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21
aprile 2009
fino al 14.VI.2009 Fuori cornice Camogli (ge), Fondazione Remotti
genova
Un doppio “fuori cornice”: una mostra che propone sguardi che vanno oltre le barriere spaziali e mentali e un libro che travalica l'arte ufficiale. In un intreccio che fa e farà ancora discutere appassionatamente...
A volte una mostra può essere frutto d’una coincidenza. Com’è stato per quella in corso alla Fondazione Remotti, che espone una nuova selezione di opere provenienti dalla sua collezione. Si tratta della coincidenza che ha portato a presentare la mostra Fuori cornice a Camogli, a cura di Francesca Pasini, e il saggio scritto a quattro mani da Alessandro Dal Lago e Serena Giordano, Fuori cornice. L’arte oltre l’arte. Due “fuori cornice” differenti, autonomi l’uno dall’altro, ma che rivelano anche punti di contatto.
Il tema del “fuori cornice” è sviluppato da Pasini attraverso opere come Drowning Sorrow di Mona Hatoum, composta da bottiglie recise che terminano intuitivamente (come insegna la psicologia della Gestalt) oltre la cornice fisica dell’architettura, o come Fuji di Wolfgang Tillmans, fotografia che presenta una stanza (prima cornice) con una finestra aperta (seconda cornice) che lascia intravedere il panorama di una città giapponese. O, ancora, da Urs Lüthi, nel cui trittico The Champion si autorappresenta come “il campione”, con ai lati due tele monocrome che, nel loro essere prive d’immagini, suggeriscono un senso di sconfinamento nel vuoto.
Più d’ogni altra opera, accomuna i due “fuori cornice” il Buddha di Nam June Paik, che contempla se stesso nello schermo tv che ha di fronte. “Vedo qualcosa nell’opera di Paik che precorre i tempi”, dice la curatrice. “Portando il pubblico all’interno dello schermo si restituisce una percezione di massa che contrasta con la percezione elitaria tipica dell’arte”.
La stessa opera è citata da Dal Lago e Giordano quando parlano della sensazione avuta con la visione televisiva, nel duomo di San Lorenzo, dei funerali di papa Giovanni XXIII. Schermi tv fra le colonne e l’altare mostravano la folla che partecipava al rito, una folla replicata all’interno della chiesa, dando l’idea di trovarsi in una grande performance collettiva: “La prima grande installazione votiva”.
Ma oltre a similitudini estetiche tra un oggetto/azione d’arte e un oggetto/azione non riconosciuto come tale, quindi fuori cornice, “lo scopo del saggio è quello di descrivere una geopolitica dell’arte dove i confini sono mobili, afferma Giordano. “C’è curiosità da parte del sistema dell’arte ufficiale nel vedere cosa c’è fuori, come l’arte votiva, l’Outsider Art e la Street Art”. La comparazione fra arte ufficiale e non, le fa eco Dal Lago, “non dipende da parametri estetici ma da cornici sociali. Il procedimento concettuale del devoto nel creare ex-voto è uguale a quello dell’artista: per l’artista esso porta all’aura, per il devoto alla grazia”.
Con queste premesse non c’è che da aspettarsi che Fuori cornice. L’arte oltre l’arte faccia discutere sociologi, storici e critici d’arte, con toni molto più accesi di quanto possa capitare con una mostra d’arte ufficiale, chiara nelle scelte e nell’esposizione, come Fuori cornice a Camogli.
Il tema del “fuori cornice” è sviluppato da Pasini attraverso opere come Drowning Sorrow di Mona Hatoum, composta da bottiglie recise che terminano intuitivamente (come insegna la psicologia della Gestalt) oltre la cornice fisica dell’architettura, o come Fuji di Wolfgang Tillmans, fotografia che presenta una stanza (prima cornice) con una finestra aperta (seconda cornice) che lascia intravedere il panorama di una città giapponese. O, ancora, da Urs Lüthi, nel cui trittico The Champion si autorappresenta come “il campione”, con ai lati due tele monocrome che, nel loro essere prive d’immagini, suggeriscono un senso di sconfinamento nel vuoto.
Più d’ogni altra opera, accomuna i due “fuori cornice” il Buddha di Nam June Paik, che contempla se stesso nello schermo tv che ha di fronte. “Vedo qualcosa nell’opera di Paik che precorre i tempi”, dice la curatrice. “Portando il pubblico all’interno dello schermo si restituisce una percezione di massa che contrasta con la percezione elitaria tipica dell’arte”.
La stessa opera è citata da Dal Lago e Giordano quando parlano della sensazione avuta con la visione televisiva, nel duomo di San Lorenzo, dei funerali di papa Giovanni XXIII. Schermi tv fra le colonne e l’altare mostravano la folla che partecipava al rito, una folla replicata all’interno della chiesa, dando l’idea di trovarsi in una grande performance collettiva: “La prima grande installazione votiva”.
Ma oltre a similitudini estetiche tra un oggetto/azione d’arte e un oggetto/azione non riconosciuto come tale, quindi fuori cornice, “lo scopo del saggio è quello di descrivere una geopolitica dell’arte dove i confini sono mobili, afferma Giordano. “C’è curiosità da parte del sistema dell’arte ufficiale nel vedere cosa c’è fuori, come l’arte votiva, l’Outsider Art e la Street Art”. La comparazione fra arte ufficiale e non, le fa eco Dal Lago, “non dipende da parametri estetici ma da cornici sociali. Il procedimento concettuale del devoto nel creare ex-voto è uguale a quello dell’artista: per l’artista esso porta all’aura, per il devoto alla grazia”.
Con queste premesse non c’è che da aspettarsi che Fuori cornice. L’arte oltre l’arte faccia discutere sociologi, storici e critici d’arte, con toni molto più accesi di quanto possa capitare con una mostra d’arte ufficiale, chiara nelle scelte e nell’esposizione, come Fuori cornice a Camogli.
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La recensione del libro di Dal Lago e Giordano
francesca guerisoli
mostra visitata il 28 marzo 2009
dal 28 marzo 2009 al 14 giugno 2009
Fuori cornice a Camogli
a cura di Francesca Pasini
Fondazione Remotti
Via Castagneto, 52 – 16032 Camogli (GE)
Orario: da giovedì a domenica ore 16-19 e su appuntamento
Ingresso libero
Info: tel. +39 0185772137; info@fondazioneremotti.it; www.fondazioneremotti.it
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