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Stefano Cerio – Chinese Fun
La fotografia di Cerio non segue le lusinghe del mercato facile, ne perde tempo con prospettive e angoli di visuale, se non per tradurre fedelmente, e sottilmente, il degrado che i non luoghi del divertimento artificiale generano in chi ci vive, li frequenta senza consapevolezza e li elegge a dimore esistenziali sulla scorta della insana voglia di folla, invece di scegliere le aggregazioni intelligenti guidate dalla voglia di sana follia
Comunicato stampa
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Era il 2006 quando ho conosciuto Stefano Cerio, ero appena arrivato a Roma, e ho capito che saremmo rimasti amici per tanto tempo, forse per sempre, chissà. Stefano è soprattutto un uomo. Un fotografo dalle origini cosmopolite e multiformi, un artista autentico, elegante, sempre discreto, mai invadente, sempre gentile e acuto. Insomma un uomo, prima di tutto, come dicevo. Una rarità autentica, in tutti i sensi.
Ho anche capito che sarebbe diventato un grande artista, con la calma e la pazienza necessarie a tutti i grandi artisti che, prima di esprimere, devono conoscere a fondo, studiare, riflettere e ripensare. L’indagine prima dell’immagine, avemmo modo di dire in quei giorni lontani, e fu lui a ispirare questo slogan fortunato ed efficace che uso da anni.
Sono stati anni duri. Non difficili in senso stretto; io e Stefano siamo amici, prima di tutto, per cui nessuno dei due aveva fretta, ma il pathos che mi ha generato vederlo crescere con tempi naturali, quindi lenti, me lo porterò dentro per sempre. Perché si capiva che la sua arte era autentica come la sua anima, che indagava fenomeni che poi sono tristemente diventati di attualità; il "sintetico", l’apparenza, il divertimento forzoso, l’aggregazione da supermercato, la solitudine nella moltitudine. Stefano ha prodotto cicli di fotografie che hanno scritto con la luce, appunto, pagine di storia buia, illuminando angoli oscuri di degrado, esclusione sociale, distanza dai comodi riflettori del glamour, indagando architetture oscene che generano mostri da mettere in mostra. Prova a trasportarti idealmente in questa foto...dimmi come ti senti.
Poi sono cominciati i primi riconoscimenti da parte di Gallerie importanti, galleristi che hanno fatto davvero la storia degli ultimi 20 anni, che sanno leggere il lavoro di chi scende negli abissi della società per sporcarsi con la realtà che nessuno vuol vedere, facendo di noi degli uomini finalmente consapevoli della verità che, dietro l’angolo di casa nostra, evitiamo di guardare e, soprattutto, di vedere.
L’anno scorso la straordinaria notizia: Hatje Cantz, la più importante, titolata e prestigiosa casa editrice del mondo, decide di pubblicare un libro sul progetto cinese di Stefano Cerio (qui sopra l’immagine della cover del libro).
Lo stesso progetto che viene presentato da Fondazione VOLUME a Roma Mercoledì 23 Settembre dalle ore 19, al quale non potete mancare.
La rassegna stampa internazionale è impressionante. Naturalmente in Italia se ne occupano i magazine più attenti, quelli che pubblicano notizie che possono contenere immagini accattivanti e qualitative, a volte, ma i media mondiali dedicano a Cerio un’attenzione mai vista prima. Arrivando a definirlo il Banksy italiano...
La fotografia di Cerio, quindi, non segue le lusinghe del mercato facile, ne perde tempo con prospettive e angoli di visuale, se non per tradurre fedelmente, e sottilmente, il degrado che i non luoghi del divertimento artificiale generano in chi ci vive, li frequenta senza consapevolezza e li elegge a dimore esistenziali sulla scorta della insana voglia di folla, invece di scegliere le aggregazioni intelligenti guidate dalla voglia di sana follia.
Quel pezzetto di marciapiede che vedi nella foto in alto, scattata a Shanghai, sta a significare che lì c’è gente vera che ci passa tutti i giorni, e non è una cartolina piacevole o un oggetto inquadrato in modo ruffiano, piuttosto è una testimonianza permanente della direzione amorfa e svuotante che il mondo sta prendendo.
Perciò dammi retta, Mercoledì 23 Settembre vieni alla Fondazione VOLUME e, insieme, sviluppiamo un ragionamento che, pezzo per pezzo, rimetta insieme la coscienza collettiva e individuale di come vorremmo le nostre città, i nostri sguardi, i nostri panorami etici ed estetici. Potrai dire: io C’erio...
Francesco Cascino
Ho anche capito che sarebbe diventato un grande artista, con la calma e la pazienza necessarie a tutti i grandi artisti che, prima di esprimere, devono conoscere a fondo, studiare, riflettere e ripensare. L’indagine prima dell’immagine, avemmo modo di dire in quei giorni lontani, e fu lui a ispirare questo slogan fortunato ed efficace che uso da anni.
Sono stati anni duri. Non difficili in senso stretto; io e Stefano siamo amici, prima di tutto, per cui nessuno dei due aveva fretta, ma il pathos che mi ha generato vederlo crescere con tempi naturali, quindi lenti, me lo porterò dentro per sempre. Perché si capiva che la sua arte era autentica come la sua anima, che indagava fenomeni che poi sono tristemente diventati di attualità; il "sintetico", l’apparenza, il divertimento forzoso, l’aggregazione da supermercato, la solitudine nella moltitudine. Stefano ha prodotto cicli di fotografie che hanno scritto con la luce, appunto, pagine di storia buia, illuminando angoli oscuri di degrado, esclusione sociale, distanza dai comodi riflettori del glamour, indagando architetture oscene che generano mostri da mettere in mostra. Prova a trasportarti idealmente in questa foto...dimmi come ti senti.
Poi sono cominciati i primi riconoscimenti da parte di Gallerie importanti, galleristi che hanno fatto davvero la storia degli ultimi 20 anni, che sanno leggere il lavoro di chi scende negli abissi della società per sporcarsi con la realtà che nessuno vuol vedere, facendo di noi degli uomini finalmente consapevoli della verità che, dietro l’angolo di casa nostra, evitiamo di guardare e, soprattutto, di vedere.
L’anno scorso la straordinaria notizia: Hatje Cantz, la più importante, titolata e prestigiosa casa editrice del mondo, decide di pubblicare un libro sul progetto cinese di Stefano Cerio (qui sopra l’immagine della cover del libro).
Lo stesso progetto che viene presentato da Fondazione VOLUME a Roma Mercoledì 23 Settembre dalle ore 19, al quale non potete mancare.
La rassegna stampa internazionale è impressionante. Naturalmente in Italia se ne occupano i magazine più attenti, quelli che pubblicano notizie che possono contenere immagini accattivanti e qualitative, a volte, ma i media mondiali dedicano a Cerio un’attenzione mai vista prima. Arrivando a definirlo il Banksy italiano...
La fotografia di Cerio, quindi, non segue le lusinghe del mercato facile, ne perde tempo con prospettive e angoli di visuale, se non per tradurre fedelmente, e sottilmente, il degrado che i non luoghi del divertimento artificiale generano in chi ci vive, li frequenta senza consapevolezza e li elegge a dimore esistenziali sulla scorta della insana voglia di folla, invece di scegliere le aggregazioni intelligenti guidate dalla voglia di sana follia.
Quel pezzetto di marciapiede che vedi nella foto in alto, scattata a Shanghai, sta a significare che lì c’è gente vera che ci passa tutti i giorni, e non è una cartolina piacevole o un oggetto inquadrato in modo ruffiano, piuttosto è una testimonianza permanente della direzione amorfa e svuotante che il mondo sta prendendo.
Perciò dammi retta, Mercoledì 23 Settembre vieni alla Fondazione VOLUME e, insieme, sviluppiamo un ragionamento che, pezzo per pezzo, rimetta insieme la coscienza collettiva e individuale di come vorremmo le nostre città, i nostri sguardi, i nostri panorami etici ed estetici. Potrai dire: io C’erio...
Francesco Cascino
23
settembre 2015
Stefano Cerio – Chinese Fun
Dal 23 settembre al 21 ottobre 2015
fotografia
Location
FONDAZIONE VOLUME!
Roma, Via Di San Francesco Di Sales, 86, (Roma)
Roma, Via Di San Francesco Di Sales, 86, (Roma)
Vernissage
23 Settembre 2015, ore 19
Autore