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Nino Barone – Aquiloni
Nino Barone introduce nei suoi quadri un codice linguistico costituito da elementi indicatori come il percorso, il raccordo, la biforcazione, l’incrocio e l’interruzione di direzione.
Comunicato stampa
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Nino Barone introduce nei suoi quadri un codice linguistico costituito da elementi indicatori come il percorso, il raccordo, la biforcazione, l’incrocio e l’interruzione di direzione. Questi indicatori sono organizzati secondo l’emergenza delle forme d’azione attribuite agli spostamenti energetici e hanno la valenza di “frecce spazio-temporali”. Poiché l’universo artistico di questo autore è composto da segni, o da tratti, penso che si possa affermare che egli sia un pittore che cerca nella continuità del segno concettuale originario la sua poetica visiva. Deve essersi soffermato a riflettere sulla velocità della comunicazione e, forse, per questo ha individuato, e introdotto come segno distinguente della sua pittura, quei media che hanno velocizzato la comunicazione e che noi potremmo chiamare strade e assumerle a rappresentazione con dei tropi in sostituzione delle informazioni energetiche elementari. La “strada asfaltata” [o quel tratto nero], infatti, può essere considerata anche una metafora della nuova realtà urbana, e, nel frattempo, può essere assunta come ciò che collega il vecchio mondo del rappresentare col nuovo mondo del configurare relazioni. Il segno della strada, nei quadri di Nino, oltre a mettere in comunicazione — o a separare — universi che hanno dei legami, diventa anche una traccia per edificare (o codificare) le sue architetture linguistiche, tra l’atavico o il primordiale e il coevo proiettato verso futuro.
L’arbitrarietà permette di attribuire al valore energetico del tratto un codice linguistico utile a configurare probabili relazioni in movimento, specie per le insolite rappresentazioni di quest’artista. Sappiamo per certo che egli inserisce alcuni tratti, o segni, come se fossero gli archetipi di un codice linguistico; — questa convinzione deriva dal fatto che egli è stato uno dei firmatari del primo manifesto del movimento Archetip’art.
L’artista Barone, così, dà corpo al suo universo cognitivo, facendo emergere relazioni concettuali nelle costruzioni di mappe artistiche con gli Aquiloni. Il suo è una commistione di un tratto topografico e di un segno antropologico; e potrebbe rappresentare il raccordo tra se stesso — uomo progressista — e gli archetipi del suo codice operante nell’ambiente spazio-temporale presente. Il codice, che egli ha riconosciuto ancora attivo in questo tempo storico, è vicino a quanto è stato individuato in semiotica come segni primordiali o “idioletti”. La visione junghiana della vita, mediata attraverso i segni linguistici (della semiotica), l’artista la incontra iscritta in sé e nel proprio ambiente relazionale [che potrebbe essere la città in cui vive, Termoli] con cui il suo organismo è in continuo aggiustamento strutturale. Nino “si sente” testimone, trascrittore e interprete di questi continui cambiamenti, i cui segni si manifestano nel suo corpo, nella sua psiche, nella sua città, e nell’ambiente relazionale entro cui egli agisce. Gli eventi segnalano che la cognizione può essere rilevata attraverso un quadruplice percorso; ognuno può essere scelto accentuando una caratteristica energetica che si muove tra l’individuale-organico, il sociale, il relativo e il relazionale. Così incontro il “racconto” di Nino, tra le suggestioni e le fascinazioni che colpiscono uno dei miei modelli dell’organizzare. Da uno stimolo una traccia emerge con le proprie mappe cognitive e si dispiega in ordine spazio-temporale. Seguo la struttura. Attraverso quei paradigmi, percepisco l’organizzarsi del racconto, di una storia, quella di Nino, a cui si sovrappone [Paul Dirac], o con cui interagisce, la mia. Le strade “rappresentate” da strisce di segni ora si trasformano in storie di canali, che raccordano luoghi, e fanno transitare energie.
Ecco che l’estetica di Barone — meglio sarebbe oggi denominarla, più appropriatamente, il suo sentire, — si presenta come un’organizzare mappe. Egli, infatti, costruisce la sua topologia grafica attraverso citazioni di strade energetiche che possono apparire urbane solo quando affiora la rappresentazione coi collegamenti culturali; utilizzando, cioè, quei segni linguistici del percorso, del raccordo, della biforcazione, dell’incrocio e dell’interruzione di direzione, intesi come elementi linguistici. Solo in questo modo le cognizioni correlate ai ricordi di una persona — [o meglio sarebbe dire di un sistema biologico vivente (?)] — possono librarsi in alto come “aquiloni”, e possono manifestare mappe energetiche di azioni, e di comportamenti in ambienti relazionali.
Barone è cosciente, anche, che qualsiasi misurazione è relativa e variabile. La sua misurazione soggiace alle leggi fisiche della teoria dell’informazione — che, in breve, prevede un osservatore che spedisce un messaggio in codice e un altro che lo percepisce e lo traduce; tutto avviene per la presenza fisica dell’informazione negli stimoli sensoriali, che sollecitano il riconoscimento di una cognizione.
Sappiamo che nel nostro universo relazionale, il senza luogo appartiene solo all’arte o alla fantasia.
Con Barone ci collochiamo nella scia degli artisti concettuali che fanno arte attraverso le interrelazioni espresse con un “calcolo logico”, diverso dalla rappresentazione. Le sue rappresentazioni di segni seguono l’ordine delle strutture logiche. Col calcolo degli indicatori di frequenze si può risalire sia a quanta energia è impiegata per raggiungere un obiettivo, sia quanto spazio-tempo può percorrere una forza organizzata in informazione in un canale comunicazionale, e sia quante resistenze [alias rumori] in questo canale incontra l’informazione per arrivare integra e raggiungere la propria funzione comunicativa al destinatario del messaggio, — da cui, tra l’altro, si aspetta una reazione se questi ne ha percepito lo stimolo.
Il gioco concettuale della poetica di Barone è svelato: la memoria è la forza di un’onda-corpuscolo che costruisce relazioni in un ambiente. Il suo “gioco” cognitivo consiste nel sovrapporre a un linguaggio dei segni primordiali ed energetici l’altro codice, che si avvale degli indici tradizionali della rappresentazione. Mi riferisco alla decisione di costruire le proprie relazioni topografiche attraverso un codice di forze, di direzioni e d’intensità delle frequenze. E poi ci sono i rombi, che egli intende come Aquiloni. A loro affida il suo messaggio. L’aquilone permette uno sguardo distaccato dagli eventi, e quando si libra nell’aria per la gioia dei bambini, porta con sé la leggerezza dei sogni e delle fantasie; e nell’arte il volo promuove la funzione dei codici arbitrari, che si sovrappongono come nell’automatismo ingenuo di una pittura naif, che è anch’essa relazionale e “cognitiva”.
L’emozione che Barone cerca di rappresentare con l’Archetip’art è insita nel suo messaggio di natura antropologico-culturale.
Emozioni culturali, luoghi dell’infanzia, l’urbanità sopravanzante, i valori della cultura contadina trasformata in operaia e poi in istruzione post-industriale, egli ha visto sovrapporsi durante le trasformazioni della sua città… fisica, metaforica e linguistica. La vita produce sempre un alternarsi di energie informative e di disordini prodotti da entropie; non a caso costruzioni e misurazioni, dopo una “catastrofe”, si palesano sempre a chi sopravvive nell’ambiente.
Qualunque linguaggio adotta l’uomo, egli è sempre pronto a produrre misurazioni. Sembra, perciò, che l’artista ci dica in che modo i suoi ambienti sono attraversati, o raccordano, o vengono interrotti dalla “poetica” ingenua e primordiale delle sue misure comunicative.
Gli archetipi energetici attraversano l’esercizio del suo personale sistema di segni, e non si assoggettano alle influenze e alle malie della rappresentazione dei tempi. Il fascino attuale dello spazio-tempo coevo permette di tradurre la propria esistenza in comunicazione diffusa e immediata, dove vero e falso sono misurate come energie che cozzano o sono in sintonia per raggiungere un obiettivo. Tutto dipende dai canali, nei quali passano i quantum di energie.
Ogni percorso fisico-mentale rappresentato dai segni topografici di Barone, e ogni percorso (o linea) d’azione che egli traccia, si costituisce in un ordine fluttuante di verità. Da aggiungere, inoltre, che il suo e il nostro percorso si sovrappongono continuamente, e scambiano i ruoli; nonostante ciò il messaggio prende il volo come se fosse un aquilone e attrae lo sguardo di altri osservatori, liberando ogni volta un personale “senso”, o “ordine”.
In un universo dove tutti costruiscono mappe di cognizioni, dove tutti cercano relazionali relative per attrazione, e dove tutti aspirano a equilibri stabili nel proprio ambiente vitale di connessione, Barone affida agli aquiloni i suoi messaggi.
È come se egli si allontanasse dalla vita quotidiana, ne facesse un’astrazione concettuale, e si volgesse poi a raccontare con il linguaggio primordiale il “suo” “indeterminato” “fare” mappe.
Nino ha prodotto il suo “metro” linguistico, attraverso la reiterazione dei suoi segni paradigmatici. Le lunghe strisce nere, energetiche, di stimoli forti, coprenti, che raccordano luoghi dello spazio-tempo a noi possono apparire ora veramente come strade asfaltate dall’informazione, ma potrebbero appartenere anche ad una immagine della mappa interiore costruita sul tipo della topologia visiva neurale. Non importa, si può comunque immaginare l’artista all’opera mentre dissemina di propri segni di riconoscimento l’ambiente di un suo “spazio-tempo pittorico archetipo”.
Tutto emerge dalla percezione di uno stimolo. L’arte di un artista che “riflette” sull’organizzazione del linguaggio non può non diventare stimolo per processi cognitivi. Seguendo la codificazione di un linguaggio elementare si può diventare consapevoli di essere in grado velocemente di raccordare, interrompere, delimitare, attraversare, lasciare, resistere, rifiutare, accogliere, trattenere i messaggi energetici prima che non emergano come elementi di luoghi fisici rappresentati con una qualsiasi topografia linguistica.
Barone traccia, dapprima, una mappa interiore, energetica della visione, che rivela gli ostacoli, o il ruotare intorno ad essi, o l’affiorare di alcuni problemi relazionali, in cui confluiscono e si sovrappongono costituendo proprio quella rappresentazione della condizione o dei percorsi emozionali dell’uomo di questo tempo storico. Non si preoccupa di cercare una omeostasi, perché è cosciente che le “catastrofi” in ogni momento possono alterare gli equilibri trovati.
La città, ricordiamo, è per la Bhagavad Gita o le Upanishad — ma anche per il san Francesco di Giotto e la cultura filosofica e artistica medioevale, come per quella cinese di Confucio e dell’I King (a cui C. G. Jung dedicò un’introduzione alla prima pubblicazione integrale tedesca), — un riferimento palese (o una metafora) della vita che si svolge nel complesso mondo del corpo, dalle nove porte. Il corpo fisico — per il mondo degli archetipi energetici — è unito in modo indissolubile e si estende senza barriere al corpo sociale, tanto che ciò che avviene nella vita dell’interiore ha sempre corrispondenza nella vita energetica dell’esteriore. Per questo prima si può strutturare un linguaggio attraverso forze che presentano un ordine energetico, e poi può diventare un racconto di segni o di simboli. L’invisibile diviene visibile quando i segni planimetrici personali acquisiscono e svelano relazioni coi “valori cognitivi”, o i sentimenti, o i desideri, o le forze, o le inibizioni di un organismo agente.
La planimetria interiore delle forze si è trasformata ora in un racconto segnico: misura gli umori interiori e l’emozione di Nino di fronte ai cambiamenti della vita. In questo senso l’Archetip’art trova il suo fondamento nei segni di questo artista. Il racconto (diegesis) di un luogo interiore può trovare piacere, imbarazzo o difficoltà nel comunicare o nell’imitare (mimesis) la propria energia segnica o la propria realtà interiore, ma ciò che conta, per me, è provare anche quel raccordo con l’ambiente, che si ottiene con l’emozione culturale attraverso le mappe che Antonio Picariello ha appropriatamente definito col termine Geocartoon.
Il termine Geocartoon racchiude in sé qualcosa che va oltre i segni dell’emozione che organizzano qualsiasi caratteristico mondo fantastico. In esso riscontro anche l’analisi e l’osservazione di quello stimolo che emerso qui e ora e che ci consegna un’affiche planimetrico-culturale dell’esteriore-interiore, fruibile da tutti. In questo caso sembra che il nostro autore voglia dare un maggiore fondamento teorico al dispositivo concettuale e critico dell’opera d’arte. Come se Nino Barone, con la sua misurazione topografica delle energie, intendesse solo dopo, in un tempo futuro, mediare con i tropi la vita, e presentarcela tra un racconto fantastico e le emozioni mediate dalla cultura. Il suo archetipo è un’energia che vuole diventare ordine e misura durante l’emergere di un’attrazione relazionale.
Per ora fermiamoci, sebbene spinti solo da segnali indicatori, nel costruire storie su Aquiloni con gli archetipi e i segni linguistici di un artista ingenuo, qual è Nino Barone. Non va dimenticato, però, che il suo codice linguistico è organizzato in modo più preciso di quello simbolico, anche se è analizzabile solo col codice energetico del percorso, del raccordo, della biforcazione, dell’incrocio e dell’interruzione delle direzioni. Non a caso questo tipo di analisi permette a noi, oggi, di valutare all’istante le “frecce spazio-temporali” energetiche, supportati dagli strumenti di calcolo dei dispositivi informatici. Lontano nell’arte è quel tempo d’analisi della rappresentazione, per giungere poi con più approssimazione alle stesse conclusioni.
L’arbitrarietà permette di attribuire al valore energetico del tratto un codice linguistico utile a configurare probabili relazioni in movimento, specie per le insolite rappresentazioni di quest’artista. Sappiamo per certo che egli inserisce alcuni tratti, o segni, come se fossero gli archetipi di un codice linguistico; — questa convinzione deriva dal fatto che egli è stato uno dei firmatari del primo manifesto del movimento Archetip’art.
L’artista Barone, così, dà corpo al suo universo cognitivo, facendo emergere relazioni concettuali nelle costruzioni di mappe artistiche con gli Aquiloni. Il suo è una commistione di un tratto topografico e di un segno antropologico; e potrebbe rappresentare il raccordo tra se stesso — uomo progressista — e gli archetipi del suo codice operante nell’ambiente spazio-temporale presente. Il codice, che egli ha riconosciuto ancora attivo in questo tempo storico, è vicino a quanto è stato individuato in semiotica come segni primordiali o “idioletti”. La visione junghiana della vita, mediata attraverso i segni linguistici (della semiotica), l’artista la incontra iscritta in sé e nel proprio ambiente relazionale [che potrebbe essere la città in cui vive, Termoli] con cui il suo organismo è in continuo aggiustamento strutturale. Nino “si sente” testimone, trascrittore e interprete di questi continui cambiamenti, i cui segni si manifestano nel suo corpo, nella sua psiche, nella sua città, e nell’ambiente relazionale entro cui egli agisce. Gli eventi segnalano che la cognizione può essere rilevata attraverso un quadruplice percorso; ognuno può essere scelto accentuando una caratteristica energetica che si muove tra l’individuale-organico, il sociale, il relativo e il relazionale. Così incontro il “racconto” di Nino, tra le suggestioni e le fascinazioni che colpiscono uno dei miei modelli dell’organizzare. Da uno stimolo una traccia emerge con le proprie mappe cognitive e si dispiega in ordine spazio-temporale. Seguo la struttura. Attraverso quei paradigmi, percepisco l’organizzarsi del racconto, di una storia, quella di Nino, a cui si sovrappone [Paul Dirac], o con cui interagisce, la mia. Le strade “rappresentate” da strisce di segni ora si trasformano in storie di canali, che raccordano luoghi, e fanno transitare energie.
Ecco che l’estetica di Barone — meglio sarebbe oggi denominarla, più appropriatamente, il suo sentire, — si presenta come un’organizzare mappe. Egli, infatti, costruisce la sua topologia grafica attraverso citazioni di strade energetiche che possono apparire urbane solo quando affiora la rappresentazione coi collegamenti culturali; utilizzando, cioè, quei segni linguistici del percorso, del raccordo, della biforcazione, dell’incrocio e dell’interruzione di direzione, intesi come elementi linguistici. Solo in questo modo le cognizioni correlate ai ricordi di una persona — [o meglio sarebbe dire di un sistema biologico vivente (?)] — possono librarsi in alto come “aquiloni”, e possono manifestare mappe energetiche di azioni, e di comportamenti in ambienti relazionali.
Barone è cosciente, anche, che qualsiasi misurazione è relativa e variabile. La sua misurazione soggiace alle leggi fisiche della teoria dell’informazione — che, in breve, prevede un osservatore che spedisce un messaggio in codice e un altro che lo percepisce e lo traduce; tutto avviene per la presenza fisica dell’informazione negli stimoli sensoriali, che sollecitano il riconoscimento di una cognizione.
Sappiamo che nel nostro universo relazionale, il senza luogo appartiene solo all’arte o alla fantasia.
Con Barone ci collochiamo nella scia degli artisti concettuali che fanno arte attraverso le interrelazioni espresse con un “calcolo logico”, diverso dalla rappresentazione. Le sue rappresentazioni di segni seguono l’ordine delle strutture logiche. Col calcolo degli indicatori di frequenze si può risalire sia a quanta energia è impiegata per raggiungere un obiettivo, sia quanto spazio-tempo può percorrere una forza organizzata in informazione in un canale comunicazionale, e sia quante resistenze [alias rumori] in questo canale incontra l’informazione per arrivare integra e raggiungere la propria funzione comunicativa al destinatario del messaggio, — da cui, tra l’altro, si aspetta una reazione se questi ne ha percepito lo stimolo.
Il gioco concettuale della poetica di Barone è svelato: la memoria è la forza di un’onda-corpuscolo che costruisce relazioni in un ambiente. Il suo “gioco” cognitivo consiste nel sovrapporre a un linguaggio dei segni primordiali ed energetici l’altro codice, che si avvale degli indici tradizionali della rappresentazione. Mi riferisco alla decisione di costruire le proprie relazioni topografiche attraverso un codice di forze, di direzioni e d’intensità delle frequenze. E poi ci sono i rombi, che egli intende come Aquiloni. A loro affida il suo messaggio. L’aquilone permette uno sguardo distaccato dagli eventi, e quando si libra nell’aria per la gioia dei bambini, porta con sé la leggerezza dei sogni e delle fantasie; e nell’arte il volo promuove la funzione dei codici arbitrari, che si sovrappongono come nell’automatismo ingenuo di una pittura naif, che è anch’essa relazionale e “cognitiva”.
L’emozione che Barone cerca di rappresentare con l’Archetip’art è insita nel suo messaggio di natura antropologico-culturale.
Emozioni culturali, luoghi dell’infanzia, l’urbanità sopravanzante, i valori della cultura contadina trasformata in operaia e poi in istruzione post-industriale, egli ha visto sovrapporsi durante le trasformazioni della sua città… fisica, metaforica e linguistica. La vita produce sempre un alternarsi di energie informative e di disordini prodotti da entropie; non a caso costruzioni e misurazioni, dopo una “catastrofe”, si palesano sempre a chi sopravvive nell’ambiente.
Qualunque linguaggio adotta l’uomo, egli è sempre pronto a produrre misurazioni. Sembra, perciò, che l’artista ci dica in che modo i suoi ambienti sono attraversati, o raccordano, o vengono interrotti dalla “poetica” ingenua e primordiale delle sue misure comunicative.
Gli archetipi energetici attraversano l’esercizio del suo personale sistema di segni, e non si assoggettano alle influenze e alle malie della rappresentazione dei tempi. Il fascino attuale dello spazio-tempo coevo permette di tradurre la propria esistenza in comunicazione diffusa e immediata, dove vero e falso sono misurate come energie che cozzano o sono in sintonia per raggiungere un obiettivo. Tutto dipende dai canali, nei quali passano i quantum di energie.
Ogni percorso fisico-mentale rappresentato dai segni topografici di Barone, e ogni percorso (o linea) d’azione che egli traccia, si costituisce in un ordine fluttuante di verità. Da aggiungere, inoltre, che il suo e il nostro percorso si sovrappongono continuamente, e scambiano i ruoli; nonostante ciò il messaggio prende il volo come se fosse un aquilone e attrae lo sguardo di altri osservatori, liberando ogni volta un personale “senso”, o “ordine”.
In un universo dove tutti costruiscono mappe di cognizioni, dove tutti cercano relazionali relative per attrazione, e dove tutti aspirano a equilibri stabili nel proprio ambiente vitale di connessione, Barone affida agli aquiloni i suoi messaggi.
È come se egli si allontanasse dalla vita quotidiana, ne facesse un’astrazione concettuale, e si volgesse poi a raccontare con il linguaggio primordiale il “suo” “indeterminato” “fare” mappe.
Nino ha prodotto il suo “metro” linguistico, attraverso la reiterazione dei suoi segni paradigmatici. Le lunghe strisce nere, energetiche, di stimoli forti, coprenti, che raccordano luoghi dello spazio-tempo a noi possono apparire ora veramente come strade asfaltate dall’informazione, ma potrebbero appartenere anche ad una immagine della mappa interiore costruita sul tipo della topologia visiva neurale. Non importa, si può comunque immaginare l’artista all’opera mentre dissemina di propri segni di riconoscimento l’ambiente di un suo “spazio-tempo pittorico archetipo”.
Tutto emerge dalla percezione di uno stimolo. L’arte di un artista che “riflette” sull’organizzazione del linguaggio non può non diventare stimolo per processi cognitivi. Seguendo la codificazione di un linguaggio elementare si può diventare consapevoli di essere in grado velocemente di raccordare, interrompere, delimitare, attraversare, lasciare, resistere, rifiutare, accogliere, trattenere i messaggi energetici prima che non emergano come elementi di luoghi fisici rappresentati con una qualsiasi topografia linguistica.
Barone traccia, dapprima, una mappa interiore, energetica della visione, che rivela gli ostacoli, o il ruotare intorno ad essi, o l’affiorare di alcuni problemi relazionali, in cui confluiscono e si sovrappongono costituendo proprio quella rappresentazione della condizione o dei percorsi emozionali dell’uomo di questo tempo storico. Non si preoccupa di cercare una omeostasi, perché è cosciente che le “catastrofi” in ogni momento possono alterare gli equilibri trovati.
La città, ricordiamo, è per la Bhagavad Gita o le Upanishad — ma anche per il san Francesco di Giotto e la cultura filosofica e artistica medioevale, come per quella cinese di Confucio e dell’I King (a cui C. G. Jung dedicò un’introduzione alla prima pubblicazione integrale tedesca), — un riferimento palese (o una metafora) della vita che si svolge nel complesso mondo del corpo, dalle nove porte. Il corpo fisico — per il mondo degli archetipi energetici — è unito in modo indissolubile e si estende senza barriere al corpo sociale, tanto che ciò che avviene nella vita dell’interiore ha sempre corrispondenza nella vita energetica dell’esteriore. Per questo prima si può strutturare un linguaggio attraverso forze che presentano un ordine energetico, e poi può diventare un racconto di segni o di simboli. L’invisibile diviene visibile quando i segni planimetrici personali acquisiscono e svelano relazioni coi “valori cognitivi”, o i sentimenti, o i desideri, o le forze, o le inibizioni di un organismo agente.
La planimetria interiore delle forze si è trasformata ora in un racconto segnico: misura gli umori interiori e l’emozione di Nino di fronte ai cambiamenti della vita. In questo senso l’Archetip’art trova il suo fondamento nei segni di questo artista. Il racconto (diegesis) di un luogo interiore può trovare piacere, imbarazzo o difficoltà nel comunicare o nell’imitare (mimesis) la propria energia segnica o la propria realtà interiore, ma ciò che conta, per me, è provare anche quel raccordo con l’ambiente, che si ottiene con l’emozione culturale attraverso le mappe che Antonio Picariello ha appropriatamente definito col termine Geocartoon.
Il termine Geocartoon racchiude in sé qualcosa che va oltre i segni dell’emozione che organizzano qualsiasi caratteristico mondo fantastico. In esso riscontro anche l’analisi e l’osservazione di quello stimolo che emerso qui e ora e che ci consegna un’affiche planimetrico-culturale dell’esteriore-interiore, fruibile da tutti. In questo caso sembra che il nostro autore voglia dare un maggiore fondamento teorico al dispositivo concettuale e critico dell’opera d’arte. Come se Nino Barone, con la sua misurazione topografica delle energie, intendesse solo dopo, in un tempo futuro, mediare con i tropi la vita, e presentarcela tra un racconto fantastico e le emozioni mediate dalla cultura. Il suo archetipo è un’energia che vuole diventare ordine e misura durante l’emergere di un’attrazione relazionale.
Per ora fermiamoci, sebbene spinti solo da segnali indicatori, nel costruire storie su Aquiloni con gli archetipi e i segni linguistici di un artista ingenuo, qual è Nino Barone. Non va dimenticato, però, che il suo codice linguistico è organizzato in modo più preciso di quello simbolico, anche se è analizzabile solo col codice energetico del percorso, del raccordo, della biforcazione, dell’incrocio e dell’interruzione delle direzioni. Non a caso questo tipo di analisi permette a noi, oggi, di valutare all’istante le “frecce spazio-temporali” energetiche, supportati dagli strumenti di calcolo dei dispositivi informatici. Lontano nell’arte è quel tempo d’analisi della rappresentazione, per giungere poi con più approssimazione alle stesse conclusioni.
09
novembre 2014
Nino Barone – Aquiloni
Dal 09 al 23 novembre 2014
arte contemporanea
Location
SALA CELESTE
Bologna, Via Castiglione, 41 , (Bologna)
Bologna, Via Castiglione, 41 , (Bologna)
Orario di apertura
18.00 / 19.00 tutti i giorni
chiuso sabato e festivi
Vernissage
9 Novembre 2014, h 18.30
Autore
Curatore