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Jacopo Pagin / Giulio Saverio Rossi – Thaumàzein
La mostra è composta da dipinti e installazioni di Giulio Saverio Rossi e Jacopo Pagin e presenta un percorso che interroga le potenzialità conoscitive dello stupore, del fantastico, dell’inquietante.
Comunicato stampa
Segnala l'evento
Il progetto Thaumàzein si sviluppa attorno al concetto di stupore inteso nel suo potenziale
conoscitivo, ovvero in quel tipo di esperienza in cui si fondono il trauma e la meraviglia. Lo stupore
è quindi il sentire di un attimo che genera disorientamento e predispone l'uomo all'apertura al non
comune e all'accoglienza del fantastico.
Il percorso espositivo si estende negli spazi del Castello Malaspina di Massa e presenta l'incontro
tra le opere dei due artisti Giulio Saverio Rossi e Jacopo Pagin, formando un itinerario nel
fantastico e nell'inquietante dominato dalla reiterata proposizione di realtà eterogenee e multiformi,
in cui pittura e installazione si uniscono in una visione caleidoscopica dell'arte. Polimorfismo,
metamorfosi di materiali e iridescenza di colori accompagnano il visitatore alla scoperta di quello
che si potrebbe rinominare “fantastico inquietante”.
La serie pittorica Delle cose del mondo e del mondo delle cose di Giulio Saverio Rossi crea una
narrazione inedita del mondo quotidiano, i cui protagonisti sono oggetti di uso comune come spine
elettriche e lampade da tavolo. Attraverso la descrizione pittorica e coloristica di un campo visivo,
Rossi ci introduce alla possibilità di ricollocare la visione del mondo entro nuove coordinate, non
solo spazio-temporali. Il salto dall'ordinario allo straordinario avviene sulla scorta di uno spazio
impossibile eppure esistente: l'origine di un rumore digitale che sconvolge la percezione dello
spazio in una compenetrazione tra mondi appartenenti a realtà diverse. Un rapporto accentuato dai
dipinti della serie Landscape che raffigurano gli esterni del castello e sono più largamente dedicati
al senso figurato della tensione esistente tra esterno e interno, tra il presunto vero e l'immaginato:
sono vedute paesaggistiche negate. Le opere di Rossi trasmettono la sensazione di un fantastico che
soggiace all'esistenza stessa del mondo e che non trae la propria origine da alcuna realtà esterna ad
esso, quello che Roger Callois in Au coeur du fantastique definisce “insidioso”.
Jacopo Pagin presenta un percorso abitato da figure composite nate dall'unione di mitologia classica
e iconologia sacra di derivazione cristiana. La riproposizione di modelli antichi ma rinnovati e
fortemente decontestualizzati provoca il dubbio circa la loro esistenza, aprendo ad una rilettura di
tipo a-logico della storia umana: nello scarto esistente tra modello e ricostruzione risiedono le
variazioni sul tema dell'inquieto. Nelle sue tele Pagin unisce le epoche storiche tratteggiando una
nuova archeologia dell'universo entro cui addentrarsi per riportare alla luce il ricordo dell'era
primordiale, risvegliare la memoria originaria e la conoscenza pregressa del mito. Le opere sono
legate dal simbolo dell'acqua, origine prima dell'esistenza, idea di fonte, sete e anche di battesimo,
come in La bevanda del Tritone, dove l'immagine della divinità si sovrappone a quella di Cristo e
l'acqua diventa vino allucinogeno. Il legame tra natura e cultura è celebrato nel dipinto Burning
bright (2015), in cui Pagin rielabora in chiave visuale il brano poetico The tyger che il poeta e
pittore inglese William Blake scriveva (e incideva) nel 1794, per fissare nel tempo la sua ansia di
conoscenza dell'ordine che soggiace all'esistenza del mondo.
conoscitivo, ovvero in quel tipo di esperienza in cui si fondono il trauma e la meraviglia. Lo stupore
è quindi il sentire di un attimo che genera disorientamento e predispone l'uomo all'apertura al non
comune e all'accoglienza del fantastico.
Il percorso espositivo si estende negli spazi del Castello Malaspina di Massa e presenta l'incontro
tra le opere dei due artisti Giulio Saverio Rossi e Jacopo Pagin, formando un itinerario nel
fantastico e nell'inquietante dominato dalla reiterata proposizione di realtà eterogenee e multiformi,
in cui pittura e installazione si uniscono in una visione caleidoscopica dell'arte. Polimorfismo,
metamorfosi di materiali e iridescenza di colori accompagnano il visitatore alla scoperta di quello
che si potrebbe rinominare “fantastico inquietante”.
La serie pittorica Delle cose del mondo e del mondo delle cose di Giulio Saverio Rossi crea una
narrazione inedita del mondo quotidiano, i cui protagonisti sono oggetti di uso comune come spine
elettriche e lampade da tavolo. Attraverso la descrizione pittorica e coloristica di un campo visivo,
Rossi ci introduce alla possibilità di ricollocare la visione del mondo entro nuove coordinate, non
solo spazio-temporali. Il salto dall'ordinario allo straordinario avviene sulla scorta di uno spazio
impossibile eppure esistente: l'origine di un rumore digitale che sconvolge la percezione dello
spazio in una compenetrazione tra mondi appartenenti a realtà diverse. Un rapporto accentuato dai
dipinti della serie Landscape che raffigurano gli esterni del castello e sono più largamente dedicati
al senso figurato della tensione esistente tra esterno e interno, tra il presunto vero e l'immaginato:
sono vedute paesaggistiche negate. Le opere di Rossi trasmettono la sensazione di un fantastico che
soggiace all'esistenza stessa del mondo e che non trae la propria origine da alcuna realtà esterna ad
esso, quello che Roger Callois in Au coeur du fantastique definisce “insidioso”.
Jacopo Pagin presenta un percorso abitato da figure composite nate dall'unione di mitologia classica
e iconologia sacra di derivazione cristiana. La riproposizione di modelli antichi ma rinnovati e
fortemente decontestualizzati provoca il dubbio circa la loro esistenza, aprendo ad una rilettura di
tipo a-logico della storia umana: nello scarto esistente tra modello e ricostruzione risiedono le
variazioni sul tema dell'inquieto. Nelle sue tele Pagin unisce le epoche storiche tratteggiando una
nuova archeologia dell'universo entro cui addentrarsi per riportare alla luce il ricordo dell'era
primordiale, risvegliare la memoria originaria e la conoscenza pregressa del mito. Le opere sono
legate dal simbolo dell'acqua, origine prima dell'esistenza, idea di fonte, sete e anche di battesimo,
come in La bevanda del Tritone, dove l'immagine della divinità si sovrappone a quella di Cristo e
l'acqua diventa vino allucinogeno. Il legame tra natura e cultura è celebrato nel dipinto Burning
bright (2015), in cui Pagin rielabora in chiave visuale il brano poetico The tyger che il poeta e
pittore inglese William Blake scriveva (e incideva) nel 1794, per fissare nel tempo la sua ansia di
conoscenza dell'ordine che soggiace all'esistenza del mondo.
04
settembre 2015
Jacopo Pagin / Giulio Saverio Rossi – Thaumàzein
Dal 04 al 20 settembre 2015
arte contemporanea
Location
CASTELLO MALASPINA
Massa, Via Rocca, 15, (Massa-carrara)
Massa, Via Rocca, 15, (Massa-carrara)
Orario di apertura
Dal 5 al 13 settembre dalle 10.30 alle 13.00 e dalle 17 alle 21.
19 e 20 settembre aperto dalle 15 alle 19. Ultimo ingresso mezz'ora prima della chiusura.
Vernissage
4 Settembre 2015, h 18.30
Autore
Curatore