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23
giugno 2009
biennale 2009_eventi collaterali Glass Stress Venezia, Palazzo Franchetti
biennale 2009
L'Istituto veneto mette in primo piano il vetro come supporto artistico. Tra contemporaneo e moderno, tra repliche e opere mai viste. E il palazzo risponde, brillando e tintinnando...
di Ginevra Bria
Gli artisti invitati sono tanti, quasi quarantacinque. Tra il contemporaneo e il moderno, tra l’Europa e il Nuovo continente. Per questi ospiti, Palazzo Cavalli Franchetti è in pieno risveglio. Gli specchi risplendono, gli arredi sono in perfetto stato e le superfici, come dovere, luccicano. Ma, al primo giorno d’apertura al pubblico, ben pochi sono gli avventori fra le sale.
E dire che Glass Stress, oltre a vantare una lista di artisti importanti, ha scelto come proprio vessillo un’opera di richiamo per Venezia, un’opera firmata Jan Fabre: un enorme piccione violaceo, dalle trasparenze metalliche, che sovrasta e accompagna, in campo bianco, la promozione della rassegna per tutta la laguna. Colophon, inviti, cartelle stampa, siti web e diversi supporti media della 53. Biennale veicolano da alcune settimane un lavoro che porta in sé la leggerezza, il simbolo e il destino. Queste tre caratteristiche, però, non rispecchiano appieno l’affollata rassegna.
Fra sorprese già viste (vedi le granades di Mona Hatoum, Cragg, Arp, Arman, Rauschenberg, Chen Zen e gli stessi ossari di Fabre) e piacevoli déjà-vu (Buren, Albers, Ray, Jodice e Kosuth) si nascondono anche strane novità, forse poco centrate rispetto alla delicatezza del tema scelto, come il filo di neon e “carrozzeria” di Federica Marangoni e l’inutile In Bloom di Soyeon Cho.
Purtroppo, come c’era da aspettarsi, in questa piacevole esaltazione estetica delle caratteristiche siliciche sono solo alcune le opere che realmente emergono e rimangono ben scritte nel taccuino mentale di questi giorni di kermesse. Se il vetro, infatti, mantiene ben visibile – attraverso le proprie capacità organolettiche – tanto il suo potenziale plastico quanto la propria tradizione artigiana, non sempre i contenuti (il simbolo e il destino) ne accompagnano le forme. Da ricordare, dunque, restano solo alcuni oggetti.
![Barbara Bloom - Flaubert Letters II - 1987/2008](https://www.exibart.com/foto/67468.jpg)
Nel percorso di visita si potranno allora osservare e memorizzare con un discreto piacere, nell’ordine, una scala di cocci firmata da Pancrazzi; alcuni lingotti di vetro posti in scala cromatica, composti da Rene Rietmeyer; lo spettacolare, teriforme Unicorn di Koen Vanmechelen (installato presso la Scuola grande della Confraternita di San Teodoro); l’enigmatico Self Portrait di Marya Kazoun; le unghie di cera e vetro di Giuseppe Penone; i delicati vasi di Barbara Bloom (le Flaubert Letters II del 1987-2008) e le gabbie di Graham.
Da evitare o, se proprio incuriositi, da fruire portandosi le mani alle orecchie, il tintinnante video in 3d di Hye Rim Lee, dal titolo Crystal City Spun.
![Giuseppe Penone - Unghia e candele - 1994](https://www.exibart.com/foto/67469.jpg)
Se dunque l’intento generale di questa rassegna resta quello di mettere in luce la soavità del vetro, la sua proprietà di attrattore e trasmettitore di luce e la capacità di mantenere impastate letteratura e lettura del mondo circostante, non sempre chi propone una ricerca sull’argomento è in grado di segnalare dei veri ritrovati artistici, portatori d’invenzione, di sapienza artigianale e d’intimità simbolica.
E dire che Glass Stress, oltre a vantare una lista di artisti importanti, ha scelto come proprio vessillo un’opera di richiamo per Venezia, un’opera firmata Jan Fabre: un enorme piccione violaceo, dalle trasparenze metalliche, che sovrasta e accompagna, in campo bianco, la promozione della rassegna per tutta la laguna. Colophon, inviti, cartelle stampa, siti web e diversi supporti media della 53. Biennale veicolano da alcune settimane un lavoro che porta in sé la leggerezza, il simbolo e il destino. Queste tre caratteristiche, però, non rispecchiano appieno l’affollata rassegna.
Fra sorprese già viste (vedi le granades di Mona Hatoum, Cragg, Arp, Arman, Rauschenberg, Chen Zen e gli stessi ossari di Fabre) e piacevoli déjà-vu (Buren, Albers, Ray, Jodice e Kosuth) si nascondono anche strane novità, forse poco centrate rispetto alla delicatezza del tema scelto, come il filo di neon e “carrozzeria” di Federica Marangoni e l’inutile In Bloom di Soyeon Cho.
Purtroppo, come c’era da aspettarsi, in questa piacevole esaltazione estetica delle caratteristiche siliciche sono solo alcune le opere che realmente emergono e rimangono ben scritte nel taccuino mentale di questi giorni di kermesse. Se il vetro, infatti, mantiene ben visibile – attraverso le proprie capacità organolettiche – tanto il suo potenziale plastico quanto la propria tradizione artigiana, non sempre i contenuti (il simbolo e il destino) ne accompagnano le forme. Da ricordare, dunque, restano solo alcuni oggetti.
![Barbara Bloom - Flaubert Letters II - 1987/2008](https://www.exibart.com/foto/67468.jpg)
Nel percorso di visita si potranno allora osservare e memorizzare con un discreto piacere, nell’ordine, una scala di cocci firmata da Pancrazzi; alcuni lingotti di vetro posti in scala cromatica, composti da Rene Rietmeyer; lo spettacolare, teriforme Unicorn di Koen Vanmechelen (installato presso la Scuola grande della Confraternita di San Teodoro); l’enigmatico Self Portrait di Marya Kazoun; le unghie di cera e vetro di Giuseppe Penone; i delicati vasi di Barbara Bloom (le Flaubert Letters II del 1987-2008) e le gabbie di Graham.
Da evitare o, se proprio incuriositi, da fruire portandosi le mani alle orecchie, il tintinnante video in 3d di Hye Rim Lee, dal titolo Crystal City Spun.
![Giuseppe Penone - Unghia e candele - 1994](https://www.exibart.com/foto/67469.jpg)
Se dunque l’intento generale di questa rassegna resta quello di mettere in luce la soavità del vetro, la sua proprietà di attrattore e trasmettitore di luce e la capacità di mantenere impastate letteratura e lettura del mondo circostante, non sempre chi propone una ricerca sull’argomento è in grado di segnalare dei veri ritrovati artistici, portatori d’invenzione, di sapienza artigianale e d’intimità simbolica.
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a cura di Rosa Barovier Mentasti e Laura Mattioli Rossi
Istituto veneto di scienze, lettere e arti – Palazzo Franchetti
San Marco, 2945 (Campo Santo Stefano) – 30124 Venezia
Orario: tutti i giorni ore 10-18
Ingresso: € 5
Catalogo Charta
Info: tel. +39. 041739453; www.clponline.it
[exibart]