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Maurizio Gabbana / Roberto Bosco – Magico & Irreale
In occasione dell’evento FUORIDIMOSTRA Spazio Pedraglio propone un’altra mostra legata al tema della città. Opere realizzate a quattro mani da Maurizio Gabbana e Roberto Bosco: i notturni milanesi, scatti fotografici di Gabbana stampati su tela, vengono “vissuti” dagli interventi pittorici di Bosco.
Comunicato stampa
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In occasione dell’evento “FUORIDIMOSTRA” organizzato nell’ambito del progetto artistico “Com’è viva la città”, la grande mostra attualmente ospitata nei prestigiosi spazi di Villa Olmo, l’associazione Spazio Pedraglio intende proporre un secondo appuntamento profondamente legato al tema della città vista nella sua interiorità: “Magico & Irreale” di Maurizio Gabbana e Roberto Bosco.
Com'è bella la città, il brano di Giorgio Gaber da cui è tratto il titolo della mostra in corso a Villa Olmo, è una delle più memorabili canzoni a sfondo urbano degli ultimi decenni. C'è tuttavia un'altra canzone, peraltro pubblicata nello stesso anno di quella di Gaber, che ha al centro, oltre che nel titolo, la città, e che difficilmente verrà dimenticata. Si tratta di Tutta mia la città, il brano dell'Equipe 84 che, per una felice analogia, ha fornito il titolo alla personale tenuta qualche mese fa da Maurizio Gabbana nel Palazzo Pirelli di Milano. Per capire il senso delle opere esposte da Maurizio in quell'occasione, e riproposte ora, è necessario rammentare come suona tutto intero il ritornello: dopo "tutta mia la città", segue la strofa: "un deserto che conosco".
Nelle città fotografate da Maurizio Gabbana la scelta dell'ambientazione notturna è funzionale alla ricerca di intimità con lo scenario urbano, al desiderio di un'immersione al suo interno e finanche di una sua appropriazione, favorita dalla perdita dei contorni delle cose, dalla rarefazione di oggetti e persone, da una sorta di desertificazione dei sensi che accade a volte (queste volte) col calare del buio. I deserti ovviamente non sono tutti uguali, non lo sono neppure i notturni e tantomeno le città. Il deserto evocato dalle fotografie di Maurizio è un vuoto appagante, una scatola foderata di architetture monumentali e cariche di storia, il cui ruolo consiste però nell'arredare una sontuosa vacuità. Una luce precisa ma allo stesso tempo straniante si ritaglia il compito di delineare le vie di fuga dall'immagine, di incanalare lo sguardo verso un'oscurità cangiante. Le uniche figure che possono avere luogo in questa situazione sono non a caso dei fantasmi: gli spettri dipinti da Roberto Bosco, quanto più saturano le piazze e le architetture milanesi fotografate da Gabbana, tanto più le alleggeriscono, le smaterializzano, le svuotano, in una prospettiva ascendente.
Resta da chiarire come si relazionino queste immagini con le visioni urbane rifratte e iperdinamiche che abbondano nel portfolio di Maurizio. La mia impressione è che in entrambe si assista pur sempre a un’evocazione del vuoto. Nel caso della maggior parte delle opere di Gabbana, l’evocazione è condotta attraverso un processo di isolamento, alleggerimento, assottigliamento delle architetture prese di mira e spesso sottoposte a un moto centrifugo (e talvolta centripeto). La differenza sostanziale tra il lavoro di Maurizio e quello di altri artisti che possono in qualche modo assomigliargli sta quindi in un paradosso: la ripetizione-variazione del medesimo elemento all’interno dell’immagine non ha lo scopo di accrescere, potenziare, celebrare la resa fotografica dell’architettura, ma piuttosto di rarefarla, di privarla di retorica, di scovarne l’essenziale, quantomeno in termini percettivi. Anche in questo modo l’orizzonte urbano può acquisire un tratto proprio del deserto: può assomigliare a quella finzione appagante e rivelatoria che chiamiamo miraggio.
(Roberto Borghi, Città, deserti e miraggi, “Magico & Irreale”, 2015)
BIOGRAFIE:
Maurizio Gabbana, milanese di nascita, è un fotografo autodidatta con la passione per la ricerca attraverso scatti artistici e la camera oscura.
Oggi, dopo esser stato notato ed apprezzato dallo storico dell’arte Rolando Bellini, afferma le sue ricerche futuristiche con la serie Dynamica Spazio Temporale: scatti realizzati con macchina digitale e scorci metafisici notturni eseguiti con tecnica analogica, una dimensione metafisica dove in realtà si trova l’uomo assopito nel suo riposo notturno.
Oltre che con il Prof. Rolando Bellini dialoga con lo storico dell’arte Prof. Del Guercio e l’artista Luce Delhove; al di fuori dell’Accademia di Brera si confronta con altri artisti e personaggi noti come il Conte Daniele Radini Tedeschi, storico-critico e comissario della biennale di Venezia e della Triennale di Roma, con il critico e giornalista Roberto Borghi, con il Prof. Pio Meledandri, direttore del museo della fotografia del Politecnico di Bari, con il giornalista critico di fotografia Roberto Mutti, con il dott. Massimo Montaldi e la dott.ssa Raffaella Caruso, entrambi storici e critici e con il Prof. Mauro Manduzio.
Nel 2015 partecipa ad una bipersonale al Grattacielo Pirelli dal titolo Tutta mia Le città in cui presenta anche opere con interventi pittorici di Roberto Bosco e la cui critica è affidata a Roberto Borghi.
Nello stesso periodo partecipa alla Biennale di Venezia, Padiglione Guatemala, con Time into the Time: Relive!, un’installazione sul tema della morte.
In ambito Expo prsenta al DepurArt Lab Gallery un’altra installazione dal titolo Ingegno Divino. Sarà presente, sempre nel contesto Expo, al Workshop Rise2Up in Cascina Triulza.
Sono previsti per la seconda metà del 2015 il progetto Leonardo, una bipersonale con l’artista bielorussa Volha Piashko, e una personale dal titolo MilanoExpo una sfida presso lo spazio espositivo PwC di Milano dove è esposta da qualche anno una sua opera.
Roberto Bosco nasce a Roma l’8 Luglio 1951. Giovanissimo parte per Parigi e inizia, tra tante difficoltà, la sua attività artistica dividendo le sue giornate tra pittura e letteratura, è il 1968 e più che alla contestazione pensa all’arte frequentando i musei dove può conoscere le opere dei grandi artisti della pittura classica e moderna. È un solitario, un individualista che trascorre le sue giornate immerso nello studio e nell’approfondimento delle diverse tecniche compositive. Nel frattempo prepara anche gli esami per laurearsi in lettere moderne.
Tornato in Italia collabora come autore radiofonico con la RAI per la quale scrive, nell’arco di vent’anni, decine di radiodrammi e di alcuni cura anche la regia. Pittura e letteratura vanno di pari passo. Negli anni settanta i suoi quadri vengono esposti con successo a Londra e a Parigi e alcuni mercanti li acquistano per proporli in diverse gallerie del mondo.
Negli anni ottanta e novanta soggiorna diverse volte a Parigi trovando un punto di riferimento nella galleria Man Art, è particolarmente apprezzato dal pubblico americano e giapponese e persegue costantemente la sua ricerca sul colore e la forma di ascendenza classica, rielaborando moduli espressivi e formali che raccontano la complessità umana e storica della fine del ventesimo secolo.
L’incontro con Leopoldo Chizoniti, manager ed esperto organizzatore di eventi artistici, segna una svolta. La loro collaborazione produce una serie di occasioni espositive che culminano nel progetto Oltre Confine che prevede tre importanti mostre al Today Art Museum di Pechino a Doha in Qatar e a New York.
Nel 2013 espone presso la Georgia Berlin Galerie di Berlino, sempre nello stesso anno partecipia alla Fiera Internazionale di Arte Contemporanea Art Basel Hong Kong.
Dal 19 dicembre 2013 al 26 gennaio 2014 è protagonista negli spazi del Museo d’Arte Contemporanea Roma MACRO.
Nel 2014 partecipa al China Chengdu International Art Expo.
Hanno scritto del suo lavoro illustri critici come Paolo Levi, Claudio Strinati, Tommaso Strinati, Wuang Duanting e Luca Misiano.
Com'è bella la città, il brano di Giorgio Gaber da cui è tratto il titolo della mostra in corso a Villa Olmo, è una delle più memorabili canzoni a sfondo urbano degli ultimi decenni. C'è tuttavia un'altra canzone, peraltro pubblicata nello stesso anno di quella di Gaber, che ha al centro, oltre che nel titolo, la città, e che difficilmente verrà dimenticata. Si tratta di Tutta mia la città, il brano dell'Equipe 84 che, per una felice analogia, ha fornito il titolo alla personale tenuta qualche mese fa da Maurizio Gabbana nel Palazzo Pirelli di Milano. Per capire il senso delle opere esposte da Maurizio in quell'occasione, e riproposte ora, è necessario rammentare come suona tutto intero il ritornello: dopo "tutta mia la città", segue la strofa: "un deserto che conosco".
Nelle città fotografate da Maurizio Gabbana la scelta dell'ambientazione notturna è funzionale alla ricerca di intimità con lo scenario urbano, al desiderio di un'immersione al suo interno e finanche di una sua appropriazione, favorita dalla perdita dei contorni delle cose, dalla rarefazione di oggetti e persone, da una sorta di desertificazione dei sensi che accade a volte (queste volte) col calare del buio. I deserti ovviamente non sono tutti uguali, non lo sono neppure i notturni e tantomeno le città. Il deserto evocato dalle fotografie di Maurizio è un vuoto appagante, una scatola foderata di architetture monumentali e cariche di storia, il cui ruolo consiste però nell'arredare una sontuosa vacuità. Una luce precisa ma allo stesso tempo straniante si ritaglia il compito di delineare le vie di fuga dall'immagine, di incanalare lo sguardo verso un'oscurità cangiante. Le uniche figure che possono avere luogo in questa situazione sono non a caso dei fantasmi: gli spettri dipinti da Roberto Bosco, quanto più saturano le piazze e le architetture milanesi fotografate da Gabbana, tanto più le alleggeriscono, le smaterializzano, le svuotano, in una prospettiva ascendente.
Resta da chiarire come si relazionino queste immagini con le visioni urbane rifratte e iperdinamiche che abbondano nel portfolio di Maurizio. La mia impressione è che in entrambe si assista pur sempre a un’evocazione del vuoto. Nel caso della maggior parte delle opere di Gabbana, l’evocazione è condotta attraverso un processo di isolamento, alleggerimento, assottigliamento delle architetture prese di mira e spesso sottoposte a un moto centrifugo (e talvolta centripeto). La differenza sostanziale tra il lavoro di Maurizio e quello di altri artisti che possono in qualche modo assomigliargli sta quindi in un paradosso: la ripetizione-variazione del medesimo elemento all’interno dell’immagine non ha lo scopo di accrescere, potenziare, celebrare la resa fotografica dell’architettura, ma piuttosto di rarefarla, di privarla di retorica, di scovarne l’essenziale, quantomeno in termini percettivi. Anche in questo modo l’orizzonte urbano può acquisire un tratto proprio del deserto: può assomigliare a quella finzione appagante e rivelatoria che chiamiamo miraggio.
(Roberto Borghi, Città, deserti e miraggi, “Magico & Irreale”, 2015)
BIOGRAFIE:
Maurizio Gabbana, milanese di nascita, è un fotografo autodidatta con la passione per la ricerca attraverso scatti artistici e la camera oscura.
Oggi, dopo esser stato notato ed apprezzato dallo storico dell’arte Rolando Bellini, afferma le sue ricerche futuristiche con la serie Dynamica Spazio Temporale: scatti realizzati con macchina digitale e scorci metafisici notturni eseguiti con tecnica analogica, una dimensione metafisica dove in realtà si trova l’uomo assopito nel suo riposo notturno.
Oltre che con il Prof. Rolando Bellini dialoga con lo storico dell’arte Prof. Del Guercio e l’artista Luce Delhove; al di fuori dell’Accademia di Brera si confronta con altri artisti e personaggi noti come il Conte Daniele Radini Tedeschi, storico-critico e comissario della biennale di Venezia e della Triennale di Roma, con il critico e giornalista Roberto Borghi, con il Prof. Pio Meledandri, direttore del museo della fotografia del Politecnico di Bari, con il giornalista critico di fotografia Roberto Mutti, con il dott. Massimo Montaldi e la dott.ssa Raffaella Caruso, entrambi storici e critici e con il Prof. Mauro Manduzio.
Nel 2015 partecipa ad una bipersonale al Grattacielo Pirelli dal titolo Tutta mia Le città in cui presenta anche opere con interventi pittorici di Roberto Bosco e la cui critica è affidata a Roberto Borghi.
Nello stesso periodo partecipa alla Biennale di Venezia, Padiglione Guatemala, con Time into the Time: Relive!, un’installazione sul tema della morte.
In ambito Expo prsenta al DepurArt Lab Gallery un’altra installazione dal titolo Ingegno Divino. Sarà presente, sempre nel contesto Expo, al Workshop Rise2Up in Cascina Triulza.
Sono previsti per la seconda metà del 2015 il progetto Leonardo, una bipersonale con l’artista bielorussa Volha Piashko, e una personale dal titolo MilanoExpo una sfida presso lo spazio espositivo PwC di Milano dove è esposta da qualche anno una sua opera.
Roberto Bosco nasce a Roma l’8 Luglio 1951. Giovanissimo parte per Parigi e inizia, tra tante difficoltà, la sua attività artistica dividendo le sue giornate tra pittura e letteratura, è il 1968 e più che alla contestazione pensa all’arte frequentando i musei dove può conoscere le opere dei grandi artisti della pittura classica e moderna. È un solitario, un individualista che trascorre le sue giornate immerso nello studio e nell’approfondimento delle diverse tecniche compositive. Nel frattempo prepara anche gli esami per laurearsi in lettere moderne.
Tornato in Italia collabora come autore radiofonico con la RAI per la quale scrive, nell’arco di vent’anni, decine di radiodrammi e di alcuni cura anche la regia. Pittura e letteratura vanno di pari passo. Negli anni settanta i suoi quadri vengono esposti con successo a Londra e a Parigi e alcuni mercanti li acquistano per proporli in diverse gallerie del mondo.
Negli anni ottanta e novanta soggiorna diverse volte a Parigi trovando un punto di riferimento nella galleria Man Art, è particolarmente apprezzato dal pubblico americano e giapponese e persegue costantemente la sua ricerca sul colore e la forma di ascendenza classica, rielaborando moduli espressivi e formali che raccontano la complessità umana e storica della fine del ventesimo secolo.
L’incontro con Leopoldo Chizoniti, manager ed esperto organizzatore di eventi artistici, segna una svolta. La loro collaborazione produce una serie di occasioni espositive che culminano nel progetto Oltre Confine che prevede tre importanti mostre al Today Art Museum di Pechino a Doha in Qatar e a New York.
Nel 2013 espone presso la Georgia Berlin Galerie di Berlino, sempre nello stesso anno partecipia alla Fiera Internazionale di Arte Contemporanea Art Basel Hong Kong.
Dal 19 dicembre 2013 al 26 gennaio 2014 è protagonista negli spazi del Museo d’Arte Contemporanea Roma MACRO.
Nel 2014 partecipa al China Chengdu International Art Expo.
Hanno scritto del suo lavoro illustri critici come Paolo Levi, Claudio Strinati, Tommaso Strinati, Wuang Duanting e Luca Misiano.
10
ottobre 2015
Maurizio Gabbana / Roberto Bosco – Magico & Irreale
Dal 10 al 31 ottobre 2015
fotografia
arte contemporanea
arte contemporanea
Location
SPAZIO PEDRAGLIO
Como, Piazza Alessandro Volta, 48, (Como)
Como, Piazza Alessandro Volta, 48, (Como)
Orario di apertura
Da lunedì a venerdì ore 15.30 - 19.00, Sabato ore 15.00 - 18.00 (altri giorni e orari su appuntamento)
Vernissage
10 Ottobre 2015, ore 18.00
Autore
Curatore