea, infatti, caldeggiata dal Delegato apostolico dell'epoca,
monsignor Cappelletti, di riunire in un unico ospedale tutti malati di mente fino allora tenuti
presso i vari Comuni in “orridi, fetentissimi ricettacoli”, a guisa di “feroci belve”, quasi non
fossero esseri umani, l'idea -si diceva- venne approvata dal pontefice regnante. Scopo del
Delegato e degli altri promotori era quello di offrire ai malati di mente un'assistenza e -
almeno nelle loro intenzioni- anche cure adeguate. Sulla non validità dei mezzi terapeutici
adottati a quel tempo molto è stato scritto, per non tacere pure dei mezzi di contenzione
allora accolti e praticati per “calmare” i cosiddetti furiosi o pericolosi, mezzi che contrastano
assai con la sensibilità dell'uomo comune moderno e con i sensibili, recenti progressi della
psichiatria. Una mostra, che si apre con un “cammeo” del pittore Gualtiero Rossi, dove la
testimonianza della Storia si fonde con il linguaggio dell’Arte a cominciare dalla fotografia di
Lorenzo Amaduzzi e la fascinazione, che muove il suo fare, per l’ ”orrida bellezza” di scavi,
rovine di una archeologia industriale, decomposizioni della materia, architetture in
disfacimento da cui ricava una sorprendente armonia compositiva. Una inaspettata
“estetica delle rovine. Con l’inedito ciclo Grumi di lacrime l’artista ci restituisce suggestioni
e intense atmosfere della famosa istituzione psichiatrica pesarese, il suo sguardo si posa
sulle macerie, sulle porte, divelte lasciate sul pavimento, sulle muffe delle pareti, su riccioli
sottili di un intonaco umido che l’immagine dell’artista ci consegna come petali di un
crisantemo disfatto, di lacrime e sospiri degli internati, tracce di antica bellezza da
consegnare alla memoria. I celebri scatti di Giovanni Marinelli, la passione per il bianco e
nero, una identità che sarà l’abito del suo lavoro e la fotografia diviene linguaggio di
contrasti che si nutrono di luce. Lo sguardo penetrante di un artista della fotografia che
racconta in bianco e nero una Vita silente e il suo occhio si posa sugli angoli, sugli oggetti,
una sedia, un frigorifero, dei pitali abbandonati dell’ex manicomio San Benedetto per
rimandare al tempo dell’attività, fissare la memoria di un passato che ci appartiene.
Immagini con il respiro e l’alone di una umana sofferenza che diventa tangibile
nell’immobilità delle cose abbandonate, spazi dell’istituzione per gli infermi di mente
fotografati all’alba degli anni 2000. Le grandi opere di Vincenzo Baldini in un reportage di
volti dall’impatto dirompente; e le tele di Baldini saranno presenti al “Museo della follia” che
nasce a Matera, poi a Mantova per Expo 2015 in una grande mostra d’arte che celebra la
follia. Uomini e donne segnati dalla sofferenza, quelli che lui stessi chiama I Dimenticati,
volti ricavati dai documenti del manicomio di San Servolo di Venezia cui Vincenzo affianca lettere, mai spedite, di altri malati internati nel manicomio di Volterra. In uno stile che lo accomuna a Bacon, a Schiele e resta personale. Quando i colori d’ombra avvolgono i suoi dipinti e il pittore fissa sulla tela uno sguardo lontano. E a raggiungerci sarà la dimensione, la sofferenza di un mondo che, magari, vorremmo celare ai nostri occhi.
Cecilia Casadei
11
ottobre 2015
Scene da un manicomio: dai documenti della Storia al racconto visivo di Lorenzo Amaduzzi, Vincenzo Baldini, Giovanni Marinelli
Dall'undici ottobre all'undici novembre 2015
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
ARCHIVIO DI STATO
Pesaro, Via Della Neviera, 4, (Pesaro E Urbino)
Pesaro, Via Della Neviera, 4, (Pesaro E Urbino)
Orario di apertura
lunedì-venerdì: 9,00-18,00; sabato: 9,00-13,00
Vernissage
11 Ottobre 2015, ore 17.30
Autore
Curatore