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20
marzo 2009
restauri La Fontana dei quattro fiumi del Bernini
restauri
Pareva un monito di stampo ecologista, coi quattro fiumi che più “inquinati” non si poteva. Ora torna a splendere come acqua cristallina. È la fontana celeberrima che campeggia in Piazza Navona...
È tornata a farsi guardare coi suoi quattro fiumi – Nilo, Gange, Danubio e Rio della Plata – incarnati in altrettanti giganti, la fontana del Bernini (Napoli, 1598 – Roma, 1680) che campeggia in Piazza Navona, proprio di fronte alla chiesa costruita dal suo alter ego, quel Francesco Borromini che con lui si contendeva, a metà Seicento, le commissioni di principi e papi.
Una fontana diventata celebre anche per una certa leggenda, che vuole che Gian Lorenzo abbia concepito la statua del Rio della Plata col braccio alzato per paura che la basilica crollasse, e che la personificazione del Nilo si copra il volto per non esser costretta a vedere l’edificio del terribile suo rivale. Trattasi solo di chiacchiere: il Bernini lavorò alla fontana tra il 1648 e il 1651, mentre la chiesa fu iniziata dal Borromini dopo il 1652.
Ciò che invece chiacchiera non era, è stata la necessità di procedere a un restauro urgente, visto che il corpo delle statue, in marmo bianco e travertino, infestate da piante e microrganismi vari, erano ormai corrosi e incrostati, e le parti in metallo tutte arrugginite. A occuparsi della rimessa a nuovo è stato l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro con un gruppo interdisciplinare coordinato dall’architetto Annamaria Pandolfi: due anni di lavori, costati in tutto 622mila euro e finanziati interamente dal Mibac, con i risultati che ora si possono vedere.
La scelta seguita è stata quella di restituire il carattere di unitarietà dell’opera, recuperandone sia le forme scultoree nelle parti inferiori ormai deformate dalle incrostazioni per via del costante contatto con l’acqua, sia la bellezza dei colori del marmo e del travertino, occultati da una spessa patina di sporco e smog. Dulcis in fundo, si è pensato anche a tener lontani i piccioni, che come si può intuire non sono amici delle statue più di quanto non lo sono degli avventori dei parchi.
Così, ripulita e rimessa a lucido, la fontana si è riappropriata del ruolo di regina incontrastata della piazza. Purtuttavia, era concepita per essere un gioco d’acqua. Barocco per giunta, avendo come fine… la meraviglia. Logico dunque che il problema prima o poi si ripresenti, anche se ci vorrà per fortuna più di qualche anno. L’allarme, invece, suona forte per quanto concerne gli atti vandalici: già in passato i poveri fiumi, non paghi di essere oltraggiati ogni giorno dagli scarichi inquinanti e dallo sfruttamento selvaggio nelle loro incarnazioni reali, hanno dovuto subire scempi anche nelle loro divine metafore marmoree. Riuscirà la vigilanza promessa a evitare almeno questi altri proditorii assalti?
Una fontana diventata celebre anche per una certa leggenda, che vuole che Gian Lorenzo abbia concepito la statua del Rio della Plata col braccio alzato per paura che la basilica crollasse, e che la personificazione del Nilo si copra il volto per non esser costretta a vedere l’edificio del terribile suo rivale. Trattasi solo di chiacchiere: il Bernini lavorò alla fontana tra il 1648 e il 1651, mentre la chiesa fu iniziata dal Borromini dopo il 1652.
Ciò che invece chiacchiera non era, è stata la necessità di procedere a un restauro urgente, visto che il corpo delle statue, in marmo bianco e travertino, infestate da piante e microrganismi vari, erano ormai corrosi e incrostati, e le parti in metallo tutte arrugginite. A occuparsi della rimessa a nuovo è stato l’Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro con un gruppo interdisciplinare coordinato dall’architetto Annamaria Pandolfi: due anni di lavori, costati in tutto 622mila euro e finanziati interamente dal Mibac, con i risultati che ora si possono vedere.
La scelta seguita è stata quella di restituire il carattere di unitarietà dell’opera, recuperandone sia le forme scultoree nelle parti inferiori ormai deformate dalle incrostazioni per via del costante contatto con l’acqua, sia la bellezza dei colori del marmo e del travertino, occultati da una spessa patina di sporco e smog. Dulcis in fundo, si è pensato anche a tener lontani i piccioni, che come si può intuire non sono amici delle statue più di quanto non lo sono degli avventori dei parchi.
Così, ripulita e rimessa a lucido, la fontana si è riappropriata del ruolo di regina incontrastata della piazza. Purtuttavia, era concepita per essere un gioco d’acqua. Barocco per giunta, avendo come fine… la meraviglia. Logico dunque che il problema prima o poi si ripresenti, anche se ci vorrà per fortuna più di qualche anno. L’allarme, invece, suona forte per quanto concerne gli atti vandalici: già in passato i poveri fiumi, non paghi di essere oltraggiati ogni giorno dagli scarichi inquinanti e dallo sfruttamento selvaggio nelle loro incarnazioni reali, hanno dovuto subire scempi anche nelle loro divine metafore marmoree. Riuscirà la vigilanza promessa a evitare almeno questi altri proditorii assalti?
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*articolo pubblicato su Grandimostre n. 3. Te l’eri perso? Abbonati!
Istituto Superiore per la Conservazione e il Restauro
Piazza San Francesco di Paola, 9 – 00184 Roma
Info: tel. +39 0648896416; www.icr.beniculturali.it
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