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07
maggio 2009
fotografia_inchieste Fondazione Italiana per la Fotografia: un patrimonio da fototessera?
Fotografia e cinema
A tre anni di distanza dal commissariamento, la Fondazione Italiana per la Fotografia continua a essere sul banco degli imputati. Fra accuse di malagestione e un patrimonio ancora imballato e non fruibile nei magazzini della Gam di Torino. Alcune donne che ne hanno fatto o seguito la storia raccontano a “Exibart” cosa sta accadendo oggi. Fra critiche a mezzo stampa e affossamenti istituzionali all'ordine del giorno...
A tre anni di distanza (era il giugno del 2006) dall’insediamento del commissario straordinario, la FIF – Fondazione Italiana per la Fotografia non è ancora in liquidazione e il suo patrimonio giace imballato nei magazzini della Galleria d’Arte Moderna di Torino.
Per capire cosa sta accadendo oggi, ripercorrendo la cronaca così da decifrarne le sottigliezze, va preso in considerazione il dato più importante: il suo patrimonio. “Quando è stata commissariata la F.I.F.”, ricorda Luisella d’Alessandro, per molti anni sua Presidente, “i giornali hanno pubblicato con titoli eclatanti articoli denuncia sul ‘buco’ finanziario della Fondazione, senza alcun accenno al capitale accumulato in opere fotografiche e libri nei suoi dodici anni di attività. La stima è avvenuta in seguito a opera dei periti Cavanna e Ravani, che nell’aprile 2007 propongono una valutazione complessiva da fototessera”.
Nello stesso periodo in cui l’archivio di Italo Zannier – composto da 11mila libri, da riviste, brochure, inviti, tesi e 1258 fotografie (quasi tutte italiane, vintage e di piccolo formato) – viene acquisito per 700mila euro dalla Fondazione di Venezia, presieduta da Giuliano Segre, quello della FIF – che vanta 5220 libri e ben 167mila fotografie – riceve una perizia di 1.300.000 euro. Risibile, se si considera che le fotografie in possesso della Fondazione sono d’autore e ripercorrono la storia dalle origini ai primi decenni del secolo scorso, e che insieme a quelle acquisite durante mostre e biennali realizzate si arricchiscono anche del contemporaneo.
Da notare, inoltre, che l’archivio Italo Zannier è esaminato proprio in questo periodo da un personaggio del calibro di Denis Curti. Il quale, oltre a constatarne il crescente valore economico, sta avviando l’attività promozionale ai fini di renderlo fruibile. In primo luogo organizzando mostre, la prima delle quali allo Spazio Forma e una seconda a Palazzo Fortuny a Venezia.
Per nascere, una fondazione – il cui scopo è produrre cultura, e dalla quale comunque ne deriva un ritorno in valore economico – ha bisogno di un patrimonio di dotazione iniziale di almeno 80mila euro. La FIF, nel dicembre del 1992 (data della sua costituzione) ne possedeva 264mila, di cui 154mila in opere fotografiche (storiche e contemporanee d’autore) conferite dall’Associazione Torino Fotografia. Come tutte le fondazioni, poi, usufruiva di contributi pubblici per la gestione, che non hanno mai superato il 50% delle entrate complessive. Già un tratto distintivo, se si considera che la maggior parte delle fondazioni vive coi contributi del Ministero e degli Enti Locali.
Nei suoi dodici anni di attività, la FIF ha realizzato 170 mostre (portando per la prima volta a Torino maestri come Ferdinando Scianna, Enzo Sellerio, Franco Fontana, Henri Cartier-Bresson, William Klein e Robert Capa, solo per citarne alcuni), dieci edizioni della Biennale Internazionale di Fotografia e quattro edizioni di FotoDiffusione, con la creazione della prima Borsa Internazionale dei Musei Fotografici d’Europa e d’una vetrina per 36 istituzioni, fra le quali quelle di Olanda, Germania e Francia.
La FIF è stata un punto di riferimento anche didattico sul territorio piemontese. Ha realizzato il primo Laboratorio di Conservazione e Restauro e, se si pensa che la storia italiana della fotografia ha origine a Torino nel lontano 1899 (110 anni fa: un anniversario) con la nascita della Società Fotografica Subalpina, la sua presenza ha arricchito e dato continuità al territorio. Tant’è che, nel 2004, il Ministero dei Beni Culturali le ha assegnato la Medaglia d’Argento di Benemerenza.
Nel marasma generale – che fa scomparire la FIF dagli ordini del giorno istituzionali, per poi farla riapparire nel disordine caotico e convulso della cronaca cittadina – tutti vorrebbero che il patrimonio rimanesse in mano pubblica. Ma, mentre il Comune di Torino, nella persona di Fiorenzo Alfieri, decide di non intervenire, l’Assessore alla cultura della Regione Piemonte, Gianni Oliva, dichiara di essere disponibile a spendere 6-700mila euro per sanare il passivo della Fondazione ed entrare in possesso del patrimonio (pagandolo quasi la metà rispetto alla sua valutazione iniziale). Dal canto suo la Fondazione, una volta liberata dai debiti, potrà estinguersi e vedere i suoi beni assegnati a una di queste tre entità: la Gam (che sarebbe lieta di occuparsene, con le dovute risorse di gestione), la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (che dice di non aver denaro a sufficienza) e l’Associazione Torino Fotografia (che, secondo l’articolo 15 -Durata ed Estinzione- dello Statuto FIF, è il soggetto ultimo al quale il patrimonio, se non dovessero verificarsi certe condizioni, dovrà essere devoluto).
Abbiamo chiesto a Giovanna Cattaneo Incisa, Presidente della Fondazione Torino Musei, qual è l’impegno economico che pensa di dover affrontare in vista e di un’archiviazione digitale del patrimonio della FIF e di un’attività di promozione che finalmente renda disponibile quanto finora è accatastato nei magazzini. “Il materiale non è ‘accatastato’, come erroneamente stanno scrivendo i giornalisti. Abbiamo infatti deciso di chiamare la V Commissione [Cultura, N.d.R.], che constati come sono tenute le opere nei magazzini. Dopo che la Regione ha deciso di chiudere la FIF a causa di un debito elevato, quello che è rimasto invenduto dalla FIF è stato dato in deposito alla Gam. Il materiale FIF”, prosegue Giovanna Cattaneo, “potrebbe essere comprato dalla Regione o da qualche Istituto bancario. Stiamo aspettando che la Regione decida chi sarà il depositario finale di queste fotografie, prima di presentare un progetto, fare un preventivo e trovare chi lo finanzi”.
Com’è noto, si è sostanzialmente chiesto a Danilo Eccher, neodirettore della Gam, di usufruire delle opere in magazzino per le mostre della prossima stagione espositiva. Un invito che concerne anche il patrimonio della FIF? “No, assolutamente no”, risponde ancora Cattaneo. “Le collezioni FIF presenti nel nostro magazzino non sono nostre, non possiamo utilizzarle. E poi prima di poterlo fare dobbiamo studiarle; abbiamo degli elenchi, ma non sono sufficienti. Ci vorrà del tempo e ci vorranno dei soldi. L’ipotesi è quella di lavorare sulle nostre collezioni perché, per rendere più appetibile la Gam non avendo molto denaro a disposizione, dobbiamo utilizzare ciò che abbiamo. Il progetto comunque compete solo al direttore”.
Intanto Marina Paglieri – che in questi anni ha seguito da giornalista per “La Repubblica” le vicissitudini della FIF ed è al contempo collaboratrice della Fondazione De Fornaris, la quale da sempre si occupa di acquisizioni a nome della Gam – alle domande sul valore dell’archivio FIF non risponde, sostenendo di non esser la persona più adatta. Il suo ruolo, afferma, è di organizzatrice; da qui il suo consiglio di contattare il Comitato artistico della Fondazione De Fornaris. Ma, chiamando la Fondazione suddetta, è ancora Marina Paglieri a rispondere. Svanisce allora nuovamente la possibilità di rivolgere – questa volta a Rosanna Maggio Serra – la domanda cruciale: l’archivio FIF vale veramente 1.300.000 euro o piuttosto è stato sottostimato per renderne più semplice l’acquisizione da parte della Regione (che ne entra in possesso coprendo un disavanzo per altro inferiore)?
Nel frattempo, come si accennava, Denis Curti si sta rendendo conto che il valore della collezione Zannier è superiore al prezzo d’acquisto. Solo le fotografie di Luigi Ghirri e Gabriele Basilico valgono 6mila euro ciascuna. È possibile che in dodici anni di attività, fra le fotografie di Franco Fontana e Nino Migliori, o degli storici Carlo Naja, Giancarlo Dall’Armi ed Edward Curtis, il valore di ogni singola fotografia della collezione FIF (167mila, di contro alle 1250 della Fondazione Zannier) si aggiri intorno agli 8 euro?
In una situazione di recessione come quella attuale, l’unico settore ancora in palese attivo è quello della fotografia. “Trattandosi di un mondo culturale”, spiega Carla Novi, Presidente dell’Associazione Italiana Foto&Digital Imaging, intervistata dall’Ansa il 24 marzo scorso durante il PhotoShow di Milano. “Con l’importanza sempre maggiore che riveste per le persone, la fotografia non sembra risentire della crisi economica”.
Milano e Reggio Emilia, Seravezza e Roma – per citarne solo alcuni – si fregiano di photshow e photofestival che durano settimane, a volte mesi. Riccardo Costantini, sempre all’Ansa, dice che ormai le gallerie che si occupano di fotografia sono più visitate di quelle che trattano genericamente arte, nonostante le prime ricoprano meno del 10% del volume d’affari. Torino, salvo rare e sporadiche eccezioni, è in controtendenza.
Ma ci chiediamo: se era l’amministrazione della FIF a non funzionare, o si cambia il gestore o si decide di chiudere e mandare tutto a monte. L’aver deciso per la seconda soluzione, quando sarebbe stata sufficiente la prima, ha indebolito Torino, facendole perdere l’ennesimo primato.
In Italia esiste una persona che ha lavorato con la FIF, che ha davvero competenze e soprattutto conoscenza del mercato, che è attivo non solo a livello locale, Milano in testa, ma anche a livello internazionale. Questa persona è Denis Curti. Varrebbe la pena proporre e (fargli) fare una controperizia.
Per capire cosa sta accadendo oggi, ripercorrendo la cronaca così da decifrarne le sottigliezze, va preso in considerazione il dato più importante: il suo patrimonio. “Quando è stata commissariata la F.I.F.”, ricorda Luisella d’Alessandro, per molti anni sua Presidente, “i giornali hanno pubblicato con titoli eclatanti articoli denuncia sul ‘buco’ finanziario della Fondazione, senza alcun accenno al capitale accumulato in opere fotografiche e libri nei suoi dodici anni di attività. La stima è avvenuta in seguito a opera dei periti Cavanna e Ravani, che nell’aprile 2007 propongono una valutazione complessiva da fototessera”.
Nello stesso periodo in cui l’archivio di Italo Zannier – composto da 11mila libri, da riviste, brochure, inviti, tesi e 1258 fotografie (quasi tutte italiane, vintage e di piccolo formato) – viene acquisito per 700mila euro dalla Fondazione di Venezia, presieduta da Giuliano Segre, quello della FIF – che vanta 5220 libri e ben 167mila fotografie – riceve una perizia di 1.300.000 euro. Risibile, se si considera che le fotografie in possesso della Fondazione sono d’autore e ripercorrono la storia dalle origini ai primi decenni del secolo scorso, e che insieme a quelle acquisite durante mostre e biennali realizzate si arricchiscono anche del contemporaneo.
Da notare, inoltre, che l’archivio Italo Zannier è esaminato proprio in questo periodo da un personaggio del calibro di Denis Curti. Il quale, oltre a constatarne il crescente valore economico, sta avviando l’attività promozionale ai fini di renderlo fruibile. In primo luogo organizzando mostre, la prima delle quali allo Spazio Forma e una seconda a Palazzo Fortuny a Venezia.
Per nascere, una fondazione – il cui scopo è produrre cultura, e dalla quale comunque ne deriva un ritorno in valore economico – ha bisogno di un patrimonio di dotazione iniziale di almeno 80mila euro. La FIF, nel dicembre del 1992 (data della sua costituzione) ne possedeva 264mila, di cui 154mila in opere fotografiche (storiche e contemporanee d’autore) conferite dall’Associazione Torino Fotografia. Come tutte le fondazioni, poi, usufruiva di contributi pubblici per la gestione, che non hanno mai superato il 50% delle entrate complessive. Già un tratto distintivo, se si considera che la maggior parte delle fondazioni vive coi contributi del Ministero e degli Enti Locali.
Nei suoi dodici anni di attività, la FIF ha realizzato 170 mostre (portando per la prima volta a Torino maestri come Ferdinando Scianna, Enzo Sellerio, Franco Fontana, Henri Cartier-Bresson, William Klein e Robert Capa, solo per citarne alcuni), dieci edizioni della Biennale Internazionale di Fotografia e quattro edizioni di FotoDiffusione, con la creazione della prima Borsa Internazionale dei Musei Fotografici d’Europa e d’una vetrina per 36 istituzioni, fra le quali quelle di Olanda, Germania e Francia.
La FIF è stata un punto di riferimento anche didattico sul territorio piemontese. Ha realizzato il primo Laboratorio di Conservazione e Restauro e, se si pensa che la storia italiana della fotografia ha origine a Torino nel lontano 1899 (110 anni fa: un anniversario) con la nascita della Società Fotografica Subalpina, la sua presenza ha arricchito e dato continuità al territorio. Tant’è che, nel 2004, il Ministero dei Beni Culturali le ha assegnato la Medaglia d’Argento di Benemerenza.
Nel marasma generale – che fa scomparire la FIF dagli ordini del giorno istituzionali, per poi farla riapparire nel disordine caotico e convulso della cronaca cittadina – tutti vorrebbero che il patrimonio rimanesse in mano pubblica. Ma, mentre il Comune di Torino, nella persona di Fiorenzo Alfieri, decide di non intervenire, l’Assessore alla cultura della Regione Piemonte, Gianni Oliva, dichiara di essere disponibile a spendere 6-700mila euro per sanare il passivo della Fondazione ed entrare in possesso del patrimonio (pagandolo quasi la metà rispetto alla sua valutazione iniziale). Dal canto suo la Fondazione, una volta liberata dai debiti, potrà estinguersi e vedere i suoi beni assegnati a una di queste tre entità: la Gam (che sarebbe lieta di occuparsene, con le dovute risorse di gestione), la Fondazione Sandretto Re Rebaudengo (che dice di non aver denaro a sufficienza) e l’Associazione Torino Fotografia (che, secondo l’articolo 15 -Durata ed Estinzione- dello Statuto FIF, è il soggetto ultimo al quale il patrimonio, se non dovessero verificarsi certe condizioni, dovrà essere devoluto).
Abbiamo chiesto a Giovanna Cattaneo Incisa, Presidente della Fondazione Torino Musei, qual è l’impegno economico che pensa di dover affrontare in vista e di un’archiviazione digitale del patrimonio della FIF e di un’attività di promozione che finalmente renda disponibile quanto finora è accatastato nei magazzini. “Il materiale non è ‘accatastato’, come erroneamente stanno scrivendo i giornalisti. Abbiamo infatti deciso di chiamare la V Commissione [Cultura, N.d.R.], che constati come sono tenute le opere nei magazzini. Dopo che la Regione ha deciso di chiudere la FIF a causa di un debito elevato, quello che è rimasto invenduto dalla FIF è stato dato in deposito alla Gam. Il materiale FIF”, prosegue Giovanna Cattaneo, “potrebbe essere comprato dalla Regione o da qualche Istituto bancario. Stiamo aspettando che la Regione decida chi sarà il depositario finale di queste fotografie, prima di presentare un progetto, fare un preventivo e trovare chi lo finanzi”.
Com’è noto, si è sostanzialmente chiesto a Danilo Eccher, neodirettore della Gam, di usufruire delle opere in magazzino per le mostre della prossima stagione espositiva. Un invito che concerne anche il patrimonio della FIF? “No, assolutamente no”, risponde ancora Cattaneo. “Le collezioni FIF presenti nel nostro magazzino non sono nostre, non possiamo utilizzarle. E poi prima di poterlo fare dobbiamo studiarle; abbiamo degli elenchi, ma non sono sufficienti. Ci vorrà del tempo e ci vorranno dei soldi. L’ipotesi è quella di lavorare sulle nostre collezioni perché, per rendere più appetibile la Gam non avendo molto denaro a disposizione, dobbiamo utilizzare ciò che abbiamo. Il progetto comunque compete solo al direttore”.
Intanto Marina Paglieri – che in questi anni ha seguito da giornalista per “La Repubblica” le vicissitudini della FIF ed è al contempo collaboratrice della Fondazione De Fornaris, la quale da sempre si occupa di acquisizioni a nome della Gam – alle domande sul valore dell’archivio FIF non risponde, sostenendo di non esser la persona più adatta. Il suo ruolo, afferma, è di organizzatrice; da qui il suo consiglio di contattare il Comitato artistico della Fondazione De Fornaris. Ma, chiamando la Fondazione suddetta, è ancora Marina Paglieri a rispondere. Svanisce allora nuovamente la possibilità di rivolgere – questa volta a Rosanna Maggio Serra – la domanda cruciale: l’archivio FIF vale veramente 1.300.000 euro o piuttosto è stato sottostimato per renderne più semplice l’acquisizione da parte della Regione (che ne entra in possesso coprendo un disavanzo per altro inferiore)?
Nel frattempo, come si accennava, Denis Curti si sta rendendo conto che il valore della collezione Zannier è superiore al prezzo d’acquisto. Solo le fotografie di Luigi Ghirri e Gabriele Basilico valgono 6mila euro ciascuna. È possibile che in dodici anni di attività, fra le fotografie di Franco Fontana e Nino Migliori, o degli storici Carlo Naja, Giancarlo Dall’Armi ed Edward Curtis, il valore di ogni singola fotografia della collezione FIF (167mila, di contro alle 1250 della Fondazione Zannier) si aggiri intorno agli 8 euro?
In una situazione di recessione come quella attuale, l’unico settore ancora in palese attivo è quello della fotografia. “Trattandosi di un mondo culturale”, spiega Carla Novi, Presidente dell’Associazione Italiana Foto&Digital Imaging, intervistata dall’Ansa il 24 marzo scorso durante il PhotoShow di Milano. “Con l’importanza sempre maggiore che riveste per le persone, la fotografia non sembra risentire della crisi economica”.
Milano e Reggio Emilia, Seravezza e Roma – per citarne solo alcuni – si fregiano di photshow e photofestival che durano settimane, a volte mesi. Riccardo Costantini, sempre all’Ansa, dice che ormai le gallerie che si occupano di fotografia sono più visitate di quelle che trattano genericamente arte, nonostante le prime ricoprano meno del 10% del volume d’affari. Torino, salvo rare e sporadiche eccezioni, è in controtendenza.
Ma ci chiediamo: se era l’amministrazione della FIF a non funzionare, o si cambia il gestore o si decide di chiudere e mandare tutto a monte. L’aver deciso per la seconda soluzione, quando sarebbe stata sufficiente la prima, ha indebolito Torino, facendole perdere l’ennesimo primato.
In Italia esiste una persona che ha lavorato con la FIF, che ha davvero competenze e soprattutto conoscenza del mercato, che è attivo non solo a livello locale, Milano in testa, ma anche a livello internazionale. Questa persona è Denis Curti. Varrebbe la pena proporre e (fargli) fare una controperizia.
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Il commissariamento della FIF
dia pellegrino
[exibart]
A complemento dell’editoriale pubblicato ieri da Exibart.com, pubblichiamo una dichiarazione della fondatrice dell’Associazione Italiana per la Fotografia, Luisella d’Alessandro, in merito al patrimonio editoriale della F.I.F.:
“I libri sono molti di più. C’era un magazzino editoriale della Fondazione di cui lei non fa cenno. Quanto al valore di 8 euro, è scandaloso. Mi lasci dire una cosa: lei fa riferimento al Fondo Zannier, confrontando le nostre 167mila foto con le 1250, ma per quanto riguarda i libri avete parlato di un fondo bibliografico di 5220 unità. In realtà sono molti di più, almeno 10mila libri in più, che facevano parte del nostro magazzino editoriale. Inoltre anche dal punto di vista qualitativo, vantavamo raccolte prestigiose. Ad esempio le annate di ‘Galleria’ [nata nel 1932 e pubblicata sino allo scoppio della guerra, N.d.R.]. Fra le altre cose, sono stata proprio io a farne personale donazione alla Fondazione”.
mi sembra veramente vergognoso che non si veda una soluzione del problema e che questo impedisca agli appassionati di fotografia di poter fruire del patrimonio della Fif
buongiorno
questo è l articolo apparso su Repubblica
del 21 05 2009
‘Torino Fotografia’ La vendita continua
Repubblica — 21 maggio 2009 pagina 13 sezione: TORINO
MA QUANTO è ampio il patrimonio della Fondazione per la Fotografia e dell’ associazione Torino Fotografia che l’ ha preceduta? Se il commissario liquidatore Riccardo Moine sta cercando di tenere insieme il tutto perché – ha affermato di recente a Repubblica – «l’ obiettivo è evitare di vendere le fotografie a privati o in aste che disperdano il materiale» (si tratta di 167mila reperti e 5.220 libri), qualcuno non la pensa così. È di meno di un mese fa la notizia che immagini commissionate da Torino Fotografia a William Klein per i Mondiali del ‘ 90 sono andate all’ asta (erano dell’ associazione e non della fondazione, legittimo venderle, ma tant’ è). Ora, nella Galleria di via Porta Palatina 13, si viene a sapere dal proprietario che arrivano da chi gestiva la Fondazione per la Fotografia tre bellissime immagini a colori di Giorgio Avigdor, esposte nella mostra «Scenari di vita». Viene da chiedersi se in un momento in cui si cerca di salvare il salvabile – e la Regione sta per versare una somma ingente – non sarebbe meglio fare un po’ di chiarezza. – (r.t.)
questa la mia risposta
Torino, 22 maggio ’09
Spett.le
La Repubblica
Redazione di Torino
Via Roma 305
10123 – Torino
fax 011 – 53 33 27
Faccio riferimento all’articolo pubblicato nelle pagine torinesi sul quotidiano di ieri, 21.5.09, dal titolo “Torino Fotografia – la vendita continua”, a firma “r.t.”, per segnalarvi la necessità di provvedere all’immediata pubblicazione, ai sensi dell’art. 42 della legge 416 del 1981, della rettifica di seguito riportata in ragione della falsità delle informazioni riferite nel predetto articolo e delle rilevanti illazioni in esso contenute.
“Le informazioni riportate nell’articolo intitolato “Torino Fotografia – la vendita continua”, apparso su “La Repubblica” del 21 maggio 2009, nella cronaca di Torino, non corrispondono al vero.
Vi informo in primo luogo della circostanza per cui le tre fotografie di Giorgio Avigdor esposte nella mia Galleria di via Porta Palatina 13, nell’ambito della mostra “Scenari di vita”, cui il predetto articolo fa riferimento, provengono dalla collezione privata della signora Luisella d’Alessandro (che in passato è stata Presidente della Fondazione Italiana per la Fotografia) e devono pertanto considerarsi distinte rispetto al materiale patrimonio dalla Fondazione e, ancor prima, dall’associazione Torino Fotografia.
Di conseguenza, l’allusione contenuta nell’articolo attinente alla presunta provenienza delle tre fotografie in oggetto da “chi ha gestito” la predetta Fondazione, è da considerarsi falsa e gravemente lesiva dell’immagine, della serietà e della professionalità da sempre attribuite alla Galleria di mia proprietà.
È infatti da ritenersi quale deliberata e arbitraria forzatura interpretativa la conseguenza che viene tratta dal redattore dell’articolo (“r.t.” ?) sulla circostanza, peraltro mai riferita da me in questi termini, che dette fotografie sarebbero in qualche modo riconducibili al patrimonio della Fondazione, potendosi invero ampiamente documentare all’occorrenza la diversa e ben distinta provenienza delle stesse”.
Resto in attesa di riscontrare tale rettifica entro i previsti termini di legge sul vostro quotidiano e con l’occasione porgo cordiali saluti.
Giancarlo CRISTIANI