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28
aprile 2009
fino al 7.VI.2009 Wolfgang Laib Torino, Fondazione Merz
torino
Un’arte fatta di polline e cera d'api, per opere minimali e rigorose. Più sacerdote che artista, Laib è alla ricerca di armonia ed equilibrio. E consiglia di bruciare le cose materiali per pensare un po' più all'anima. La risposta perfetta alla crisi economica...
di Paola Sereno
Entrando negli ampi spazi ex industriali della Fondazione Merz si è accolti da piccole montagne di riso a perdita d’occhio, disposte in lunghe file perfettamente regolari. Occupano tutta la sala e s’intravedono anche nelle stanze laterali. Al centro si erge, altissima, una costruzione di cera d’api a gradoni, una ziggurat profumata. Guardando meglio tra le montagnole allineate sul pavimento si scorge repentino un cambio di colore: tra i filari di riso bianco, ecco un frammento di giallo squillante, una linea di piccole accumulazioni di polline.
L’universo di Wolfgang Laib (Metzingen, 1950) è tutto qui: natura e geometria, minimalismo e ritualità, astrazione e materia. Dagli anni ’70, Laib espone “frammenti di natura”: le Milkstones, superfici concave riempite di latte, i quadrati con i pollini che lui stesso raccoglie nei dintorni della sua casa, le Rice Houses. La natura è la sua materia prima; cose quotidiane, apparentemente semplici, eppure risultato di un complesso ciclo vitale: il polline simboleggia l’inizio, il riso il nutrimento, la ziggurat di cera d’api il legame fra cielo e terra. Le sue opere sono il frutto d’un rituale attento, dal sapore vagamente zen: essenzialità e ordine geometrico per raggiungere, attraverso il rigore della forma, equilibrio e perfezione.
Lo spazio allestito alla Fondazione Merz non è semplicemente una mostra, ma un invito alla riflessione e alla meditazione. È uno spazio rigoroso, essenziale, frutto di un lavoro lungo e accurato, un’area di decompressione dal resto del mondo. Quella di Laib non è, semplicemente, arte contemporanea. D’altronde, Laib non è semplicemente un artista: non si è mai accontentato di curare i corpi e ha deciso di dedicarsi all’arte per occuparsi dell’esistenza.
Infatti c’è un forte aspetto rituale nelle sue opere, a partire dalla lunga e minuziosa raccolta dei materiali che le compongono. È una ritualità che attinge all’Oriente, a quell’India che l’artista ben conosce; ma è una ritualità come asciugata, resa austera e minimale, priva di orpelli, in un certo senso più vicina all’estetica occidentale.
Non a caso, la mostra non si conclude nell’allestimento di queste sale. A giugno arriveranno a Torino 45 bramini da uno dei templi più grandi dell’India, per celebrare la cerimonia vedica del fuoco, che Laib descrive così: “Si brucia il mondo materiale, simboleggiato dai vari tipi di cibo, riso, lenticchie, burro, frutta, verdura, fiori e latte, insieme a pezzi di stoffa, vestiti, erbe e piante medicinali: si tratta di rinuncia e di rinascita, della nascita di un qualcosa di nuovo e di completamente differente”.
Non solo una mostra d’arte, dunque, ma un percorso spirituale, la celebrazione di un rito. Così si compierà questa mostra che, dice lo stesso Laib, è stata inaugurata su una collina di granito in India, durante un’analoga cerimonia del fuoco.
L’universo di Wolfgang Laib (Metzingen, 1950) è tutto qui: natura e geometria, minimalismo e ritualità, astrazione e materia. Dagli anni ’70, Laib espone “frammenti di natura”: le Milkstones, superfici concave riempite di latte, i quadrati con i pollini che lui stesso raccoglie nei dintorni della sua casa, le Rice Houses. La natura è la sua materia prima; cose quotidiane, apparentemente semplici, eppure risultato di un complesso ciclo vitale: il polline simboleggia l’inizio, il riso il nutrimento, la ziggurat di cera d’api il legame fra cielo e terra. Le sue opere sono il frutto d’un rituale attento, dal sapore vagamente zen: essenzialità e ordine geometrico per raggiungere, attraverso il rigore della forma, equilibrio e perfezione.
Lo spazio allestito alla Fondazione Merz non è semplicemente una mostra, ma un invito alla riflessione e alla meditazione. È uno spazio rigoroso, essenziale, frutto di un lavoro lungo e accurato, un’area di decompressione dal resto del mondo. Quella di Laib non è, semplicemente, arte contemporanea. D’altronde, Laib non è semplicemente un artista: non si è mai accontentato di curare i corpi e ha deciso di dedicarsi all’arte per occuparsi dell’esistenza.
Infatti c’è un forte aspetto rituale nelle sue opere, a partire dalla lunga e minuziosa raccolta dei materiali che le compongono. È una ritualità che attinge all’Oriente, a quell’India che l’artista ben conosce; ma è una ritualità come asciugata, resa austera e minimale, priva di orpelli, in un certo senso più vicina all’estetica occidentale.
Non a caso, la mostra non si conclude nell’allestimento di queste sale. A giugno arriveranno a Torino 45 bramini da uno dei templi più grandi dell’India, per celebrare la cerimonia vedica del fuoco, che Laib descrive così: “Si brucia il mondo materiale, simboleggiato dai vari tipi di cibo, riso, lenticchie, burro, frutta, verdura, fiori e latte, insieme a pezzi di stoffa, vestiti, erbe e piante medicinali: si tratta di rinuncia e di rinascita, della nascita di un qualcosa di nuovo e di completamente differente”.
Non solo una mostra d’arte, dunque, ma un percorso spirituale, la celebrazione di un rito. Così si compierà questa mostra che, dice lo stesso Laib, è stata inaugurata su una collina di granito in India, durante un’analoga cerimonia del fuoco.
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a cura di Maria Centonze e Beatrice Merz
Fondazione Merz
Via Limone, 24 (Borgo San Paolo) – 10141 Torino
Orario: da martedì a domenica ore 11-19
Ingresso: intero € 5; ridotto € 3,50; gratuito ogni prima domenica del mese
Info: tel. +39 01119719437; fax +39 01119719805; info@fondazionemerz.org; www.fondazionemerz.org
[exibart]
Buongiorno ragazzi
Piu che un commento mi serviva un consiglio, per quanto adoro il lavoro di Laib sarei gia corso a torino, ma cio che mi frena è il fatto che ad ospitarla sia la fondazione Merz, ho visto li due mostre ( matthew barney e gino de dominicis) e son state le due mostre peggio curate che abbia mai visto o quasi. hanno ucciso 2 miti percio vorrei un parere sincero da chi l’ha vista. cosa ne pensate?