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24
luglio 2009
fino al 31.VII.2009 Jim Gaylord Milano, Alberto Matteo Torri
milano
Fotogrammi come elementi primari della composizione. Il procedimento del montaggio si fa sempre più complesso e guarda a nuove materie prime da assemblare e trasformare. Perché “la mente del diavolo è un campo da gioco inutilizzato”...
Il procedimento del montaggio in pittura “presuppone la frammentazione della realtà e illustra la fase di costruzione dell’opera”, tuttavia “i frammenti di realtà restano nell’insieme ampiamente subordinati ad una composizione estetica dell’immagine che tende comunque all’equilibrio dei singoli elementi (volume, colore ecc.)”. Le parole di Peter Burger a proposito dei papier collés di Picasso e Braque risultano valide anche applicate all’opera di Jim Gaylord (Washington, North Carolina, 1974; vive a New York), pur con alcune differenze.
Questi infatti attinge i suoi frammenti non dalla realtà, ma dai fotogrammi cinematografici, che sovrappone con la tecnica digitale o dipinge ex novo. È il caso, ad esempio, di Summon the moxy, in cui su uno sfondo che riproduce una foresta tratto da Braveheart, frammenti ricavati da Cloverfield, Mamma ho riperso l’aereo, Jackass: the Movie e L’ultimo dei Mohicani s’intersecano, generando un’intricata composizione dove i singoli elementi perdono la possibilità di esser identificati e danno vita a un compenetrarsi di forme, volumi e colori.
Seppur nella loro eterogeneità, i diversi frammenti risultano solidali perché, da un lato, il loro bassissimo livello di riconoscibilità pone quasi in secondo piano il loro esser elementi autonomi all’interno di un procedimento di montaggio, dall’altro l’accostamento risulta guidato dall’artista sulla base di una volontà estetica e di criteri compositivi, per cui l’opera presenta una certa tensione organica.
È il concetto di traduzione/trasposizione a fondare l’operato di Gaylord, come si evince dal titolo della mostra, The brain of the devil is an unemployed playing field: si tratta d’una frase ottenuta a partire dal proverbio inglese An idle mind is the devil’s playground, “una mente oziosa è il campo da gioco del diavolo”, resa prima in arabo e poi in inglese con un traduttore automatico. Le parole sono state montate in una nuova frase, priva di senso ma grammaticalmente corretta.
Allo stesso modo i fotogrammi vengono prelevati, privati del loro significato all’interno di un nuovo montaggio, con l’intervento dell’atto pittorico che li traspone in un nuovo medium. Si crea così una nuova dimensione ove si assiste a un collassare del significato, ma in cui permangono i valori estetici e artistici, così come nella frase del titolo permangono le regole grammaticali.
In alcuni lavori, come The eagle has landed, si riesce a intravedere un possibile sviluppo dell’opera di Gaylord, a partire dal timido tentativo di superare il semplice accostamento di fotogrammi, quasi si volesse costruire una vera e propria dimensione parallela, che necessita quindi di un maggior grado di strutturazione.
Il collasso dei valori semantici di partenza sembra poter condurre all’organizzazione di una nuova significazione. Come se, appresi alcuni vocaboli di una nuova lingua, si volesse accrescere la propria competenza linguistica.
Questi infatti attinge i suoi frammenti non dalla realtà, ma dai fotogrammi cinematografici, che sovrappone con la tecnica digitale o dipinge ex novo. È il caso, ad esempio, di Summon the moxy, in cui su uno sfondo che riproduce una foresta tratto da Braveheart, frammenti ricavati da Cloverfield, Mamma ho riperso l’aereo, Jackass: the Movie e L’ultimo dei Mohicani s’intersecano, generando un’intricata composizione dove i singoli elementi perdono la possibilità di esser identificati e danno vita a un compenetrarsi di forme, volumi e colori.
Seppur nella loro eterogeneità, i diversi frammenti risultano solidali perché, da un lato, il loro bassissimo livello di riconoscibilità pone quasi in secondo piano il loro esser elementi autonomi all’interno di un procedimento di montaggio, dall’altro l’accostamento risulta guidato dall’artista sulla base di una volontà estetica e di criteri compositivi, per cui l’opera presenta una certa tensione organica.
È il concetto di traduzione/trasposizione a fondare l’operato di Gaylord, come si evince dal titolo della mostra, The brain of the devil is an unemployed playing field: si tratta d’una frase ottenuta a partire dal proverbio inglese An idle mind is the devil’s playground, “una mente oziosa è il campo da gioco del diavolo”, resa prima in arabo e poi in inglese con un traduttore automatico. Le parole sono state montate in una nuova frase, priva di senso ma grammaticalmente corretta.
Allo stesso modo i fotogrammi vengono prelevati, privati del loro significato all’interno di un nuovo montaggio, con l’intervento dell’atto pittorico che li traspone in un nuovo medium. Si crea così una nuova dimensione ove si assiste a un collassare del significato, ma in cui permangono i valori estetici e artistici, così come nella frase del titolo permangono le regole grammaticali.
In alcuni lavori, come The eagle has landed, si riesce a intravedere un possibile sviluppo dell’opera di Gaylord, a partire dal timido tentativo di superare il semplice accostamento di fotogrammi, quasi si volesse costruire una vera e propria dimensione parallela, che necessita quindi di un maggior grado di strutturazione.
Il collasso dei valori semantici di partenza sembra poter condurre all’organizzazione di una nuova significazione. Come se, appresi alcuni vocaboli di una nuova lingua, si volesse accrescere la propria competenza linguistica.
matteo meneghini
mostra visitata il 16 luglio 2009
dal 4 giugno al 31 luglio 2009
Jim Gaylord – The Brain of the Devil is an Unemployed Playing Field
AMT – Alberto Matteo Torri Gallery
Via Lamberto De Bernardi, 1 (zona Palestro) – 20129 Milano
Orari: da martedì a venerdì ore 14-19
Ingresso libero
Info: tel. +39 0245499769; fax +39 0245499771; info@amtgallery.com; www.amtgallery.com
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